Zarak Khan

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Zarak Khan
Victor Mature in una scena del film
Titolo originaleZarak
Paese di produzioneRegno Unito
Anno1956
Durata92 min
Genereavventura, drammatico
RegiaTerence Young
SceneggiaturaRichard Maibaum
ProduttorePhil C. Samuel
Produttore esecutivoIrving Allen, Albert Broccoli
Casa di produzioneWarwick Film Productions
Distribuzione in italianoC.E.I.A.D.
FotografiaCyril J. Knowles, Ted Moore, John Wilcox
MontaggioAlan Osbiston, Bert Rule
Effetti specialiCliff Richardson, Jack Erickson
MusicheWilliam Alwyn
CostumiPhyllis Dalton
TruccoFreddie Williamson
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Zarak Khan (Zarak) è un film del 1956 diretto da Terence Young.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Per aver corteggiato Alma, una delle sue mogli, l'Haji Khan ordina di far frustare a morte suo figlio Zarak. Il mullā del villaggio persuade il Khan dall'omicidio del suo successore, come indicato dalle leggi dell'Islam. Liberato ma espulso dal regno, Zarak si dà a un violento banditismo al confine tra India e Afganistan, zona amministrata dalle forze inglesi comandate dal maggiore Ingram, cui viene incaricato di prenderlo vivo o morto. Questi, travestitosi da indù con l'intera armata, scopre il campo dei predoni di Zarak, lo distrugge e arresta i superstiti. Zarak è fortuitamente assente all'attacco poiché intrattenuto da Alma, nel frattempo diventata ballerina.

Divenuto Khan per la morte del padre, Zarak si allea col potente capo afgano Ahmed e riesce a prendere il forte inglese; fuggito tra le montagne, Ingram è inseguito dal Khan, che uccide per sbaglio il mullā, credendolo l'ufficiale inglese. Colpito da un grandissimo senso di colpa, Zarak Khan si offre come sostituto di Ingram, il quale sta per essere decapitato da Ahmed. Il capo afgano accetta, non senza aver esaudito l'ultimo desiderio di Zarak Khan: che il supplizio capitale sia eseguito con le fruste, col metodo di suo padre.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Gli esterni sono stati girati in Marocco.

Durante le riprese Victor Mature si rifiutò di girare le scene degli inseguimenti in groppa a un cavallo. Venne sostituito da una controfigura, tale Jack Keely, che rimase vittima in seguito alla caduta da uno dei cavalli. Mature si impegnò a pagargli il funerale.

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

I manifesti del film, che riproducevano Anita Ekberg vestita da odalisca in abiti succinti, fu uno dei diversi[2] che nel marzo 1957 crearono proteste per le immagini provocanti delle attrici protagoniste, giudicati offensivi del pudore.[3][4] Il 26 giugno 1958 il Tribunale di Roma giudicò i manifesti "contrari alla pubblica decenza"; i pubblicitari responsabili dell'affissione dei manifesti vennero condannati ad una ammenda di 7.000 lire più 10.000 lire da donare a un ente per la difesa dei minori.[5]

La stessa sorte toccò ai manifesti britannici; in seguito alla critica della Camera dei lord vennero banditi per oscenità.[6]

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«Su sfondi orientali spesso finti il regista ha accumulato tutti i luoghi comuni del film sul deserto; ma con una certa grandiosità spettacolare e scioltezza di mano nelle molte scene di massa e di battaglia, con cariche e controcariche, agguati, assalti, inseguimenti, fughe, e ogni maniera di ruzzoloni e cadute. [...]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Salma nell'edizione originale
  2. ^ Gli altri erano i manifesti dei film Trapezio raffigurante Gina Lollobrigida con un bustino succinto che sale su una corda, quelli di Poveri ma belli in cui Ettore Manni e Marisa Allasio si abbracciavano in costume da bagno su un barcone del Tevere e un altro in cui la Allasio sfilava fra una schiera di giovani estasiati e soprattutto due manifesti di Miss spogliarello con Brigitte Bardot.
  3. ^ Si costituiscono Parte Civile contro i manifesti della Ekberg, La Stampa del 12 aprile 1957
  4. ^ Manifesti visibili in Le mutande della censura su fotogrammidicarta.it
  5. ^ Condanna per i manifesti pubblicitari riproducenti la Bardot ed Anita Ekberg, di Guido Guidi, La Stampa, 27 giugno 1958
  6. ^ Sue Harper e Vincent Porter, British Cinéma of the 1950s: The Decline of Deference, p. 129
  7. ^ Sullo schermo. Al Corso: Zarak Khan, di T. Young

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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