Amorino dormiente

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Amorino dormiente
AutoreMichelangelo Merisi da Caravaggio
Data1608-1609
Tecnicaolio su tela
Dimensioni72×105 cm
UbicazionePalazzo Pitti, Galleria Palatina, Firenze
Giovanni da San Giovanni, copia antica dell'Amorino dormiente di Caravaggio sulla facciata del palazzo dell'Antella a Firenze

L'Amorino dormiente è un dipinto a olio su tela di Michelangelo Merisi da Caravaggio, databile tra il 1608 e il 1609 e conservato nella Galleria Palatina di Firenze. La tela è firmata e datata sul retro: «M.M. di Caravaggio, Malta, 1608».

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'opera fu iniziata e completata a Malta, come conferma l'iscrizione, su commissione di Francesco dell'Antella, amministratore fiorentino di Alof de Wignacourt, Gran Cavaliere dell'Ordine di San Giovanni. Il dipinto fu portato a Firenze da suo fratello, il senatore Niccolò dell'Antella nel luglio 1609, come dimostra una lettera datata 20 luglio 1609 di Fra' Francesco Buonarroti a suo fratello Michelangelo Buonarroti il Giovane[1]. Venne anche citato nella facciata del Palazzo Dell'Antella, decorato da un gruppo di artisti locali tra il 1619 e il 1620.

Più tardi, nel 1667, l'opera venne acquistata dal cardinale Leopoldo de' Medici. È ancora una lettera a documentare il passaggio, inviata da Bologna dal conte Annibale Ranuzzi al cardinale (15 marzo 1667) in cui egli si congratula "per il bell'acquísto fatto da V.A. di quel quadro di Caravaggio ch'era del Priore dell'Antella"[2], ovvero del priore Donato dell'Antella morto il 14 gennaio 1667 con gli eredi del quale il cardinale aveva fatto l'affare.

L'Amorino si trova così menzionato nell'inventario dell'eredità del cardinale: "Un quadro in tela alto, braccía 1 e 1/8 largo 2 e1/8 dipintovi un Amorino che dorme con l'arcano e frecce, di mano del Caravaggio"[3]. La tela è inoltre ricordata da Filippo Baldinucci (1681), a proposito della copia ad affresco sulla facciata del palazzo in piazza Santa Croce: "L'amorino fece Giovanni da San Giovanni, il quale non ebbe difficultà di copiarlo da simil figura, che è oggi nel, palazzo sereníssimo"[4].

Descrizione e stile[modifica | modifica wikitesto]

Su uno sfondo scuro, tipico dell'artista, un fascio di luce caldo, intenso e incidente rivela l'amorino disteso, nudo e dormiente, con forti contrasti di zone in luce e ombreggiate. Il fanciullo nudo giace addormentato impugnando ancora una freccia, lasciando inoltre la faretra abbandonata al suolo. Un estremo realismo rivela l'incarnato chiazzato del fanciullo, probabilmente a causa di una malattia infantile che il Merisi dovette copiare da un bambino morto. Alberto Mantovani afferma che il soggetto ha la milza ingrossata e delle lesioni cutanee tipiche di problemi di coagulazione, egli è probabilmente morto per artrite reumatoide.[5] Questo toccante realismo della malattia è mitigato dagli attributi mitologici del personaggio, quali le ali e la faretra, ma resta lontana dall'immagine tradizionalmente edulcorata dell'amorino, facendo invece trasparire un messaggio di drammatica contemporaneità.

Maurizio Calvesi parlò di una rappresentazione dell'Amore cieco e preda dei sensi. Pizzorusso invece (1983), basandosi su brani di composizioní poetiche sul tema dell'Amore dormiente dedusse un'interpretazione del dipinto come la "tranquilla intesa quale Stato d'animo raggiungibile attraverso il controllo ed il superamento delle passioni".

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ L. Sebregondi Fiorent1ni, 1982, p. 122.
  2. ^ S. Meloni, 1977, p. 47.
  3. ^ Firenze, Archivio di Stato, 1675, Guardaroba 26, c 61r, n. 107.
  4. ^ C.Pizzorusso, 1983, p. 52.
  5. ^ Alberto Mantovani, Il fuoco interiore. Il sistema immunitario e l'origine delle malattie., Mondadori, 2020, pp. 61-62, ISBN 978-88-04-72483-4.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Marco Chiarini, Galleria palatina e Appartamenti Reali, Livorno, Sillabe, 1998, ISBN 978-88-86392-48-8.
  • Vincenzo Abbate, Amore dormiente (scheda), in Claudio Strinati (a cura di), Caravaggio (Catalogo della Mostra tenuta a Roma nel 2010), Milano, Skira, 2010, pp. 200-207, ISBN 978-88-572-0601-1.

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