Australopithecus: differenze tra le versioni

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'''''Australopithecus''''' è un [[genere]] [[estinzione|estinto]] di [[mammiferi]] [[ominidi]].
Gli Australopitechi apparvero per la prima volta all'incirca 4 milioni di anni fa: ebbero un certo successo evolutivo, divenendo assai diffusi in Africa, fino ad estinguersi completamente circa 2 milioni di anni fa.

==Cenni storici==
[[Immagine:Taung child (Frankfurt am Main) 2.jpg|thumb|left|200px|Il cranio del [[bambino di Taung]].]]

Il primo esemplare fossile di australopiteco venne scoperto negli [[anni 1920|anni '20]] in un deposito [[calcare]]o a [[Taung]], in [[Sudafrica]], dall'anatomo [[australia]]no [[Raymond Dart]]: si trattava di un giovane di tre anni, che assieme a tratti umanoidi presentava numerose caratteristiche tipiche delle scimmie antropomorfe. Dart ipotizzò che il giovane fosse una sorta di "[[anello mancante]]" e gli assegnò il [[nome scientifico]] di ''[[Australopithecus africanus]]''.

Nel [[1935]], il paleontologo [[scozia|scozzese]] [[Robert Broom]] ritrovò numerosi resti di conspecifici del cosiddetto "[[bambino di Taung]]" scoperto da Dart dieci anni prima, oltre a fossili di una nuova specie che classificò come ''Paranthropus'' (''[[Australopithecus robustus]]''). Per tutto il decennio successivo alla scoperta di questi ominidi, nella comunità scientifica si discusse animatamente sulla loro posizione [[filogenesi|filogenetica]], in quanto molti studiosi erano [[etica]]mente contrari all'accettazione delle specie da poco scoperte come qualcosa di diverso da scimmie preistoriche<ref>{{cite book|title= Human Evolution: An Illustrated Introduction| author=Lewin, R. | chapter=The Australopithecines | editors= | year=1999 | publisher= Blackwell Science | location = |isbn=| pages=112}}</ref>.

Nel [[1959]], nella [[gola di Olduvai]] ([[Tanzania]]), [[Mary Leakey]] riportò alla luce un [[cranio]] di una nuova specie, ribattezzata ''[[Australopithecus boisei]]'': continuando a scavare, negli anni successivi vennero rinvenuti nello stesso sito altri australopitecidi, così come esemplari di ''[[Homo habilis]]'' ed ''[[Homo erectus]]''<ref>{{cite book|title= Human Evolution: An Illustrated Introduction| author=Lewin, R. | chapter=The Australopithecines | editors= | year=1999 | publisher= Blackwell Science | location = |isbn=| pages=113}}</ref>.

Negli ultimi anni, i ricercatori hanno scoperto altre specie di australopitecidi, che hanno contribuito a fare maggiore chiarezza sull'esatto periodo durante il quale i membri di questo genere sono vissuti: ad esempio, il ritrovamento dei resti di ''[[Australopithecus sediba]]'', risalenti a 1,9 milioni di anni fa (si pensa che gli australopitecidi si siano estinti prima di 2 milioni di anni fa) in Sudafrica ha dimostrato che questi ominidi sono vissuti per molto tempo dopo la loro presunta scomparsa, convivendo fra loro e anche con alcune specie del genere ''Homo''<ref>{{Citation |last=Berger |first=L. R. |last2=de Ruiter |first2=D. J. |last3=Churchill |first3=S. E. |last4=Schmid |first4=P. |last5=Carlson |first5=K. J. |last6=Dirks |first6=P. H. G. M. |last7=Kibii |first7=J. M. |year=2010 |title=''Australopithecus sediba'': A New Species of ''Homo''-Like Australopith from South Africa |journal=[[Science (journal)|Science]] |volume=328 |issue=5975 |pages=195–204 |doi=10.1126/science.1184944 }}</ref>.

==Tassonomia==
Il nome del genere deriva dalla combinazione delle parole ''australis'', che in [[lingua latina|latino]] significa " nativo dell'[[emisfero meridionale]]", e ''πίθηκος'' (''pithekos''), che in [[lingua greca antica|greco]] significa "scimmia": ''Australopithecus'' significa pertanto "scimmia australe", in riferimento al fatto che tutti i resti fossili di specie ascrivibili al genere finora rinvenuti sono stati trovati nell'[[emisfero australe]], e per la precisione nel [[continente]] [[africa]]no.

Al genere vengono ascritte nove specie, tutte estinte:</br>
* ''[[Australopithecus aethiopicus]]
* ''[[Australopithecus aethiopicus]]
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* ''[[Australopithecus afarensis]]''
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* ''[[Australopithecus robustus]]
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L''''Australopiteco''' (genere '''''Australopithecus''''') è un gruppo [[estinzione|estinto]] di [[Ominide|ominidi]] fortemente correlati con il [[Homo|genere umano]].


Di queste, solo tre (''A. africanus'', ''garhi'' e ''sediba'') vengono considerate come effettivamente ascrivibili al genere: alcuni studiosi ritengono maggiormente corretto ascrivere le rimanenti specie ai generi ''[[Paranthropus]]'' (''A. aethiopicus'', ''boisei'' e ''robustus'') e ''[[Praeanthropus]]'' (''A. afarensis'', ''anamensis'' e ''bahrelghazali''). Tale scelta sarebbe guidata da differenze abbastanza consistenti a livello morfologico e probabilmente anche ecologico fra i vari gruppi di specie, differenze che tuttavia potrebbero essere giustificabili anche considerando il vasto areale occupato dal genere ed il vasto lasso di tempo durante il quale esso si è potuto evolvere e diversificare.
Il nome Australopiteco deriva dalla combinazione delle parole ''australis'' che in [[lingua latina|latino]] significa ''dell'[[emisfero meridionale]]'' e dal [[lingua greca|greco]] πίθηκος (''pithekos''= ''scimmia'').
''[[Australopithecus afarensis]]'' e ''[[Australopithecus africanus]]'' sono tra gli ominidi estinti più famosi. Gli ''A. africanus'' sono generalmente visti come antenati del genere ''[[Homo]]'' (in particolare dell<nowiki>'</nowiki>''[[Homo erectus]]''), ma da allora sono stati rinvenuti altri [[fossile|fossili]] di ominidi che sono più antichi dell<nowiki>'</nowiki>''A. africanus'', e che malgrado questo sembrano appartenere al genere ''Homo''. Di conseguenza il genere ''Homo'' stesso è fuoriuscito dal genere ''Australopithecus'' in una data precedente (l'ultimo antenato comune è ''A. afarensis'' o una forma ancora precedente), oppure entrambi si sono sviluppati indipendentemente da un possibile antenato comune, tuttora sconosciuto. Gli Australopitechi apparvero per la prima volta all'incirca 3,9 milioni di anni fa.


Taluni autori ascrivono al genere ''Australophitecus'' anche le specie ''[[Homo rudolfensis]]'' e ''[[Homo habilis|H. abilis]]''.
== Morfologia ==
[[File:Australopithecus africanus (mrs. Pless).jpg|thumb|left|Mrs. Pless, esemplare femmina di ''Australopithecus Africanus '']]


===Evoluzione===
Il [[cervello]] della maggior parte degli Australopitecus aveva dimensioni pari a circa il 35% di quelle dell'attuale cervello del genere [[Homo]]; si trattava inoltre di individui piuttosto piccoli e gracili, misurando normalmente non più di 120 cm di altezza.
[[Immagine:Map of the fossil sites of the early hominids (4.4-1M BP).svg|thumb|left|200px|Mappa del continente africano: i punti rossi rappresentano i luoghi di ritrovamento delle varie specie di ''Australopithecus'', mentre la probabile area di diffusione del genere è colorata in grigio scuro.]]


I primi membri del genere ''Australopithecus'' si evolvettero in [[Africa]] centro-orientale attorno ai 4 milioni di anni fa. Si trattava di esseri con numerosi tratti comuni alle scimmie antropomorfe e all'uomo, con andatura fondamentalmente bipede (come intuibile dalle numerose impronte fossili scoperte nel continente africano, fra le quali particolarmente famose e ben conservate sono quelle di [[Laetoli]], in [[Tanzania]]), ma pronti ad arrampicarsi sui radi alberi della [[savana]] per sfuggire ai predatori o per trovare un rifugio sicuro dove passare la notte<ref name=RaichlenEtal1010>{{Cite journal|date=2010 |author=David A. Raichlen, Adam D. Gordon, William E. H. Harcourt-Smith, Adam D. Foster, Wm. Randall Haas, Jr |title=Laetoli Footprints Preserve Earliest Direct Evidence of Human-Like Bipedal Biomechanics |journal=PLoS ONE|pmid=20339543 |volume=5 |issue=3|pmc=2842428 |page= e9769 |doi=10.1371/journal.pone.0009769}}</ref>.
Il [[dimorfismo sessuale]] era piuttosto accentuato, dando luogo a maschi considerevolmente più grandi delle femmine.
La differenza nelle dimensioni poteva raggiungere il 50%, mentre l'attuale differenziazione del genere umano è contenuta nel 15%. <ref>{{cite book | last = Beck | first = Roger B. | author link = | coauthors = Linda Black, Larry S. Krieger, Phillip C. Naylor, Dahia Ibo Shabaka, | title = World History: Patterns of Interaction | publisher = McDougal Littell | date = 1999 | location = Evans ton, IL | pages = | URL = | doi = | id = | ISBN = 0-395-87274-X }}</ref>


Nonostante la taglia contenuta e la mancanza di particolari adattamenti che ne assicurassero la competitività, gli australopitecidi riuscirono ad affermarsi grazie alla [[onnivoro|dieta onnivora]], che consentiva loro di trovare nutrimento in qualsiasi frangente, sfruttando indifferentemente risorse di origine animale (ad esempio carcasse di grossi erbivori uccisi dai predatori, oppure piccole prede catturate occasionalmente) così come le risorse offerte dalla terra (radici, frutti ed altri cibi di origine vegetale)<ref>{{cite web | author = Billings, Tom | assessdate = 2007-01-06 | title = Humanity's Evolutionary Prehistoric Diet and Ape Diets--continued, Part D) | url = http://www.beyondveg.com/nicholson-w/hb/hb-interview1d.shtml#microwear%20studies}}</ref>. Questo opportunismo permise agli australopitecidi di diffondersi in gran parte del continente africano.
== Ruolo evolutivo ==
L'analisi dei reperti fossili sembra indicare che l<nowiki>'</nowiki>''Australopithecus'' sia l'antenato comune del genere ''[[Paranthropus]]'', (gruppo estinto di ominidi) e del genere ''Homo'', (che include esseri umani moderni), entrambi più avanzati nel comportamento e nelle usanze: gli ''Australopitechi'' erano poco più che [[Scimpanzé]] [[bipede|bipedi]]. Tuttavia solo i rappresentanti dell<nowiki>'</nowiki>''Homo'' avrebbero sviluppato il [[linguaggio]] e imparato a controllare il [[fuoco]].


Gli studiosi sono propensi a credere che dal genere ''Australopithecus'' (ed in particolare dalla specie ''africanus'') si siano staccati i progenitori del genere ''[[Homo]]'' (ed in particolare ''[[Homo erectus]]''), attorno ai 2 milioni di anni fa: ciò non è inverosimile, tuttavia recentemente sono stati rinvenuti resti [[fossile|fossili]] di primati ascrivibili proprio al genere ''Homo'' e tuttavia antecedenti all'apparizione di ''Australopithecus africanus''. Questo vorrebbe dire che il distacco dagli australopitecini degli antenati dell'uomo moderno potrebbe essere avvenuto prima di quanto si pensasse, ad esempio a partire da ''[[Australopithecus afarensis]]'', o da specie ancora più primitive, addirittura estranee al genere (come ''[[Kenyanthropus platyops]]'')<ref>Toth, Nicholas and Schick, Kathy (2005). "African Origins" in ''The Human Past: World Prehistory and the Development of Human Societies'' (Editor: Chris Scarre). London: Thames and Hudson. Page 60. ISBN 0-500-28531-4</ref>.</br>
Malgrado le opinioni differiscano sul fatto di includere le specie ''[[Australopithecus aethiopicus|A. aethiopicus]]'', ''[[Australopithecus boisei|A. boisei]]'' e ''[[Australopithecus robustus|A. robustus]]'' nel genere ''Australopithecus'', l'attuale consenso nella comunità scientifica sussiste nel posizionarli in un genere distinto, ''[[Paranthropus]]'', che si crede possa essersi sviluppato dalla linea di antenati ''Australopithecus''. Fino a pochi anni fa la maggioranza, tuttavia, includeva tutte queste specie in un singolo genere. Il ''Paranthropus'', essendo più massiccio e robusto, fu nettamente distinto anche dal punto di vista [[morfologia|morfologico]] dall<nowiki>'</nowiki>''Australopithecus'', e inoltre la sua [[fisiologia]] specializzata implica che il suo comportamento fu assai differente da quello dei suoi antenati.
Anche l'apparizione degli australopiteci del ramo ''[[Paranthropus]]'' può essere vista come un distacco dalla linea originaria, in virtù del netto cambiamento nelle abitudini e nella morfologia che contraddistingue le specie di questo genere da quelle del ramo ancestrale.


==Morfologia e comportamento==
L'esistenza dell<nowiki>'</nowiki>''Australopithecus'' sembra avere messo drasticamente a riposo la [[teoria]] che l'[[intelligenza]] umana si sia evoluta prima e che la postura bipede sia seguita. L<nowiki>'</nowiki>''Australopithecus'' aveva un cranio non più grande in modo significativo rispetto ad un moderno scimpanzé. Malgrado ciò l<nowiki>'</nowiki>''Australopithecus'' fu certamente bipede, suggerendo che sia stata tale postura a rendere possibile l'intelligenza umana e non il contrario.
[[Immagine:A.afarensis.jpg|thumb|right|200px|Ricostruzione di un esemplare femmina di ''Australopithecus afarensis''; notare l'andatura bipede.]]


Si trattava di animali piuttosto piccoli e gracili, di altezza compresa fra i 120 e i 150 cm. Era presente un [[dimorfismo sessuale]] piuttosto accentuato, coi maschi considerevolmente più grandi e robusti delle femmine (fino al 50%, contro una media del 15% nell'uomo moderno<ref>{{cite book | last = Beck | first = Roger B. | author link = | coauthors = Linda Black, Larry S. Krieger, Phillip C. Naylor, Dahia Ibo Shabaka, | title = World History: Patterns of Interaction | publisher = McDougal Littell | date = 1999 | location = Evans ton, IL | pages = | URL = | doi = | id = | ISBN = 0-395-87274-X }}</ref>). Ciò lascia supporre che questi animali vivessero in gruppi capitanati da un maschio dominante, similmente a quanto osservabile fra gli attuali [[gorilla]].
La maggior parte delle specie di Australopiteco non erano più dedite all'uso di [[utensile|utensili]] dei moderni primati. In ogni caso l<nowiki>'</nowiki>''Australopithecus garhi'' sembra essere stato il più avanzato della sua linea evolutiva. I suoi resti sono stati ritrovati assieme ad utensili e resti di animali macellati, suggerendo l'insorgenza di un'industria degli utensili molto primitiva. Ciò conduce molti scienziati a sospettare che l<nowiki>'</nowiki>''[[Australopithecus garhi|A. garhi]]'' sia il progenitore del genere ''Homo''.


[[Immagine:Australopithecusafarensis reconstruction.jpg|thumb|left|200px|Ricostruzione del cranio di ''Australopithecus afarensis'': notare i canini poco pronunciati e la dentatura appiattita.]]
Il [[31 marzo]] [[1994]] la rivista ''[[Nature (rivista)|Nature]]'' ha riportato il rinvenimento in [[Etiopia]] del primo cranio completo di ''[[Australopithecus afarensis]]''.


Il [[cervello]] della maggior parte degli Australopitecus aveva dimensioni pari a circa il 35% di quelle dell'attuale cervello del genere [[Homo]]. La [[mandibola]] era molto robusta e munita di denti forti ed appiattiti, con [[canini]] poco pronunciati e [[premolari]] e [[molari]] forti e dallo smalto ispessito, indicanti una dieta principalmente vegetariana<ref>{{cite book|title= Evolution: The First Four Billion Years| author=McHenry, H.M | chapter=Human Evolution | editors=Michael Ruse & Joseph Travis | year=2009 | publisher= The Belknap Press of Harvard University Press | location = Cambridge, Massachusetts |isbn=978-0-674-03175-3 | pages=261–265}}</ref>. Gli arti anteriori avevano pressappoco la stessa lunghezza di quelli posteriori, nei quali l'opponibilità del [[pollice]] era stata praticamente persa per supportare un'andatura bipede.
== Specie del genere Australopithecus ==

La frammentarietà dei ritrovamenti [[fossile|fossili]], le condizioni di lavoro dei paleoantropologi e le dispute sulla validità delle varie datazioni, rendono il seguente elenco estremamente sensibile a radicali cambiamenti, come la ormai generalmente accettata collocazione delle specie aethiopicus, boisei e robustus nel nuovo genere Paranthropus; oltre a ciò taluni autori inseriscono in ''Australophitecus'' anche ''H. rudolfensis'' e di riflesso la specie stretta congenere ''H. habilis''; inoltre tutte le date sono da intendersi con una particolare approssimazione.
Non si ha notizia di utensili utilizzati dagli australopitechi (o almeno si pensa che essi non fossero maggiormente dediti al loro utilizzo di quanto non lo siano i primati moderni), così come si pensa che essi non abbiano sviluppato alcuna forma di [[linguaggio]]. ''[[Australopithecus garhi]]'' sembrerebbe tuttavia essere l'eccezione che conferma la regola in questo senso: i resti di questa specie sono stati ritrovati assieme ad utensili e resti di animali macellati, il che farebbe pensare al sorgere di una primitiva industria degli utensili sviluppata parallelamente a quella di ''Homo'', in quanto ''A. garhi'' si sarebbe evoluto molto probabilmente dopo il distacco dagli australopiteci della linea evolutiva che avrebbe poi portato a ''Homo''.
* ''[[Australopithecus anamensis]]'' (fra 4.4 e 3.9 milioni di anni fa...)

* ''[[Australopithecus afarensis]]'' (fra 4 e 3 milioni di anni fa...)
Il fatto che gli australopitechi fossero fondamentalmente degli scimpanzè bipedi significa che l'evoluzione di un'andatura bipede non è stata influenzata in modo significativo dall'aumento in capacità della [[scatola cranica]] e quindi dall'accrescimento dell'[[intelligenza]], come veniva invece propugnato fino a tempi recenti da numerosi studiosi<ref> Kivell TL, Schmitt D. (2009).Independent evolution of knuckle-walking in African apes shows that humans did not evolve from a knuckle-walking ancestor. Proc Natl Acad Sci U S A. Aug 25;106(34):14241-6. PMID 19667206 {{doi|10.1073/pnas.0901280106}}</ref>. Tale ipotesi era stata fra l'altro già messa in discussione dal ritrovamento di ''[[Orrorin tugenensis]]'', primate bipede vissuto circa 6 milioni di anni fa.</br>
* ''[[Australopithecus bahrelghazali]]'' (fra 3,5 e 3 milioni di anni fa...)
La spiegazione più accreditata per l'acquisizione di un'andatura bipede vuole questa caratteristica come un adattamento all'avanzata della [[savana]] in seguito ai cambiamenti climatici che interessarono l'[[Africa]] centro-orientale attorno ai 10 milioni di anni fa: l'andatura eretta consentiva agli australopitechi di ergersi al di sopra dell'erba alta ed osservare agevolmente i dintorni, individuando fonti di cibo o di pericolo<ref>{{cite journal |author=Lovejoy, C.O. |title=Evolution of Human walking |journal=Scientific American. |volume=259 |issue=5 |pages=82–89 |year=1988}}</ref>.</br>
* ''[[Australopithecus africanus]]'' (fra 3 e 2 milioni di anni fa...)
Alcuni studiosi hanno però osservato che per gli ominidi primitivi sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, sostenere un cambiamento così veloce nel tempo (in termini evolutivi) sia a livello morfologico (acquisizione di un'andatura bipede, con annessi cambiamenti a livello osteo-muscolare) che a livello comportamentale (migrazione dalla foresta pluviale alla savana semiarida). Si pensa perciò che l'andatura bipede fosse già in fase di acquisizione quando la savana lambì le aree dove vivevano i progenitori degli australopitechi<ref>Richmond BG, Begun DR, Strait DS. (2001). Origin of human bipedalism: The knuckle-walking hypothesis revisited. Am J Phys Anthropol. Suppl 33:70-105. PMID 11786992</ref>: osservando due specie di scimmie antropomorfe attuali, come l'[[orango]] e lo [[scimpanzè]], si nota infatti che il primo tende letteralmente a camminare orizzontalmente fra i rami, muovendosi su di essi con le sole zampe posteriori e mantenendosi alle liane ed ai rami verticali con le braccia, mentre il secondo si arrampica verticalmente abbracciando il ramo e puntellandosi con le zampe posteriori. Si può quindi pensare che nei primi australopitechi la forte muscolatura delle gambe fosse stata evoluta come adattamento al movimento orizzontale sui rami della volta arborea (attività che non richiede certo un'intelligenza sopraffina), e che in un secondo momento essa sia tornata assai utile per muoversi al suolo nelle sterminate pianure africane<ref>Thorpe SK, Holder RL, Crompton RH. (2007). Origin of human bipedalism as an adaptation for locomotion on flexible branches. Science. 316(5829):1328-31. PMID 17540902</ref>.
* ''[[Australopithecus garhi]]'' (2,5 milioni di anni fa...)
* ''[[Australopithecus aethiopicus]] - [[Paranthropus]]'' (2.5 milioni di anni fa...)
* ''[[Australopithecus boisei]]- Parantropo'' (fra 1.7 ed 1.4 milioni di anni fa...)
* ''[[Australopithecus robustus]] - Parantropo'' (fra 2 ed 1.5 milioni di anni fa...)
* ''[[Australopithecus sediba]]'' <ref>{{Citation |last=Berger |first=L. R. |last2=de Ruiter |first2=D. J. |last3=Churchill |first3=S. E. |last4=Schmid |first4=P. |last5=Carlson |first5=K. J. |last6=Dirks |first6=P. H. G. M. |last7=Kibii |first7=J. M. |year=2010 |title=''Australopithecus sediba'': A New Species of ''Homo''-Like Australopith from South Africa |journal=[[Science (journal)|Science]] |volume=328 |issue=5975 |pages=195–204 |doi=10.1126/science.1184944 }}</ref>


== Note ==
== Note ==
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== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
* [[Bambino di Taung]]
* ''[[Homo]]''
* ''[[Homo]]''
* [[Paleoantropologia]]
* [[Lista dei fossili dell'evoluzione dell'homo sapiens]]
* [[Lista dei fossili dell'evoluzione dell'homo sapiens]]
* [[Lucy (ominide)|Lucy]]
* [[Mrs. Ples]]
* [[Paleoantropologia]]
* [[Selam]]


== Altri progetti ==
== Altri progetti ==

Versione delle 17:20, 3 set 2010

Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Australopithecus
File:Austrolopithecus africanus.jpg
Ricostruzione del busto di A. africanus
Classificazione scientifica
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
SuperordineEuarchontoglires
(clade)Euarchonta
OrdinePrimates
FamigliaHominidae
GenereAustralopithecus
Dart, 1925
Specie
Vedi testo

Australopithecus è un genere estinto di mammiferi ominidi.

Gli Australopitechi apparvero per la prima volta all'incirca 4 milioni di anni fa: ebbero un certo successo evolutivo, divenendo assai diffusi in Africa, fino ad estinguersi completamente circa 2 milioni di anni fa.

Cenni storici

Il cranio del bambino di Taung.

Il primo esemplare fossile di australopiteco venne scoperto negli anni '20 in un deposito calcareo a Taung, in Sudafrica, dall'anatomo australiano Raymond Dart: si trattava di un giovane di tre anni, che assieme a tratti umanoidi presentava numerose caratteristiche tipiche delle scimmie antropomorfe. Dart ipotizzò che il giovane fosse una sorta di "anello mancante" e gli assegnò il nome scientifico di Australopithecus africanus.

Nel 1935, il paleontologo scozzese Robert Broom ritrovò numerosi resti di conspecifici del cosiddetto "bambino di Taung" scoperto da Dart dieci anni prima, oltre a fossili di una nuova specie che classificò come Paranthropus (Australopithecus robustus). Per tutto il decennio successivo alla scoperta di questi ominidi, nella comunità scientifica si discusse animatamente sulla loro posizione filogenetica, in quanto molti studiosi erano eticamente contrari all'accettazione delle specie da poco scoperte come qualcosa di diverso da scimmie preistoriche[1].

Nel 1959, nella gola di Olduvai (Tanzania), Mary Leakey riportò alla luce un cranio di una nuova specie, ribattezzata Australopithecus boisei: continuando a scavare, negli anni successivi vennero rinvenuti nello stesso sito altri australopitecidi, così come esemplari di Homo habilis ed Homo erectus[2].

Negli ultimi anni, i ricercatori hanno scoperto altre specie di australopitecidi, che hanno contribuito a fare maggiore chiarezza sull'esatto periodo durante il quale i membri di questo genere sono vissuti: ad esempio, il ritrovamento dei resti di Australopithecus sediba, risalenti a 1,9 milioni di anni fa (si pensa che gli australopitecidi si siano estinti prima di 2 milioni di anni fa) in Sudafrica ha dimostrato che questi ominidi sono vissuti per molto tempo dopo la loro presunta scomparsa, convivendo fra loro e anche con alcune specie del genere Homo[3].

Tassonomia

Il nome del genere deriva dalla combinazione delle parole australis, che in latino significa " nativo dell'emisfero meridionale", e πίθηκος (pithekos), che in greco significa "scimmia": Australopithecus significa pertanto "scimmia australe", in riferimento al fatto che tutti i resti fossili di specie ascrivibili al genere finora rinvenuti sono stati trovati nell'emisfero australe, e per la precisione nel continente africano.

Al genere vengono ascritte nove specie, tutte estinte:

Di queste, solo tre (A. africanus, garhi e sediba) vengono considerate come effettivamente ascrivibili al genere: alcuni studiosi ritengono maggiormente corretto ascrivere le rimanenti specie ai generi Paranthropus (A. aethiopicus, boisei e robustus) e Praeanthropus (A. afarensis, anamensis e bahrelghazali). Tale scelta sarebbe guidata da differenze abbastanza consistenti a livello morfologico e probabilmente anche ecologico fra i vari gruppi di specie, differenze che tuttavia potrebbero essere giustificabili anche considerando il vasto areale occupato dal genere ed il vasto lasso di tempo durante il quale esso si è potuto evolvere e diversificare.

Taluni autori ascrivono al genere Australophitecus anche le specie Homo rudolfensis e H. abilis.

Evoluzione

Mappa del continente africano: i punti rossi rappresentano i luoghi di ritrovamento delle varie specie di Australopithecus, mentre la probabile area di diffusione del genere è colorata in grigio scuro.

I primi membri del genere Australopithecus si evolvettero in Africa centro-orientale attorno ai 4 milioni di anni fa. Si trattava di esseri con numerosi tratti comuni alle scimmie antropomorfe e all'uomo, con andatura fondamentalmente bipede (come intuibile dalle numerose impronte fossili scoperte nel continente africano, fra le quali particolarmente famose e ben conservate sono quelle di Laetoli, in Tanzania), ma pronti ad arrampicarsi sui radi alberi della savana per sfuggire ai predatori o per trovare un rifugio sicuro dove passare la notte[4].

Nonostante la taglia contenuta e la mancanza di particolari adattamenti che ne assicurassero la competitività, gli australopitecidi riuscirono ad affermarsi grazie alla dieta onnivora, che consentiva loro di trovare nutrimento in qualsiasi frangente, sfruttando indifferentemente risorse di origine animale (ad esempio carcasse di grossi erbivori uccisi dai predatori, oppure piccole prede catturate occasionalmente) così come le risorse offerte dalla terra (radici, frutti ed altri cibi di origine vegetale)[5]. Questo opportunismo permise agli australopitecidi di diffondersi in gran parte del continente africano.

Gli studiosi sono propensi a credere che dal genere Australopithecus (ed in particolare dalla specie africanus) si siano staccati i progenitori del genere Homo (ed in particolare Homo erectus), attorno ai 2 milioni di anni fa: ciò non è inverosimile, tuttavia recentemente sono stati rinvenuti resti fossili di primati ascrivibili proprio al genere Homo e tuttavia antecedenti all'apparizione di Australopithecus africanus. Questo vorrebbe dire che il distacco dagli australopitecini degli antenati dell'uomo moderno potrebbe essere avvenuto prima di quanto si pensasse, ad esempio a partire da Australopithecus afarensis, o da specie ancora più primitive, addirittura estranee al genere (come Kenyanthropus platyops)[6].
Anche l'apparizione degli australopiteci del ramo Paranthropus può essere vista come un distacco dalla linea originaria, in virtù del netto cambiamento nelle abitudini e nella morfologia che contraddistingue le specie di questo genere da quelle del ramo ancestrale.

Morfologia e comportamento

File:A.afarensis.jpg
Ricostruzione di un esemplare femmina di Australopithecus afarensis; notare l'andatura bipede.

Si trattava di animali piuttosto piccoli e gracili, di altezza compresa fra i 120 e i 150 cm. Era presente un dimorfismo sessuale piuttosto accentuato, coi maschi considerevolmente più grandi e robusti delle femmine (fino al 50%, contro una media del 15% nell'uomo moderno[7]). Ciò lascia supporre che questi animali vivessero in gruppi capitanati da un maschio dominante, similmente a quanto osservabile fra gli attuali gorilla.

Ricostruzione del cranio di Australopithecus afarensis: notare i canini poco pronunciati e la dentatura appiattita.

Il cervello della maggior parte degli Australopitecus aveva dimensioni pari a circa il 35% di quelle dell'attuale cervello del genere Homo. La mandibola era molto robusta e munita di denti forti ed appiattiti, con canini poco pronunciati e premolari e molari forti e dallo smalto ispessito, indicanti una dieta principalmente vegetariana[8]. Gli arti anteriori avevano pressappoco la stessa lunghezza di quelli posteriori, nei quali l'opponibilità del pollice era stata praticamente persa per supportare un'andatura bipede.

Non si ha notizia di utensili utilizzati dagli australopitechi (o almeno si pensa che essi non fossero maggiormente dediti al loro utilizzo di quanto non lo siano i primati moderni), così come si pensa che essi non abbiano sviluppato alcuna forma di linguaggio. Australopithecus garhi sembrerebbe tuttavia essere l'eccezione che conferma la regola in questo senso: i resti di questa specie sono stati ritrovati assieme ad utensili e resti di animali macellati, il che farebbe pensare al sorgere di una primitiva industria degli utensili sviluppata parallelamente a quella di Homo, in quanto A. garhi si sarebbe evoluto molto probabilmente dopo il distacco dagli australopiteci della linea evolutiva che avrebbe poi portato a Homo.

Il fatto che gli australopitechi fossero fondamentalmente degli scimpanzè bipedi significa che l'evoluzione di un'andatura bipede non è stata influenzata in modo significativo dall'aumento in capacità della scatola cranica e quindi dall'accrescimento dell'intelligenza, come veniva invece propugnato fino a tempi recenti da numerosi studiosi[9]. Tale ipotesi era stata fra l'altro già messa in discussione dal ritrovamento di Orrorin tugenensis, primate bipede vissuto circa 6 milioni di anni fa.
La spiegazione più accreditata per l'acquisizione di un'andatura bipede vuole questa caratteristica come un adattamento all'avanzata della savana in seguito ai cambiamenti climatici che interessarono l'Africa centro-orientale attorno ai 10 milioni di anni fa: l'andatura eretta consentiva agli australopitechi di ergersi al di sopra dell'erba alta ed osservare agevolmente i dintorni, individuando fonti di cibo o di pericolo[10].
Alcuni studiosi hanno però osservato che per gli ominidi primitivi sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, sostenere un cambiamento così veloce nel tempo (in termini evolutivi) sia a livello morfologico (acquisizione di un'andatura bipede, con annessi cambiamenti a livello osteo-muscolare) che a livello comportamentale (migrazione dalla foresta pluviale alla savana semiarida). Si pensa perciò che l'andatura bipede fosse già in fase di acquisizione quando la savana lambì le aree dove vivevano i progenitori degli australopitechi[11]: osservando due specie di scimmie antropomorfe attuali, come l'orango e lo scimpanzè, si nota infatti che il primo tende letteralmente a camminare orizzontalmente fra i rami, muovendosi su di essi con le sole zampe posteriori e mantenendosi alle liane ed ai rami verticali con le braccia, mentre il secondo si arrampica verticalmente abbracciando il ramo e puntellandosi con le zampe posteriori. Si può quindi pensare che nei primi australopitechi la forte muscolatura delle gambe fosse stata evoluta come adattamento al movimento orizzontale sui rami della volta arborea (attività che non richiede certo un'intelligenza sopraffina), e che in un secondo momento essa sia tornata assai utile per muoversi al suolo nelle sterminate pianure africane[12].

Note

  1. ^ Lewin, R., The Australopithecines, in Human Evolution: An Illustrated Introduction, Blackwell Science, 1999, p. 112.
  2. ^ Lewin, R., The Australopithecines, in Human Evolution: An Illustrated Introduction, Blackwell Science, 1999, p. 113.
  3. ^ L. R. Berger, Australopithecus sediba: A New Species of Homo-Like Australopith from South Africa, in Science, vol. 328, n. 5975, 2010, pp. 195–204, DOI:10.1126/science.1184944.
  4. ^ David A. Raichlen, Adam D. Gordon, William E. H. Harcourt-Smith, Adam D. Foster, Wm. Randall Haas, Jr, Laetoli Footprints Preserve Earliest Direct Evidence of Human-Like Bipedal Biomechanics, in PLoS ONE, vol. 5, n. 3, 2010, DOI:10.1371/journal.pone.0009769.
  5. ^ Billings, Tom, Humanity's Evolutionary Prehistoric Diet and Ape Diets--continued, Part D), su beyondveg.com.
  6. ^ Toth, Nicholas and Schick, Kathy (2005). "African Origins" in The Human Past: World Prehistory and the Development of Human Societies (Editor: Chris Scarre). London: Thames and Hudson. Page 60. ISBN 0-500-28531-4
  7. ^ Roger B. Beck, Linda Black, Larry S. Krieger, Phillip C. Naylor, Dahia Ibo Shabaka,, World History: Patterns of Interaction, Evans ton, IL, McDougal Littell, 1999.
  8. ^ McHenry, H.M, Human Evolution, in Evolution: The First Four Billion Years, Cambridge, Massachusetts, The Belknap Press of Harvard University Press, 2009, pp. 261–265, ISBN 978-0-674-03175-3.
  9. ^ Kivell TL, Schmitt D. (2009).Independent evolution of knuckle-walking in African apes shows that humans did not evolve from a knuckle-walking ancestor. Proc Natl Acad Sci U S A. Aug 25;106(34):14241-6. PMID 19667206 DOI10.1073/pnas.0901280106
  10. ^ Lovejoy, C.O., Evolution of Human walking, in Scientific American., vol. 259, n. 5, 1988, pp. 82–89.
  11. ^ Richmond BG, Begun DR, Strait DS. (2001). Origin of human bipedalism: The knuckle-walking hypothesis revisited. Am J Phys Anthropol. Suppl 33:70-105. PMID 11786992
  12. ^ Thorpe SK, Holder RL, Crompton RH. (2007). Origin of human bipedalism as an adaptation for locomotion on flexible branches. Science. 316(5829):1328-31. PMID 17540902

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