Naufragio del Potho

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Potho
Vista dall'alto dell'area del disastro.
Descrizione generale
TipoNave da carico
ArmatorePothos Shipping Co. - Beirut (N. J. Nomikos)
CantiereA.Vuijk & Zonen, Capelle (Paesi Bassi)
Varo1916
Destino finaleNaufragato tra il 14 e il 15 marzo 1962
Caratteristiche generali
Stazza lorda1.800 tsl
Portata lorda3.250 tpl
Lunghezza89,2 m
Larghezza12,25 m
Propulsionemotore a vapore a triplice espansione,
elica quadripala ( 4 m),
potenza indicativa 30.000 HP
Velocità(massima) 15 nodi
Capacità di carico3 stive da 60
Equipaggio21
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Naufragio del Potho
TipoNaufragio
Data14-15 marzo 1962
LuogoSirolo 43°32′53″N 13°37′40″E / 43.548056°N 13.627778°E43.548056; 13.627778
StatoBandiera dell'Italia Italia
Coordinate43°32′53″N 13°37′40″E / 43.548056°N 13.627778°E43.548056; 13.627778
Conseguenze
Morti4
Feriti1
Dispersi6
Sopravvissuti11

Il Potho era una nave da carico battente bandiera libanese. Nella notte fra il 14 e il 15 marzo 1962, durante una tempesta, transitando davanti al Monte Conero fu scagliata contro gli scogli delle Due Sorelle.

Il naufragio e il soccorso[modifica | modifica wikitesto]

Trascinato dalle correnti, il Potho si scontrò con i due faraglioni e si spezzò in due tronconi, di cui quello di prua arenatosi e l'altro affondato.

Il primo soccorso fu possibile solo grazie al guardiano della cava retrostante la spiaggia, Raimondo Barbadoro, che sebbene invalido andò a chiedere aiuto al fratello Cesare risalendo il monte Conero per l'unica via, l'impervio Passo del Lupo. I due, con l'aiuto di due nipoti, furono gli unici che nelle prime 24 ore diedero soccorso ai naufraghi, ostacolati tra l'altro dalla tempesta prima e poi da una straordinaria precipitazione nevosa. L'unica fortuna fu il rifugio[1] del guardiano della cava che con una stufa a carbone permise ai superstiti di asciugarsi e scaldarsi, e di mangiare qualcosa al riparo.

La mattina del 16 marzo giunsero finalmente i rinforzi, fino a quel momento bloccati dal maltempo. Erano in gran parte volontari, con vestiti, viveri e funi che permettessero ai naufraghi stremati di risalire in sicurezza il sentiero. Un ferito grave fu recuperato nel pomeriggio via mare.

Dei 21 uomini del Potho solo 11 furono tratti in salvo. Cesare Barbadoro fu insignito della medaglia di bronzo al valor civile.

Ricostruzione degli eventi[modifica | modifica wikitesto]

La vicenda è stata ricostruita in dettaglio dal protagonista nel 1996, in un testo curato dal sirolese Bruno Bambozzi[2], mentre il suo concittadino Amedeo Spadari si è occupato di raccogliere documentazione anche fotografica sull'incidente e sulla nave.[3]

Il relitto[modifica | modifica wikitesto]

Attualmente i pochi resti del relitto del Potho sono meta di turismo subacqueo, offrendo ormai rifugio alla fauna marina del luogo a meno di 14 metri di profondità. Sebbene lo scafo sia andato distrutto, tra i resti del fasciame sono ancora distinguibili parti delle caldaie, i verricelli, la grande elica e un albero.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ il rifugio è ancora presente, sebbene la cava sia dismessa.
  2. ^ Sito personale di Marcello Polacchini, sezione dedicata al Potho
  3. ^ Sito dedicato a Sirolo Archiviato il 31 dicembre 2013 in Internet Archive., di Amedeo Spadari, sezione dedicata al Potho

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bruno Bambozzi (a cura di), Naufragio del cargo Potho tra gli scogli delle "Due Sorelle", Sirolo, Comune di Sirolo, Circolo Pesca Sportiva Conero, Circolo Culturale Sirolese.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]