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Narciso (Caravaggio)

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Narciso
AutoreMichelangelo Merisi da Caravaggio o Spadarino
Data1597-1599 o 1650
Tecnicaolio su tela
Dimensioni112×92 cm
UbicazioneGalleria Nazionale d'Arte Antica - Palazzo Barberini, Roma

Narciso è un dipinto a olio su tela (112x92) attribuito a Caravaggio[1] dallo storico dell'arte Roberto Longhi, sebbene un dibattito ne abbia proposto l'attribuzione a pittori quali Orazio Gentileschi, Niccolò Tornioli e, soprattutto, lo Spadarino. Gli storici dell'arte che sposano la tesi longhiana sostengono che il dipinto sia da datare all'incirca tra il 1597 e il 1599[2]. Invece, coloro che sostengono l'attribuzione a Spadarino datano l'opera attorno alla metà del XVII secolo[3].

Il dipinto è conservato nella Galleria Nazionale d'Arte Antica presso Palazzo Barberini a Roma.

Il formato verticale della tela concede al pittore di dare vita a una figura quasi perfettamente doppia. Le braccia disposte ad arco di Narciso seguono l'andamento della tela, e dal suo profilo chino si suggerisce lo sguardo anelante e sofferente[4]. Come segnalato da Rossella Vodret che riprende un'indicazione di Mario Docci, l'artista non dipinge un'immagine vista da un pittore fuori scena, bensì un'immagine che guarda sé stessa riflessa nello specchio d'acqua[5]. Non c'è, infatti, alcun tipo di rifrazione nell'immagine riflessa.

Il soggetto del dipinto è Narciso, il cui mito è tratto è tratto dal Libro III, vv. 339-510 delle Metamorfosi di Ovidio (cui vanno aggiunti i diffusi volgarizzamenti rinascimentali e le mitografie di fine Cinquecento)[6]. Il giovane è ritratto mentre si specchia nell'acqua di una fonte, cercando un contatto fisico con il suo riflesso, di cui si è infatuato credendolo reale. L'artista dipinge il momento che precede la scoperta dell'inganno: infatti, l'immagine che Narciso vede nella pozza d'acqua altro non è che la proiezione di sé stesso. Diverse interpretazioni sono state date: "Allegoria della vista", secondo Fagiolo dell'Arco[7], oppure "Allegoria della conoscenza di Dio attraverso la conoscenza di sé stessi"[8], o anche "Allegoria dei rapporti fra uomo e natura", proposta da Maurizio Marini[9]. La particolarità della raffigurazione è quella "a carta da gioco", in cui a un'immagine superiore ritta ne corrisponde una identica inferiore ma inversa; questo effetto di sdoppiamento speculare è curato dal pittore in modo molto accurato, al punto che le pieghe delle maniche della camicia sono raffigurate nel loro esatto rovesciamento.

Da un punto di vista stilistico, si notano influenze lombarde, in particolare savoldesche[3].

Rapporti con altre opere

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Domenichino, Narciso (particolare, 1604), Palazzo Farnese, Roma
Poussin, Il regno di Flora (1631), Collezioni d'arte di Dresda, Dresda. Narciso è il giovane inginocchiato nella metà sinistra dell'opera, in primo piano

Il tema del Narciso è rappresentato in un'incisione risalente alla metà del Cinquecento e realizzata da Tommaso Barlacchi, in cui il ragazzo è posto davanti allo specchio d’acqua, con il ginocchio in luce e un ciuffo di capelli mosso dall'aria, come è nella tela Barberini[10]. Lo stesso soggetto si trova in un affresco del Domenichino a Palazzo Farnese, datato 1604, in cui però vi è una ricca vegetazione di sfondo che non occlude in alcun modo il passaggio alla luce, come scritto nel testo ovidiano. Un Narciso simile nella posizione e nelle sembianze a quello del quadro Barberini si trova nel Regno di Flora (1631) di Nicolas Poussin. Federico Zeri[11] notò inoltre somiglianze con un personaggio di un'opera di Niccolò Tornioli raffigurante gli Astronomi, risalente al 1643-45.

Spadarino, Convito degli dei (1625-30), Galleria degli Uffizi, Firenze. Si noti la figura di Ganimede, che tiene il vassoio
Dettaglio degli Astronomi di Niccolò Tornioli (1645 ca.), Galleria Spada, Roma

Rapporti stilistici serratissimi si hanno con alcune opere dello Spadarino. In particolare, lo studioso Gianni Papi indicò la somiglianza fisionomica del modello del Narciso con una delle figure del Battesimo di Costantino di Colle Val d'Elsa, opera documentata come di mano del pittore[12]. Lo stesso Papi[3], e più recentemente Tomaso Montanari[13], hanno inoltre evidenziato come la figura di Ganimede nel Convito degli dei degli Uffizi, se rovesciata e ruotata di 90°, sia praticamente perfettamente sovrapponibile al Narciso.

Vicenda attribuzionistica

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Quando Longhi scoprì l'opera nel 1913 a Milano, essa era nella collezione privata del collega Paolo D’Ancona. Tre anni dopo, nell’articolo Gentileschi padre e figlia[14] lo indicò come autografo del Merisi, per poi ribadire questa convinzione più volte nel corso dei suoi studi. Numerosi studiosi si schierarono, negli anni successivi, a favore di tale attribuzione: tra questi, ricordiamo Baroni, Berenson, Bottari, Calvesi, Cinotti e Gregori (prima del 1989). Il dipinto si collocherebbe durante il soggiorno del pittore nel palazzo Madama abitato da Francesco Maria Del Monte, nel periodo (la datazione proposta è fra il 1597 e il 1599)[15] in cui a fonti d'ispirazione tratte dalla vita quotidiana della Roma di fine Cinquecento, subentrano sempre di più allusioni tematiche legate alla mitologia classica, preludio alla raffigurazione di storia di poco posteriore.

Nel 1973-74, nelle dispense di un suo corso all'Università di Roma, Cesare Brandi avanzò per primo il nome dello Spadarino[3]. Papi rilanciò questa proposta nel 1986[12], con Previtali, Gregori, Christiansen, Giffi, Strinati, Bologna, Sgarbi, Montanari che nel corso degli anni hanno aderito ad essa.

Anche le analisi radiografiche e quelle svolte durante i restauri hanno diviso gli studiosi. Se da una parte Maurizio Marini e Rossella Vodret hanno continuato a sostenere la paternità caravaggesca, con quest'ultima che ha sottolineato come nel Narciso non sia dominante quella consistenza "compatta e solida" che troviamo nello Spadarino, bensì vi sia un ben altro aspetto luminoso e vibrante[16], dall'altra Thomas Schneider sostiene che "l’intervento del Caravaggio si manifesterebbe con più veemenza e, nonostante i suoi caratteristici spostamenti e cambiamenti, con più chiarezza"[17], assieme a Papi che non crede che il restauro e le parole di Vodret "cambino i termini della questione a livello attributivo"[3].

  1. ^ Da un punto di vista documentario, non essendo il dipinto citato dalle fonti note l'unico appiglio sembra essere una licenza di esportazione seicentesca. Come indica la Vodret, nel 1974 Maurizio Marini ha scovato in un articolo di Bertolotti (A. Bertolotti, Esportazione di oggetti di Belle Arti nella Liguria, Lunigiana, Sardegna e Corsica nei secc. XVI,XVII e XVIII, in " Giornale Ligustico" III,IV, 1876, p. 121. ), una licenza di esportazione del 1645 intestata ad un certo Valtabelze in cui, fra altre opere in partenza per Savona, è indicato un dipinto del Caravaggio raffigurante Narciso, cfr. Vodret, cit,,p. 167 e Maurizio Marini, Io Michelangelo da Caravaggio, Roma 1974, p. 387. Il ritrovamento nell'Archivio di Stato di Roma del documento del 1645, fatto dalla Vodret nel 1989 (cfr. Rossella Vodret, Brevi note sul Narciso in Caravaggio. Nuove riflessioni, Quaderni di Palazzo Venezia,6, Roma, 1989, p.224.), che attesta come la spedizione a Savona possa essere una valida alternativa alla trasmissione da Del Monte al Giordani, ha trovato il consenso di alcuni studiosi, come Mia Cinotti, Michelangelo Merisi, cit, p. 518, ma altri hanno sollevato perplessità come il Papi che ha svolto una ricerca approfondita per attribuite l'autografia del dipinto a Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, cfr. G. Papi, Una precisazione biografica e alcune integrazioni al catalogo dello Spadarino, in Paragone Arte, 435, 1986, p. 24 e Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, in Caravaggio. Come nascono i capolavori, Catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 359-368. V. anche Galli, Giovanni Antonio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ 1.Sulle ipotesi attributive del dipinto, cfr., M.Cinotti, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio con un saggio critico di G. dell'Acqua, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Seicento. Bergamo, 1983, I, p. 519; Mina Gregori, Caravaggio e il suo tempo, Mostra, New York, Napoli, 1985, pp. 265-266; Maurizio Marini, Michelangelo da Caravaggio pictor praestantissimus, Roma, 1987, pp. 442-443. Il dipinto fu scovato da Roberto Longhi in casa dello storico dell'arte Paolo D'Ancona nel 1913, al quale pervenne da divisioni ereditarie della sua famiglia e dallo zio banchiere Laudadio della Ripa che lo aveva acquistato dalla famiglia Giordani di Pesaro che poteva averlo avuto in eredità da Francesco Maria del Monte stante l'amicizia che questi aveva con Camillo Giordani ( cfr. Rossella Vodret, Il restauro del "Narciso", in Michelangelo Merisi da Caravaggio. La vita e le opere attraverso i documenti a c. di Stefania Macioce, Roma 1995. Dopo Paolo D'Ancona, venne acquisito da Basile Khvoshinsky, che nel 1914 lo donò alla Galleria Nazionale d'Arte Antica di Roma che ora è a Palazzo Barberini. Nel 1914 la Galleria era diretta da Federico Hermanin.
  3. ^ a b c d e Gianni Papi, Spadarino, collana I Cardini, Edizioni dei Soncino, 2003.
  4. ^ Le analisi radiografiche hanno evidenziato l'assenza di disegno sotto la pittura, mentre sono state evidenziate delle incisioni (come già registrato in altre opere del Caravaggio) lungo il profilo della manica nel riflesso del corpetto nell'acqua del laghetto, cfr., Rossella Vodret, Il restauro del Narciso, cit. pp. 168-169. Allo stesso modo sono stati evidenziati spazi di riempimento a vista, per esempio nel contorno del naso; come ha segnalato la Vodret la presenza di sovrapposizione di campiture dal fondo al primo piano, è un altro elemento caratterizzante di questo dipinto che ne rivela l'autenticità, Rossella Vodret, ibidem, p. 169.
  5. ^ Rossella Vodret, Il restauro del Narciso, cit, p. 170.
  6. ^ Per le fonti del Narciso, cfr. www. Iconos. It,: Narciso (fonti classiche, medievali, rinascimentali e immagini)
  7. ^ Marcello Fagiolo dell'Arco, Le "Opere di Misericordia", contributo alla poetica del Caravaggio, in L'Arte, 1, 1968, pp. 50 e 58. E va aggiunto anche, sulla stessa linea, Luigi Salerno, Caravaggio e i caravaggeschi, in " Storia dell'Arte", 7-8, 1970, p.241
  8. ^ È la classica interpretazione iconologica in chiave cattolica di Maurizio Calvesi, Caravaggio o la ricerca della salvazione, in Storia dell'arte", 9-10, 1971, p. 136.
  9. ^ Maurizio Marini, Io Michelangelo Merisi da Caravaggio, cit., p. 388. A Rossella Vodret, cit., p. 175 , n. 36 (anche per altre segnalazioni di interpretazione iconologica) , Franca Camiz ha indicato una possibile interpretazione erudita (magari segnalata al pittore dal Del Monte), in cui Narciso è figura della pittura, come è indicato nel De Pictura di Leon Battista Alberti.
  10. ^ Si veda G.L. Mellini, 1977, p. 410, e anche https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/narciso-barberini-caravaggio-o-spadarino
  11. ^ Federico Zeri, La Galleria Spada in Roma. Catalogo dei dipinti, collana Biblioteca di Proporzioni, Sansoni, 1954.
  12. ^ a b Gianni Papi, Una precisazione biografica e alcune integrazioni al catalogo dello Spadarino, in Paragone, vol. 37, n. 435, 1986, pp. 20-28.
  13. ^ La vera natura di Caravaggio, su raiplay.it.
  14. ^ (DE) L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna (19.1916), su digi.ub.uni-heidelberg.de. URL consultato il 15 maggio 2025.
  15. ^ Cfr., Rossella Vodret, Il restauro, cit., p. 174.
  16. ^ Rossella Vodret, Il restauro del Narciso, cit., p. 171 e della stessa, Brevi note sul Narciso, cit., p. 224.
  17. ^ Mina Gregori et al., Michelangelo Merisi da Caravaggio: come nascono i capolavori, Electa, 1991.

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