Utente:Zanekost/Sandbox/Soppressioni napoleoniche

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Le spoliazioni nel decaduto stato veneziano avvennero non solo all'atto della prima occupazione francese ma anche, come negli altri regni creati nell'impero napoleonico, con le soppressioni degli ordini religiosi preceduto dagli effetti della chiusura di molte parrocchie. Le prime requisizioni di opere d'arte (1797) erano volute a beneficio del Musèe Napoleon e della Bibliothéque National de France mentre, per quanto riguardava i preziosi, erano destinate alla compensazione dell'Armée francese, le successive (dal 1806) spostarono ancora più numerose opere anche verso altri musei, come la Pinacoteca di Brera, oppure furono disperse nel mercato antiquario. La Repubblica di Venezia fu anche definitivamente privata della propria indipendenza ed i suoi territori frazionati fra diversi domini.

Caduta della Repubblica[modifica | modifica wikitesto]

Guillaume Guillon Lethière, Trattato di Leoben 17 aprile 1797, 1806, bozzetto per un dipinto commissionato nel 1806 per la sala conferenze del Corpo legislativo e il musei di Reggia di Versailles

Napoleone aveva già occupato la Lombardia sia quella austriaca sia le province che da secoli ricadevano sotto il dominio veneto. Inseguendo al ritirata austriaca aveva occupato la fortezza di Peschiera e da lì le colonne francesi proseguirono nel Tirolo verso Klagenfurt. Più a oriente i francesi passarono per i territori neutrali del Veneto e del Friuli, occupando la fortezza veneziana di Palmanova. Napoleone. ben sapendo che per quanto numericamente più forti, il fallimento delle azioni militari francesi sul Reno ormai impediva una manovra a tenaglia contro l'impero ausburgico e le sue linee logistiche si erano allungate troppo, e giunto a Graz, propose agli austriaci un armistizio.

La discussione iniziò il 7 aprile nei pressi di Leoben e il testo approvato dieci giorni dopo, i cosiddetti preliminari di Leoben, prevedeva anche delle clausole segrete piuttosto punitive per la neutrale e ignara Repubblica di Venezia. Infatti, con l'intento di compensare l'Impero per le perdite territoriali, vi si prevedeva di cedere all'Austria l'intera terraferma veneta. A una Venezia indipendente ma limitata alla sua laguna avrebbero dovuto essere consegnate le le legazioni della Romagna, di Ferrara e parte di quella di Bologna. Il Direttorio, per quanto non molto soddisfatto delle decisioni prese a scapito della neutrale Venezia, ratificò gli accordi preliminari firmati il 17 aprile 1797[1].

Cessate le ostilità con gli austriaci, Napoleone si impegnò allora contro i territori veneziani cercando ripetutamente un casus belli e emungendo ripetutamente dalle casse veneziane le compensazioni per gli incidenti di cui fossero "vittima" le truppe francesi. Infatti le comunità democratiche costituite con l'appoggio francese a Brescia e Bergamo erano sostenute dai ceti più ricchi delle città ed avversate invece nelle campagne. Le rivolte armate, che qui si generarono, furono represse rapidamente o si spensero per il mancato appoggio di Venezia. Più forte fu la reazione dei veronesi che riuscirono a tenere i francesi fuori dalle mura dal 17 al 25 aprile, le cosiddette Pasque Veronesi represse sanguinosamente. Alla sola vista dei cannoni francesi disposti sulle strade, invece Vicenza, il 27 aprile, e Padova, il 28, accettarono la democratizzazione e costituirono le loro municipalità.

Bernardino Castelli, Ritratto di Ludovico Manin, 1797, olio su tela, 99 x 75,5 cm, Venezia, Museo Correr

Il 20 aprile Domenico Pizzamano, comandante del forte di Sant'Andrea, che difendeva l'ingresso nella laguna di Venezia dal porto del Lido aveva ordinato l'affondamento della goletta francese Le Libérateur d'Italie: la nave cercava di forzare il blocco – noto a tutti da secoli – era sì inseguita da due navi inglesi ma non aveva pensato di fermarsi per segnalare la sua situazione di pericolo.

Napoleone utilizzò strumentalmente tutti questi eventi per accrescere l'avversità delle sue truppe contro la Repubblica di Venezia.

Il 1º maggio, in attesa di una formale dichiarazione di guerra da parte del direttorio, dichiarò lo stato di belligeranza contro Venezia: l'incaricato diplomatico francese Giovanni Battista Lallement venne richiamato dalla città, ai funzionari veneziani di terraferma venne ordinato di tornare in laguna entro 24 ore e alle truppe francesi venne indicato di trattare come ostili quelle veneziane. Ma il giorno successivo in un incontro a Mestre tra i delegati veneziani Francesco Donà e Leonardo Giustinian e Napoleone venne concesso un armistizio di quattro giorni. Però Napoleone condizionò qualsiasi trattativa all'accoglimento delle sue richieste: Pizzamano era già stato arrestato, a lui si aggiunsero i tre Inquisitori di Stato; quanto ai sette detenuti politici e ai 300 prigionieri di guerra catturati dai contadini filo marciani nel bresciano si provvide a scarcerarli.

Nel frattempo il sostituto di Lallement, il segretario d'ambasciata Joseph Villetard prendeva accordi con un gruppo di rivoluzionari democratici veneziani che era uscito allo scoperto; e, al contrario del suo predecessore, era poco propenso a mantenere una sorta di «continuità statuale» in una repubblica veneziana democratizzata.

Dopo affannosi tentativi di riorganizzazione, ricerche di soluzioni che rendessero meno dura l'inevitabile resa e richieste di prolungamento dell'armistizio (il 9 maggio giunse la notizia di un altri otto giorni di pausa), il 12 maggio 1797 il maggior consiglio si riunì per la sua ultima seduta. Villetard aveva fatto giungere attraverso l'esponente del gruppo giacobino Andrea Spada i suoi «consigli» ai delegati Piero Donà e Antonio Battagia: o i veneziani si decidevano ad istituire un governo democratico e ad abolire il patriziato o l'avrebbero imposto i francesi con le armi. Mentre il consiglio discuteva si udirono degli spari: erano probabilmente soltanto le salve di saluto dei militari schiavoni che si stavano imbarcando per lasciare definitivamente Venezia. Terrorizzati i consiglieri chiesero di affrettare il voto: con oltre cinquecento voti favorevoli e pochissimi contrari la nobiltà veneziana decise la fine della propria sovranità e di cederla a un governo provvisorio. In realtà secondo gli statuti veneziani l'esito della votazione non sarebbe stato valido mancando il numero minimo legale di 600 presenze, ma alla fine si decise che il risultato doveva essere ritenuto valido. L'ormai ex doge Ludovico Manin e e alcuni ex membri del senato si riunirono per organizzare i passaggi del potere e Nicolò IV Morosini si occupò di sciogliere tutte le milizie.

Tuttavia la popolazione, ignara della decisione già presa, era scesa in piazza la grido di «Viva San Marco!» e non mancarono episodi di violenza contro i democratici e le loro case. Villetard aveva trovato rifugio nell'ambasciata spagnola mentre i dirigenti democratici cercavano protezione altrove. Fu allora che Piero Donà decise di organizzare un sistema per riportare l'ordine: fece stampare un proclama in cui si ordinava ai parroci di organizzare delle pattuglie di capifamiglia in ogni confinio e con il deposto doge organizzò dei reparti armati, sotto il comando di Bernardino Venier, per presidiare le procuratie, proteggere le case degli esponenti democratici e dei diplomatici stranieri.

La mattina del 13 la situazione era tornata calma ma si era dovuto arrestare 200 persone e c'era stata anche qualche vittima. Manin, Donà e Venier fecero stampare dei proclami in cui si minacciava la pena di morte per chi fosse stato sorpreso a saccheggiare o girasse armato e si intimava di restituire quanto fosse stato depredato, sempre con la minaccia della vita. Contemporaneamente ci si accordò col generale Baraguey d'Hilliers, acquartierato con il suo contingenta a Mestre, per l'ingresso a Venezia dei soldati francesi dal 14 maggio: 1.200 avrebbero stazionato in città e 2.800 nelle isole e fortilizi della laguna fino a Chioggia.

Il 14 maggio fu diffuso un altro proclama per avvisare la popolazione dell'arrivo delle truppe francesi e sommariamente del cambiamento di governo. Il giorno successivo furono discussi altri due separati proclami che furono pubblicati il 16 maggio: uno più succinto intestato «Serenissimo Principe» in cui la vecchia signoria annunciava la cessione del potere alla municipalità, l'altro più esteso titolato semplicemente «Manifesto» risultava emanato dalla municipalità provvisoria e portava anche la lista dei sessanta membri dell'assemblea.

Nel frattempo a MIlano i delegati Francesco Donà, Leonardo Giustinian e Alvise Mocenigo, ignari degli sviluppi, avevano continuato a trattare con Napoleone e Lallement e soltanto il 14 maggio ebbero notizia delle decisioni del Maggior Consiglio. Fu allora che si decise di formalizzare un trattato di pace, pur nell'incertezza di chi fosse autorizzato a firmarlo per la parte veneziana.

Lombardia veneta[modifica | modifica wikitesto]

Bergamo, Brescia, Crema occupate senza dichiarazione di guerra

Verona punita[modifica | modifica wikitesto]

Paolo Veronese, San Barnaba guarisce gli ammalati, 1566 circa, olio su tela,260 x 193 cm, Rouen, Musèe des Beaux Arts

Il Direttorio aveva già dato mandato a Napoleone di usare la mano pesante contro Verona, città accusata di avere dato rifugio al conte di Lille, fratello di Luigi XVI[2].

Come punizione per la resistenza ai francesi con le Pasque Veronesi, indipendentemente da quanto previsto nel trattato di pace con la Repubblica e di fatto ancor prima che fosse ratificato, a Verona furono depredate anche le collezioni private. Il commissario Saliceti e gli altri commissari per la ricerca di oggetti della scienza e dell'arte si comportarono con la stessa libertà d'azione già manifestata in Belgio, Olanda e nelle province renane[3].

Già a metà maggio 1797 furono così confiscati e spediti a Parigi il polittico di Andrea Mantegna sull'altare maggiore della basilica di San Zeno e alcuni dipinti dal palazzo del nobile Bevilacqua. Il politico fu poi smembrato e soltanto le tavole superiori fecero ritorno a Verona mentre le tre tavole della predella rimasero al Louvre. Delle opere di proprietà Bevilacqua un Ritratto di giovane donna del Veronese rimase al Louvre ed un altro con lo stesso soggetto del medesimo autore andò disperso, la Sacra Famiglia discussa tra Veronese e Brusaferro e il bozzetto di Tintoretto per il Paradiso nel Palazzo Ducale rimasero al Louvre. Dalla chiesa di San Giorgio in Braida furono asportati altri due dipinti di Veronese: la pala con il Martirio di San Giorgio vi fece ritorno mentre quella di San Barnaba guarisce gli ammalati fini al Musèe des Beaux Arts di Rouen. Dalla chiesa di Santa Maria della Vittoria, ora parzialmente distrutta, venne prelevatala la tela della Deposizione che, restituita, ha trovato ricovero nel Museo di Castelvecchio. Anche l'Assunzione della Vergine di Tiziano fu prelevata dal duomo e vi ritornò solo dopo il 1815[4]. Furono anche prelevati dieci tra busti e rilievi bronzei, 70 medaglie, una raccolta di 2250 monete in oro e argento di svariate epoche, 46 incunaboli e 23 cinquecentine oltre al pagamento di 170.000 ducati a titolo di risarcimento[5].

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INSERIRE IN QUALCHE MODO LA COLLEZIONE GAZOLA (FOSSILI DI BOLCA) V.[6]

Anche al marchese di Canossa vengono confiscati alcuni fossili[7]

Gazola acquista la collezione del conte Luigi Ronconi dopo averla fatta dissequestrare[8]

Gazola aveva ospitato il Conte di Lille poi nel 1803 dichiara la confisca una donazione a Napoleone

Promemoria[modifica | modifica wikitesto]

Interrogalo da chi dovesse venire la ratificazione cessato il Maggior Consiglio, rispose che qualche magistrato sarebbe pure stato ad esso sostituito, il quale potrebbe ratificare, delegando a tre de’suoi membri l’approvazione degli articoli segreti.


Si dice che Giuseppina indossò le perle che ornavano un Madonna s San Marco (steinmann V, 84; Osservazioni, XXX)

Liberatoir d'Italie:

ordini a Laugier e pareri diversi Lallement e Pizzamano[9]

per decisione del Senato, prima arresto poi rilascio di Pasqualigo sopracomito della galera del Lido e invece arresto di Pizzamano; inoltre restauro della nave e pagamento di 8605 franchi per i danni, si facevano imbarcare i feriti del Lido sopra un apposito trabaccolo, usando loro il più benevolo trattamento e venivano restituite le armi e documenti[10]


I francesi pretesero la consegna degli Inquisitori di Stato e del comandante del forte di sant'Andrea. I primi (Agostino Barbarigo, Angelo Maria Gabriel e Catarino Corner) colpevoli pasque veronesi. Il secondo reo di aver affondato la goletta francese. Per loro fortuna gli inquisitori furono liberati a causa della loro tarda età e anche il xxx venne liberato alcuni mesi più tardi.

Altri commissari Gaspar Monge, (Brunet, Lallemand, Steinamnn V, 88-89 + Arnault per i cavalli Steinmann V, 89-90)

parere negativo Forfait su arsenale 1797

plebiscito 27 ottobre 1797

non si può dimenticare le speranze create e l'apertura del ghetto

Primo dominio francese[modifica | modifica wikitesto]

I cavalli della basilica di San Marco vengono inviati in Francia

Il trattato prevedeva innanzitutto la fine del potere oligarchico a favore di un nuovo governo democratico che doveva comunque garantire il debito pubblico come le pensioni pregresse. Poi dipingeva la presenza delle truppe francesi come una protezione alle attività del nuovo governo e per garantire l'ordine e la protezione dei cittadini. Si prometteva che queste se ne sarebbero andate una volta perfezionato il nuovo ordinamento; la terraferma veneta sarebbe stata sgomberata dai militari «alla conclusione deila pace continentale», Si ribadiva inoltre che il governo veneto doveva processare gli Inquisitori di Stato, «imputati di essere stati autori e istigatori delle Pasque veronesi», e il comandante del forte di sant'Andrea, reo «dell’assassinio commesso nel Porto di Venezia», «nel modo più acconcio e più soddisfacente pel governo francese». Infine veniva promessa un'amnistia generale per «tutti gli altri veneziani, che fossero accusati di aver preso parte a qualche cospirazione contro le truppe francesi» e che i prigionieri di guerra sarebbero stati liberati[11].

Ma anche in questo caso il trattato prevedeva una serie di clausole pubbliche e un gruppo di clausole segrete. Nel primo articolo si definiva che «la Repubblica francese e la Repubblica di Venezia si accorderanno fra di loro per lo scambio dei territorii». Nel secondo articolo si stabiliva il versamento di tre milioni di tornesi nelle casse francesi in tre rate mensili. Nel terzo articolo si prevedeva la fornitura di attrezzature marittime alla marina francese per lo stesso valore. Nel quarto articolo Venezia doveva fornire «tre vascelli di linea e due fregate in buono stato, armati e forniti di tutto il necessario […] a scelta del generalissimo» naturalmente senza l'equipaggio. Nel sesto articolo Venezia si impegnava a consegnare «ai commissarii a ciò destinati venti quadri e cinquecento manoscritti a scelta del generalissimo»[12].

Suovetaurila, Parigi, Louvre

Non c'erano chiare indicazioni su quali opere requisire ma nello stesso mese di maggio Berthollet e Berthélemy erano già a Venezia per scegliere le opere da asportare[13]. Il 2 di agosto i commissari francesi presentarono una prima lista di 16 quadri riservandosi dell'altro tempo per scegliere i rimanenti quattro. Pietro Edwards, già responsabile per la Repubblica di Venezia per il restauro delle »pubbliche pitture» che in qualche modo assisteva i commissari francesi li convinse a sostituire il grandissimo telero del Giudizio finale del Tintoretto della Madonna dell'Orto e questi lo sostituirono con il Convito in casa di Levi del Veronese, un po' meno grande. Per i quattro rimanenti scelsero un altro quadro del Veronese dal Palazzo Ducale, San Marco in gloria e le quattro Virtù teologali dalla sala della Bussola, e la Consegna dell'anello al Doge di Paris Bordon, anche questo dalla Scuola Grande di San Marco. Al posto degli ultimi due scelsero due antiche sculture che si trovavano nella Biblioteca Marciana il bassorilievo del Suovetaurilia e il busto in bronzo dell'Imperatore Adriano[14].

Lascia un po' di stupore il fatto che venissero requisiti i dipinti della Scuola Grande di San Marco, di fatto un'associazione di privati cittadini, anticipando le requisizioni agli ordini religiosi del secondo dominio francese, certamente valse l'intitolazione all'evangelista e in effetti i giacobini veneziani avevano già messo all'opera gli scalpellini che cancellarono quasi tutti i leoni marciani sparsi per la città. Invece i due leoni sulla porta della carta e sullo scalone dei giganti del palazzo ducale erano semplicemente stati tolti e depositai in un magazzino[15].

Se riguardo ai gioielli di Venezia fu piuttosto vituperata Giuseppina: «un'impudica donna che si dava l'aria di essere Regina, ardì persino ornarsi con le perle»[16] che ornavano una Madonna in San Marco[17] non di meno una precisa responsabilità va imputata al municipio provvisorio. Infatti per quanto le clausole fossero segrete non di meno era improcrastinabile onorare i giganteschi debiti acquisiti con il trattato di pace. A casse vuote i "municipalisti" non trovarono di meglio che smontare le pietre preziose e le perle dagli oggetti del cospicuo tesoro di San Marco e fondere la parte metallica per poter pagare. Fu così che scomparvero per esempio le dodici "corone delle Marie" e i loro pettorali ornati da migliaia di perle e pietre preziose, le corone di Cipro e di Candia tempestate anch'esse di decine di perle e pietre preziose, la croce dei Duca Savoia d'oro massiccio e pesante sei libbre e mezzo (era stata acquistata nel 1553 per oltre duemila ducati) o le cinque rose d'oro donate da altrettanti papi ai dogi di Venezia. Anche gli argenti della sagrestia e della Scola dei Mascoli furono fusi. Fortunatamente forse i francesi credettero che la Pala d'oro fosse soltanto in metallo dorato per cui fu risparmiata. Circa cento preziosi reliquiari furono nascosti da un privato e vennero restituiti nel 1811 quando ormai la basilica era sede patriarcale. Le pietre e le perle vennero depositate invece nel banco-giro come garanzia per i creditori[18].

Per quanto riguarda i manoscritti i francesi attinsero a piene mani dalle varie biblioteche veneziane depositandoli prima alla Biblioteca Marciana per poi eseguirne una cernita. Alcuni volumi furono lì poi scartati e non trasferiti in Francia e così poi il "direttore" dell'istituzione, l'abate Jacopo Morelli, chiese l'assegnazione di questi titoli abbandonati[19].

I commissari prelevarono manoscritti, incunaboli, cinquecentine ed edizioni musicali dalle biblioteche del Collegio del Santo Rosario (cioè i domenicani insediatisi ai Gesuati alle Zattere) che comprendeva anche l'enciclopedica biblioteca lasciata in legato da Apostolo Zeno, della scuola dei Somaschi alla Salute, dei francescani conventuali ai Frari, dei Carmelitani a Santa Maria del Carmelo, degli agostiniani a Santo Stefano, dei francescani osservanti a San Bonaventura e a San Francesco della Vigna, dei camaldolesi di San Michele in Isola e di San Mattia a Murano, dei benedettini a San Giorgio Maggiore, dei teatini ai Tolentini nonchè dalla stessa Biblioteca Marciana con i suoi codici greci donati dal cardinale Bessarione. Vennero prlevati volumi anche a Padova dalla libreria di Santa Giustina. La raccolta però non fu soddisfacente per i francesi in quanto dichiararono di aver raccolto 470 volumi contro i 500 richiesti e a compensazione pretesero il Cammeo di Giove Egioco della Marciana[20].

Verso fine della loro permanenza i francesi decisero di portare a Parigi i quattro Cavalli di San Marco e l'antichissimo Leone marciano su di una delle colonne della piazzetta, in questo caso una deliberata razzia al di fuori di qualsiasi accordo. Inoltre, a differenza delle altre opere, queste non erano destinate a soddisfare gli intenditori d'arte al museo del Louvre ma perpetuare la propria riconoscibilità come bottino di guerra "arredando" l'arco di trionfo di place de l'Etoile e una fontana agli Invalides[21].

Qialche giorno dopo la firma del trattato di Campoformio compreso il destino riservato a Venezia i municipalisti indissero un "referendum2 sperando che il Direttorio non ratificasse il trattato. Il 28 ottobre 1797 presso le varie parrocchie vennero proposte ai cittadini veneziani due possibilità[22]:

«1. Vuole il popolo di Venezia aspettare nell'oscurità e nel silenzio il destino che lo minaccia?
2. Giureranno i cittadini di sostenere la libertà del loro paese, dei figli e dei posteri, e prnderanno parte ad un Congresso nazionale a Milano e chiederanno ai dipartimenti di fare la stessa cosa?»

A fronte di 23.000 partecipanti la scelta della libertà vinse per circa 2.000 voti, ma i continui tentativi di contatto vennero seccamente interrotti da Napoleone il 2 novembre riferendo che i trattato era stato ratificato.

Negli ultimi giorni a Venezia i francesi si accanirono sull'arsenale: nulla doveva essere lasciato agli austriaci. Oltre a quanto già stabilito e ricevuto, presero tutto il sartiame di riserva, la tela per le vele e anche i calderoni per la pece e soprattutto qualsiasi tipo di arma da taglio o da fuoco compresi. Le imbarcazioni che erano ancorate nel bacino furono affondate e quelle tirate a secco furono fracassate. Si premurarono anche di frantumare a mazzate le scale degli edifici e le decorazioni a stucco delle sale d'armi[24]. I cannoni compresi quelli più antichi di bronzo e riccamente decorati vennero spediti in Francia ma finirono perduti perché la nave che li trasportava fu affondata dagli inglesi al largo di Corfù[25].

Certamente l'accanimento più inutile e dannoso per il patrimonio culturale fu quello dimostrato contro la Bucintoro, la galea da cerimonia dei dogi che non era certamente un bastimento militare. L'ultimo rifacimento, quello allora ricoverato all'arsenale era stato iniziato nel 1722 e le innumerevoli sculture e decorazioni che lo ornavano erano state create sotto la direzione di Antonio Corradini. I suoi frammenti furono portati a San Giorgio maggiore e dove bruciarono per tre giorni nella speranza di ricavarne metallo prezioso dalle dorature che la coprivano interamente. Stessa sorte toccò anche ai due "peatoni ducali" che l'accompagnavano nelle sue uscite annuali per la festa della Sensa[26].

Nella divisione del trattato di Campoformio Verona assieme alle province lombarde e così pure il Pentanneso restò ai francesi mentre il resto del veneto e la patria del Friuli furono occupati dall'Impero Austroungarico che già aveva incamerato Istria e Dalmazia.

Opere d'arte confiscate dai francesi nel 1797[modifica | modifica wikitesto]

N. Collocazione originale Autore Opera descrizione Collocazione attuale
1 Palazzo Ducale Giovanni Contarini Il doge Grimani venera la Vergine 1600 c., olio su tela, 372 x 206 cm Palazzo Ducale
2 Palazzo Ducale Tiziano Vecellio Il doge Grimani davanti alla fede con i santi Marco e Sebastiano 1555/1576, olio su tela,

365 x 560 cm

Palazzo Ducale
3 Palazzo Ducale Paolo Veronese Ratto d'Europa 1580, olio su tela, 248 x 300 cm Palazzo Ducale
4 Palazzo Ducale Paolo Veronese Giunone versa doni su Venezia 1553/1554, olio su tela, 365 x 147 cm Palazzo Ducale
5 Palazzo Ducale Paolo Veronese Giove fulmina i vizi 1553/1556, olio su tavola trasportato su tela, 560 x 330 cm Parigi, Louvre
6 Palazzo Ducale Paolo Veronese San Marco incorona le Virtù Teologali 1553/1556, olio su tavola trasportato su tela, 330 x 317 cm Parigi, Louvre
7 Convento di San Giorgio maggiore Paolo Veronese Nozze di Cana 1562 c., olio su tela, 677 x 994 cm Parigi, Louvre
8 Convento di San Sebastiano Paolo Veronese Cena in casa di Simone 1570, olio su tela, 275 x 710 cm Milano, Pinacoteca di Brera
9 Convento dei Santi Giovanni e Paolo Paolo Veronese Convito in casa di Levi 1573, olio su tela, 555 × 1310 cm Venezia, Gallerie dell'Accademia
10 Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo Tiziano Vecellio San Pietro martire restituito nel 1815 ma distrutto da un incendio
11 Chiesa di San Zaccaria Giovanni Bellini Madonna in trono e santi 1505, olio su tavola, 500 x 235 cm Chiesa di San Zaccaria
12 Chiesa di San Zaccaria Paolo Veronese Madonna col Bambino tra i santi Stella (o Giustina), Francesco, Giovanni Battista, Girolamo e Giuseppe 1562 circa, olio su tela, 338 x 187 cm Venezia, Gallerie dell'Accademia
13 Chiesa della Carità Leandro Bassano Resurrezione di Lazzaro inizio XVII secolo, olio su tela, 416 x 237 cm Venezia, Gallerie dell'Accademia
14 Chiesa della Madonna dell’Orto Pordenone San Lorenzo Giustiniani 1528/1532, olio su tela, 420 x 222 cm Venezia, Gallerie dell'Accademia
15 Chiesa della Madonna dell’Orto Tintoretto Sant'Agnese resuscita Licinio 1578/1579, olio su tela, 401 x 203 cm Chiesa della Madonna dell’Orto
16 Scuola Grande di San Marco Tintoretto San Marco libera uno schiavo 1548, olio su tela, 416 × 544 cm Venezia, Gallerie dell'Accademia
17 Scuola Grande di San Marco Paris Bordon Consegna dell'anello al Doge XVI secolo, olio su tela, 370 x 300 cm Venezia, Gallerie dell'Accademia
18 Chiesa di Gesuiti Tiziano Martirio di san Lorenzo 1548/1559, olio su tela, 500 x 280 cm Chiesa di Gesuiti
19 Biblioteca Marciana Ludovico Lombardo ? Busto di Adriano ? XVI secolo, bronzo Museo archeologico di Venezia
20 Biblioteca Marciana Suovetaurila I secolo d.C. ?, 180 x 230 cm, marmo pentelico Parigi, Louvre
21 Biblioteca Marciana Cammeo di Giove Egioco (Cammeo Zulian) II secolo d.C., sardonica, Museo archeologico di Venezia
22 Piazzetta San Marco Leone marciano ?, bronzo Piazzetta San Marco
23 Basilica di San Marco Lisippo ? Cavalli di San Marco IV secolo a.C.?, bronzo dorato Basilica di San Marco

Primo dominio austriaco[modifica | modifica wikitesto]

Gli austriaci si insediarono manifestando chiaramente l'intenzione si stabilirsi definitivamente nei territori veneziani e nel 1797 avevano già occupato temporaneamente Istria e Dalmazia con lo scopo dichiarato di riportarvi l'ordine.

Per quanto riguarda i prelievi di opere sono da segnalare il gruppo di incunaboli richiesti e consegnati alla Regia Biblioteca aulica di Vienna che furono restituiti soltanto con le riparazioni del 1919, successive alla prima guerra mondiale. In quell'occasione fu scoperto che anche alcuni esemplari delle restituzioni del 1815 finirono a Vienna anziché a Venezia[27]. Differente fu il destino e le motivazioni nel 1799 che portarono definitivamente a Vienna i manoscritti della biblioteca Marco Foscarini mentre i quasi 4.000 testi a stampa furono dispersi nel mercato[28].

Secondo dominio francese[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1805 i territori veneti furono rioccupati dai francesi inizialmente come province autonome e poi inglobati nel Regno Italico.

Riduzione delle parrocchie[modifica | modifica wikitesto]

Il decreto del 1805 sulla riunione delle parrocchie nelle 20 principali città annoverate allora nel regno[29] venne applicato anche a Venezia con il titolo IV del Decreto portante vari provvedimenti a favore della città di Venezia[30]. Il provvedimento, oltre ad agli altri titoli dedicati all'ordinamento e all'organizzazione economica e sociale della città, prevedeva la concentrazione delle parrocchie riducendole da 70 a 40, parrocchie che nel 1810 furono ulteriormente ridotte a 30. Questa riduzione comportò anche la chiusura di alcuni edifici di culto e la successiva demolizione. (verifica zorzi e bernardi e romanelli) Una decina di giorni più tardi fu pubblicato decreto che riduceva le parrocchie anche nelle maggiori città del Veneto e del Friuli[31].

In realtà la questione dell'eccessivo numero di parrocchie e della grande disparità del numero d'anime amministrato da ciascuna era un tema sentito e già espressamente affrontato dal comitato di Istruzione pubblica della Municipalità provvisoria con una relazione del cittadino abate Collalto (25 ottobre 1797), questione poi accantonata col subentro austriaco[32].

Soppressione ordini religiosi[modifica | modifica wikitesto]

organizzazione clero e regolari[33]

disposizioni esecutive[34]

estensione leggi a stati veneti[35]

avocazione beni al demanio[36]

libri e manoscritti [37]

concentrazione religiosi[38]

soppressione ordini religiosi [39]

Soppressione Scuole di devozione[modifica | modifica wikitesto]

proibizione confraternite[40]

circa 300 scuole comprese quelle delle arti ancora attive vennero soppresse, si salvarono solo le scuole del Santissimo Sacramento, come nel resto del'Italia occupata dai francesi

Pietro Edwards e Andrea Appiani

Nel 1811 Denon, che viaggiava per l'Italia in una missione di ricerca di pitture primitive, impose lo scambio Brera-Louvre della Predica a Gerusalemme del Carpaccio, uno dei dipinti confiscati alla Scuola di Santo Stefano, e altri quattro dipinti lombardi con tre quadri fiamminghi[41]. Naturalmente da Brera si oppose una notevole resistenza, soprattutto perché la richiesta era di cinque quadri scuola veneta e lombarda del XV e inizio del XVI secolo in cambio di tre opere fiamminghe del XVII secolo e anche lamentando che una delle richieste, la Pala Casio, era l'unica opera di Boltraffio allora nelle disponibilità del museo. Il Denon, seccatissimo e sdegnato del fatto di non poter disporre indipendentemente delle opere a quel tempo di proprietà dell'imperatore, alla fine decise di aggiungere altri due quadri come compensazione[42].

Liquidazioni[modifica | modifica wikitesto]

Statue balaustre stalli pavimenti e simili venduti come materiale da costruzione o acquistati per conto di parrocchie dell'entroterra

Reliquie e reliquiari venduti al peso dei metalli, qunado non inviati al Monte di Napoleone a Milano per essere fusi, talvolta da persone interessate alla loro conservazione come il pittore Grezler che acquisto le reliquie della chiesetta di San Sebastiano a San Lorenzo poi le donò a… o come il conte Savorgnan la cui collezione fu dispersa alla sua morte (--> Vienna)

il 19 novembre 1806 il Prefetto del Dipartimento dell'Adriatico avesse inviato alla Direzione del Demanio una nota di biasimo "per l'offesa che deriva alla religione dalla vendita delle sacre suppellettili nelle quali esistono corpi di Santi e Martiri"[43] qualcuna consegnata poi a chiese

dispersione delle ossa dei sepolti nelle chiese sconsacrate "democraticamente" fossero quelle di nobili condottieri, artisti o comuni cittadini, deposte alla rinfusa nell'ossario si Sant'Ariano, solo la sensibilità occasionale fece salvare i resti di Paolo Sarpi o del medico Santorio Santorio. Ma la vendita dei pavimenti aveva lasciato scoperte le arche con problemi di salute pubblica[44]

Per scopi in certi casi pienamente condivisibili, come il nuovo cimitero cittadino finito però sessant'anni dopo, fu demolita la chiesa di San Cristoforo ed altri parzialmente discutibili come la realizzazione di giardini pubblici fu demolita le chiese castellane di San Domenico, San Nicolò e di San'Antonio e delle Cappuccine assieme ai loro conventi e all'ospedale dei marinai e al seminario ducale [45]

Il progetto di passeggiata nel verde alla giudecca non ebbe seguito se non con la demolizione della chiesa di San Giovanni Battista mentre i grandi granai di Terranova scomparvero per lasciar spazio al giardinetto di comodo del palazzo reale[46]. Più pesante per attrezzare regalmente gli edifici con un congruo scalone ed una sala da ballo fu la demolizioen della chiesa di San Geminiano sostituita dall'ala napoleonica[47]

Conseguenze nuova Accademia di Belle Arti alla Carità (riadattamento atrio di palladio???) frazionamento spazio chiesa e demolizione monumenti sepolcrali dei dogi Barbarigo (Codussi?) e del doge Nicolò Da Ponte (Scamozzi) col busto modellato da Alessandro Vittoria (statue salvate dal Moschini).[48]

"Istituzione" di Brera come museo centrale del regno.[49] Problema relativo al gusto di Edwards comunque invia a Brera 88 dipinti + 30 per viceré - Giuseppe Appiani e Ignazio Fumagalli inviati a Venezia nel 1810 ne scelsero altri 26. VERIFICARE Lista Brera --> Predicazione di Santo  Stefano (Louvre) Quattro stagioni di Jacopo Bassano a Praga, l'Incoronazione della Vergine di Lorenzo Veneziano, a Londra il San Lorenzo di Girolamo Santacroce??? Gloria di San Tommaso d'Aquino del Carpaccio (stoccarda)[50] Vendita in massa opere considerate minori [luglio 1811, 1305 quadri per lire 791;] deprezzamento, aste deserte e vendite abusive[51].

LIBRI Giovanni Rossi 6 giugno 1808 rimarca le mancanze di manoscritti, incunaboli e classici, e «così pure ne' Libri di Crusca, d' Arti e Mestieri, e nelle collezioni d'opere stampate da famosi antichi tipografi, in guisa che quanto da me fu rinvenuto deve considerarsi piuttosto come l'avanzo di dette Librerie piuttostochè come il primo Fiore delle medesime». Il bibliotecario della Marciana Jacopo Morelli,aveva già potuto fare i propri prelievi. Ma ne mancavano comunque a causa di alcune vendite diffusi furti.

Con le soppressioni del 1810 finirono al demanio numerose altre biblioteche

Agli inizi di ottobre del 1813 un certo G. B. Ferro riuscì ad acquistare per 6.900 lireel'intero pacchetto delle biblioteche dei conventi di San Mattia, degli Scalzi, di Santa Maria dei Servi, del Redentore e di San Sebastiano. Alla metà dello stesso mese furono messi all'incanto 3.500 volumi provenienti dai Frari, 3.200 dall'isola di San Clemente e ben 14.000 dal collegio dei Padri Somaschi alla Salute con una base d'asta rispettivamente di 3.508, 3.200 e 5.470 lire. La vendita andò deserta venne inviata soltanto un'offerta per l'intero blocco di 4.580 lire cui seguì un rialzo a 4.809, offerte rifiutate in quanto inconsistenti e infatti nell'aprile del 1814 una trattativa privata riuscì ad assegnare tutti i lotti ad un certo Antonio Vianello per 13.000 lire[52]

Restituzioni[modifica | modifica wikitesto]

L'intento che la Francia non dovesse essere troppo umiliata (wescher 141-143 - Gabbrielli 2009, 6-7) svoltò verso un atteggiamento più punitivo dopo Waterloo (Wescher [1976] 1988, 144-154; Gabbrielli 2009, 8-21)

Per il Lombardo Veneto era incaricato il direttore della Galleria del Belvedere di Vienna, Joseph Rosa[53] (figlio del pittore Joseph Roos, primo conservatore del nuovo Belvedere) che di fatto coordinava anche le restituzioni a Parma, Modena (e Toscana?) e proteggeva lo stato Pontificio che non poteva inviare il contingente militare necessario per le eventuali azioni di forza.


La grande tela delle Nozze di Cana del Veronese fu miseramente compensato con Il Convito del Fariseo di Charles Lebrun (1653 circa, olio su tela, cm 386 x 320)(Gabbrielli 2009, 110)

Il Suovetaurila fu inaspettatamente sostituito dal bassorilievo della Strage dei Niobidi, suscitando una sgradita sorpresa per chi aprì la casse (Cicognara, Edwards, Rosa)

collocazione cerimoniosa dei cavalli

Il leone bronzeo sulla colonna della piazzetta dovette prima essere ricomposto e restaurato da Bartolomeo Ferrari in quanto frammentato in quattro pezzi[54] a causa del'accidente avvenuto durante il recupero. L'episodio fu narrato, forse in modo eccessivamente colorito, dal corrispondente del Courier di Londra che lo diede distrutto in «mille pezzi» tra i frizzi e i lazzi degli astanti, quando gli operai lo fecero cadere nel tentativo di deporlo dalla cima della fontana agli Invalides[55].

Libri[modifica | modifica wikitesto]

si conservano le liste trascritte di soli 432 volumi (di cui restituiti 417)[56]

restituiti esemplari stampati in sostituzione di membranacei rimasi in francia[57]

certamente molti dei manoscritti ed incunaboli di San Giorgio maggiore rimasero in Francia e sono stati in parte riconosciuti[58] dalle recentissime ricerche del MEI[59]

anche tra le edizioni che Apostolo Zeno aveva lasciato al convento dei domenicani ai Gesuati manca qualcosa, alcuni testi contrassegnati con il suo ex libris risultano ancora alla BnF[60]

alcune opere citate negli elenchi risultano disperse[61]

conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

perdita indipendenza

crollo arte

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Scarabottolo 1998.
  2. ^ Steinmann 1917, cap. 5, p. 76.
  3. ^ Ferdinand Boyer, Les responsabilités de Napoléon dans le transfert à Paris des oeuvres d'art de l'étranger, in Revue d’histoire moderne et contemporaine, vol. 11, n. 4, p. 243.
  4. ^ Wescher 1988, pp. 70-71.
  5. ^ Wescher 1988, pp. 64-65.
  6. ^ Brignon 2019
  7. ^ Frigo-Sorbini 1997, pp. 10-13, 15-
  8. ^ Frigo-Sorbini 1997, p. 14-15
  9. ^ Romanin 1861, p. 111-118.
  10. ^ Romanin 1861, p. 156.
  11. ^ Romanin 1861, pp. 204-205.
  12. ^ Romanin 1861, pp. 205-206.
  13. ^ Steinmann 1917, cap. 5, p. 85.
  14. ^ Wescher 1988, pp. 71-74.
  15. ^ Zorzi 1984/2, p. 35,
  16. ^ Osservazioni 1799, p. 62.
  17. ^ Steinmann 1917, p. 84.
  18. ^ Zorzi 1984/2, pp. 38-43.
  19. ^ Sciarra 2020, pp. 382-383.
  20. ^ Zorzi 1984/2, p. 38.
  21. ^ De Paoli 2013
  22. ^ Scarabello 1998
  23. ^ Guido Perocco e Antonio Salvadori, Civiltà di Venezia, vol. 3, Venezia, Stamperia di Venezia, 1976, p. 1171.
  24. ^ Zorzi 1984/2, p. 43-45.
  25. ^ Beltrame-Morin 2014, p. 11.
  26. ^ Zorzi 1984/2, pp. 45-49.
  27. ^ Sciarra 2020, pp. 399-405.
  28. ^ Si trattava di una confisca dovuta alle tasse non pagabili dagli eredi. Cfr. Zorzi 1984/2, p. 51.
  29. ^ Decreto sulla riunione delle Parrocchie delle 20 città principali del Regno, su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1805 Parte prima, 22 giugno 1805, pp. 324-348.
  30. ^ Decreto portante vari provvedimenti a favore della città di Venezia, su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1807 Parte terza, 7 dicembre 1807, pp. 1188-1203.
  31. ^ Decreto sulla riunione delle parrocchie nelle principali città dello stato ex veneto, su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1807 Parte terza, 18 dicembre 1807, pp. 1211-1213.
  32. ^ Romanelli 1988, pp. 19-20.
  33. ^ Decreto sull’organizzazione del Clero secolare, regolare, e delle Monache, su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1805 Parte prima, 8 giugno 1805, pp. 123-140.
  34. ^ Disposizioni del Ministro per il Culto riguardanti l’esecuzione del Reale Decreto 8 giugno 1805 sulla organizzazione dei Regolari e delle Monache, su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1805 Parte seconda, 8 luglio 1805, pp. 377-393.
  35. ^ Decreto che estende agli Stati Veneti gli Statuti Costituzionali, la Costituzione di Lione, il Codice di Napoleone, il Concordato, il Decreto 8 giugno sull’organizzazione del Clero secolare e regolare, sull’amministrazione pubblica, e sulla divisione del territorio del Regno, il Decreto del 3 marzo sul Sistema monetario., su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1806 parte II, 9 aprile 1806, pp. 393-395.
  36. ^ Decreto concernente l’avocazione al Demanio de’ Beni delle Abbazie e Commende di qualunque ordine straniero, non che quelli delle scuole, confraternite, e simili consorzi laicali., su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1806 Parte prima, 25 aprile 1806, pp. 367-368.
  37. ^ Decreto riguardante i manoscritti e libri de’ Conventi soppressi negli Stati ex Veneti aggregati al Regno, su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1806 Parte II, 10 giugno 1806, pp. 609-611.
  38. ^ Decreto riguardante le Corporazioni Religiose ne’ dipartimenti Veneti riuniti al Regno, su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1806 Parte II, 28 luglio 1806, pp. 809-820.
  39. ^ Decreto portante la soppressione delle compagnie, congregazioni, comunie ed associazioni ecclesiastiche, su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1810 Parte prima, 25 aprile 1810, pp. 264-267.
  40. ^ Decreto riguardante la proibizione delle Confraternite, Congregazioni, Compagnie e Società laicali, eccettuate le Confraternite del SS., su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, 1807 Parte prima, 26 maggio 1807, pp. 281-283.
  41. ^ Wescher 1988, p. 139.
  42. ^ La Pinacoteca di Brera dovette cedere la Pala Casio di Boltraffio, la Sacra Famiglia con i santi Giovannino, Elisabette e Zaccaria di Marco d’Oggiono due tavole dal Polittico dell'Assunta del Moretto (i Santi Bonaventura e Antonio di Padova e i Santi Bernardino da Siena e Luigi di Tolosa), la Predica di santo Stefano di Carpaccio. Il Museo Napoleon inviò in cambio il Cenacolo di Rubens, la Madonna col Bambino e sant’Antonio di Van Dyck, il Sacrificio di Isacco di Jordaens e in aggiunta dopo le trattative il Ritratto della sorella di Rembrandt e il Ritratto di Amelie de Solms, principessa d’Orange (Ritratto di dama) ancora di Van Dyck. Cfr. Blumer 1937, pp. 15-17. Va notato che il Rembrandt fu espunto dal catalogo del'artista e l'opera di un anonimo seguace fu rinominata Ritratto di giovinetta (v. Ritratto di giovinetta, su pinacotecabrera.org.)
  43. ^ Zorzi 1984/2, p. 61.
  44. ^ Zorzi 1984/2, pp. 61-64.
  45. ^ Zorzi 1984/2, pp. 64-67.
  46. ^ Zorzi 1984/2, p. 69.
  47. ^ Zorzi 1984/2, pp. 69-72.
  48. ^ Zorzi 1984/2, pp. 72-74.
  49. ^ Zorzi 1984/2, p. 74.
  50. ^ Zorzi 1984/2, pp. 74-80.
  51. ^ Zorzi 1984/2, pp. 82-84.
  52. ^ Zorzi 1984/2, pp. 84-85.
  53. ^ Vienna 1760-1722, figlio del pittore Joseph Roos (Vienna 1726-1805), primo conservatore del nuovo Belvedere.
  54. ^ Elena Catra, Il Veneto Leone marciano alato di piazzetta San Marco restaurato. Documenti inediti circa l’opera di Bartolomeo Ferrari (1815-1816), in Arte documento, Venezia, Marcianum, 2014, pp. 75-78.
  55. ^ Eugene Müntz in Nouvelle Revue, CV, 710 citato in Mackay Quynn 1945, p. 456.
  56. ^ Sciarra 2020, p. 381.
  57. ^ Sciarra 2020, pp. 387-388.
  58. ^ Sciarra 2020, pp. 391-394.
  59. ^ Per il MEI vedi: New MEI Editing Guidelines (Italian), su 15cBookTrade - University of Oxford.
  60. ^ Sciarra 2020, pp. 394-399.
  61. ^ Sciarra 2020, pp. 405-406.

Appendice ?[modifica | modifica wikitesto]

con la soppressione delle parrocchie si è giunti alla scomparsa di alcune chiese

Decreto 58, 22 giugno 1805 (province rimaste alla Francia)[modifica | modifica wikitesto]

Bergamo[modifica | modifica wikitesto]

San Cassiano, demolita

San Michele dell'arco, chiusa

Verona[modifica | modifica wikitesto]

San Giacomo alla pigna, demolita

San Clemente???

Santa Felicita, chiusa

San Silvestro, chiusa

Santa Cecilia, scomparsa

Sant'Egidio???

Sant'Andrea???

Santi Quirico e Giulitta, scomparsa?

Brescia[modifica | modifica wikitesto]

pare tutte sopravvissute?

Decreto 266, 18 dicembre 1807[modifica | modifica wikitesto]

Padova[modifica | modifica wikitesto]

San Tommaso. distrutta

Santa Giuliana, poi distrutta

San Martino, distrutta

San Matteo, distrutta

etc. v. Chiese di Padova#Chiese demolite

Vicenza[modifica | modifica wikitesto]

v. Categoria:Chiese di Vicenza scomparse e Categoria:Chiese sconsacrate di Vicenza

Treviso[modifica | modifica wikitesto]

v. Categoria:Chiese sconsacrate di Treviso

Udine[modifica | modifica wikitesto]

v . Categoria:Chiese sconsacrate di Udine

Verona (di nuovo per sinistra Adige)[modifica | modifica wikitesto]

v. Categoria:Chiese sconsacrate di Verona e Categoria:Chiese di Verona scomparse


Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Documenti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]