Luigi Zamboni (militare)

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Luigi Zamboni
NascitaBologna, 14 luglio 1909
MorteMar Mediterraneo, 3 febbraio 1943
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Marina
Anni di servizio1929- 1943
GradoCapitano di corvetta
GuerreSeconda guerra mondiale
Comandante ditorpediniera Uragano
Decorazionivedi qui
Studi militariAccademia navale di Livorno
dati tratti da Le Medaglie d'oro al valor militare[1]
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Luigi Zamboni (Bologna, 14 luglio 1909Mar Mediterraneo, 3 febbraio 1943) è stato un militare italiano, che con il grado di Capitano di corvetta della Regia Marina fu comandante della torpediniera Uragano durante l'ultima missione eseguita dall'unità il 3 febbraio 1943. Decorato di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria, e con due Croci di guerra al valor militare.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Bologna il 14 luglio 1909, e frequentò l'Accademia navale di Livorno da cui uscì con il grado di guardiamarina nel 1929.[1] L'anno successivo conseguì la promozione a sottotenente di vascello, e dopo aver frequentato il Corso Superiore presso l'Accademia Navale, si imbarcò in successione sulla cannoniera Campania, sulla nave scuola Amerigo Vespucci e sul cacciatorpediniere Daniele Manin.

Promosso tenente di vascello il 15 luglio 1934,[2] si imbarcò poi dal 7 agosto 1935, sull'incrociatore leggero Muzio Attendolo in qualità di 1° Direttore del Tiro,[2] conservando tale incarico[N 1] per ben sette anni, anche dopo la sua promozione a capitano di corvetta. Nel settembre 1942[3] assunse il comando della torpediniera Uragano, appartenente alla 2ª Squadriglia torpediniere di scorta.[3] Al comando di questa nave svolse ben ventidue missioni di guerra, scortando convogli tra la Grecia e l'Africa settentrionale, e poi tra i porti italiani e la Tunisia.[3]

Il 3 febbraio 1943 salpò da Biserta per Napoli, come scorta, insieme al cacciatorpediniere Saetta ed alle torpediniere Sirio, Monsone e Clio alla nave cisterna Thorsheimer.[3] Alle ore 09.38 l'unità urtò di poppa una mina (posata dal posamine britannico Abdiel), ed affondò dopo circa quattro ore per i danni subiti.[4] Dal posto di comando egli impartì tutte le necessarie disposizioni per tentare di salvare la nave,[N 2] e quando dopo lunghe ore di estenuanti tentativi si accorse che non era più possibile salvare l'unità, diede ordine all'equipaggio di imbarcarsi sulle zattere di salvataggio.[4] Egli, insieme agli ufficiali del suo Stato maggiore che non vollero abbandonarlo, si inabissò insieme alla nave.[1] Per onorarne la memoria sua, e del comandante del cacciatorpediniere Saetta Enea Picchio, fu decretata la concessione della medaglia d'oro al valor militare.[4]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Valoroso comandante di torpediniera, già distintosi in precedenti azioni di guerra, eseguiva numerose scorte di convogli nazionali sulle ardue rotte del Canale di Sicilia aspramente contrastate dall'avversario, dimostrando sereno coraggio ed elevate doti di comando. Avuto ordine di riportare in Patria, a qualunque costo, una grossa petroliera, malgrado le avverse condizioni di mare, attraversava arditamente - quale unica via possibile - zona minata dal nemico compresa fra imponenti sbarramenti di mine nazionali. Colpita e gravemente danneggiata la sua unità da improvvisa esplosione di arma subacquea, rimasto in balia delle onde e sospinto dal vento e dalla corrente sui vicini sbarramenti, si prodigava serenamente fino all'estremo limite delle umane possibilità per mantenere la calma e la fiducia nei suoi uomini e per fronteggiare la gravissima situazione. Quando, dopo lunghe ore di lotta, non era più possibile contenere le vie d'acqua che minacciavano di sommergere l'unità, disponeva l'imbarco della gente sulle zattere di salvataggio mentre egli, unitamente ai suoi ufficiali che trascinati dal suo esempio non lo vollero abbandonare, rimaneva sulla sua Nave per dividerne la sorte. Nell'improvviso precipitare degli eventi si inabissava con il suo Stato Maggiore in quelle acque che aveva conosciuto il suo costante ardimento, lasciando fulgido esempio di eroica abnegazione e di sublime attaccamento al dovere ed alla nave posta al suo comando. Canale di Sicilia, 3 febbraio 1943
— Decreto Presidenziale 1 settembre 1949[5]
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«1° Direttore di tiro di un incrociatore, in lungo ed intenso periodo di attività bellica dava opera appassionata per la migliore efficienza dell'importante servizio a lui affidato, riuscendo di esempio e di sprone al personale dipendente. In occasione di scontri col nemico, e nel corso di numerose missioni dimostrava costante, grande serenità, fermo coraggio ed elevato spirito combattivo. Mediterraneo centrale, giugno 1940-giugno 1941
— Determinazione del 25 settembre 1942
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«1° Direttore di tiro di un incrociatore assolveva l'importante compito affidatogli con elevata capacità e perizia ottenendo con le sue doti organizzative e la solida preparazione professionale la costante efficienza del servizio artiglieria dimostrata in numerose azioni belliche alle quali partecipava con l'unità. Mediterraneo, giugno 1941 - aprile 1942
— Determinazione del 1 novembre 1942
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Durante il periodo trascorso a bordo del Muzio Attendolo fu decorato con due croci di guerra al valor militare.
  2. ^ Nel tentativo di aiutare la Uragano immobilizzata, il cacciatorpediniere Saetta si avvicinò, ma alle 9.48 urtò una mina che lo spezzò in due provocando il rapido affondamento dell'unità.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Alberini e Franco Prosperini, Uomini della Marina, 1861-1946, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, 2015, ISBN 978-8-89848-595-6.
  • Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare. La marina tra vittoria e sconfitta 1940-1943, Milano, A. Mondadori Editore, 2002, ISBN 978-88-04-50150-3.
  • Ufficio Storico della Marina Militare, Le Medaglie d'Oro al Valor Militare, Roma, Stato Maggiore della Marina Militare, 1992.
Periodici
  • Adolfo Zamboni, Quando i comandanti morivano in plancia, in Il Nastro Azzurro, n. 2, Roma, Istituto Nazionale del Nastro Azzurro, marzo-aprile 2012, pp. 18-20.