Partito Moderato (Italia)

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Partito Moderato
LeaderVincenzo Gioberti
Cesare Balbo
StatoBandiera del Regno di Sardegna Regno di Sardegna
Fondazione1848
Dissoluzione1861
IdeologiaPigliatutto
Confederalismo[1]
Nazionalismo romantico[2][3]
Monarchismo
Fazioni:
Monarchismo sabaudo
Monarchismo papale[4][5]
Repubblicanesimo (minoranza)[2]

Il Partito Moderato, chiamato collettivamente Moderati, fu un raggruppamento politico pre-unitario italiano, attivo durante il Risorgimento (1848-1861). I moderati non furono mai un partito formale, ma solo un movimento di patrioti riformisti di mentalità liberale, di solito laica.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Sin dal Congresso di Vienna, all'interno della penisola italiana si diffuse un sentimento riformista e romantico, ispirato al giacobinismo e al bonapartismo ed esposto alle rivoluzioni del 1820 contro il sistema congressuale reazionario. Molti patrioti, soldati e intellettuali che presero parte alle rivoluzioni furono definiti "moderati".

I Moderati, con il tempo, si delimitarono da organizzazioni radicali e repubblicane come la Giovine Italia di Giuseppe Mazzini, la Carboneria e altre. I moderati e i radicali contestarono principalmente i metodi per unificare l'Italia: i moderati sostenevano patti segreti e alleanze strategiche tra il movimento patriottico e le altre potenze europee, mentre i sostenitori di Mazzini invocarono una rivoluzione popolare per stabilire una Repubblica democratica. Dopo il fallimento delle Rivoluzioni italiane del 1848, tentate da mazziniani e repubblicani, le idee repubblicane diminuirono nell'agenda dei Moderati. Durante questo periodo, diversi politici di altri stati italiani sono membri del gruppo: nel Regno di Sardegna, i leader erano Massimo d'Azeglio e Camillo Benso, conte di Cavour, in rappresentanza della destra parlamentare, e Urbano Rattazzi, in rappresentanza della sinistra; nello Stato Pontificio il movimento di riforma fu guidato da Terenzio della Rovere e Pellegrino Rossi, l'ultimo assassinato da un complotto repubblicano nel 1848; nel Regno delle Due Sicilie eminenti moderati erano i fratelli Bertrando e Silvio Spaventa. Quando il Regno d'Italia fu fondato nel 1861, i moderati si fusero nella destra e nella sinistra storiche, i due gruppi parlamentari piemontesi che monopolizzarono la politica del nuovo stato italiano per quasi mezzo secolo.

Tendenze e membri[modifica | modifica wikitesto]

A differenza di democratici e repubblicani radicali, i moderati erano solo circoli di intellettuali, aristocratici, soldati e uomini d'affari con tendenze patriottiche. Tuttavia, il Partito Moderato non era coeso, perché i suoi membri appartenevano a diverse ideologie politiche, dal liberalismo continentale al conservatorismo dolce. Inizialmente, il partito non era troppo nazionalista, preferendo una federazione o coalizione tra i vari stati italiani e sostenendo sia le politiche riformiste che quelle della legge e dell'ordine, diverse dai repubblicani come Mazzini. Quando la possibilità di uno stato italiano unificato divenne reale, vi fu una nuova questione di divisione riguardante la forma che avrebbe avuto il nuovo Stato italiano. Qualcuno, come Vincenzo Gioberti, sostenne una confederazione di Stati, guidata dal Papa, altri semplicemente rivendicarono uno stato centralizzato guidato da un monarca, senza differenze se un Savoia o un altro. All'interno del movimento c'erano tre tendenze principali:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ I moderati: neoguelfi e liberal-radicali, in Tutta storia, DeAgostini, 2011, p. 311.
  2. ^ a b Gianluca Formichi, Il Risorgimento: 1799-1861, Giunti, 2003, p. 49.
  3. ^ Clelia Nascimbene Pasio, Patriottismo romantico e patriottismo classico nei prodromi del risorgimento italiano, Zanichelli, 1931, p. 104.
  4. ^ Mario Schiattone, Alle origini del federalismo italiano, Dedalo, 1996, p. 76.
  5. ^ Raffaele Fusilli, Liberali, socialcomunisti e cattolici in lotta guelfa e ghibellina durante il fascismo, la monarchia e la repubblica: Saggio storico politico, 1969.
  6. ^ Alessandro Manzoni, The Count of Carmagnola & Adelchis, JHU Press, 3 agosto 2004, p. 93.
  7. ^ Stelio Cro, L'idealismo neo-guelfo e il teatro nazionale in Alessandro Manzoni, in Teatro Contemporaneo, febbraio-maggio 1988.
  8. ^ Nicola Baldoni, Il pensiero politico di Francesco Domenico Guerrazzi, Quaderni della Labronica, 1974, p. 67.
  9. ^ Massimo Viglione, Libera chiesa in libero stato?: il Risorgimento e i cattolici: uno scontro epocale, Città Nuova, 2005, pp. 44-45.
  10. ^ a b Antonio Gnoli e Antonio Gennaro Sasso, I corrotti e gli inetti: Conversazioni su Machiavelli, Giunti, 2013.
  11. ^ a b Luigi Firpo, Storia delle idee politiche economiche e sociali, vol. 3, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1972, p. 291.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]