La marchesa di Santa Cruz

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La marchesa di Santa Cruz
AutoreFrancisco Goya
Data1805
TecnicaOlio su tela
Dimensioni125×208 cm
UbicazioneMuseo del Prado, Madrid

La marchesa di Santa Cruz è un dipinto a olio su tela (125x208 cm) realizzato nel 1805 dal pittore spagnolo Francisco Goya.

È conservato nel Museo del Prado di Madrid.

Raffigura la marchesa Joaquina Téllez-Girón nelle vesti di Euterpe. La donna è sdraiata su un canapè e regge in mano una cetra.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Francisco Goya, La maja desnuda, 1800 ca, Olio su tela, 95 x 190, Madrid, Museo del Prado
Jacques-Louis David, Madame Récamier, 1800, Olio su tela, 174 x 224, Parigi, Musée du Louvre

Joaquina Téllez-Girón era seconda figlia del duca di Osuna e moglie di Jose Silva-Bazán y Waldstein che nel 1802 diverrà marchese di Santa Cruz; sarà il primo Direttore del Museo del Prado. Fu una delle donne più belle e ammirate del suo tempo, amica e confidente di poeti e scrittori. Già i precedenza Goya aveva ritratto la marchesa, da bambina, nel gruppo familiare del duca di Osuna e figli[1].

Goya rappresenta la marchesa come Euterpe, musa della poesia lirica, di cui regge in mano il simbolo della cetra, riferimento ad Apollo, per il mecenatismo della marchesa e per le aspirazioni poetiche che coltivava.

Il quadro è stato per anni uno degli elementi di spicco di una collezione privata, la collezione Valdés, a Bilbao. In seguito a rovesci finanziari e questioni ereditarie il quadro fu venduto nei primi anni ottanta e, attraverso vari passaggi, divenuta proprietà di un nobile inglese, Lord Wimborne che nel 1986 decise di venderlo all'asta a Londra.

In seguito a ricorso in sede internazionale e al successivo esborso di circa 6 milioni di dollari, il governo spagnolo riuscì a fermare la vendita ed assicurarsi la proprietà del quadro, che ora è conservato presso il Museo del Prado.

Analisi[modifica | modifica wikitesto]

Rembrandt van Rijn, Danae, 1636 ca, Olio su tela, 185 x 203, San Pietroburgo, Ermitage

È uno dei quadri in cui maggiormente Goya subisce l'influenza neoclassica del tempo, soprattutto dei contemporanei David[2] o di Canova[3], ma anche l'influenza dei più lontani Guercino[4] o Rembrandt[5].

Si noti, comunque, come la postura della marchesa risulti la stessa della Maja desnuda[6] e della Maja vestida[7], ma in questo caso, in obbedienza ai canoni prima rinascimentali e poi accademici, il componimento è inserito nel grande filone dei riferimenti iconografici mitologici: le fogli di vite e i grappoli d'uva[8], la cetra attributo della Musa[9], sono tutti elementi di scuola classica che Goya sta per abbandonare definitivamente.

Tuttavia nella rappresentazione della donna Goya è ancora una volta insuperato maestro: la posa seducente e sensuale colpisce ancora oggi e lo sguardo trasognato conserva un che di infantile e di affettuoso, come se un filo invisibile unisse questo ritratto a quello della bambina di anni prima e, insieme, al pittore, che a quella famiglia portava sincero affetto.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • J. Chastenet, La vie quotidienne en Espagne au temps de Goya, 1966, Parigi
  • Pierre Gassier, Goya, 1989, Roma, New Compton
  • A. E. Pérez Sánchez, Goya, Milano, 1990
  • F. Calvo Serraler, Goya, Milano, 1996
  • Renato Barilli, L'alba del contemporaneo: l'arte europea da Füssli a Delacroix, 1996, Feltrinelli
  • AAVV, Goya, Giunti, 1997.
  • Janis Tomlinson, Goya, 2002, Phaidon
  • R. M. e R. Hagen, Francisco Goya, 2003, Roma, Editoriale L'Espresso
  • R. Maffeis (a cura di), Goya – La vita e l'arte – I capolavori, 2003, Milano, Rizzoli
  • Giuliano Serafini, Francisco Goya, 2004, Giunti

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