Sito archeologico di Sa Pedrosa-Pantallinu

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Sito archeologico Sa Pedrosa Pantallinu
Veduta comune di Perfugas
CiviltàPreistorica
UtilizzoMiniera-officina
EpocaPaleolitico inferiore
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
ComunePerfugas
Scavi
Date scavi1981
Amministrazione
EnteSoprintendenza per le province di Sassari e Nuoro

Il sito archeologico di Sa Pedrosa Pantallinu si trova sull’altura di Pantallinu, che divide Riu Anzos e Riu Altana, nella provincia di Sassari, in Sardegna.[1]

Primi insediamenti in Sardegna[modifica | modifica wikitesto]

Cranio di Homo erectus

Il periodo preistorico in Sardegna è stato oggetto di pochi studi per lungo periodo. Lo storico Massimo Pallottino individua dalla seconda metà dell’Ottocento, con studiosi quali Ettore Pais e Giovanni Spano, una sorta di risveglio dalle semplici “fantasie" prescientifiche e erudizione locale da parte della stessa archeologia sarda che inizia ad avere maggiori conoscenze critiche e una nozione dei dati che fosse più concreta.[2] Gli studiosi erano soliti attribuire l’arrivo dell’uomo sull'isola al Neolitico. In seguito ad una serie di scoperte e ritrovamenti, durante il Novecento, hanno cambiato questa prospettiva e oggi ritengono probabile un popolamento dell’isola che fosse precedente.[3] Vengono, infatti, ritrovati una serie di reperti e materiali relativi al Paleolitico inferiore.[4]

Tali scoperte sono state inizialmente relative ai territori di Sassari (Perfugas e Laerru) per la presenza di materiali di pietra di tecnica clactoniana del Paleolitico Inferiore e, nella località di sa Coa de Sa Multa, di un nucleo abitativo in giacitura primaria, su uno strato geologico sterile attribuibile al Pleistocene Medio.[5] Vengono trovati, in queste aree, degli strumenti in calcare e selce, utili alle attività umane. Ciò consente di attribuire le prime presenze dell’uomo in Sardegna a questo periodo.[4] Un altro punto importante per questi ritrovamenti fu il territorio di Nuoro (Ottana, Dorgali, Oliena), per la presenza di alcune grotte. Le prime congetture sul popolamento umano pleistocenico nell’isola vengono fatte dal paleontologo Alberto Carlo Blanc.

Dopo studi e ricerche nelle grotte di Dorgali, la Grotta di Ziu Santoru e Cala Ilune, era emerso un detrito di falda in erosione, che presentava dei resti di cervo megacero, attribuibile a tracce di un punto di combustione di genesi antropica. Un'altra scoperta importante è quella della falange di un ominide nella Grotta di Nurighe in Logudoro (Sassari), ad opera di alcuni speleologi di Thiesi, avvenuta tra gli anni Ottanta e Novanta. I ricercatori Stefania Sias, Sergio Ginesu e Jean Marie Cordy sono concordi nel collocare tale resto umano nella scala evolutiva tra Homo erectus e Uomo di Neanderthal, quindi a circa oltre 250 000 anni fa.[3]

Inizialmente gli studiosi esprimono varie perplessità sull’ipotesi di un popolamento che risalisse all’epoca paleolitica.[1] Questo perché tale possibilità avrebbe smentito un solido modello secondo cui solamente la navigazione senza coste a vista, caratteristica del Neolitico, avrebbe consentito agli uomini di arrivare in Sardegna. Il modello si dimostrerà, successivamente, inadeguato alla documentazione archeologica.[5] In quel periodo, infatti, la Sardegna non era collegata alla penisola.

È, quindi, necessario avanzare delle nuove ipotesi riguardo a come gli uomini del Paleolitico possano essere giunti sull’isola, dato che è indubitabile che ciò sia avvenuto. È possibile che, anche se non in modo diretto, ci fosse un passaggio facilitato per l’arcipelago delle isole toscane, qualche altra isola emersa e la Corsica che permettesse una navigazione a vista di coste.[3]

A partire dagli anni Ottanta e parte degli anni Novanta sono iniziati una serie di scavi e ricerche sul territorio a livello pluridisciplinare per studiare il popolamento durante il Paleolitico. Tali studi rendono progressivamente evidente che la presenza dell’uomo in Sardegna risale al Pleistocene Medio e creano un modello di popolamento basato su dati concreti.[1] Si può notare come lo sviluppo della preistoria in Sardegna sia simile a quello del continente europeo fino al periodo del paleolitico medio, a cui risalgono i reperti citati in precedenza.[4]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L’insieme litico fa parte della serie di ritrovamenti avvenuti nel sassarese attraverso una perlustrazione sistematica delle zone di Laerru e Perfugas a partire dal 1979. Si tratta dei contesti industriali di Codrovulos-Pantallinu, Preideru e Riu Altana e nello specifico dei complessi in giacitura primaria di Sa Coa de Sa Multa e Sa Pedrosa Pantallinu. Attraverso lo studio dei due siti sono stati raccolti dati che permettono di dare un’attribuzione crono-culturale.

Gli scavi stratigrafici iniziano nel 1981, rendendo visibile una stratificazione del suolo su più livelli: uno strato denominato A, che è “un suolo inglobante un’abbondante industria litica a stato fisico alterato in giacitura secondaria (denominata Codrovulos-Pantallinu) che si rinviene anche in superficie sull'intero rilievo” e uno strato B, contenente molti frammenti di selce e “alcuni piani di abitazione antropica con materiali in giacitura primaria”.[1] Il termine giacitura primaria serve per identificare il caso in cui un reperto viene ritrovato nel suo contesto d’origine, mentre con giacitura secondaria viene identificato il caso di un reperto che non viene ritrovato nel suo contesto d’origine per effetto di dislocamenti o scavi.[6]

In vari punti del sito è stato possibile identificare una successione stratigrafica delle superfici, divise tra loro da livelli alluvionali archeologicamente sterili. Questo suggerisce una visita frequente del luogo da parte dell'uomo, con intervalli dovuti a episodi di esondazione. Il deposito è situato su un terrazzo orografico (un rilievo) che serve da divisione tra l’area abitativa e un deposito caratterizzato da strati alternati di calcari a noduli, arenarie e letti di pietra (selce), essenziali per spiegare la presenza di insediamenti paleolitici. Si osserva una collocazione non omogenea dei manufatti litici su due aree principali, con abbondante materia prima e manufatti. Ciò rende verosimile che il sito fungesse da miniera per ottenere la selce locale, includendo anche operazioni di scheggiatura della pietra. Si può osservare, quindi, che si trattava di una miniera a cielo aperto che consentiva l’estrazione della roccia silicea, fungendo contemporaneamente da luogo specializzato per la lavorazione della materia prima ricavata.

Comune di Laerru

Il sito di Sa Pedrosa rappresenta un’eccezione nel contesto italiano del Paleolitico inferiore, distinguendosi anche per la disposizione originale dei reperti.[1] L’attribuzione crono-culturale fornita con le prime indagini, poi confermata, colloca il complesso litico nel filone di scheggiatura detto senza bifacciali.[7] Il totale dei manufatti rinvenuti con gli scavi stratigrafici è di molte migliaia. Si sta ancora conducendo uno studio analitico, cercando di differenziare le diverse paleosuperfici, al fine di evidenziare eventuali caratteristiche tecno-tipologiche evolutive. Tali tecnologie hanno caratteri ben definiti, poco complessi ma che sembrerebbero essere ad una fase più avanzata rispetto a quelle utilizzate nel sito di Sa Coa de Sa Multa, vicino a Sa Pedrosa. Lo studio sul materiale di Sa Pedrosa è utile a identificare, attraverso la stratificazione delle paleosuperfici la tipologia dell’industria, un’industria del filone su scheggia in giacitura primaria.[1]

Datazione[modifica | modifica wikitesto]

Per quanto riguarda la datazione del sito, è in programma un progetto di datazioni OSL, ovvero la datazione a luminescenza stimolata otticamente, che serve a determinare quando un sedimento è stato esposto al sole per l’ultima volta.[8] A tale sistema verrà affiancato un completamento dell’analisi del sito per integrare, in modo più approfondito, le prime ipotesi avanzate dello studioso Daniele Aureli.[1] Aureli ha osservato una pluralità di sistemi tecnici di scheggiatura e metodi di tipo laminare, un’accoppiata associata a industrie presenti tra il Paleolitico medio e l’Olocene; identifica anche due particolari tecniche, quella diretta con percussore duro e quella con percussore tenero non organico.

L’ipotesi di una cronologia di Sa Pedrosa che sia posteriore a 35.000 anni fa non viene, però, ritenuta valida. I tre elementi di una cronologia del sito basata sullo studio del suolo, la presenza del metodo laminare nel sito e la comparsa di quest’ultimo in Europa sono tutti riconducibili a circa 180.000 anni fa.[7] Per avere delle osservazioni esaustive è importante che la valutazione tecnologica sia confrontata con contesti che dispongano di una definizione crono-culturale attendibile; questo non è possibile, al momento, per gli insiemi del Pleistocene medio, superiore e Olocene.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h Fabio Martino, Il Paleolitico e il Mesolitico in Sardegna., in La Sardegna preistorica. Storia, materiali, monumenti., Sassari, Carlo Delfino Editore, 2017.
  2. ^ Massimo Pallottino, La Sardegna nuragica, a cura di Giovanni Lilliu, Nuoro, Ilisso Edizioni, 2000.
  3. ^ a b c Sardegna, primi uomini arrivati 250 mila anni fa, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato l'11 dicembre 2023 (archiviato dall'url originale il 3 dicembre 2013).
  4. ^ a b c Storia Sardegna (PDF), su mamoiada.org.
  5. ^ a b Ercole Contu e Riccardo Cicilloni, La Preistoria della Sardegna e il Mediterraneo (con particolare riguardo alla Sicilia), in Archivio Storico Sardo, Volume I, Cagliari, 2015.
  6. ^ Glossario, su Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio.
  7. ^ a b Fabio Martino, Il Paleolitico in Sardegna evidenze, problemi e ipotesi a trent'anni dalla scoperta, in Atti della XLIV riunione scientifica, Volume I, Cagliari, Barumini, Sassari, 2009.
  8. ^ Datazione, su appuntidistoria.net.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Fabio Martino, Il Paleolitico e il Mesolitico in Sardegna, in La Sardegna preistorica. Storia, materiali, monumenti., Sassari, Carlo Delfino Editore, 2017.
  • Fabio Martino, Il Paleolitico in Sardegna: evidenze, problemi e ipotesi a trent'anni dalla scoperta., in Atti della XLIV riunione scientifica, Volume I, Cagliari, Barumini, Sassari, 2009.
  • Ercole Contu e Riccardo Cicilloni, La Preistoria della Sardegna e il Mediterraneo (con particolare riguardo alla Sicilia), in Archivio Storico Sardo, Volume I, Cagliari, 2015.
  • Massimo Pallottino, La Sardegna nuragica, a cura di Giovanni Lilliu, Nuoro, Ilisso Edizioni, 2000.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]