I Hear a New World

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I Hear a New World & The Blue Men
album in studio
ArtistaJoe Meek
Pubblicazione1991
Durata32:56
Dischi1
Tracce12
GenerePop sperimentale[1][2]
Space age pop[3]
EtichettaRPM Records
ProduttoreJoe Meek
Registrazione1959

I Hear a New World è un album in studio di Joe Meek e i Blue Men pubblicato nel 1991. Edito originariamente sotto forma di EP nel 1960 dalla Triumph Records, I Hear a New World è l'unico album in studio del produttore britannico ed è considerato da molti il primo concept di sempre.

Composizione e registrazione[modifica | modifica wikitesto]

I Hear a New World è, a detta del suo autore, una outer space music fantasy che trae ispirazione tanto dall'era spaziale quanto a tematiche fantascientifiche come le esplorazioni spaziali e le forme di vita aliena. Tra le influenze musicali dell'album vi è la composizione I pianeti di Gustav Holst. Dal momento che il disco si focalizza su un solo argomento, ovvero le vicende di tre popolazioni lunari, I Hear a New World è considerato il primo concept album (un titolo che altri hanno invece assegnato a Dust Bowl Ballads di Woody Guthrie, uscito nel 1940).[4][5]

Secondo quanto dichiarò Meek:[4]

«At first I was going to record it with music that was completely out of this world, but realized that it would have very little entertainment value, so I kept the construction of the music down to earth.»

«Inizialmente volevo che la musica (dell'album) fosse completamente fuori dal mondo, ma mi sono accorto che avrebbe avuto un valore di intrattenimento molto basso, quindi ho deciso di comporre la musica restando con i piedi per terra.»

Le dodici composizioni dell'album, tutte di breve durata e tutte strumentali fatta eccezione per la title-track, vennero eseguite da Meek e il gruppo skiffle Rod Freeman & The Blue Men (precedentemente West Five).[1] Gli arrangiamenti comprendono una steel guitar, un basso, una batteria, un pianoforte preparato e un clavioline. In ciascuna di esse si possono sentire degli effetti sonori "spaziali" ottenuti dapprima registrando dei suoni di oggetti di uso comune (ad esempio un pettine strofinato su un posacenere e un circuito elettrico in corto) e poi distorcendo il suono risultante. Nel disco l'artista si è servito delle tecniche in studio per alzare la frequenza delle voci.[4][6] Meek ha dichiarato che «si tratta di un disco strano e volevo che così fosse.»[4] Secondo Ondarock, l'album è stato il primo esempio di bassa fedeltà in musica.[4]

I Hear a New World venne registrato da Meek presso i londinesi Lansdowne Studios nel 1959.[4]

Pubblicazione[modifica | modifica wikitesto]

I Hear a New World è la prima pubblicazione musicale attribuita al suo produttore anziché il suo esecutore. Nonostante fosse intenzionato a pubblicarlo in formato LP, Meek licenziò il disco sotto forma di EP il maggio del 1960 tramite la sua etichetta Triumph. Tale disco uscì in edizione limitata a 99 copie.[5]

Nel 1991, molti anni dopo la morte del produttore, I Hear a New World venne edito nella sua interezza dalla RPM Records.[4][5] Esiste un'edizione dell'album del 2001 che contiene un'intervista a Meek rilasciata nel 1962 più un CD-ROM con un'altra intervista fattagli durante una puntata della trasmissione britannica World in Action mandata in onda nel 1964.[1]

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
AllMusic[7]
Pitchfork[8]8.3/10
Piero Scaruffi[9]

L'album ha ricevuto giudizi positivi dalla critica e la stampa.[1][7] In un suo approfondimento dedicato a Joe Meek e pubblicato su Ondarock, Ossydiana Speri elogia I Hear a New World e lo considera «uno degli album più importanti di tutti i tempi». Dichiara inoltre che si tratta del «trionfo dell'amatorialità provinciale sulla professionalità urbana, un elogio del rumore come prorompente magma creativo».[4] Secondo PopMatters, si tratta della prova più "duratura" di Meek.[5] Fact sostiene che sia un "classico" del pop sperimentale.[1]

Nel 1998, la rivista The Wire l'ha inserito in una lista intitolata 100 Records that Set the World on Fire (When No One Was Listening).[4]

Tracce[modifica | modifica wikitesto]

  1. I Hear a New World – 2:44
  2. Globb Waterfall – 3:15
  3. Entry of the Globbots – 3:09
  4. Valley of the Saroos – 2:50
  5. Magnetic Field – 3:10
  6. Orbit Around The Moon – 2:49
  7. The Bublight – 2:43
  8. March of the Dribcots – 2:07
  9. Love Dance of the Saroos – 2:33
  10. The Dribcots' Space Boat – 2:16
  11. Disc Dance of the Globbots – 2:15
  12. Valley of No Return – 3:07

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e (EN) Joe Meek’s experimental pop classic I Hear A New World gets expanded reissue, su factmag.com. URL consultato il 9 maggio 2024.
  2. ^ (EN) Mark Brend, Strange Sounds: Offbeat Instruments and Sonic Experiments in Pop, Backbeat, 2005, p. 55.
  3. ^ (EN) Francesco Adinolfi, Mondo Exotica: Sounds, Visions, Obsessions of the Cocktail Generation, Duke University Press, 2008, p. 293.
  4. ^ a b c d e f g h i Suoni da un altro mondo - Joe Meek, su ondarock.it. URL consultato il 9 maggio 2024.
  5. ^ a b c d (EN) JOE MEEK AND THE BLUE MEN SEE THE FUTURE ON ESSENTIAL OUTTAKE COMPILATION, su popmatters.com. URL consultato il 9 maggio 2024.
  6. ^ (EN) I Hear a New World, su pitchfork.com. URL consultato il 9 maggio 2024.
  7. ^ a b (EN) I Hear a New World: An Outer Space Music Fantasy, su allmusic.com. URL consultato il 9 maggio 2024.
  8. ^ (EN) Joe Meek: I Hear a New World, su pitchfork.com. URL consultato il 9 maggio 2024.
  9. ^ (EN) Best Albums of the Sixties, su scaruffi.com. URL consultato il 9 maggio 2024.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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