Strada Pia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Strada Pia
Una scena dietro le quinte
Lingua originaleItaliano
Paese di produzioneItalia, Germania
Anno1983
Durata90 min
Generedocumentario, drammatico
RegiaGeorg Brintrup
SoggettoGeorg Brintrup
ProduttoreChristhardt Burgmann
Produttore esecutivoUbaldo Leli
Casa di produzioneWestdeutscher Rundfunk
FotografiaAli Reza Movahed
Emilio Bestetti
MontaggioCarlo Carlotto
CostumiSilvana Fusacchia
Piero Tosi
Interpreti e personaggi

Strada Pia è un film del 1983, scritto e diretto da Georg Brintrup. Rivisita i percorsi seguiti dalla letteratura e dall'architettura negli ultimi 400 anni, rintracciando le preesistenze dell'antica strada romana, ancora visibili lungo quelle che oggi sono via del Quirinale, via XX Settembre e via Nomentana.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Il film parte dal centro di Roma e segue poi la strada, così come si presenta nell'anno delle riprese 1983, fino ad arrivare in periferia, lontanto dalle porte e le mura della città. Dodici episodi, tratti da opere importanti della letteratura italiana degli ultimi 400 anni, si snodano lungo tutto il percorso. Ciascuno di essi viene messo in relazione con un luogo architettonico della stessa epoca, in modo da istituire un confronto visivo diretto tra il progresso della letteratura e il declino dell'architettura.

Riprese di ville, palazzi, chiese, case umbertine e case popolari scandiscono il ritmo narrativo e fanno da collegamento tra un episodio e l'altro.

  1. Torquato Tasso declama versi della Gerusalemme liberata lungo la rampa d'accesso al Casino dell'Aurora Pallavicini, concepita e realizzata dall'architetto fiammingo Giovanni Vasanzio; tardo rinascimento-manierismo - Palazzo del Quirinale (Ottaviano Mascherino, Gian Lorenzo Bernini)
  2. Nel giardino dell'Aurora (barocco), Giovan Battista Marino declama i suoi versi davanti a una fontana grottesca. - Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale (Gian Lorenzo Bernini)
  3. Scena teatrale di libera improvvisazione su tema musicale (Balli di Sfessania) - Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane (Francesco Borromini)
  4. Attori interpretano una scena, tratta dal libretto d'opera Didone abbandonata di Pietro Metastasio, davanti all'imitazione settecentesca di un tempietto greco in stile ionico (classicismo) - Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano (Carlo Maderno), Tempio di Esculapio (Antonio Asprucci)
  5. Nella cornice neoclassica di Villa Albani, Vittorio Alfieri legge brani tratti da Del principe e delle lettere . - Villa Albani (Carlo Marchionni)
  6. Giacomo Leopardi declama All'Italia (Canti) davanti al porticato dorico del Casino Nobile, una costruzione neoclassica all'interno del parco di Villa Torlonia. - Villa Torlonia (Giovanni Battista Caretti)
  7. Giuseppe Mazzini con i I doveri dell'uomo trova la sua cornice davanti alla bizzarra, scenografica architettura della Casina delle civette, sempre nel parco di Villa Torlonia. - Casina delle civette (Giuseppe Jappelli)
  8. Giosuè Carducci fa ascoltare il suo Canto dell'amore, in mezzo a romantiche imitazioni ottocentesche di architetture antiche in rovina. - Finta rovina del tempio di Antonino e Faustina (Cristoforo Unterperger)
  9. Gabriele D'Annunzio declama suoi versi, inquadrato nell'architettura di stile post-umbertino o decadentista, quartiere Coppedè. - Quartiere Coppedè (Gino Coppedè)
  10. Di Luigi Pirandello si rappresenta una scena dal dramma Enrico IV, in una fattoria abbandonata lungo la strada. - Architettura fascista del viale XXI Aprile che collega via Nomentana a piazza Bologna
  11. Dal romanzo Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini, due attori recitano nella Catacomba di Sant'Agnese. - Edilizia popolare postbellica
  12. Pier Paolo Pasolini chiude, con versi tratti da La religione del mio tempo, in mezzo ad un parco rottami nei pressi di via Nomentana. - Architettura standardizzata in cemento armato degli anni 1970

Retroscena[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di un film-essay, un genere poco conosciuto in Italia. L'idea portante è basata sulla tesi di Victor Hugo:

«L'architettura è stata fino al quindicesimo secolo il principale registro dell'umanità [...] in tutto questo periodo nessun pensiero dotato di qualche complessità è apparso al mondo senza diventare edificio, [...] Il genere umano non ha pensato nulla di importante senza scriverlo sulla pietra. E perché? Perché ogni pensiero, religioso o filosofico, vuole perpetuarsi e l'idea che ha influenzato una generazione, vuole influenzarne altre e lasciare traccia. [...] Nel secolo XV tutto cambia. Il pensiero umano scopre un modo di perpetuarsi non solo più durevole e resistente dell'architettura, ma anche più semplice e più facile. L'architettura viene detronizzata. Alle lettere in pietra di Orfeo succederanno quelle in piombo di Gutenberg. Il libro ucciderà l'edificio. [...] Sotto forma di stampa, il pensiero è più che mai imperituro. [...] Dal secolo XVI la malattia dell'architettura è visibile; ormai non esprime più la società in modo essenziale; [...] non ha più la forza di legare a sé le altre arti. Per cui quelle si emancipano, spezzano il giogo dell'architetto, se ne vanno ciascuna per proprio conto, e ognuna si avvantaggia di questo divorzio. [...] Il capitale di energie che il pensiero umano spendeva in edifici lo spende ormai in libri. [...] L'architettura è morta, morta per sempre; uccisa dal libro stampato.[1]»

Titolo del film[modifica | modifica wikitesto]

Il titolo “Strada Pia” riprende l'antico nome che le veniva dato nel 1565, dopo che Papa Pio IV l'aveva allargata e aveva fatto costruire, da Michelangelo, Porta Pia. Proprio quel secolo, secondo alcune riflessioni di Victor Hugo in Notre-Dame de Paris, era da considerarsi come uno spartiacque decisivo poiché, con l'avvento del torchio luminoso di Gutenberg, tutte le forze che il pensiero umano aveva, fino ad allora, dedicato all'architettura e quindi alla parola scritta su pietra, venivano ora rivolte alla parola stampata.

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

“Strada Pia” venne trasmesso per la prima volta il 14 agosto del 1983 dal canale tedesco WDR. La prima italiana del film, nella versione originale, ebbe luogo in luglio del 1983 nel Goethe-Institut di Roma. Altre trasmissioni seguirono sul canale tedesco WDR fino al 1988. Una versione di 60 minuti fu proiettato il 4 agosto 1988 sul canale tedesco WDR.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«Un viaggio lungo una strada, una voce fuori campo, “mise en scene” di opere, Tasso, Mazzini e D’Annunzio proposti come nelle sequenze di un film storico: che sembra avere, soprattutto nella sua prima parte, un tono serenamente didascalico: C’è uno sviluppo particolare del film, che inizia in effetti come un documentario. Man mano che si va avanti, la storia diventa però più vitale, diventa quasi un film a soggetto. Un ritmo lento è molto più adatto per il Seicento; poi i periodi storici sono diversi, e anche i tempi del film, determinati dal montaggio, si accelerano.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Victor Hugo, Notre-Dame de Paris. A. Mondadori, 1997, Libro V, Cap. II, Questo ucciderà quello, pp. 132 ss.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Cinema: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cinema