Battaglia di Dayr al-Jamajim

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Battaglia di Dayr al-Jamajim
Dataluglio 702
LuogoDayr al-Jamajim
Esitovittoria omayyade
Schieramenti
Califfato omayyaderibelli musulmani iyadi
Comandanti
Al-Hajjaj ibn Yusuf
Abd-Allah ibn Marwan
Muhammad ibn Marwan
Abd al-Rahman ibn al-Ash'ath
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La battaglia di Dayr al-Jamājim ("battaglia del Monastero dei Teschi",[1] in arabo ﻣﻌﺮﻛـة ﺩﻴﺮ ﺍﻟﺠﻤﺎﺟﻢ?, a causa della presenza nei pressi del luogo dello scontro di un monastero nestoriano), fu combattuta nell'Iraq centrale nel 702 tra un imponente esercito siriano omayyade, al comando di al-Ḥajjāj ibn Yūsuf, e un esercito per lo più mesopotamico di seguaci di al-Raḥmān ibn al-Ashʿath, che si era ribellato alla politica marcatamente anti-irachena del governatore di Kufa e del Califfato.

Inizialmente Ibn al-Ashʿath tentò a respingere al-Ḥajjāj e d'imporre al califfo ʿAbd al-Malik b. Marwān una sostanziale revisione della politica anti-irachena che era caratteristica sua e della sua dinastia (timorosa dell'alidismo fortemente presente in quell'area). Le truppe di al-Ḥajjāj e di Ibn al-Ashʿath si scontrarono per diversi mesi prima di giungere alla battaglia finale di Dayr al-Jamājim nell'aprile del 701, in cui una carica di cavalleria siriana mandò in rotta i nemici ribelli. La disfatta contrassegnò la fine della rivolta anti-omayyade e Ibn al-Ashʿath fuggì con quanto restava del suo esercito verso est, cercando rifugio e protezione nello Zabulistān (attuale Afghanistan) e lo Zunbīl suo signore, mentre l'Iraq veniva occupato da una serie di guarnigioni militari siriane per meglio controllare quell'area del Califfato tanto riottosa a piegarsi al prepotente governo di Damasco.
Sarà solo grazie agli Abbasidi che l'Iraq poté concretamente risollevarsi politicamente ed economicamente, condannando a un lento declino proprio la Siria.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Un'ipotesi avanzata da, vuole che dei crani trovati nel sito fossero il ricordo di un antico combattimento sostenuto in epoche più antiche dai beduini arabi dei Banu Iyad (Abū Muḥammad al-Ḥasan al-Hamdānī, Buldān, 182) oppure tra essi e l'esercito persiano sasanide (per cui si veda Yaqut, Kitāb al-buldān, II, 652).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]