Haplobunodon

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Haplobunodon
Scheletro di Haplobunodon cf. muelleri
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Sottoclasse Theria
Infraclasse Eutheria
Ordine Artiodactyla
Famiglia Choeropotamidae
Genere Haplobunodon

L'aplobunodonte (gen. Haplobunodon) è un mammifero artiodattilo estinto, appartenente ai cheropotamidi. Visse tra l'Eocene medio e l'Eocene superiore (circa 40 - 34 milioni di anni fa) e i suoi resti fossili sono stati ritrovati in Europa.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Questo piccolo erbivoro era della taglia di un odierno tragulo e l'aspetto era forse simile a quest'ultimo, ma possedeva zampe più corte e una lunga coda. Haplobunodon era caratterizzato dalla presenza di bolle timpaniche (strutture che proteggono le ossa dell'orecchio) non ossificate, e da coane che si aprivano all'altezza del terzo molare superiore. La mandibola era dotata di un ramo orizzontale piuttosto basso, che cresceva in spessore nella zona tra il primo premolare e il terzo molare, e di un'apofisi angolare ben evidente. I molari erano brachidonti (a corona bassa) e bunodonti, simili a quelli degli antracoteriidi, ma dalla struttura più semplice. I molari inferiori, tuttavia, richiamavano anche quelli di Dichobune. I premolari inferiori erano corti; il quarto premolare inferiore era massiccio e dalla struttura aberrante, a causa del robusto denticolo interno di fronte alla punta principale. I primi premolari erano assenti, ed erano presenti lunghi diastemi.

Classificazione[modifica | modifica wikitesto]

Haplobunodon è il genere eponimo degli aplobunodontidi (Haplobunodontidae), un gruppo di artiodattili primitivi tipici dell'Eocene, spesso inclusi nei cheropotamidi. Inizialmente venne considerato un rappresentante arcaico della famiglia degli antracoteriidi.

Il genere Haplobunodon venne istituito da Deperet nel 1908; la specie tipo è Haplobunodon lydekkeri, nota per un cranio con mandibola rinvenuto nell'Isola di Wight (Inghilterra) e risalente all'Eocene superiore. Altre specie attribuite a questo genere sono H. venatorum (i cui fossili sono stati ritrovati nella zona di Creechbarrow, sempre in Inghilterra), H. meridionale (St. Maximin, Francia) e H. solodurense, dell'Eocene medio, rinvenuta nei pressi di Egerkingen in Svizzera e considerata ancestrale alle altre. La specie H. muelleri, anch'essa ritrovata a Egerkingen, è stata in seguito considerata più vicina ai generi Lophiobunodon e Tapirulus (Hooker e Thomas, 2001), così come la specie H. ruetimeyeri di Mormont (Francia) è stata in seguito ascritta al genere Amphirhagatherium (Erfurt e Metais, 2007). Esemplari completi, rinvenuti nella zona di Geiseltal in Germania e denominati H. cf. muelleri, sono stati avvicinati a H. lydekkeri, benché considerati più arcaici (Erfurt e Metais, 2007).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • C. Deperet. 1908. L'histoire geologique et la phylogenie des anthracotheriides. Comptes Rendus Hebdomadaire des Seances de l'Academie des Sciences, Paris, 146, 158-162.
  • H. G. Stehlin. 1908. Die Saugethiere des Schweizerischen Eocaens, Critischer Catalog der Materialien. 5. Choeropotamus - Cebochoerus - Choeromorus - Haplobunodon - Rhagatherium - Mixotherium. Abhandlungen Schweizerischen Palaeontologischen Gesellschaft, 35, 691-837, pls 13-14.
  • J. J. Hooker. 1986. Mammals from the Bartonian (middle/late Eocene) of the Hampshire Basin, southern England. Bulletin of the British Museum (Natural History) 39(4):191-478
  • J. J. Hooker and K. M. Thomas. 2001. A New Species of Amphirhagatherium (Choeropotamidae, Artiodactyla, Mammalia) from the Late Eocene Headon Hill Formation of Southern England and Phylogeny of Endemic European 'anthracotherioids'. Palaeontology. 44 (5): 827. doi:10.1111/1475-4983.00203.
  • J. Erfurt and G. Metais. 2007. Endemic European Paleogene artiodactyls. In D. R. Prothero, S. E. Foss (eds.), Evolution of Artiodactyls 59-84

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]