Utente:Lucacorsato/Sandbox/manuzio

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Template:Ref improve Template:Infobox person È ritenuto il maggior tipografo del suo tempo e il primo editore in senso moderno. Introdusse numerose innovazioni destinate a segnare la storia della tipografia fino ai nostri giorni.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Aldo Pio Manuzio.

Nelle sue prime edizioni si firma latinamente Aldus Mannucius, dal 1493 Manucius e dal 1497 Manutius, che dai posteri è stato poi re-italianizzato in "Manuzio"[1]. È probabile che il nome originario fosse "Mandutio" (Mandutius)[1]. Che il vero nome potesse essere Teobaldo Mannucci è notizia priva di fondamento, sostenuta dall'edizione di pubblico dominio dell'Enciclopedia Britannica ma non confermata dalla letteratura scientifica.

Aldo studiò il latino a Roma, con Gasparino da Verona e Domizio Calderini, e il greco a Ferrara, con Guarino da Verona. Nel 1482 fu a Mirandola assieme al suo amico e compagno di studi Giovanni Pico della Mirandola. Quando questi si trasferì a Firenze, procurò a Manuzio il posto di tutore dei suoi due nipoti Alberto III Pio e Lionello Pio, principi di Carpi. Alberto Pio, molto probabilmente, divenne poi il finanziatore delle prime stampe di Aldo (forse i 5 volumi delle opere di Aristotele), al quale donò anche delle terre nei pressi di Carpi. Il legame con Alberto Pio si mantenne tutta la vita.

In questo periodo devono essere maturati in Aldo dei piani molto precisi su quello che sarebbe diventato il suo progetto editoriale. La sua ambizione principale era quella di preservare la letteratura e la filosofia greca da ulteriore oblio, nonché il grande patrimonio della letteratura latina, diffondendone i capolavori in edizioni stampate. Scelse infine Venezia, la Serenissima, nel momento del suo massimo fulgore, come sede più idonea per la sua tipografia e vi si insediò attorno al 1490. I manoscritti e codici greci della Biblioteca nazionale Marciana (istituita con il lascito da parte del cardinale Bessarione dell'intera sua collezione di libri) proprio in questo periodo stavano rendendo la città lagunare il centro più importante per lo studio dei classici. Lì Manuzio allacciò rapporti di collaborazione e di amicizia con letterati e artisti del tempo e con molti studiosi greci fuggiti da Bisanzio e rifugiatisi a Venezia dopo la caduta dell'Impero Romano d'Oriente (1453).

Questi intensi rapporti intellettuali portarono infine (1502) alla fondazione dell'Accademia Aldina, dedicata agli studi ellenistici, che poteva annoverare fra i suoi membri alcuni dei più grandi studiosi dell'epoca (come Erasmo da Rotterdam, Pietro Bembo e Thomas Linacre). L'Accademia, di cui conosciamo lo statuto, si prefiggeva di dare impulso allo studio dei classici greci in Italia e in Europa. I suoi membri si impegnavano a parlare fra di loro soltanto in greco e, in caso di trasgressioni o errori, a versare una piccola multa a un fondo comune che sarebbe poi servito per organizzare festosi banchetti.

Il simbolo del delfino intorno all'ancora, che richiama il motto Festina lente, usato da Manuzio per identificare le proprie opere a partire dal 1502.

Nel 1494 aprì la tipografia nella contrada di Sant'Agostin. Il suo motto, festina lente ovvero "affrettati con calma", apparve per la prima volta nel 1498 nella dedica delle opere di Poliziano. Con la pubblicazione delle Terze rime di Dante nel 1502, comparve anche un simbolo raffigurante un'ancora con un delfino, immagine che Manuzio aveva ricavato da un'antica moneta romana donatagli da Pietro Bembo: l'ancora stava a indicare la solidità, il delfino la velocità.[2] Rapidamente, in tutt'Europa, i suoi volumi furono conosciuti con il nome di "edizioni Aldine".

Nel 1505 Aldo sposò Maria, la figlia di Andrea Torresano (o Torresani) da Asola, che aveva rilevato la tipografia fondata a Venezia da Nicolas Jenson e che dal 1495 era in società con Aldo, assieme a Pierfrancesco Barbarigo, figlio del doge in carica Agostino Barbarigo. Vennero così a fondersi due tra gli editori più importanti della città.

Busto di Aldo Manuzio, opera di Gaetano Zennaro (1862-1863)

La diffusione della lingua e della filosofia greca sembra essere stata l'ambizione prioritaria rispetto al profitto economico nell'operato di Aldo. La sua principale preoccupazione fu di mantenere altissima la qualità delle sue edizioni (che sono infatti considerate degli autentici tesori dai bibliofili) e non quella di renderle accessibili economicamente alla cerchia più vasta possibile di lettori.

La commercializzazione delle sue opere era affidata a greci, e il greco era la lingua usata nelle conversazioni a casa sua nonché nelle istruzioni a tipografi e legatori. Impiegò non meno di trenta greci come correttori di bozze, ricercatori di manoscritti e calligrafi, sui cui modelli ricalcò i suoi caratteri.

Una pagina della Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna (1499).

Fra il 1495 e il 1498 pubblicò l'opera di Aristotele in 5 volumi. Nel 1499 dai suoi torchi uscì, in volgare, un libro tanto eccentrico rispetto alla sua produzione quanto celeberrimo: la Hypnerotomachia Poliphili (ossia "La battaglia amorosa di Polifilo in sogno"), romanzo attribuibile al domenicano Francesco Colonna (anche se l'attribuzione è tuttora incerta), con un apparato formidabile di xilografie splendide, uno dei volumi più pregiati (non solo per le illustrazioni) dell'umanesimo italiano.

Nel 1500 dette l'avvio a una collana di libri (di dimensioni e prezzo ridotti) in cui per la prima volta venne utilizzato il carattere corsivo. I caratteri utilizzati erano detti aldini e assomigliavano alle lettere dei manoscritti greci da cui i libri a stampa erano copiati. Dai caratteri trasse il nome l'Accademia Aldina, che Manuzio fondò per accogliere numerosi artisti e studiosi fuggiti da Bisanzio e rifugiatisi a Venezia.

  1. ^ a b Mario Infelise, MANUZIO, Aldo, il Vecchio, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
  2. ^ Erasmo da Rotterdam, Adagia, 1001.