Lalla Essaydi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Lalla A. Essaydi (in arabo للا عبد الهادي الصعيدي?, Lallā ʿabd al-Hādī al-Ṣaʿīdī; Marrakech, 1956) è una fotografa marocchina naturalizzata statunitense, nota per i suoi scatti fotografici d’arte contemporanea che hanno come protagoniste, le donne arabe. Lavora a Boston, nel Massachusetts, e in Marocco, mentre vive a New York.

Infanzia ed educazione[modifica | modifica wikitesto]

Lalla Essaydi è nata a Marrakech, nel 1956. Abbandonò il liceo a Parigi, a soli 16 anni. Si sposò poco dopo essere tornata in Marocco e si trasferì in Arabia Saudita, dove ebbe due figli e divorziò. Essaydi tornò a Parigi, all’inizio degli anni Novanta, per frequentare l’École nationale supérieure des beaux-arts.[1] Nel 1996, si trasferì, invece, a Boston e nel 1999 si laureò alla Università Tufts, mentre, nel 2003, ottenne il MFA (Master of Fine Arts) in pittura e fotografia, alla Scuola del Museo e delle Belle Arti di Tufts, Boston.[2]

Carriera[modifica | modifica wikitesto]

Le serie fotografiche di Lalla Essaydi, includono: Converging Territories (2003–2004), Les Femmes du Maroc (2005–2006), Harem (2009), Harem Rivisitato (2012–2013), Bullets, e Bullets Rivisitato (2012–2013). I suoi lavori sono stati esposti in tutto il mondo, persino al Museo Nazionale d’Arte Africana,[3] e fanno parte di diverse collezioni, tra cui, quelle dell’Istituto d’Arte di Chicago; il Museo Fünf Kontinente (Monaco, Germania); Il Museo d’Arte di San Diego; il Museo delle Belle Arti dell'Università di Cornell;[4] Il Winter Park (Florida); il Fries Museum di Leeuwarden (Olanda); il Museo delle Belle Arti (Boston); e il Williams College Museo d’Arte (Williamstown, Massachusetts).[5] Fu al diciottesimo posto della classifica dei “Migliori 20 Artisti Contemporanei del Medio Oriente", nel 2012-2014. Nel 2015, il Museo d’Arte di San Diego allestì la mostra, Lalla Essaydi: Fotografie.[6]

Lavoro[modifica | modifica wikitesto]

Influenzata dalle sue esperienze di vita, in Marocco e Araba Saudita, Lalla Essaydi esplora i modi in cui il genere e il potere sono presenti nel corpo delle donne musulmane e gli spazi che occupano. Dichiarò che il suo lavoro è autobiografico[7] e che si ispira alle differenze di vita delle donne negli Stati Uniti, rispetto al Marocco, in termini di libertà e identità.[8] Esplora e studia un’ampia gamma di prospettive, tra cui la questione della diaspora, dell’identità e dei luoghi.[9] Osserva i modi di vedere la realtà, mettendo in discussione i pregiudizi e i limiti delle altre culture, sfidando l’arte orientale e coinvolgendo nel suo lavoro: tradizione, storia, arte e tecnologia. La Grande Odalisca della serie fotografica "Les Femmes du Maroc" (2008), per esempio cita il grande dipinto La Grande Odalisque (1814), del pittore francese Jean-Auguste-Dominique Ingres, sebbene la sua modella, nella foto, sia vestita.[10] Lei mostra anche la resistenza agli stereotipi, mantenuta dalle società occidentali e orientali.[11] L’ispirazione, per molti suoi lavori, viene dall’infanzia, nello spazio fisico dove lei, da giovane donna, era mandata, quando disobbediva agli ordini. Esce dallo spazio delle regole comportamentali consentite dalla cultura marocchina.[12]

Diversi elementi delle sue opere fotografiche combinano l’hennè, un colorante naturale usato, tradizionalmente, per decorare le mani e i piedi delle spose, con la calligrafia araba, utilizzata, al contrario, prevalentemente dalla popolazione maschile. Lalla Essaydi, quando applica l’hennè per aggiungere le parole in calligrafia araba al corpo dei soggetti femminili, queste, sono indecifrabili, ciò avviene per mettere in discussione l’autorità e il significato di esse. Secondo l’artista, “sebbene la calligrafia sia, di solito, associata al significato (in opposizione alla mera decorazione), nel mezzo visivo delle mie foto, il ‘velo’ dell’hennè, difatti, esalta l’espressività delle immagini. Così, allo stesso modo, l'arte maschile della calligrafia araba viene portata in un mondo di esperienza femminile, da cui è stata tradizionalmente esclusa".[8] Le donne raffigurate nelle sue mostre fotografiche, Les Femmes du Maroc, sono rappresentate come decorate ma limitate dall’arte dell’hennè.[13] Essaydi pone, così, i suoi soggetti, in un modo che esemplifica la visione della società sulla donna, come una persona destinata, principalmente, alla mera bellezza. L’hennè, tuttavia, è un elemento estremamente simbolico, soprattutto, per le donne marocchine. Il suo uso si associa alle celebrazioni familiari orientali della giovane donna, che raggiunge la pubertà e si trasforma in una donna adulta. Inoltre, l’utilizzo dell’hennè, nelle opere di Lalla Essaydi, è in grado di creare un’atmosfera silenziosa, in cui le donne si sentono a loro agio, nel parlare tra di loro. Si tratta, in primo luogo, di un processo pittorico, dove le donne scoraggiate dal trovare lavoro fuori le mura di casa, trovano un impegno redditizio, nell’applicazione di questo materiale, simile al tatuaggio. Oltre a realizzare opere di grande impatto sociale, intorno all’arte dell’hennè, Lalla Essaydi include, nel suo lavoro, anche interpretazioni di elementi tradizionali marocchini, tra cui le pieghe drappeggiate dei vestiti che adornano il corpo femminile, il mosaico e l’architettura islamica.[13] La serie fotografica, Les Femmes du Moroc, si interroga sulle strutture sociali contemporanee e mette in risalto la storia che ha contribuito a formare delle rappresentazioni dell’identità femminile araba. Les Femmes du Moroc è una delle sue tre principali mostre fotografiche ed è ispirata all’arte europea e americana orientalista, del XIX secolo. Tuttavia, Essaydi prende spunto dai dipinti orientalisti, incorporando un nuovo soggetto e stile, derivato dalla sua personale storia e dalla sue esperienze, nel tentativo di emancipare le donne arabe e dimostrare una tradizione, rimasta incompresa dal pubblico occidentale. Il titolo delle serie fotografiche è un rifacimento di un dipinto dell’artista romantico francese Artist Eugène Delacroix.[14] Pertanto, ogni foto della serie è influenzata dall’arte orientalista che viene, poi, riadattata.

Premi[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2012, vince il Medal Award, dalla SMFA (The School of the Museum of Fine Arts) di Boston.[8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ DeNeen Brown, Sfidare le fantasie dell'harem, Washington Post, 6 maggio 2012. URL consultato l'8 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
  2. ^ Lalla Essaydi, su Feminist Art Base, Brooklyn Museum. URL consultato il 21 febbraio 2015.
  3. ^ Imani M. Cheers, Domande e risposte: Lalla Essaydi sfida la religione musulmana e gli stereotipi di genere al Museum of African Art, su pbs.org, PBS NewsHour, 9 maggio 2012.
  4. ^ La Collezione d'Arte Contemporanea Alfond, al Rollins College, su rollins.edu. URL consultato il 9 marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 18 marzo 2015).
  5. ^ edited by Abigail Ross Goodman, Arte per il Rollins College: la Collezione d'Arte Contemporanea, Winter Park, Fla., Cornell Fine Arts Museum, 2013, ISBN 978-0-9792280-2-5.
  6. ^ Ehsan Ehsani e Hossein Rokhsari, I Titani del Medio Oriente: La Top 20 dei migliori artisti contemporanei mediorientali del 2012-2014, su Charchub. URL consultato il 7 febbraio 2015 (archiviato dall'url originale il 31 maggio 2016).
  7. ^ Lalla Essaydi parla della scena artistica di Boston, su bostonglobe.com. URL consultato il 9 marzo 2015.
  8. ^ a b c Nassar, Nelida, Lalla Essaydi è la vincitrice del premio SMFA 2012; aiuta a smantellare i pregiudizi degli orientalisti occidentali, in Berkshire Fine Arts, 31 maggio 2012. URL consultato il 9 marzo 2015.
  9. ^ Nadine Monem (a cura di), L'Arte contemporanea nel Medio Oriente, Artworld, London, Black Dog Publishing, 2009, p. 78, ISBN 978-1-906155-56-8.
  10. ^ (EN) Lalla Essaydi, su ocula.com, 5 marzo 2019. URL consultato il 5 marzo 2019.
  11. ^ (EN) Anna Rocca, Alla ricerca della bellezza nello spazio: Intervista a Lalla Essaydi, in Dalhousie French Studies, vol. 103, Donne del Maghreb: Guardare indietro ma andare avanti, Autunno 2014, pp. 119-127, JSTOR 43487469.
  12. ^ (EN) Ray Waterhouse, Lalla Essaydi: Un'intervista, vol. 24, n. 1, Nka: Journal of Contemporary African Art, 2009, pp. 144-149, ISSN 2152-7792 (WC · ACNP).
  13. ^ a b Lalla Essaydi, Territori convergenti, New York, PowerHouse Books, 2005, pp. 26-29, ISBN 978-1-57687-256-7.
  14. ^ Lalla Essaydi, Attraversare i confini imposti dalla cultura, Courbevoie: ACR, 2015.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN31389657 · ISNI (EN0000 0000 4067 8351 · ULAN (EN500355941 · LCCN (ENn2004062428 · BNF (FRcb16956279v (data) · J9U (ENHE987007380108205171 · WorldCat Identities (ENlccn-n2004062428