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Biofeedback[modifica | modifica wikitesto]

Il biofeedback è un processo che permette a un individuo di imparare come cambiare l’attività fisiologica allo scopo di migliorare la propria salute e le proprie prestazioni. Strumenti precisi misurano gli indici di attività fisiologica quali le onde cerebrali, la funzione cardiaca, la respirazione, l’attività muscolare e la temperatura della pelle. Tali strumenti “restituiscono” (in inglese feed back) all’utente in modo rapido e accurato, momento per momento, le informazioni relative al suo funzionamento fisiologico. L’acquisizione di consapevolezza di queste informazioni – spesso in combinazione con una serie di cambiamenti nel modo di pensare, nelle emozioni e nel comportamento – agevolano e sostengono i cambiamenti fisiologici desiderati. Nel corso del tempo, questi cambiamenti possono perdurare anche in assenza dell’uso continuo di uno strumento[1].

Gli obiettivi del biofeedback sono tre (Khazan, 2013):

  1. Consapevolezza: una migliore consapevolezza dei processi cognitivi, fisiologici ed emotivi è fondamentale per creare un cambiamento
  2. Cambiamento: la capacità di autoregolazione dipende dalla capacità di creare cambiamenti utili;
  3. Generalizzazione: un miglioramento che sia duraturo nel tempo è possibile solo quando le abilità apprese nello studio del terapeuta vengono generalizzate all’ambiente quotidiano.

Storia e sviluppo[modifica | modifica wikitesto]

Il biofeedback è nato negli Stati Uniti verso la fine degli anni Cinquanta, grazie alla convergenza di diversi campi e discipline, quali il condizionamento strumentale per le risposte del sistema nervoso autonomo, la psicofisiologia, la terapia comportamentale e le strategie di gestione dello stress (Schwartz & Andrasik, 2016).

Una delle principali applicazioni del biofeedback è quella di fornire strumenti che siano in grado di rilevare e gestire i processi associati all’arousal psicofisiologico, come la tensione muscolare, la vasocostrizione periferica e l’attività elettrodermica. In particolare, uno strumento per il biofeedback ha tre compiti:

  • Monitorare un processo fisiologico d’interesse;
  • Fornire una misura oggettiva del processo che viene monitorato;
  • Presentare ciò che viene monitorato e misurato come un’informazione significativa.

Il monitoraggio diretto di diversi processi fisiologici risulta impossibile da effettuare: per questo motivo, gli strumenti per il biofeedback accedono indirettamente a tali processi fisiologici attraverso dei loro correlati che risultano più accessibili. Ad esempio, uno strumento per il biofeedback non è in grado di misurare la contrazione muscolare in modo semplice e diretto, ma misura il suo correlato elettrico. La contrazione muscolare deriva infatti dalla contrazione delle fibre muscolari che costituiscono un muscolo; a loro volta, le fibre muscolari sono azionate dai segnali elettrici trasportati da cellule chiamate “unità motorie”: la contrazione muscolare corrisponde all’attività elettrica aggregata nelle fibre muscolari. Questa attività elettrica può essere rilevata attraverso elettrodi ad ago che vengono fatti penetrare nella pelle sopra il muscolo o, più comunemente, attraverso elettrodi di superficie posizionati sulla pelle sopra il muscolo[2].

Biofeedback HRV[modifica | modifica wikitesto]

Il biofeedback HRV ha lo scopo di insegnare alle persone a cambiare il livello tonico di arousal fisiologico aumentando l’ampiezza della variabilità della frequenza cardiaca[3]. La variabilità della frequenza cardiaca (HRV) rappresenta le fluttuazioni degli intervalli di tempo tra battiti cardiaci successivi – definiti intervalli interbattito – ed è una proprietà delle complesse interazioni tra cuore e cervello, così come dei processi non lineari del sistema nervoso autonomo[4]. In parole semplici, l’HRV riflette le accelerazioni e le decelerazioni ritmiche della frequenza cardiaca, chiamate oscillazioni della frequenza cardiaca. L’ampiezza e la complessità di queste oscillazioni sono un indice della capacità di autoregolazione dell’organismo: maggiori sono l’ampiezza e la complessità delle oscillazioni, migliore è la condizione di salute della persona (Khazan, 2013).

Il biofeedback HRV ha l’obiettivo di incrementare l’aritmia sinusale respiratoria (RSA), ovvero quel riflesso modulatorio per cui la fluttuazione ritmica della frequenza cardiaca accompagna la respirazione, con la frequenza cardiaca che aumenta ad ogni inspirazione e diminuisce ad ogni espirazione[5]: l’aritmia sinusale respiratoria promuove un aumento dell’efficienza respiratoria, aumentando il flusso sanguigno durante l’inspirazione, quando la concentrazione di ossigeno negli alveoli è più elevata (Yasuma & Hayano, 2004).

Un altro riflesso modulatorio che viene notevolmente stimolato dal biofeedback HRV è il baroriflesso (Lehrer et al., 2003), un riflesso che aiuta a controllare le variazioni della pressione sanguigna, promuovendo una condizione di omeostasi pressoria[6].

Esistono diverse strategie che si possono utilizzare nel biofeedback HRV per aumentare la variabilità della frequenza cardiaca, delle quali il training per la frequenza di risonanza (RF) è uno dei più utilizzati (Khazan, 2013; Sutarto et al., 2010). La frequenza di risonanza è quella frequenza respiratoria che produce le maggiori oscillazioni nella frequenza cardiaca tra l’inspirazione e l’espirazione: in altre parole, quando una persona respira a questa specifica frequenza (che generalmente cade tra le 4.5 e le 6.5 volte al minuto), l’HRV e la respirazione sono perfettamente sincronizzate, massimizzando l’aritmia sinusale respiratoria (Lehrer et al., 2013; Vaschillo et al., 2006). Inoltre, quando una persona respira alla sua frequenza di risonanza, l’aritmia sinusale respiratoria stimola il baroriflesso (Lehrer et al., 2020).

Metodi e strumenti[modifica | modifica wikitesto]

L’HRV viene rilevata attraverso l'elettrocardiogramma (ECG) o il fotopletismografo (PPG), o entrambi (Khazan, 2013). L’elettrocardiogramma utilizza elettrodi posizionati sul torace, sugli avambracci, sui polsi o sulla parte inferiore del tronco per misurare l’attività elettrica del cuore, e misura gli intervalli interbattito. Il fotopletismografo misura la quantità relativa di flusso sanguigno utilizzando un trasduttore fotoelettrico (o fototransistor) attaccato alle dita con una fascia di velcro. Una sorgente di luce infrarossa viene trasmessa o riflessa dal tessuto delle dita, rilevata dal trasduttore fotoelettrico e convertita in un segnale positivo di corrente continua (Shaffer & Combatalade, 2013).

Solitamente nel corso del biofeedback HRV viene rilevata anche la frequenza respiratoria utilizzando una cintura respiratoria dotata di estensimetro, che viene posizionata intorno al torace o all’addome. Questo strumento rileva la frequenza respiratoria mediante le fluttuazioni del volume del torace o dell’addome durante la respirazione: quando una persona inspira, il torace (o l’addome) si espande, facendo aumentare la tensione dell’estensimetro; quando una persona espira, il torace (o l’addome) si contrae, facendo diminuire la tensione dell’estensimetro (Lorig, 2007; Stern et al., 2001).

Infine, per determinare la frequenza di risonanza di un individuo viene utilizzato un pacer, seguendo il quale l’individuo prova a respirare per alcuni minuti a una frequenza di 6.5, 6, 5.5, 5 e 4.5 respiri al minuto (Lehrer et al., 2013). Molti software per il biofeedback sono dotati di un pacer integrato che permette di impostare il numero di respiri al minuto e di regolare la proporzione tra il tempo di inspirazione e quello di espirazione; se così non fosse, è possibile scaricare quello disponibile sul sito web della Biofeedback Foundation of Europe (www.BFE.org) (Khazan, 2013).

Interpretazione del segnale[modifica | modifica wikitesto]

Quando si parla di biofeedback HRV, quello che si va ad osservare non è il segnale elettrico generato dal cuore mostrato dall’ECG, ma la traduzione di questo segnale in un grafico ad onde della frequenza cardiaca, in cui ogni punto rappresenta la frequenza cardiaca istantanea. Una volta rilevato il picco R, si va a calcolare il tempo trascorso dal picco R precedente e si determina il numero di battiti cardiaci al minuto che si sarebbero verificati se la frequenza cardiaca non fosse cambiata in quel minuto e tutti gli intervalli R-R fossero stati uguali; queste oscillazioni degli intervalli R-R sono definite oscillazioni della frequenza cardiaca. Il grafico considerato per l’HRV biofeedback, quindi sarà costituito dall’onda sinusoidale della frequenza cardiaca (Khazan, 2013).

I metodi di misurazione dell’HRV sono:

  • HRV a brevissimo termine, che si basa su meno di 5 minuti di dati. Questo tipo di registrazione, nonostante sia estremamente importante per la sua evidente efficacia sia in ambito clinico che di ricerca, presenta gravi limitazioni a livello metodologico (Shaffer & Ginsberg, 2017).  
  • HRV a breve termine, basata su circa 5 minuti di dati HRV, si forma a partire da due differenti ma sovrapponibili processi: la relazione simpatica-parasimpatica e i meccanismi di regolazione della frequenza cardiaca (ossia l’aumento e la diminuzione della frequenza cardiaca quando si inspira e quando si espira). Grazie alla relativa facilità di registrazione, le misurazioni a breve termine sono state ampiamente utilizzate (Shaffer & Ginsberg, 2017).          
  • 24 ore HRV, che rappresenta il "gold standard" per la valutazione clinica dell’HRV, è una registrazione che si compone di ritmi circadiani, temperatura corporea centrale, metabolismo, ciclo del sonno e sistema renina-angiotensina. Queste registrazioni hanno un potere predittivo maggiore rispetto alle misurazioni a breve termine e, sebbene entrambe siano calcolate con le stesse formule matematiche, non possono sostituirsi l'una all'altra e il loro significato fisiologico può essere profondamente diverso (Shaffer & Ginsberg, 2017).

Queste 3 misurazioni possono essere descritte secondo 3 domini: del tempo, della frequenza e delle misurazioni non lineari.

Per quanto riguarda i metodi del dominio del tempo, questi determinano la variabilità degli intervalli NN (che è l'intervallo R-R) ovvero il tempo che intercorre tra i battiti cardiaci. Quantificano la quantità di HRV osservata durante periodi di monitoraggio che possono variare da <1 minuto a >24 ore e si tratta di metriche che includono SDNN (deviazione standard degli intervalli interbattito dei battiti sinusali normali), SDRR (deviazione standard degli intervalli interbattito per tutti i battiti sinusali, anche i battiti anormali), SDANN (La deviazione standard della media degli intervalli normali-normali (NN) per ciascuno dei segmenti di 5 minuti durante una registrazione di 24 ore), indice SDNN (media delle deviazioni standard di tutti gli intervalli NN per ogni segmento di 5 minuti di una registrazione HRV di 24 ore), RMSSD (varianza da battito a battito della frequenza cardiaca ed è la misura primaria del dominio del tempo utilizzata per stimare i cambiamenti vagali mediati che si riflettono nell'HRV), HR Max - HR Min (differenza media tra le frequenze cardiache più alte e più basse durante ciascun ciclo respiratorio), HTI (misura geometrica basata su registrazioni di 24 ore che calcola l'integrale della densità dell'istogramma dell'intervallo RR diviso per la sua altezza) e TINN (larghezza della linea di base di un istogramma che visualizza gli intervalli NN) (Shaffer & Ginsberg, 2017).

All’interno del dominio della frequenza esiste la misura dell’analisi dello spettro di potenza, che utilizza un algoritmo chiamato trasformata rapida di Fourier (FFT) per scomporre l'onda della frequenza cardiaca nelle sue singole componenti di frequenza; le diverse componenti della frequenza vengono visualizzate sul grafico del dominio delle frequenze, in cui i tre intervalli separati di frequenze sono tipicamente identificati, ad esempio, utilizzando colori diversi.

L'analisi dello spettro di potenza visualizza la potenza relativa di ciascuna frequenza componente del segnale cardiaco in ogni momento. Le tre gamme di frequenze identificate dall'apparecchiatura di biofeedback sono HF, LF e VLF (Khazan, 2013). Le frequenze identificate dall’apparecchiatura di biofeedback hanno differenti caratteristiche (Shaffer & Ginsberg, 2017):

  • HF (o banda respiratoria - 0,15-0,40 Hz - viene convenzionalmente registrata per un periodo minimo di 1 minuto);
  • LF (di 0,04-0,15 Hz è la banda tipicamente registrata su un periodo minimo di 2 minuti)
  • VLF (banda di 0,0033-0,04 Hz che richiede un periodo di registrazione di almeno 5 minuti, ma può essere meglio monitorata nell'arco di 24 ore).

Applicazione clinica[modifica | modifica wikitesto]

L’HRV biofeedback sembra avere applicazioni utili (Lehrer et al., 2020):

  • prestazioni atletiche/artistiche          
  • depressione
  • ·       problemi gastrointestinali      
  • ·       rabbia
  • ·       ansia  
  • ·       disturbi respiratori      
  • ·       pressione arteriosa sistolica  
  • ·       craving di sostanze    
  • ·       dolore            

Il biofeedback HRV sembra essere utile (ma con un effect size inferiore) anche per il trattamento di stress auto-riferito, funzionamento fisico e qualità della vita, pressione sanguigna diastolica, stress post-traumatico, attivazione generale e livelli di energia, e sonno. Più in generale, l’HRVB potrebbe essere un'utile aggiunta alle competenze dei medici che lavorano in diversi ambiti, tra cui la salute mentale, la medicina comportamentale, la psicologia dello sport e l’istruzione; si tratta, infatti, di un metodo facile da apprendere e che può essere facilmente utilizzato insieme ad altre forme di intervento, con rari effetti collaterali (Lehrer et al., 2020).

Oltre ai possibili effetti della suggestione, l'attenzione alla respirazione ha una componente meditativa e può favorire l'accettazione di varie sensazioni e processi corporei, un meccanismo ipotizzato per gli effetti del training di mindfulness e della "terapia dell'accettazione e dell'impegno" (Gaudiano, 2017). Inoltre, le spiegazioni al cliente su come il biofeedback può essere d'aiuto possono avere un effetto cognitivo nel decatastrofizzare vari problemi, trasmettendo la nozione che vari eventi fisiologici, comportamentali ed emotivi possono essere messi sotto controllo volontario (Mizener et al. 1988; Nanke & Rief 2000; Wilson 2018).

Protocollo biofeedback HRV[modifica | modifica wikitesto]

L’attuale protocollo di Biofeedback HRV prevede un totale di 5 visite, durante le quali il terapeuta insegnerà al paziente a respirare ad una frequenza di risonanza del sistema cardiovascolare, portando in questo modo ad una massimizzazione dell’efficienza degli scambi gassosi respiratori. Tale protocollo è funzionale per dolori, asma, ansia, depressione, broncopneumopatia cronica ostruttiva, craving di cibo ed ipertensione

Durante la prima visita, il terapeuta dovrà misurare la baseline e spiegare al soggetto i grafici risultanti e la personalizzazione del protocollo in base alla propria frequenza respiratoria (frequenza di risonanza), andando ad illustrargli a livello pratico cosa dovrà fare durante l’applicazione del protocollo, possibili difficoltà riscontrabili (come giramenti di testa o vertigini) e come l’applicazione del protocollo Biofeedback HRV potrà aiutarlo per la sua problematica. Alla fine di questo primo incontro si chiede al paziente di fare pratica da solo regolarmente fino all’incontro successivo.

Le abilità acquisite durante il primo incontro vengono ripassate e messe a punto durante la seconda visita, che prevede l’aggiunta di un ulteriore step: allenare alla respirazione a labbra chiuse (5 minuti) e alla respirazione addominale (per massimo 10 minuti e preceduta da una dimostrazione da parte del terapeuta). Anche alla fine di questa seduta il paziente avrà come compito a casa quello di esercitare la respirazione a frequenza di risonanza con respirazione addominale a labbra chiuse, tramite l’ausilio di devices (orologio o misuratore di respiro scaricato dal computer).

La terza seduta si apre con una revisione della respirazione addominale a labbra chiuse viste precedentemente. Poiché l’obiettivo è quello di massimizzare l’HRV, si istruisce il cliente, tramite un cardio-tachimetro come biofeedback, a respirare in fase con e variazioni della frequenza cardiaca; successivamente si passa alla respirazione addominale accelerata HRV e a seguire alla respirazione a labbra chiuse. Tale allenamento viene eseguito più volte durante la seduta con delle brevi pause tra uno slot e l’altro. Il compito del paziente per la seduta successiva è quello di utilizzare la tecnica appresa con l’ausilio di un apposito trainer per la respirazione a casa.

Con la quarta e la quinta seduta si inizia a preparare il soggetto alla conclusione del training: dopo aver revisionato insieme le tecniche apprese nelle sedute precedenti (praticando la respirazione e seguendo il pacer solo quando necessario), terapeuta e cliente discuteranno insieme dell'applicazione della tecnica del biofeedback per gestire i sintomi nella vita quotidiana, modellando le istruzioni in base alle specificità del paziente stesso (Lehrer et al., 2013).

Neurofeedback[modifica | modifica wikitesto]

Il neurofeedback è uno strumento non invasivo per mezzo del quale si può imparare a modificare l’ampiezza, la frequenza e la coerenza degli aspetti elettrofisiologici del cervello. Con il neurofeedback si visualizza in tempo reale, sul monitor di un computer, la propria attività elettroencefalografica. Lo strumento consente di educare il cervello a produrre onde cerebrali in specifiche ampiezze e posizioni, tanto da divenire capace di rieducare sé stesso, fino a raggiungere il pattern di attività desiderato[7][2].

Strumenti[modifica | modifica wikitesto]

Il principale strumento di misurazione impiegato dal neurofeedback è l'elettroencefalogramma (EEG), uno strumento che misura la somma dei potenziali d’azione dei neuroni. L’EEG registra tre gruppi di fenomeni differenti, seppur fisiologicamente collegati: le oscillazioni, o ritmo EEG; i potenziali evocati e i potenziali evento correlati; i cambi di potenziale graduali. La maggior parte di questi fenomeni sono generati dalla corteccia cerebrale[7][2].

Metodi di Registrazione[modifica | modifica wikitesto]

L’ EEG permette di registrare la carica generata all’interno del tessuto cerebrale trasportata dagli ioni. Questa carica va dunque trasmessa dal tessuto cerebrale al sistema di registrazione; per fare ciò vengono impiegati degli elettrodi. Per facilitare il passaggio della corrente è necessario applicare una pasta conduttiva elettrolitica tra lo scalpo e gli elettrodi; in modo che gli elettrodi siano direttamente a contatto con la pasta agevolando così il passaggio degli ioni. In seguito all’applicazione degli elettrodi la carica elettrica inizia a spostarsi generando un segnale instabile; per questo motivo è necessario attendere fino a che non viene raggiunta un segnale stabile. La stabilità di questo segnale, ovvero del potenziale degli elettrodi, è garantita da elettrodi non polarizzati. Il potenziale di elettrodo inoltre deve essere lo stesso per tutti gli elettrodi; per garantire ciò è necessario che tutti gli elettrodi siano fatti dello stesso metallo[2].

Posizionamento degli Elettrodi[modifica | modifica wikitesto]

L’EEG viene registrato applicando gli elettrodi sullo scalpo secondo il posizionamento standard chiamato sistema internazionale 10-20, originariamente composto da 19 elettrodi. Quali e quanti elettrodi sono applicati dipende molto dalle specifiche considerazioni cliniche. [2][8]

Registrazione monopolare e bipolare[modifica | modifica wikitesto]

Un dibattito che è stato portato avanti fin dai sistemi iniziali e che continua a essere oggetto di discussione è il confronto tra la registrazione monopolare e la registrazione bipolare. A seconda che l’EEG sia bipolare o monopolare il tipo di informazioni disponibili cambia sensibilmente, influenzando la possibilità di allenare la sincronia, la connettività o altre proprietà mentali[9].

Da un punto di vista fisico tutte le registrazioni EEG sono bipolari, poiché i potenziali EEG sono sempre registrati come la differenza di corrente tra due siti. Tuttavia nella pratica clinica si parla di registrazione bipolare quando gli elettrodi sono appaiati a coppie (ad esempio i segnali degli elettrodi dell’emisfero sinistro sono registrati in contrasto con quelli simmetrici dell’emisfero destro), mentre parliamo di registrazione monopolare quando si usa un singolo valore della carica elettrica come riferimento per le misurazioni di tutti i valori degli altri elettrodi. Idealmente come punto di riferimento andrebbe scelta una parte elettricamente nulla, di fatto non esiste un punto tale[2].

Per questo motivo sono state sviluppate altre tecniche come il metodo di Laplace, una tecnica di derivazione in cui il valore di ogni elettrodo è calcolato sottraendo il valore rilevato da quell’elettrodo dai valori degli elettrodi circostanti; il valore registrato è dunque un gradiente che indica di quanto quel sito si discosta da quelli limitrofi [10].

Esistono altre tecniche miste come la LOw REsolution Electromagnetic TomogrAphy (LORETA)[2].

Amplificazione[modifica | modifica wikitesto]

L’amplificazione dell’EEG è la parte dell’acquisizione dei dati responsabile di accomodare, amplificare e convertire il segnale elettrico analogico registrato dai sensori in segnale digitale che può essere elaborato da un computer[2].

È importante che l’amplificatore sia in grado di registrare tutte le frequenze richieste; in particolare i segnali EEG si concentrano nelle lunghezze d’onda tra i 0.5 Hz e gli 80 Hz, rispettivamente chiamate delta (0.5 – 4 Hz), theta (4 – 8 Hz), alpha (8 – 12 Hz), beta (16 – 24 Hz) e gamma (fino a 80 Hz)[11].

Per isolare solo le frequenze desiderate spesso sono impiegati dei filtri che escludono le frequenze indesiderate: i filtri “passa alto” e i filtri “passa basso”, che escludono rispettivamente le frequenze più basse e più alte data una soglia[2].  

Artefatti[modifica | modifica wikitesto]

Gli artefatti sono segnali che non hanno origine dall’attività cerebrale ma che possono essere registrati similmente agli altri fenomeni registrati dall’EEG (oscillazioni, ERP, o SCP)[2].

Si dividono in artefatti tecnici, causati da dispositivi elettronici presenti nell’ambiente (nella maggior parte dei casi da campi elettromagnetici), e in artefatti biologici che risultano dall’attività elettrica degli altri organi diversi dal cervello, principalmente dai muscoli cranici e dagli occhi (come i movimenti oculari verticali)[2].

Digitalizzazione[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la registrazione e l’amplificazione, il segnale analogico registrato va convertito in segnale digitale tramite un convertitore chiamato A_D converter, che misura il segnale a frequenze regolari (ad esempio ogni 10 ms), intervallo che viene definito frequenza di campionamento[2].

Applicazioni Cliniche[modifica | modifica wikitesto]

Lo scopo del training di neurofeedback è quello di insegnare al paziente come percepire specifici stati di attivazione corticale e in che modo raggiungerli volontariamente. In seguito al training, il paziente trattato diventa consapevole dei differenti stati EEG e capace di produrli quando richiesto. Le metanalisi sul neurofeedback ne hanno attestato l’efficacia nel trattamento di numerose condizioni cliniche, quali l’ADHD, l’epilessia, l’ansia, la depressione, la sindrome da affaticamento cronico, la fibromialgia, il disturbo del sonno, la sindrome di Tourette, il disturbo ossessivo-compulsivo, il PTSD, la schizofrenia, l’anoressia, dislessia, disgrafia, ADD e il morbo di Alzheimer. I risultati delle ricerche mostrano che la terapia basata sul neurofeedback influenza positivamente l’efficacia dei processi cognitivi, dell’umore e dei livelli d’ansia[2] [12].

Strumenti[modifica | modifica wikitesto]

Mentre i risultati dell’EEG vengono tradizionalmente analizzati in differita rispetto alla registrazione da uno specialista attraverso un’esaminazione visiva, per la natura del neurofeedback è necessario avere una interpretazione in tempo reale del risultato delle registrazioni dell’EEG. Per questo motivo una delle tecniche impiegate nel neurofeedback è l’encefalografia quantitativa (QEEG), una tecnica che prevede l’utilizzo di un algoritmo per l’analisi e l’interpretazione delle tracce dell’EEG. Questa tecnica permette l’analisi immediata dell’EEG rendendo possibili le tecniche di correzione in vivo (feedback) del neurofeedback.Nelle moderne analisi quantitative le tracce tradizionali dell’EEG vengono mostrate insieme a quelle quantitative in modo da facilitare il lavoro dell’operatore ed espandere le potenzialità analitiche[2].

Tecniche e Procollo[modifica | modifica wikitesto]

Il protocollo standard del neurofeedback si divide generalmente in tre fasi[2]:

1.  Symptoms checklist: colloquio clinico e valutazione dei sintomi e dei problemi del paziente (valutazione neuropsicologica).

2.  QEEG: si conduce una QEEG per collegare i risultati del colloquio clinico ai risultati registrati dalle analisi (fMRI, PET e QEEG/MEG).

3.   EEG biofeedback: si applica il protocollo di neurofeedback che più si adatta alle disregolazioni osservate dalla valutazione QEEG ed ai problemi riportati dal paziente nell’intervista.

Punteggi Z[modifica | modifica wikitesto]

Nel neurofeedback il QEEG viene combinato ai punteggi z, punteggi che comparano i valori individuali con la media e la deviazione standard di un database di riferimento, ottenendo i punteggi z in tempo reale, in inglese “live Z-score biofeedback” (in statistica il punteggio z è definito come la differenza tra un valore individuale e la media di una popolazione di riferimento diviso per la deviazione standard di quella popolazione)[13].

Compito[modifica | modifica wikitesto]

Al paziente viene presentata una schermata raffigurante il posizionamento degli elettrodi. Nel momento in cui l’attività in un sito specifico si discosta dallo standard, l’area si colora di rosso, mentre si colora di verde quando il soggetto riesce a mantenere il valore nella soglia. Inizialmente la distanza accettata tra il valore misurato e quello standard di riferimento è maggiore, e gradualmente nel corso delle sedute questa soglia di accettazione viene abbassata rendendo più difficile il compito[2].

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ About Biofeedback | AAPB, su www.aapb.org. URL consultato il 3 giugno 2022.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p Schwartz, M. S. e Andrasik, F., Biofeedback: A practitioner’s guide, (Fourth edition), The Guildford Press., 2016.
  3. ^ Florian Ruths e Paul Lehrer, Principles and Practice of Stress Management (3rd edn). Edited by Paul M. Lehrer, Robert L. Woolfolk and Wesley E. Sime Guilford Press. 2007. 721pp. US$85.00 (hb). ISBN: 9781593850005, in British Journal of Psychiatry, vol. 194, n. 1, 2007, pp. 227-248, DOI:10.1192/bjp.bp.107.047134. URL consultato il 16 giugno 2022.
  4. ^ (EN) Fred Shaffer e Didier C. Combatalade, Don't Add or Miss a Beat: A Guide to Cleaner Heart Rate Variability Recordings, in Biofeedback, vol. 41, n. 3, 1º settembre 2013, pp. 121–130, DOI:10.5298/1081-5937-41.3.04. URL consultato il 16 giugno 2022.
  5. ^ Fred Shaffer e Zachary M. Meehan, A Practical Guide to Resonance Frequency Assessment for Heart Rate Variability Biofeedback, in Frontiers in Neuroscience, vol. 14, 8 ottobre 2020, pp. 570400, DOI:10.3389/fnins.2020.570400. URL consultato il 16 giugno 2022.
  6. ^ Paul Lehrer, Bronya Vaschillo e Terri Zucker, Protocol for Heart Rate Variability Biofeedback Training, in Biofeedback, vol. 41, n. 3, 1º settembre 2013, pp. 98–109, DOI:10.5298/1081-5937-41.3.08. URL consultato il 3 giugno 2022.
  7. ^ a b (EN) Michelle Hampson, Sergio Ruiz e Junichi Ushiba, Neurofeedback, in NeuroImage, vol. 218, 1º settembre 2020, pp. 116473, DOI:10.1016/j.neuroimage.2019.116473. URL consultato il 15 giugno 2022.
  8. ^ Gonzalo M. Rojas, Carolina Alvarez e Carlos E. Montoya, Study of Resting-State Functional Connectivity Networks Using EEG Electrodes Position As Seed, in Frontiers in Neuroscience, vol. 12, 24 aprile 2018, pp. 235, DOI:10.3389/fnins.2018.00235. URL consultato il 15 giugno 2022.
  9. ^ (EN) Lester G. Fehmi e Thomas Collura, Effects of Electrode Placement Upon EEG Biofeedback Training: The Monopolar-Bipolar Controversy, in Journal of Neurotherapy, vol. 11, n. 2, 23 luglio 2007, pp. 45–63, DOI:10.1300/J184v11n02_04. URL consultato il 15 giugno 2022.
  10. ^ (EN) Claudio Carvalhaes e J. Acacio de Barros, The surface Laplacian technique in EEG: Theory and methods, in International Journal of Psychophysiology, vol. 97, n. 3, 2015-09, pp. 174–188, DOI:10.1016/j.ijpsycho.2015.04.023. URL consultato il 15 giugno 2022.
  11. ^ (EN) Marco Weiergräber, Anna Papazoglou e Karl Broich, Sampling rate, signal bandwidth and related pitfalls in EEG analysis, in Journal of Neuroscience Methods, vol. 268, 2016-08, pp. 53–55, DOI:10.1016/j.jneumeth.2016.05.010. URL consultato il 15 giugno 2022.
  12. ^ Renata Markiewcz, The use of EEG Biofeedback / Neurofeedback in psychiatric rehabilitation, in Psychiatria Polska, vol. 51, n. 6, 30 dicembre 2017, pp. 1095–1106, DOI:10.12740/PP/68919. URL consultato il 15 giugno 2022.
  13. ^ (EN) Thomas F. Collura, Robert W. Thatcher e Mark Llewellyn Smith, EEG biofeedback training using live Z-scores and a normative database, Elsevier, 2009, pp. 103–141, DOI:10.1016/b978-0-12-374534-7.00005-8, ISBN 978-0-12-374534-7. URL consultato il 15 giugno 2022.