Fondazione di Milano

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La fondazione della città di Milano viene normalmente fatta risalire attorno al VI secolo a.C., per opera della tribù celtica degli Insubri.

Milano deriva il suo nome da Mediolanum [1], parola in cui tradizionalmente i linguisti riconoscono un composto significante "in mezzo alla pianura" (o "pianura del mezzo"), medio-lanum (da planum: nelle lingue celtiche la p- cade all'inizio di parola). Esistono circa sessanta toponimi con questo nome, o ad esso riconducibile, sparsi nel mondo celtico continentale, la maggior parte dei quali nei territori un tempo inclusi nell' area europea chiamata Gallia.

Per quanto manchino riscontri archeologici, secondo il linguista Christian Guyonvarc'h, il significato reale del termine Mediolanum è "santuario centrale". La traduzione "pianura del centro" sarebbe errata perché alcuni dei toponimi identici a questo riguardano località poste su alture [2] e non viene quindi tenuto conto del significato religioso[3]

Le fonti antiche

Secondo la tradizione tramandata ad opera di Tito Livio (50 a.C. - 17), Milano fu fondata da popolazioni celtiche provenienti da Oltralpe e guidate dalla mitica figura di Belloveso tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C.. Queste tribù sconfissero gli Etruschi sul Ticino e si insediarono in un territorio già abitato dagli Insubri, che avevano dato il nome alla regione.

«A Segoveso fu quindi destinata dalla sorte la Selva Ercinia; a Belloveso invece gli Dei indicavano una via ben più allettante: quella verso l'Italia. Quest'ultimo portò con sé il soprappiù di quei popoli, Biturgi, Arverni, Senoni, Edui, Ambarri,Carnuti, Aulirci. Partito con grandi forze di fanteria e di cavalleria, giunse nel territorio dei Tricastini. Di là si ergeva l'ostacolo delle Alpi… Essi poi, attraverso i monti Taurini e la valle della Dora, varcarono le Alpi; e, sconfitti in battaglia gli Etruschi non lungi dal Ticino, avendo sentito dire che quello in cui si erano fermati si chiamava territorio degli Insubri, lo stesso nome che aveva un cantone degli Edui, accogliendo l'augurio del luogo, vi fondarono una città che chiamarono Mediolanium.»

Il bassorilievo della scrofa semilanuta
Palazzo della Ragione

I racconti leggendari parlano inoltre di una scrofa semilanuta (medio-lanum) vista sotto un biancospino, che avrebbe indicato a Belloveso il luogo dove fermarsi e fondare un santuario. Il biancospino era sacro alla dea Belisama.

Plinio il Vecchio (23 - 79) nella sua "Naturalis Historia" attribuisce direttamente agli Insubri la fondazione di Milano e Strabone (63 a.C. ca - 19 ca) conferma che il legame della città, un tempo solo villaggio, con gli Insubri perdura ancora ai suoi tempi. Anche Polibio (202 a.C. - 118 a.C. ca) testimonia della presenza degli Insubri nella regione e la loro importanza.

«Gli Insubri, invece, ci sono ancora oggi. Essi avevano come metropoli Mediolanum, che anticamente era un villaggio (tutti infatti abitavano sparsi in villaggi); ora invece è una città importante, al di là del Po, quasi ai piedi delle Alpi.»

«…(le terre) che sono situate nei dintorni delle foci del Po furono abitate dai Laevi e dai Lebeci, e dopo di loro dagli Insubri, il più grande di questi popoli; e a valle lungo il fiume, vivevano i Cenomani.»

I dati archeologici

Nel II millennio a.C., durante l'età del bronzo si erano formati nel territorio tra il Ticino e l'Adda i primi villaggi stabili. Nel I millennio a.C., nell'ambito della cultura di Golasecca, della prima età del ferro, vi si trovano tre centri principali, i siti corrispondenti a Bellinzona, a Sesto Calende - Golasecca - Castelletto Ticino e a Como: gli ultimi due in particolare si trovavano lungo importanti itinerari commerciali, facilitati dalla vicinanza con i corsi d'acqua, che mettevano in comunicazione il Mediterraneo con i territori oltre le Alpi: risalendo il fiume Toce si arrivava dal lago di Como al passo del Sempione, mentre seguendo il Ticino si arriva al passo del San Gottardo, da cui si accede alle valli del Reno e del Rodano.

A questo strato si sovrapposero successive ondate migratorie di popolazioni, anche celtiche, appartenenti alla cultura di La Tenè, che intorno al IV secolo a.C. si spinsero a sud fino a Roma con il celebre episodio di Brenno (390 a.C.). Questa sovrapposizione, probabilmente eminentemente pacifica, non sembra tuttavia aver intaccato la continuità degli insediamenti della regione, come sembra riferire anche il racconto liviano.

I dati archeologici, per quanto scarsi e frammentari, sembrano indicare la presenza di un considerevole insediamento preurbano della cultura di Golasecca (fase IIIA, V secolo a.C.). Il luogo dove era sorto questo primo abitato protostorico si trovava su un leggero rilievo della pianura[senza fonte], in una zona ricca di acque e forse in parte paludosa, presso i corsi del Seveso, proveniente dalla zona di Como, dell'Olona, dal Lago Maggiore, e del Lambro, dalla zona dei laghi posta tra Como e Lecco, oltre che di numerosi torrenti. Il leggero avvallamento segue un andamento da nord-ovest verso sud-est, sulla via naturale tra il passo del Sempione e il mare Adriatico. Il luogo era collocato in corrispondenza del limite delle risorgive.

Nel IV secolo a.C. il centro abitato preesistente si dovette sviluppare come un vero e proprio nucleo urbano. Nel V e IV secolo a.C.: i centri prima di Sesto Calende e poi di Como entrarono in crisi e vennero abbandonati, mentre la popolazione sembra essersi spostata progressivamente verso la pianura. In corrispondenza dell'attuale Biblioteca Ambrosiana, a piazza San Sepolcro, gli scavi archeologici hanno rivelato la presenza del Foro di epoca romana, pavimentato in pietra nel I secolo, a sua volta preceduto da un quartiere di abitazioni in legno risalente all'abitato golasecchiano del V secolo a.C..

Secondo alcuni studiosi nell'attuale tessuto urbano sono tuttora leggibili delle zone ellittiche, che anticamente dovevano essere definite da fossati, di cui sarebbero state rinvenute labili tracce[senza fonte]. I fossati avevano lo scopo di definire sacralmente lo spazio urbano, distinguendo "dentro" e "fuori", e contemporaneamente dovevano proteggerlo dalle acque che scorrevano nel territorio. Una ellisse corrisponderebbe al centro abitato della Biblioteca Ambrosiana (piazza San Sepolcro).

L'ipotesi del santuario celtico

Nell'attuale tracciato urbano sarebbe identificabile una seconda ellisse, situata in corrispondenza dell'attuale piazza della Scala, che secondo ricerche archeoastronomiche sarebbe stata allineata secondo precisi punti astronomici e che potrebbe essere stata un antico santuario celtico.

In base a quest'ipotesi, il racconto liviano potrebbe dunque rifersi più specificamente alla fondazione rituale di un luogo sacro (midlann, "tra le terre") nel posto indicato dai segni della scrofa semilanuta (medio-lanum) bianca e del biancospino, sacro alla dea Belisama, a cui ben si accorda il carattere spiccatamente religioso della figura di Belloveso. Intorno a questo primitivo santuario si sarebbe quindi sviluppato il "villaggio" di cui parla Strabone[senza fonte].

Tra Insubri e Romani

L'oppidum celtico conoscerà quindi un grande sviluppo dopo l'alleanza degli Insubri con i Romani, nel II-I secolo a.C., fino all'estensione fissata dalla cinta muraria di epoca cesariana. L'impianto urbanistico della città romana sembra aver sostanzialmente rispettato l'organizzazione spaziale dell'oppidum celtico, definito dalle vie di comunicazione protostoriche.

Secondo i sostenitori della teoria che all'origine di Milano vi sia un "luogo sacro" questo avrebbe avuto una forma di ellisse e avrebbe occupato la parte nordorientale della città. La città stessa corrisponderebbe invece ad un cerchio, individuabile dalle attuali vie Lauro, San Giovanni sul Muro, Brisa, Morigi e Bagnera. In corrispondenza di questa circonferenza continua sarebbero in seguito sorte le chiese di San Giorgio al Palazzo, di Sant'Alessandro, di San Giovanni in Conca, di San Giovanni Laterano e di Santa Maria Maggiore, demolita per costruirvi il Duomo. Al di fuori di tale circonferenza non esistono chiese urbane antiche, e questo indicherebbe che i santuari pagani, che col tempo sarebbero stati sostituiti da chiese cristiane, si sarebbero trovati all'interno della circonferenza della città, ma non nell'ellisse nel quale sarebbe stato identificato il luogo sacro.[4]

I Romani identificheranno Belisama con Minerva. Il tempio romano dedicato a Minerva i cui resti sono stati rinvenuti sotto l'attuale Duomo, potrebbe essere sorto su un santuario dedicato alla celtica Belisama.

Note

  1. ^ Secondo la testimonianza di Tito Livio (Historiae, 5,34) questo sarebbe stato il nome della città.
  2. ^ per quanto, relativamente allo specifico milanese, nell' area ove si sviluppa la citta' non siano oggi osservabili alture di sorta e neppure alture siano menzionate in testi antichi o la loro esistenza possa essere desunta da toponimi locali
  3. ^ Françoise Le Roux, Christian-Joseph Guyonvarc'h. I druidi, pag. 522. Genova, ECIG, 1990. ISBN 8875458839.
  4. ^ Alessandro Colombo. Milano preromana, romana e babarica. Milano, Hoepli, 1928. ISBN X001609513.

Bibliografia

  • Venceslas Kruta: La Grande storia dei celti, Newton & Compton edizioni - Roma 2003
  • Kruta V.- Manfredi: I Celti in Italia, Mondadori, Milano 1999
  • Kruta, V.: L'Europa delle Origini, Rizzoli, Milano, 1993
  • Elena Percivaldi I Celti una civiltà europea, Giunti Firenze, 2003

Collegamenti esterni