Pala Baglioni

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Pala Baglioni
AutoreRaffaello Sanzio
Data1507
TecnicaOlio su tavola
Dimensioni184×176 cm
UbicazioneGalleria Borghese, Roma
Disegno preparatorio per il Compianto, 1505 circa
Studio per la Deposizione Borghese, 1507 circa
Studio per l'Eterno benedicente

La Pala Baglioni è un dipinto smembrato di Raffaello a olio su tavola, datato 1507 e firmato (RAPHAEL URBINAS MDVII). La parte centrale, il trasporto del Cristo morto si trova nella Galleria Borghese a Roma, mentre altri scomparti sono stati riconosciuti in altri musei.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La pala d'altare, stando alle notizie riportate da Vasari, venne commissionata da Atalanta Baglioni, una nobile signora della celebre famiglia perugina. Il soggetto della pala centrale, la Deposizione di Cristo, piuttosto inconsueto, venne probabilmente dettato dalla volontà di omaggiare il figlio della donna, Grifonetto, assassinato nel corso di alcuni fatti di sangue interni alla stessa famiglia per il dominio di Perugia nel 1500. Grifonetto aveva infatti ucciso nel sonno con la spada tutti i parenti maschi rivali, in occasione delle nozze "di sangue" di suo cugino Astorre Baglioni con Lavinia Colonna, il 15 luglio. Abbandonato dai suoi stessi familiari, compresa la madre inorridita per l’accaduto, era tornato a Perugia dove Giampaolo Baglioni, miracolosamente scampato alla strage fuggendo per tempo nella vicina Marsciano, lo raggiunse e lo fece uccidere, in Corso Vannucci. Poco prima di morire però Grifonetto venne raggiunto dalla madre e dalla moglie, Zenobia, che riuscirono a fargli perdonare i suoi assassini: ormai incapace di parlare, il moribondo toccò la mano della madre in segno di assenso al perdono. I vestiti insanguinati dell'uomo vennero quindi trasportati da Atalanta lungo la via pubblica, e arrivato sui gradini del Duomo ve li lasciò pronunciando solennemente: «Che questo sia l'ultimo sangue che scorre su Perugia».

La figura della Vergine nel dipinto quindi doveva rispecchiare il dolore materno della donna.

La pala ebbe una lunga elaborazione, testimoniata da una straordinaria serie di disegni e studi in larga parte conservati: ben sedici oggi ripartiti tra l'Ashmolean Museum, il British Museum, il cabinet des Dessins e il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. Il soggetto venne gradualmente mutato dal Compianto sul Cristo morto al trasporto del Cristo morto, fondendo più spunti. All'unione di due cartoni diversi è attribuita la differenza proporzionale tra le figure al centro e a sinistra e quelle a destra.

L'opera venne collocata nella cappella della famiglia nella chiesa di San Francesco al Prato, dove si trovava già da qualche anno la Pala degli Oddi, sempre di Raffaello. Il successo della pala aprì le porte di Roma a Raffaello, che l'anno dopo venne chiamato da Giulio II.

Fino al 1608 la pala rimase nella chiesa, per essere segretamente portata a Roma con la compiacenza dei frati, su richiesta di Paolo V, il quale ne fece dono al nipote, il cardinale Scipione Borghese, che l'aveva ammirata durante i suoi studi universitari nel capoluogo umbro. Le proteste dei perugini non servirono ad altro che ad ottenere una copia di buona fattura del cavalier d'Arpino (oggi nel Palazzo dei Priori a Perugia). Di una seconda copia, eseguita dal Lanfranco, non si ha più traccia. La disputa sulla proprietà venne risolta dal Papa mediante l'emanazione di un breve apostolico, con cui dichiarava la tavola "cosa privata" del nipote.

La predella e le altre tavole della pala rimasero a Perugia. La prima in particolare venne sottratta dai francesi nel 1797. Nel 1816 si riuscì a farla ritornare in Italia al legittimo possessore, in questo caso il papa, quale capo della Chiesa, ma come molte altre opere umbre e marchigiane di pregio Pio VII decise di tenerle nella Pinacoteca vaticana piuttosto che rimandarle nei luoghi di origine.

Più complesso è il discorso sulla cimasa con l'Eterno benedicente: quella che si conserva nella Galleria nazionale dell'Umbria, fedele a un disegno preparatorio del Sanzio, non è affine al suo stile, venendo riferita a un aiuto del maestro (Domenico Alfani?), se non a un copista più tardo. Una copia antica, già a Lucca, di dimensioni pertinenti, venne scoperta da Camesasca ed è più conforme ai canoni dello stile di Raffaello/Perugino.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La pala è composta dai seguenti scomparti:

Possibile ricostruzione[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Milano, Rizzoli, 1975.
  • Paolo Franzese, Raffaello, Milano, Mondadori Arte, 2008, ISBN 978-88-370-6437-2.
  • (FR) Monique Lancel, Le Retable de Raphaël, in Théâtre des cinq continents, Parigi, L'Harmattan, 2015, ISBN 978-2-343-06530-4.

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