Discussioni utente:GiorgioPro/Romolo e Remo

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File:Pieter Paul Rubens - Romolo e Remo - part.jpg
Rubens - Romolo e Remo (part.)

Romolo e Remo sono, nella tradizione mitologica romana, due fratelli gemelli, uno dei quali, Romolo, fu il fondatore eponimo della città di Roma e suo primo re.
La data di fondazione è indicata per tradizione al 21 aprile 753 AC (detto anche Natale di Roma e giorno delle Palilie).
Secondo la leggenda, erano figli di Marte e di Rea Silvia o ("Rhea Silvia"), discendenti di Enea.

Esistono innumerevoli versioni della leggenda di Romolo e Remo e della fondazione di Roma, tutte tese alla glorificazione degli antenati dei Romani e della famiglia Giulia (gens Julia). Ci sono stratificazioni tra diverse leggende, dettagli diversi e "rami laterali", di volta in volta tesi ad aggiungere (o togliere) onore e diritti ai Romani.

Amulio diviene re[modifica wikitesto]

Amulio, dopo aver spodestato il fratello Numitore, divenne re di Alba Longa e, per evitare che potessero nascere eredi legittimi, costrinse la figlia di Numitore, Rea Silvia, a farsi vestale.
Rea Silvia fu posseduta con la forza dal dio Marte, in un bosco sacro dove era andata a prendere dell'acqua. Dall'unione nacquero due fratelli gemelli: Romolo e Remo.
Per ordine dello zio, la madre fu mandata a morte, come prevedeva la legge per le vestali che non rispettavano il voto di castità. Il fiume Aniene, dove il corpo fu gettato, ne ebbe pietà e la resuscitò. I figli le vennero tolti per essere uccisi, come tutti i figli illegittimi o indesiderati. Il servo incaricato non ebbe cuore di farlo e li affidò alla sorte deponendoli in una cesta che lasciò scorrere sulle acque del Tevere verso un miglior destino.
Per le piogge recenti il fiume era straripato ed aveva allagato i campi formando larghe pozze di acqua. La cesta coi due bambini si fermò in una di quelle pozze e, quando le acque del fiume si ritirarono, la cesta rimase all'asciutto ai piedi di un albero di fico (il ficus ruminalis).
Altre fonti fanno coincidere il punto dove si fermò la cesta con i gemelli con una grotta collocata alla base del Palatino, detta "Lupercale" perché sacra a Marte e a Fauno Luperco.

Allevati da una lupa[modifica wikitesto]

Una lupa, scesa dai monti al fiume per abbeverarsi, fu attirata dai vagiti dei due bambini, li raggiunse e si mise ad allattarli. Vuole la tradizione che anche un picchio portò loro del cibo. Così li trovò il pastore Faustolo, che li raccolse e li portò dalla moglie Acca Larenzia (o Laurenzia).

Nella capanna di Faustolo e Laurenzia[modifica wikitesto]

I bambini crebbero ella capanna di Faustolo e Laurenzia, situata sulla sommità del Palatino, nella zona del colle chiamata "Germalo" (o "Cermalo"). Faustolo li aveva chiamati Romolo e Remo.
Esiste una supposizione sulla figura di Acca Larentia. Alcune interpretazioni la indentificano con la "lupa", un nome usato per una prostituta (da questa parola, "lupanare" indicava il luogo dove si svolgeva la prostituzione).

I fratelli scoprono la verità[modifica wikitesto]

I fratelli divennero adulti e per caso vennero a conoscenza della loro origine reale e dell'usurpazione di Amulio. Un giorno, durante le feste dei Lupercali litigarono con i pastori di Numitore. Dopo la rissa, Remo fu portato da Amulio, con l'accusa di aver devastato i campi di Numitore. Amulio inviò il prigioniero dal fratello per il giudizio ma questi, impressionato dalla sua somiglianza con sua figlia Rea Silvia, lo lasciò andare. Nel frattempo, Faustolo aveva raccontato a Romolo delle loro origini e dell'usurpazione di Amulio.

La vendetta[modifica wikitesto]

Romolo radunò i compagni e si diresse da Amulio, raggiunto da Remo liberato da Numitore. Amulio venne ucciso e Numitore ritornò re di Alba Longa. Ottenuto da lui il permesso, Romolo e Remo lasciarono Alba Longa e si recarono sulla riva del Tevere per fondare una nuova città nei luoghi dove erano cresciuti.

Essendo gemelli nessuno dei due poteva vantare una maggiore anzianità così decisero di affidarsi al volere degli dei e di osservare il volo degli uccelli per interpretarlo. Romolo scelse come luogo di osservazione il Colle Palatino, Remo l'Aventino.
Remo avvistò per primo sei avvoltoi come segno benaugurante ma subito dopo Romolo ne vide dodici. Secondo una delle versioni del mito i due contendenti si misero a litigare se avesse più diritti chi aveva avvistato per primo gli uccelli o chi ne avesse visti di più. Giunsero alle mani e Romolo uccise il fratello.
La versione più diffusa invece sostiene che Romolo prese un aratro e tracciò un solco (in latino "urvus", da cui "Urbs") sul Palatino per segnare la cinta della città, che da lui fu detta Roma.

Uno solo sopravviverà[modifica wikitesto]

Romolo aveva stabilito che nessuno, per alcuna ragione, potesse passare al di là del solco senza il permesso del capo, ma Remo, per invidia o per burla, lo oltrepassò con un salto.
Romolo lo considerò un fatto di offesa, uccise il fratello e governò da solo la città. Altre fonti raccontano che fu un luogotenente di Romolo, Celere, che uccise Remo, forse per non macchiare di un fratricidio le mani del fondatore di Roma.

Regno di Romolo[modifica wikitesto]

Il ratto delle Sabine[modifica wikitesto]

Romolo provvide a popolare la città, ma i nuovi abitanti erano tutti i maschi. Decise allora di organizzare una festa, alla quale invitò i Sabini, con mogli e figlie. Mentre il festino si svolgeva fra canti e danze, ad un segnale convenuto, i giovani Romani rapirono le donne sabine e, armati di pugnali, misero in fuga gli uomini. Questi ritornarono, poco tempo dopo, guidati da Tito Tazio, re della tribù sabina dei Curiti, con l'intento di liberare le loro donne e di vendicarsi dell'affronto ricevuto.

Una fanciulla, Tarpea, aprì loro le porte della città: in cambio del tradimento chiese che i Sabini le donassero ciò che portavano sul braccio (bracciali d'oro), ma pagò immediatamente il suo gesto con una morte atroce, infatti finì schiacciata dagli scudi che i Sabini portavano sul braccio insieme al bracciale e che le gettarono contro uno dietro l'altro. Le generazioni future daranno poi il nome di lei alla rupe Tarpea, dalla quale diverrà consuetudine gettare i condannati a morte per tradimento. Le Sabine rapite si interposero poi fra i combattenti: si erano già affezionate agli sposi romani e non potevano tollerare la vista di quella sanguinosa battaglia nella quale erano coinvolti i loro padri e i loro mariti.

La vicenda ebbe così una pacifica conclusione: Romolo e Tito Tazio regnarono in comune sulla città: Sabini e Romani si fusero in un solo popolo. Dal nome della tribù di Tito Tazio, quella dei Curiti, derivò poi ai Romani l'appellativo di Quiriti.

Attribuzioni[modifica wikitesto]

Al regno di Romolo si attribuiscono i primi ordinamenti romani: la divisione del popolo in patrizi e plebei, la creazione del senato, l'istituzione delle curie.
Ottenne grandi vittorie contro i fidenati e i veienti.

Morte e deificazione[modifica wikitesto]

Romolo, dopo quarant'anni di regno, scomparve misteriosamente durante una tempesta nel Campo Marzio. Fu identificato con Quirino e con tale nome venerato come divinità protettrice di Roma.

La leggenda della fondazione di Roma è riportata dallo storico romano Tito Livio nel libro I della sua Storia di Roma.
Di questa leggenda riferiscono anche Dionigi di Alicarnasso, Plutarco, Varrone.

Questo racconto è sempre stato ritenuto una favola, risalente al periodo fra il IV e il III secolo AC. Per molti critici la città di Roma si era addirittura formata soltanto centocinquanta anni più tardi, all'epoca dei re Tarquini (fine del VII secolo AC). Per ulteriori informazioni, vedi la "Fondazione di Roma"

La critica storica[modifica wikitesto]

Anche la leggenda di Romolo e Remo, all'inizio separata da quella di Enea, viene successivamente integrata nel suo mito. In un primo momento i due gemelli vengono indicati come suoi figli o nipoti.
Eratostene di Cirene si accorge tuttavia che, essendo la data della caduta di Troia all'incirca il 1184 AC, né Enea né i suoi più diretti discendenti potevano aver fondato Roma nel 754 AC.
Catone il Censore rende plausibile la storia. Secondo la sua versione, accettata poi come definitiva, Enea fugge da Troia e giunge nel Lazio. Qui, dopo aver sposato Lavinia, fonda Lavinio (Lavinium). Ascanio è invece il fondatore di Alba Longa e i suoi successori danno origine alla dinastia dalla quale, dopo varie generazioni, Rea Silvia darà alla luce Romolo e Remo e in seguito la gens Julia, con Gaio Giulio Cesare e il primo imperatore Augusto. In questo modo, la discendenza divina dei romani e della stirpe Julia sarebbe rafforzata dalla discendenza da Venere e da Marte.

Romolo e Remo nell'arte[modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica wikitesto]

Categoria:Personaggi della mitologia romana Categoria:Storia di Roma

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