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Abbazia di Fruttuaria

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Fruttuaria è un'abbazia fondata poco dopo l'anno mille, nel territorio di San Benigno Canavese, da Guglielmo da Volpiano, figura di primo piano della Riforma cluniacense.

Storia

La posa della prima pietra dell'abbazia avvenne il 23 febbraio 1003 alla presenza del vescovo d'Ivrea Ottobiano, di Arduino marchese d'Ivrea e re d'Italia e di sua moglie Berta.[1]

Fondatore e primo abate di Fruttuaria fu Guglielmo da Volpiano. Essa venne eretta nei possedimenti del feudo di famiglia di Guglielmo, in una località denominata fructuariensis locus, ove venivano riprodotti agnelli, denominazione derivata dal latino medievale fructus, che significava proprio "agnello".[2]

L'edificazione dell'abbazia è frutto della sua sapienza architettonica: Guglielmo infatti, tra la fine del X e l'inizio dell'XI secolo, oltre che figura religiosa di primo piano, fu costruttore e restauratore di alcuni dei più importanti edifici religiosi di Francia e del Piemonte.

Arduino d'Ivrea, che aveva appoggiato la costruzione dell'abbazia, vi si ritirò negli ultimi anni della sua vita e vi morì nel 1015.[3]

Fruttuaria, completata nel 1006-1007, seguiva la regola benedettina riformata di Cluny. Nel 1027 Giovanni XIX, con bolla pontificia, pose l'abbazia e tutti i suoi beni sotto il controllo diretto di Roma.

Il periodo di massimo splendore di Fruttuaria si colloca nei secoli XII e XIII: nel 1265 l'abbazia possiede 200 tra chiese e celle in Italia e altre 30 in Germania e Austria. Alcuni documenti riferiscono il numero di 1200 monaci presenti nel monastero. Oltre a chiese e monasteri gli abati governano direttamente quelle che vengono comunemente dette "le quattro terre abbaziali", ossia gli attuali comuni di San Benigno Canavese, Montanaro, Lombardore e Feletto, e le terre di Fruttuaria battono anche moneta.[4]

Il declino inizia nel XIV secolo e giunge al suo culmine nel 1477 quando i monaci perdono il privilegio di nominare l'abate, che viene sostituito da un Abate Commendatario (non residente nell'abbazia) di nomina papale. Da quel momento Fruttuaria viene diretta da un vicario. Nel 1585 papa Sisto V decreta la soppressione del monastero, sostituito da una collegiata di preti secolari. L'ultimo monaco muore nel 1634.

Nel 1710 Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, occupa militarmente le "terre abbaziali", occupazione che termina nel 1741 con la rinuncia papale al controllo su quelle terre.

Nel 1749 diviene abate commendatario il cardinale Carlo Vittorio Amedeo Delle Lanze che, dopo la sua candidatura al soglio pontificio nei conclavi del 1769 e del 1774-1775,[5] intende riportare Fruttuaria al suo antico splendore facendone una piccola Roma. Nel 1770 fa quindi abbattere ciò che rimane della chiesa e del monastero romanici (unico a salvarsi è il campanile) per edificare (1770-1776) una nuova chiesa, la cui struttura interna vorrebbe ricordare la Basilica di San Pietro in Vaticano. Il progetto è affidato agli architetti Vittone e Quarini, che realizzano la nuova costruzione in uno stile a cavallo tra il barocco e il neoclassico, definito per l'appunto benignista.

La serie degli abati terminerà nel 1848. La chiesa diventerà una normale parrocchia della diocesi di Ivrea e il palazzo abbaziale verrà affidato nel 1879 a don Bosco e ai suoi salesiani.

Dal 1952 il parroco di San Benigno riottiene dal papa il privilegio del titolo di abate.

Nel 1979, durante i lavori di posa dell'impianto di riscaldamento, fortemente voluti dall'allora abate parroco don Pier Giorgio Debernardi (ora vescovo di Pinerolo), viene alla luce un pregevole mosaico risalente al 1066 raffigurante due grifoni. L'architetto Luciano Viola, direttore dei lavori, procede a ulteriori scavi che portano al ritrovamento di altri mosaici, delle fondazioni della chiesa romanica e di reperti archeologici di notevole interesse.

Il 19 marzo 1990 l'abbazia di Fruttuaria viene riaperta ai fedeli alla presenza di papa Giovanni Paolo II che concelebra la messa in diretta televisiva nazionale.

Nel maggio 2004, finalmente conclusi i lavori di restauro, è stato aperto al pubblico, dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici e per il Paesaggio del Piemonte, il percorso di visita che si snoda al di sotto del pavimento. Nel 2008 altre scoperte archeologiche vengono fatte nel chiostro settecentesco.

La chiesa romanica

Il campanile romanico dell'abbazia.

Dell’antica chiesa romanica presente nell'abbazia rimane intatta solo la torre campanaria. Costruita sul lato nord della chiesa con conci di pietra accuratamente squadrati e tagliati, la torre ha sezione quadrata di circa 10 metri di lato con muri di 2,5 metri di spessore; s'innalza con i suoi sette piani raggiungendo i 33 metri di altezza.[6] Gli archetti che formano le cornici marcapiano sono in laterizio; una lesena centrale percorre interamente ciascuna delle sue pareti, definendo specchiature nelle quali si aprono, salendo verso l'alto, monofore e bifore di diversa fattura che alleggeriscono l'imponenza della mole.

All'interno del campanile esistono due cappelle sovrapposte; in una di esse troviamo, in cattivo stato di conservazione, un affresco raffigurante una Madonna col Bambino che risale alla prima decade dell'XI secolo, negli anni di costruzione dell'abbazia. Nell'affresco realizzato con diverse tonalità di rosso, si può ancora leggere la figura della Madonna che regge con il braccio sinistro il Bambino, mentre tiene nella mano destra un ramo fiorito. Il linguaggio pittorico si connota per la staticità delle figure, le marcate linee di contorno, i pomelli rossi sulle guance: elementi stilistici tipici della pittura romanica più antica.[7]

I complessi lavori di scavo, iniziati nel 1979 e ultimati nei primi anni novanta, hanno consentito di conoscere quale fosse la planimetria della chiesa abbaziale progettata da Guglielmo da Volpiano. Si trattava di una chiesa a tre navate non molto estese, delimitate da quattro pilastri quadrati; relativamente più esteso era il transetto dal quale sporgevano verso oriente due cappelle absidate che, in coerenza con lo schema dell'abbazia di Cluny, fiancheggiavano il coro: vista dall'esterno la chiesa presentava dunque cinque navate, quella centrale, le due navatelle laterali e quelle delle cappelle del transetto. L'area presbiteriale era a sua volta affiancata da quattro pilastri che, assieme ai quattro della navata, sostenevano il tetto formato da una travatura lignea con copertura a tegole piane. L'area presbiteriale, in posizione elevata rispetto al piano della navata, sovrastante una cripta che la sosteneva, si connotava per la presenza di un altare (l'"altare della Croce") posto di fronte alla cosiddetta "rotonda del Santo Sepolcro", dove si svolgevano le funzioni religiose. Tale struttura architettonica, volta a richiamare simbolicamente il Santo Sepolcro fatto erigere da Costantino sulla tomba di Cristo, era dunque il fulcro della liturgia celebrata a Fruttuaria. A ovest, davanti alla facciata della chiesa,si ergeva un quadriportico secondo uno schema architettonico assai diffuso nelle chiese romaniche (come ancora si osserva ad esempio nella Basilica di Sant'Ambrogio a Milano.[8]

Il mosaico con i due grifoni alati (fine XI secolo).

I mosaici

Gli elementi artisticamente più rilevanti emersi durante gli scavi sono i resti del raffinato pavimento musivo dell'area presbiteriale, realizzato con tessere bianche e nere (con limitati inserimenti di tessere colorate) che disegnano motivi geometrico-vegetali e figure di animali fantastici. Si tratta di un'opera databile alla seconda metà dell'XI secolo.
La decorazione musiva constava di due ampi pannelli rettangolari, posti ai lati dell'altare, raffiguranti animali fantastici affacciati tra loro; di fronte all'altare, in posizione ribassata, si disponeva una fascia costituita da cerchi che s’intersecano, variamente adornati con motivi geometrico-vegetali e piccoli figure di uccelli; al sotto di un gradino, andando verso la navata, trovava posto un'altra fascia formata da pannelli rettangolari con rombi che racchiudono ancora figure di volatili, mentre altri pannelli, che riprendono l'immagine del grifo e dell'albero della vita, delimitavano la fascia.[9]

Particolarmente suggestivo (al punto da essere stato scelto come emblema dei mosaici ritrovati) è il pannello rettangolare, egregiamente conservatosi, che mostra due grifi alati che si affrontano. Le due figure animali sono poste al centro di in un riquadro delimitato da una treccia con tondi in cotto; tra di esse è posto un tralcio vegetale raffigurante l'albero della vita. I due grifoni, con la loro duplice natura (testa di aquila e corpo di leone), simboleggiano verosimilmente la figura di Cristo, Dio e Uomo allo stesso tempo.[10]

Galleria di immagini

Narrativa sull'Abbazia

  • Valter Fascio, GialloBenigno ovvero Enigma in luogo di Fruttuaria (romanzo), Torino, Carta e Penna, 2005. ISBN 88-89209-20-8
  • Valter Fascio, NeroFruttuaria. Il segreto Delle Lanze (romanzo), Torino, Carta e Penna, 2011.

Note

  1. ^ Nel 1003 la cattedra vescovile di Ivrea era tenuta da Warmondo, fiero oppositore di Arduino d'Ivrea; si è avanzata l'ipotesi che Ottobiano fosse anti-vescovo di Ivrea, nominato in questa carica da Arduino stesso. Cfr. Lucetta Levi Momigliano, Franco Quaccia, Giuseppe Sergi, Laura Tos, Arduino mille anni dopo. Un re tra mito e storia, Torino, Allemandi, 2002, p. 24. ISBN 88-422-1105-2.
  2. ^ AA.VV., (a cura di Michelangelo Francone), San Benigno Canavese, Amministrazione di San Benigno Canavese (TO), 2008. p. 4
  3. ^ Girolamo Arnaldi, Arduino, re d'Italia, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana, consultabile sul sito della Treccani.
  4. ^ Sulla storia di Fruttuaria si rimanda al corposo volume dell'architetto Viola, in particolare la seconda edizione, ricca di documentazione storica ed archivistica.
  5. ^ Pietro Stella, Delle Lanze (De Lances), Carlo Vittorio Amedeo Ignazio, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana, consultabile sul sito della Treccani.
  6. ^ Informazioni ricavate da Scheda - Abbazia di Fruttuaria - San Benigno Canavese. URL consultato il 21-1-2010.
  7. ^ Ferrero e Formica, p. 25.
  8. ^ Sulla primitiva struttura della chiesa si può vedere Scalva (a cura di), passim.
  9. ^ Cfr. Scalva (a cura di), pp. 11-28.
  10. ^ Cfr F. Ferrero e Formica, p. 23.

Bibliografia

  • Guido Forneris, Romanico in terre d'Arduino. Diocesi di Ivrea, Ivrea, Broglia, 1978. 2ª ed.: Ivrea, Bolognino, 1995. 3ª ed.: Ivrea, Bolognino, 2002.
  • Luciano Viola, L'abbazia di Fruttuaria e il comune di San Benigno, Ivrea, 1981. 2ª ed. riveduta e ampliata: L'abbazia di Fruttuaria e il comune di San Benigno Canavese, Volpiano, Unitré, 2003.
  • Marco Notario e Marco Chianale, San Benigno di Fruttuaria tra arte, storia, ambiente, Torino, Stige, 1990.
  • Marco Notario, San Benigno Canavese, terra di Fruttuaria. Storia arte itinerari, San Benigno Canavese, Comune, 1999.
  • Franco Giovanni Ferrero ed Enrico Formica, Arte medievale in Canavese', Pavone Canavese, Priuli & Verlucca, 2003. ISBN 88-8068-224-5.
  • Giuse Scalva, La millenaria Abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese, Torino, Nautilus, 2006. ISBN 978-88-86539-11-1.
  • Giuse Scalva (a cura di), I mosaici dell'Abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese, Torino, Nautilus, 2008, ISBN 978-88-86539-21-0..

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