Shahr-i Sokhta

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Shahr-i Sokhta
La città bruciata[1]
Decorazione vascolare da un reperto di Shahr-i Sokhta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Iran Iran
Dimensioni
Superficie1 000 000 
Mappa di localizzazione
Map
Coordinate: 30°35′43″N 61°19′55″E / 30.595278°N 61.331944°E30.595278; 61.331944
 Bene protetto dall'UNESCO
Shahr-i Sokhta
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturali
Criterio(ii) (iii) (iv)
PericoloNon in pericolo
Riconosciuto dal2014
Scheda UNESCO(EN) Shahr-I Sokhta
(FR) Shahr-i-Sokhta

Shahr-e Sukhte la "Città Bruciata[2][3]" (in farsi:شهر سوخته) è un sito archeologico risalente all'Età del Bronzo. Si tratta di un insediamento urbano attribuibile alla Cultura Jiroft, collocato nella parte sud orientale dell'Iran (non lontano dai confini con Pakistan e Afghanistan), lungo il corso del fiume Helmand, lungo la strada che congiunge Zahedan a Zabol, nella provincia del Sistan e Baluchistan.

Il sito[modifica | modifica wikitesto]

Il sito si estende per un'area pari a 151 ha e rappresenta una delle più antiche e ampie città del mondo. L'insediamento si è sviluppato intorno al 3200 a.C.[3] La sequenza cronologica della città è stata divisa in quattro periodi e dodici fasi:

Periodo Datazione (a.C.) Fase Estensione
I 3200-2800 10-9-8 10-20 ha
II 2800-2500 7-6-5a-5b 45 ha
III 2500-2200 4-3-2 100 ha
IV 2200-1800 1-0 ignota

Ha subito, nel corso della sua storia, almeno tre incendi, prima del completo abbandono del 1800 a.C. Fu scoperta nel 1967 dall'archeologo ed esploratore italiano Maurizio Tosi,[1] ed è stata oggetto di scavi fin dal 1970, da una missione italiana guidata dall'IsMEO (oggi IsIAO).

La popolazione viveva essenzialmente di commercio e di agricoltura. Il fatto che non siano state rinvenute armi nel sito ha suggerito la natura pacifica degli abitanti della città. Le ragioni della repentina scomparsa della città non sono ancora del tutto chiare.

Ritrovamenti[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre del 2006 la missione diretta dall'archeologo iraniano Mansour Sajjadi ha riportato alla luce quella che è considerata la più antica protesi oculare finora nota. Si tratta di un oggetto di forma emisferica di 2,9 cm di diametro e 1,5 cm di altezza, realizzato in materiale leggero (probabilmente bitume). La superficie dell'occhio artificiale, decorata con incisioni[4], è ricoperta da una sottile lamina d'oro, inserita nelle crepe prodotte dall'essiccazione del materiale. Il manufatto presenta, inoltre due fori passanti che servivano al passaggio della cordicella che doveva tenere l'oggetto fissato alla testa della proprietaria. Il manufatto è stato rinvenuto in una tomba datata al 2900 a.C. (I Periodo), ancora sull'occhio della proprietaria.[5] I segni rimasti sulla superficie del manufatto attestano che l'oggetto è stato usato a lungo durante la vita della donna.

Ancora da una tomba di Shahr-i Sokhtà, proviene un esemplare ligneo del gioco reale di Ur, si tratta di una sorta di backgammon, rinvenuto insieme alle pedine e a numerose a scorie e crogioli (indizi di attività metallurgica).

Altri oggetti degni di nota sono i crani che presentano indizi di attività chirurgica.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Shahr-i Sokhta, la città bruciata, su Museo delle Civiltà, 18 giugno 2021. URL consultato il 21 dicembre 2023 (archiviato il 21 dicembre 2023).
  2. ^ Nell'accezione locale il significato di bruciato è sinonimo di purificazione, quindi la Città Bruciata indica la città purificata.
  3. ^ a b (EN) Shahr-i Sokhta, su UNESCO. URL consultato il 21 dicembre 2023 (archiviato il 14 novembre 2023).
  4. ^ Le incisioni realizzano un piccolo cerchio al centro del manufatto (a rappresentare un'iride), dal quale partono delle linee simili ai raggi solari.
  5. ^ L'antropologo della missione iraniana ha constatato che si trattava di una donna di circa 182 cm di altezza (molto più della media delle altre donne della comunità).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA. VV., La Città Bruciata del Deserto Salato (presentazione di Giuseppe Tucci). Venezia - Mestre, 1977

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN246272973