Mosca MB

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Mosca MB
Descrizione
Tipoaereo da ricognizione
Equipaggio2
ProgettistaFrancesco Mosca
CostruttoreBandiera della Russia Cantiere Aeronautico Moscovita Francesco Mosca
Data primo volo1915
Data entrata in servizio1916
Data ritiro dal servizio1918
Utilizzatore principaleBandiera della Russia IVVF
Esemplaricirca 11
Altre variantiMosca MB bis
Dimensioni e pesi
Lunghezza6,88 m
Apertura alare11,2 m
Superficie alare18,0 mq
Peso a vuoto400 kg[1]
Peso carico635 kg
Propulsione
Motoreun rotativo Gnome Oméga
Potenza50 hp (37 kW)
Prestazioni
Velocità max100 km/h
Velocità di salitaa 2 000 m in 20 min
Tangenza1 500 m[1]
Armamento
Mitragliatrici1 Lewis calibro 7,7 mm

i dati sono estratti da Francesco Mosca[2]

voci di aerei militari presenti su Wikipedia

Il Mosca MB (in russo Моска МБ?) fu un aereo da ricognizione, monomotore e monoplano, sviluppato dall'azienda russo imperiale "Cantiere Aeronautico Moscovita Francesco Mosca" negli anni dieci del XX secolo.

Storia del progetto[modifica | modifica wikitesto]

Trasferitosi in Russia nel corso del 1914, l'ingegnere Francesco Mosca lavorò dapprima per la Dux[2] e poi fondò il "Cantiere Aeronautico Moscovita Francesco Mosca",[3] situato nella capitale al civico 21 della Petrogradsky Chaussee.[3] Qui realizzò, in collaborazione con il progettista Bystritsky[N 1], due tipi di aereo, il ricognitore MB e il caccia MBbis.[3]

Il progetto del ricognitore MB destò subito[4] l'interesse della Direzione del Genio Militare russo, che in data 30 giugno 1915 ne ordinò un primo prototipo al costo di 15 000 rubli dell'epoca.[3] Il prototipo andò in volo per la prima volta nel luglio dello stesso anno, e il 29 ottobre seguì un primo ordine per la costruzione di ulteriori 10 esemplari di serie destinati all'uso come ricognitore, al costo di 90 000 rubli.[3]

Descrizione tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Il ricognitore MB era un monomotore, monoplano, biposto.[4] La configurazione alare monoplana, prevedeva un'ala alta, con le semiali direttamente collegate alla fusoliera tramite cerniere e spinotti che si potevano rimuovere con facilità al fine di consentire rapidamente il loro ripiegamento lungo i fianchi della fusoliera.[3] Tale tecnica permetteva di trasportare velocemente l'aereo,[3] tramite traino da un'autovettura, da un aeroporto all'altro utilizzando le normali strade.[4]

Il carrello d'atterraggio era un semplice biciclo anteriore fisso caratterizzato da ruote di grande diametro collegate tra loro da un assale rigido ed alla fusoliera da un castello tubolare, integrato posteriormente da un pattino d'appoggio collocato sotto la coda.[4]

La propulsione era basata su un motore rotativo Gnome Oméga a 7 cilindri raffreddati ad aria erogante la potenza di 50 hp (37,3 kW),[4] collocato all'interno di una cappottatura aerodinamica in alluminio al vertice anteriore della fusoliera ed abbinato ad un'elica bipala a passo fisso.[4]

Impiego operativo[modifica | modifica wikitesto]

Le consegne ai reparti iniziarono nel corso dei primi mesi del 1916,[4] e il loro esordio in combattimento[1] avvenne nella primavera[N 2] di quell'anno.[4] Il modello rimase in uso fino al 1918.[4]

Utilizzatori[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera della Russia Impero russo
Bandiera della RSFS Russa RSFS Russa

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Per tale ragione l'aereo è talvolta indicato con il nome "Mosca-Bytritsky", da cui la sigla "MB"
  2. ^ Il 26 maggio 1916 l'asso russo Ivan Orlov su un MB abbatté un aereo da ricognizione austro-ungarico Lloyd C.II.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mario Cobianchi, Pionieri dell'aviazione in Italia, Roma, Editoriale Aeronautico del Ministero dell'Aeronautica, 1943.
  • Luigi Mancini (a cura di), Grande Enciclopedia Aeronautica, Milano, Edizioni Aeronautica, 1936.
Periodici
  • Giuseppe Ciampaglia, Francesco Mosca, in Rivista Italiana Difesa, n. 4, Chiavari, Giornalistica Riviera Soc. Coop. a.r.l., aprile 1999, pp. 95-97.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]