Strage della valle del Biois: differenze tra le versioni
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Dopo un'inchiesta iniziata a seguito di un esposto presentato alla procura di Belluno il 26 gennaio 1970 da Pasquale Mariano, fratello della vittima Cosimo, il 16 agosto 1977 il giudice istruttore presso il tribunale di [[Bologna]], Sergio Castaldo, emise dei mandati di cattura contro il comandante della SS-Gebirgs-Kampfschule, il maggiore delle SS (''SS-[[Sturmbannführer]]'') Alois Schintlholzer (65 anni, di [[Innsbruck]]), e il maresciallo di polizia (''Zugwachtmeister der Schutzpolizei'') Erwin Fritz (65 anni, di [[Berlino]], residente nella [[Germania Ovest]] a [[Gottinga]], commissario di polizia a riposo)<ref name=21-5-79>{{cita news|||Processo ai nazisti per l'eccidio in Val di Biois|Stampa Sera|21 maggio 1979}}</ref>. Tra gli imputati vi erano anche Emil Wendt (70 anni, nato a [[Stettino]], residente a [[Castelrotto]], parrucchiere), Domenico Mussner (65 anni, di [[Selva di Val Gardena]], scultore in legno), Matthias Hildebrand (65 anni, di [[Parcines]], residente a [[San Pancrazio (Italia)|San Pancrazio]], contadino), Ludwig Pattis (65 anni, di [[Tires]], trasferitosi in Germania), Giovanni Zentgraf ed Hermand Holland (deceduti prima dell'inizio del processo) e Hans Holland (del quale si conosceva solo il nome)<ref>{{cita news|Enzo Pizzi||Sei ordini di cattura per l'eccidio di nazisti in provincia di Belluno|La Stampa|3 settembre 1976}}</ref><ref name=6-2-78/>. Nel 1979 iniziò il processo, trasferito per [[legittima suspicione]] da Belluno, sua sede naturale, presso la [[Corte d'assise (Italia)|Corte d'assise]] di Bologna, essendo stato uno degli uccisi, Cosimo Mariano, magistrato nel capoluogo veneto<ref>{{cita news|g.n.||Processo o due ex SS (latitanti) per le stragi del '44 ad Agordo|La Stampa|22 maggio 1979}}</ref>. Processati in contumacia poiché Austria e Germania Ovest non concessero l'[[estradizione]] e nemmeno la possibilità di un interrogatorio per [[rogatoria]]<ref>{{cita news|Vincenzo Tessandori||Processo ai fantasmi, 35 anni dopo per l'eccidio nazista di Falcade|La Stampa|29 giugno 1979}}</ref>, Schintlholzer e Fritz furono difesi dall'avvocato [[Roland Riz]], vicepresidente della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP) e senatore<ref name=30-6-1979>{{cita news|Vincenzo Tessandori||La ferocia nazista rivive nel |
Dopo un'inchiesta iniziata a seguito di un esposto presentato alla procura di Belluno il 26 gennaio 1970 da Pasquale Mariano, fratello della vittima Cosimo, il 16 agosto 1977 il giudice istruttore presso il tribunale di [[Bologna]], Sergio Castaldo, emise dei mandati di cattura contro il comandante della SS-Gebirgs-Kampfschule, il maggiore delle SS (''SS-[[Sturmbannführer]]'') Alois Schintlholzer (65 anni, di [[Innsbruck]]), e il maresciallo di polizia (''Zugwachtmeister der Schutzpolizei'') Erwin Fritz (65 anni, di [[Berlino]], residente nella [[Germania Ovest]] a [[Gottinga]], commissario di polizia a riposo)<ref name=21-5-79>{{cita news|||Processo ai nazisti per l'eccidio in Val di Biois|Stampa Sera|21 maggio 1979}}</ref>. Tra gli imputati vi erano anche Emil Wendt (70 anni, nato a [[Stettino]], residente a [[Castelrotto]], parrucchiere), Domenico Mussner (65 anni, di [[Selva di Val Gardena]], scultore in legno), Matthias Hildebrand (65 anni, di [[Parcines]], residente a [[San Pancrazio (Italia)|San Pancrazio]], contadino), Ludwig Pattis (65 anni, di [[Tires]], trasferitosi in Germania), Giovanni Zentgraf ed Hermand Holland (deceduti prima dell'inizio del processo) e Hans Holland (del quale si conosceva solo il nome)<ref>{{cita news|Enzo Pizzi||Sei ordini di cattura per l'eccidio di nazisti in provincia di Belluno|La Stampa|3 settembre 1976}}</ref><ref name=6-2-78/>. Nel 1979 iniziò il processo, trasferito per [[legittima suspicione]] da Belluno, sua sede naturale, presso la [[Corte d'assise (Italia)|Corte d'assise]] di Bologna, essendo stato uno degli uccisi, Cosimo Mariano, magistrato nel capoluogo veneto<ref>{{cita news|g.n.||Processo o due ex SS (latitanti) per le stragi del '44 ad Agordo|La Stampa|22 maggio 1979}}</ref>. Processati in contumacia poiché Austria e Germania Ovest non concessero l'[[estradizione]] e nemmeno la possibilità di un interrogatorio per [[rogatoria]]<ref>{{cita news|Vincenzo Tessandori||Processo ai fantasmi, 35 anni dopo per l'eccidio nazista di Falcade|La Stampa|29 giugno 1979}}</ref>, Schintlholzer e Fritz furono difesi dall'avvocato [[Roland Riz]], vicepresidente della [[Südtiroler Volkspartei]] (SVP) e senatore<ref name=30-6-1979>{{cita news|Vincenzo Tessandori||La ferocia nazista rivive nel processo per Falcade|La Stampa|30 giugno 1979}}</ref>, il quale chiese per i suoi assistiti l'assoluzione con formula piena<ref>{{cita news|||Criticata a Bolzano condanna a due nazisti|La Stampa|10 luglio 1979}}</ref>. Sei testimoni a discarico tedeschi e austriaci non si presentarono temendo di essere a loro volta incriminati<ref name=30-6-1979/>. I militari sudtirolesi furono assolti per mancanza di prove e, chiamati a testimoniare, accusarono i loro ex comandanti per il comportamento tenuto nel corso dell'operazione, fornendo elementi decisivi per la determinazione dei capi d'accusa<ref>{{cita|Baratter 2005|p. 184}}.</ref>. |
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Infine, con verdetto del 7 luglio 1979 i due comandanti furono gli unici condannati all'ergastolo, non scontando mai la pena. Tuttavia, il 6 maggio dell'anno successivo la [[Corte d'assise d'appello]] rilevò il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e assegnò la competenza al procuratore militare di [[Verona]]. Il nuovo iter processuale fu lungo e complesso soprattutto per questioni formali, concludendosi con sentenza del 15 novembre 1988 in una nuova condanna all'ergastolo per Schintholzer, sempre in contumacia, mentre Fritz, a differenza di quanto era stato deciso dalla magistratura ordinaria, venne assolto per insufficienza di prove. La sentenza fu poi confermata dal Tribunale supremo militare. Schintholzer rimase libero in Austria fino alla morte, avvenuta a [[Bielefeld]] nel giugno del 1989<ref>{{cita news|Roberto Bona|http://ricerca.gelocal.it/corrierealpi/archivio/corrierealpi/2007/08/18/BG1PO_BG104.html|Caviola, 63 anni fa la strage|Corriere delle Alpi|18 agosto 2007}}</ref>. |
Infine, con verdetto del 7 luglio 1979 i due comandanti furono gli unici condannati all'ergastolo, non scontando mai la pena. Tuttavia, il 6 maggio dell'anno successivo la [[Corte d'assise d'appello]] rilevò il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e assegnò la competenza al procuratore militare di [[Verona]]. Il nuovo iter processuale fu lungo e complesso soprattutto per questioni formali, concludendosi con sentenza del 15 novembre 1988 in una nuova condanna all'ergastolo per Schintholzer, sempre in contumacia, mentre Fritz, a differenza di quanto era stato deciso dalla magistratura ordinaria, venne assolto per insufficienza di prove. La sentenza fu poi confermata dal Tribunale supremo militare. Schintholzer rimase libero in Austria fino alla morte, avvenuta a [[Bielefeld]] nel giugno del 1989<ref>{{cita news|Roberto Bona|http://ricerca.gelocal.it/corrierealpi/archivio/corrierealpi/2007/08/18/BG1PO_BG104.html|Caviola, 63 anni fa la strage|Corriere delle Alpi|18 agosto 2007}}</ref>. |
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Versione delle 19:19, 30 nov 2014
| Strage della valle del Biois | |
|---|---|
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| Tipo | massacro |
| Data | 20-21 agosto 1944 |
| Luogo | Valle del Biois |
| Stato |  Repubblica Sociale Italiana |
| Responsabili | Divisione corazzata paracadutisti "Hermann Göring"; SS-Gebirgs-Kampfschule; II battaglione del Polizeiregiment "Bozen" |
| Motivazione | repressione antipartigiana |
| Conseguenze | |
| Morti | 44 civili |
| Danni | 245 abitazioni distrutte; 645 persone senza tetto |
La strage della valle del Biois avvenne tra la mattina del 20 agosto 1944 e la sera del giorno successivo nelle località di Falcade e Canale d'Agordo in provincia di Belluno, ad opera di uomini della Divisione corazzata paracadutisti "Hermann Göring", della SS-Gebirgs-Kampfschule (Scuola d'alta montagna delle Waffen-SS) di Predazzo e del II battaglione del Polizeiregiment "Bozen"[1], coadiuvati da diverse compagnie del Corpo di sicurezza trentino (Cst). Furono uccisi 44 civili e distrutte 245 abitazioni lasciando 645 persone senza tetto[2].
Il processo
Dopo un'inchiesta iniziata a seguito di un esposto presentato alla procura di Belluno il 26 gennaio 1970 da Pasquale Mariano, fratello della vittima Cosimo, il 16 agosto 1977 il giudice istruttore presso il tribunale di Bologna, Sergio Castaldo, emise dei mandati di cattura contro il comandante della SS-Gebirgs-Kampfschule, il maggiore delle SS (SS-Sturmbannführer) Alois Schintlholzer (65 anni, di Innsbruck), e il maresciallo di polizia (Zugwachtmeister der Schutzpolizei) Erwin Fritz (65 anni, di Berlino, residente nella Germania Ovest a Gottinga, commissario di polizia a riposo)[3]. Tra gli imputati vi erano anche Emil Wendt (70 anni, nato a Stettino, residente a Castelrotto, parrucchiere), Domenico Mussner (65 anni, di Selva di Val Gardena, scultore in legno), Matthias Hildebrand (65 anni, di Parcines, residente a San Pancrazio, contadino), Ludwig Pattis (65 anni, di Tires, trasferitosi in Germania), Giovanni Zentgraf ed Hermand Holland (deceduti prima dell'inizio del processo) e Hans Holland (del quale si conosceva solo il nome)[4][1]. Nel 1979 iniziò il processo, trasferito per legittima suspicione da Belluno, sua sede naturale, presso la Corte d'assise di Bologna, essendo stato uno degli uccisi, Cosimo Mariano, magistrato nel capoluogo veneto[5]. Processati in contumacia poiché Austria e Germania Ovest non concessero l'estradizione e nemmeno la possibilità di un interrogatorio per rogatoria[6], Schintlholzer e Fritz furono difesi dall'avvocato Roland Riz, vicepresidente della Südtiroler Volkspartei (SVP) e senatore[7], il quale chiese per i suoi assistiti l'assoluzione con formula piena[8]. Sei testimoni a discarico tedeschi e austriaci non si presentarono temendo di essere a loro volta incriminati[7]. I militari sudtirolesi furono assolti per mancanza di prove e, chiamati a testimoniare, accusarono i loro ex comandanti per il comportamento tenuto nel corso dell'operazione, fornendo elementi decisivi per la determinazione dei capi d'accusa[9].
Infine, con verdetto del 7 luglio 1979 i due comandanti furono gli unici condannati all'ergastolo, non scontando mai la pena. Tuttavia, il 6 maggio dell'anno successivo la Corte d'assise d'appello rilevò il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e assegnò la competenza al procuratore militare di Verona. Il nuovo iter processuale fu lungo e complesso soprattutto per questioni formali, concludendosi con sentenza del 15 novembre 1988 in una nuova condanna all'ergastolo per Schintholzer, sempre in contumacia, mentre Fritz, a differenza di quanto era stato deciso dalla magistratura ordinaria, venne assolto per insufficienza di prove. La sentenza fu poi confermata dal Tribunale supremo militare. Schintholzer rimase libero in Austria fino alla morte, avvenuta a Bielefeld nel giugno del 1989[10].
Note
- ^ a b Vincenzo Tessandori, La strage dei nazisti a Falcade nel Bellunese, in La Stampa, 16 febbraio 1978.
- ^ Wedekind 2003, p. 330 n.
- ^ Processo ai nazisti per l'eccidio in Val di Biois, in Stampa Sera, 21 maggio 1979.
- ^ Enzo Pizzi, Sei ordini di cattura per l'eccidio di nazisti in provincia di Belluno, in La Stampa, 3 settembre 1976.
- ^ g.n., Processo o due ex SS (latitanti) per le stragi del '44 ad Agordo, in La Stampa, 22 maggio 1979.
- ^ Vincenzo Tessandori, Processo ai fantasmi, 35 anni dopo per l'eccidio nazista di Falcade, in La Stampa, 29 giugno 1979.
- ^ a b Vincenzo Tessandori, La ferocia nazista rivive nel processo per Falcade, in La Stampa, 30 giugno 1979.
- ^ Criticata a Bolzano condanna a due nazisti, in La Stampa, 10 luglio 1979.
- ^ Baratter 2005, p. 184.
- ^ Roberto Bona, Caviola, 63 anni fa la strage, in Corriere delle Alpi, 18 agosto 2007.
Bibliografia
- Lorenzo Baratter, Le Dolomiti del Terzo Reich, Milano, Mursia, 2005, ISBN 88-425-3463-3.
- (DE) Michael Wedekind, Nationalsozialistische Besatzungs- und Annexionspolitik in Norditalien 1943 bis 1945. Die Operationszonen "Alpenvorland" und "Adriatisches Küstenland", München (Monaco di Baviera), Oldenbourg Verlag, 2003, ISBN 3-486-56650-4.
