Discussioni utente:Puxanto/Sandbox/mores(antica roma)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Parlare prima con me per toccare questo testo di prova : Chi tocca senza permesso lo lincio

Il termine mos (plurale mores, più utilizzato, che tradotto letteralmente significa costumi, in alcune opere specialmente retoriche e storiche nominati come mos maiorum che significa costumi dei padri) identifica l'uso e costume di Roma antica e il nucleo della tradizione romana [1].I mores già presenti nel periodo protostorico delle tribu stanziate nel territorio laziale e vicini erano un codice non scritto (non si trovano ne atti normativi ne elenchi)[2] da cui i romani derivavano norme sociali che dovevavano essere rispettate dall'intera comunità. Questi venivano conosciuti dalla stessa comunità tramite le rivelazioni del rex e del pontefice[3]. I mores maiorum regolavano alcuni aspetti della vita quotidiana in età romana, questi costumi tradizionali erano seguiti soprattutto poichè investiti della virtù del auctoritas maiorum ( "prestigio o il rispetto degli antenati") dal quale deriva la maggior parte del comportamento dei romani. Questi erano distinti dalle leggi che venivano registrate per iscritto (in età repubblicana e imperiale). I mores nella storia di Roma furono parte fondamentale nei primi tre secoli[4], parte di essi furono tradotti anche in leges regiae poi alcune tradotte nel 450 a.C. circa nelle XII tavole. Vigenti anche nel periodo repubblicano già nello stesso periodo e soprattutto nell'imperiale vengono meno come norme vigenti ma allo stesso tempo vengono identificati come valori ben precisi che la comunità prenderà ad esempio. Questa è la definizione che ci dà Festo:

(LA)

«Mos est institutum patrium, id est memoria veterum pertinens maxime ad religiones caerimoniasque antiquorum.»

(IT)

«Costume e usanza dei padri, ossia memoria degli antichi relativa soprattutto a riti e cerimonie dell'antichità.»

I mores maiorum, espressione che identifica i mores più antichi, sono derivati dai costumi delle tribù che si unirono e formarono Roma. In questa prima fase erano solo i mores maiorum a identificarsi col diritto romano, e costituivano il modo in cui gli appartenenti alla comunità dovevano comportarsi: questi modelli di comportamento derivavano da secoli di usanze precedenti dei pagi. Se all'inizio si basavano sul comportamento delle gentes e delle familiae del periodo precivico, poi essi furono man mano raccolti dai sacerdoti che li tennero vivi tramandandoli oralmente. Alcuni studiosi [6] però ritengono che questi furono anche scritti da qualche. Infatti nel decemvirato del 451-450 a.C. fu redatta la legge delle XII Tavole che secondo i frammenti pervenutici risulta troppo elaborata per essere stata fatta in soli due anni partendo da semplici leggi non scritte (i mores) ricordati a memoria dai sacerdoti (anche se probabilmente parte di esse desunti dalle leges regiae che hanno fatto da memoria per i mores). L'interpretatio delle XII Tavole era affidata ancora ai pontefici. Anche se costituita di leggi rivelate l'interpretatio dei sacerdoti non avendo questi la preparazione tecnico-giurisprudenziale non si pùo parlare di vero è proprio dirito ma di interpretatio di massime dei mores. Solo con i giuristi laici e con la loro l'interpretatio prudentium cominceranno a creare vero e proprio diritto (dalla cui opera scaturiranno il Ius civile, ius gentium, ius praetorium). I mores anche in questo periodo saranno comunque vigenti, almeno prima del formarsi del ius civile, negli ambiti che le XII Tavole non toccavano. I mores però si esauriranno e nel mondo romano resterà una tavola di valori che verrà presa di esempio nel periodo repubblicano e nell'imperiale.

legislazione e esecuzione[modifica wikitesto]

legislazione[modifica wikitesto]

Dal periodo protostorico e precivico alle rivelazioni del rex[modifica wikitesto]

In un primo momento i mores non dovettero avere una legislazione ma nella Roma precivica dovevano essere semplicemente azioni che la comunità effettuava normalmente. Nell'VIII secolo a.C. (probabilmente anche prima) i sacerdoti cominciarono a raccogliere tramite forma orale (anche se alcuni studiosi sostengono che probablmente fossero scritte in tavolette da cui nacque la legge delle XII tavole) questi usi tenendoli segreti. In questo periodo erano gli unici detentori delle conoscenze giuridiche, il loro compito era di rivelare questi usi al soggetto che li richiedesse, sempre segretamente, ma non si limitavano a rivelarli ma a interpretarli come ritennero più consono e è questa interpretazione (vedi interpretatio)che veniva rivelata al richiedente. In pratica dicevano come il soggetto, che richiedeva il loro aiuto, doveva comportarsi correttamente per conseguire il proprio interesse o come difendersi correttamente da un diritto altrui: poichè nel diritto di quel epoca c'era un forte formalismo e si dovevano rispettare certi gesti e parole se no non risultava valido il negozio che si voleva porre in essere o far valere un proprio diritto. Nell'età regia il compito di rivelazione era affidato al rex e al Pontifex Maximus sia insieme che separatamente.

Età regia:I mores e il bisogno di un diritto certo, i mores e le leges regiae[modifica wikitesto]

A un certo punto però i mores non furono più sufficenti in quanto il popolo romano richiedeva un diritto più sicuro e non incerto come i mores come attesta l'Enchiridion di Pomponio:

(LA)

«Iniquae initio civitatis nostrae populus sine lege certa, sine iure certo primum agere instituit:omniaque manu a regibus gubernabantur

(IT)

«e certamente il popolo all’inizio della nostra città (Roma) decise di agire senza legge stabile, senza diritto stabile: tutto era governato dai re con il loro potere.»

poi più avanti ci parla di leggi regie emanate dai re della tradizione:

(LA)

«Et ita lege quasdam et ipse curiatas ad populum tulit:tulerunt et sequentes reges. Quae omnes conscriptae ex stant in libro Sexti Papirii, qui fuit illis temporibus, quibus Superbus Demarati Corinthii filius ex principalibus viris.»

(IT)

«Così egli (Romolo) propose al popolo alcune leggi curiate (ovvero le leges regie secondo gli studiosi): altre ne proposero i re successivi. Tutte queste leggi si trovano scritte insieme nel libro di Sesto Papirio, che visse nella stessa epoca in cui visse il superbo figlio di Demarato di Corinto, (per citare uno) fra gli uomini più illustri.»

Siccome nell'età regia poteva rivelare i mores interpretati anche il rex sicuramente era a conoscenza dei mores, dall'altra anche il Pontifex Maximus contribuiva all'emanazione delle leges regiae alcuni studiosi ritengono che alcune di queste siano in realtà mores resi in atto normativo regio o almeno in parte, di conseguenza anche questo sarebbe da ritenere un sistema di emanazione di mores (se pur indiretto).

Lo stesso argomento in dettaglio: Lex regia e Rex (Roma antica).

Dalla fine dell'età regia a prima dell'emanazione delle XII Tavole[modifica wikitesto]

Con la cacciata dei Tarquini si conclude l'età regia e l'unico diritto ritorna a essere le rivelazioni e l'interpretazione dei soli Pontefici dei mores. Però in questo periodo che durerà circa 50 anni la plebe comincia già più a sospettare che i Pontefici interpretino solo per i loro gusti a discapito degli stessi plebei.

Emanazione delle XII Tavole e conseguente interpretazione pontificale[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: XII Tavole e Interpretatio.

Nella prima metà del V secolo a.C. la plebe ormai sospettava che le interpretazioni del Pontefice Massimo fossero a favore dei Patrizi e a danno dei plebei finò a cui si giunse al punto di rottura. Alcune fonti ci raccontano tra cui Livio e Dionigi d'Alicarnasso che a partire dal 462 a.C. si creò un movimento plebeo il cui fine era un regolamento scritto che ottennero circa nel 450 a.C. grazie a un decemvirato legislativo durato due anni che aveva il compito di elaborare in massime il diritto esistente fino a ora perciò soprattutto di mores (secondo alcuni studiosi anche tramite leges regiae che hanno fatto da memorizzazioni dei mores). Poi siccome queste non erano di facile lettura la loro interpretatio era comunque lasciata ai Pontefici tenuta ancora segreta perciò da ritenere sempre rientrante come interpretatio di mores almeno sino a quando Tiberio Coruncanio non la renderà pubblica e comincerà un interpretazione laica creando vero e proprio diritto ovvero la creazione del Ius Civile. D'altra parte però le XII Tavole erano un'opera che non poteva riguardare e non riguardava tutti i rami del diritto perciò dove non arrivavano le XII Tavole venivano utilizzati e rivelati i mores[9]

Sanzionamento[modifica wikitesto]

La non osservanza dei mores da parte di un soggetto prevedeva diverse conseguenze. Nel periodo precivico e antico era la stessa comunità che garantiva l'osservanza di riti o per caso se un soggetto (pater familias) doveva chiedere il tributo a un altro soggetto che avessa commesso un danno al primo, il pater familias richiedente del tributo era messo in grado di ottenerlo nei confronti del colpevole dalla stessa comunità (per es. il colpevole di un delitto non poteva porre resistenza per opporsi all'eventuale pena poichè la stessa comunità gli impediva di agire). Siccome i mores venivano definite come espressione corretta di vedere la vita secondo gli antichi si deve ritenere possibile che per i mores soprattutto quelli investiti di una maggior auctoritas dovesse esserci una conseguenza simile all'infamia ,l'ignominia o anche pene capitali da parte del soggetto che non rispettasse questi mores. Se invece il mores riguardava il poter utilizzare un diritto o porre in essere un negozio questo non era considerato valido (anche se c'era un semplice errore di gesti o parole, per es. Gaio ci dice che un soggetto che diceva vites invece di arbores come era previsto anche questo semplice errore recava nullità al negozio). Se per esempio il mores riguardava determinate azioni criminali tipo un delitto o l'adulterio il soggetto in questione nella maggior parte dei casi andava incontro a pena di tipo religioso-pagano esempio era l'essere messo a sacrificio di una divinità, il supplicium more maiorum, o la poena cullei. Anche per esempio attirare il malocchio su qualcuno se in un primo tempo non veniva sanzionato, di sicuro nel periodo delle XII tavole si riccorreva a pesanti sanzioni.

I soggetti che potevano utilizzare i mores[modifica wikitesto]

Non tutti le persone potevano essere titolari di situazioni giuridiche soggettive soprattutto nell'età più antica di Roma dove un diritto poteva essere fatto valere solo da un soggetto libero (non schiavo), sui iuris e che avesse la cittadinanza romana cioè nella maggior parte dei casi i pater familias.

Cosa rappresentano i mores nei vari periodi della società romana[modifica wikitesto]

Periodo precivico, antico, repubblicano prima dell'emanazione delle XII Tavole[modifica wikitesto]

Nel periodo precivico antico e in parte in quello repubblicano i mores rappresentavano gli usi dell'intera collettività o per meglio dire come essa concepiva il dover vivere ovvero rispettando questi usi che i padri (gli avi) avevano utilizzato a suo tempo e che i pontefici avevano memorizzato. Proprio la loro antichità attribuiva maggior auctoritas a questi costumi e per questo veniva visto come il modo migliore di interpretare la vita. In un primo periodo costituiscono una tavola di regolamenti non scritti che possiamo definire simile a una costituzione romana non scritta derivante da secoli di usanze ritenute protetrici delle forze dell'occulto e consoni al volere delle forze soprannaturali e degli dei.

Quali sono i mores in questo periodo[modifica wikitesto]

Tra i mores identificabili di questo periodo si possono nominare quelli volti a regolare la legis actio sacramentum in rem (forse anche in personam) ma soprattutto identificabili con l'istituto della traditio, come veniva percepito a quei tempi. L'istituto del matrimonio previsto con confarreatio e molti riti di tipo religioso come i Lupercalia o gli auguri con i loro Auspici

Dall'emanazione delle XII Tavole al ius civile[modifica wikitesto]

In questo periodo i mores concepiti ancora come costumi degli avi venivano seguiti nelle materie dove non potevano arrivare le XII Tavole e il Ius Civile in particolare oltre al ius gentium e al ius honorarium. In questo caso però i mores vengono visti perciò a livello di consuetudini utilizzati in ambiti dove non vigesse il diritto anche se rimarranno comunque sempre più carichi della loro auctoritas e con le consuete caratteristiche magico-religiose-formaliche. D'altra parte c'è lo sviluppo delle consuetuedini dove nemmeno i mores erano vigenti.

bassa repubblica e età imperiale[modifica wikitesto]

In questo periodo i mores non vengono più utilizzati come costumi da seguire ormai completamente o quasi sostituiti dalle varie lex (lex data, lex rogata, plebiscita, costituzioni imperiali, senatoconsulti appartenenti al ius civile e gli editti dei magistrati appartenenti al ius honorarium). In questo frangente i mores assumono una caratteristica di ideologia, soprattutto nell'età imperiale, cioè rappresentano in senso ampio non più dei singoli costumi da seguire ma vengono visti nel loro complesso come rappresentanti di virtù che si devono avere per far del bene alla comunità romana. Questa ideologia sarà sconfessata da alcuni come Cicerone o Catone il censore che vedono nei mores qualcosa di troppo rigido e superato non più appliabile nella loro realtà più duttile (si pensi appunto alla malleabilità e applicabilità più ampia del ius gentium e del ius pretorium rispetto alla rigidezza del periodo antico). Gli imperatori (come Aurelio) d'altra parte utilizzeranno i mores come strumento propagandistico per esaltare al massimo delle specifiche virtù che saranno la base dei valori romani in questa età. A questo proposito si affermava che il fondamento dei mores maiorum fosse basato su cinque virtù fondamentali appunto:

  1. Fides:la fedeltà, la lealtà, la fede, la fiducia e reciprocità tra i cittadini
  2. Pietas: la pietà, la devozione, il patriottismo, il dazio;
  3. Majestas: sensazione di superiorità di appartenenza a un popolo eletto, Majestys
  4. Virtus:qualità peculiari dei cittadini romani, il coraggio, l'attività politica e militare
  5. Gravitas: tutte le regole di condotta del romano tradizionale rispetto per la tradizione, la serietà, la dignità, l'autorità;



Ma come vedremo in dettaglio dai mores scaturirono plurimi valori.

I mores e i loro valori[modifica wikitesto]

La differenza tra mos e consuetudo[modifica wikitesto]

Negli studi sul diritto romano fino al XX secolo, generalmente i termini mos e consuetudo vengono considerati sinonimi, e in realtà anche alcune fonti di epoca romana si comportano allo stesso modo. Recentemente però gli storici, sulla traccia di altre fonti, tendono a non associare i due termini insieme e a individuare invece una differenza, lieve ma non del tutto trascurabile. I mores infatti sono usi e costumi (e per certi versi anche consuetudini) conseguiti per ottenere il bene dell'intera comunità e caratterizzati prima da elementi magico-pagani poi dall'intervento sacerdotale: i sacerdoti, con le rivelazioni dei mores, conferirono a questi il classico carattere giuridico-religioso. Le consuetudines invece sono usi e costumi che il popolo segue passivamente come abitudine non caratterizzate da nessun intervento di memorizzazione sacerdotale: si tratta di atteggiamenti non derivanti da usi antichi ma di più recente fattura. Nell'epoca di Costantino le consuetudines non possono andare contro la ratio (i principi fissati dai giuristi), cosa che invece possono fare le leggi; nel periodo giustinianeo invece possono andare contro la ratio, come le leggi, ma non possono abrogare queste ultime se in contrasto.

  1. ^ Mos Maiorum," Brill Online
  2. ^ vedi Istituzioni di diritto romano pag. 29
  3. ^ vedi Istituzioni di diritto romano-sintesi pag.32
  4. ^ vedi Istuzioni di diritto romano-sintesi pag. 32
  5. ^ Fest. 146 traduzione in Istituzioni di diritto romano pag 29.
  6. ^ Lineamenti di storia del diritto romano pag 19-25(da controllare)
  7. ^ Enchiridion, Paragrafo 1 riga 3
  8. ^ Enchiridion, Paragrafo 2 riga 10
  9. ^ Istituzioni di diritto romano pgg 32-33

Collegamenti esterni[modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica wikitesto]

  • Adkins, L. and Adkins, R. Dictionary of Roman Religion. New York: Oxford University Press, 2000.
  • Berger, Adolph. Encyclopedic Dictionary of Roman Law. Philadelphia: The American Philosophical Society, 1991.
  • Brill’s New Pauly. Antiquity volumes edited by: Huber Cancik and Helmuth Schneider. Brill, 2008 Brill Online.
  • Oxford Classical Dictionary. 3rd Revised Ed. New York: Oxford University Press, 2003.
  • Stambaugh, John E. The Ancient Roman City. Baltimore: The Johns Hopkins University Press, 1988.
  • Ward, A., Heichelheim, F., Yeo, C. A History of the Roman People. 4th Ed. New Jersey: Prentice Hall, 2003.
  • Sesto Pomponio, Pomponii de origine juris fragmentum, recogn. et adnotatione critica instruxit F. Osannus, 1848, ISBN.
  • Riccardo Orestano, I fatti di normazione nell'esperienza romana arcaica, Torino, 1967, pp. 280 p, ISBN.
  • Talamanca Mario, Istituzioni di diritto romano, Giuffré, 1989, ISBN.
  • De Francisci, Primordia civitatis, ISBN.

Fonti primarie[modifica wikitesto]

Catone il Censore: quello pervenuto del de moribus tramite gellio: Praeterea ex eodem libro Catonis haec etiam sparsim et intercise commeminimus: "Vestiri" inquit "in foro honeste mos erat, domi quod satis erat. Equos carius quam coquos emebant. Poeticae artis honos non erat. Si quis in ea re studebat aut sese ad convivia adplicabat, "crassator" vocabatur".

6. Illa quoque ex eodem libro praeclarae veritatis sententia est: "Nam vita" inquit "humana prope uti ferrum est. Si exerceas, conteritur; si non exerceas, tamen robigo interficit. Item homines exercendo videmus conteri; si nihil exerceas, inertia atque torpedo plus detrimenti facit quam exercitio".

Parti iniziali di: Istituzioni di Gaio De Origine iuris fragmentum di Pomponio

Di Cicerone: Antologia De Officis Cato maior del senectute Laelius de Amicitia

Autori in forse: Panerio Plauto Terenzio Opere e Autori in forse: Retorica ad Herennium Oratoria di Quintilliano

Parte non compresa nella voce a cui devo fare taglia e cuci[modifica wikitesto]

Nei primi secoli dalla nascita di Roma fondamento del diritto romano (ius) fu considerata la tradizione. Da principio non vi erano leggi scritte, ma soltanto una coscienza collettiva e ogni ramo della vita quotidiana era regolato da una prassi universalmente accettata, secondo le usanze degli antenati. Il mos maiorum, che letteralmente significa "costumi e tradizioni degli antichi" era quell’insieme di norme di origine consuetudinaria, che venivano generalmente osservate dal popolo in virtù della loro derivazione da antiche tradizioni, talmente remote che non si conosce l’origine.

Il diritto consuetudinario può avere due forme: mos e ius. Il mos non serve ad esprimere la realtà giuridica, bensì la conformità di un comportamento ad una tradizione. Lo ius invece, secondo i galli, indicava il diritto e si intendeva qualcosa di autoritario e formale. Tuttavia alla legge si ricorreva solo eccezionalmente ed essa era considerata un mezzo per intervenire sulle tradizioni e cambiarle quando queste si rivelavano inique, dannose o inadeguate alle nuove esigenze della collettività. Il mos maiorum costituiva gli elementi fondamentali del sistema giuridico romano arcaico, almeno fino all’emanazione delle leggi delle dodici tavole. Era considerato un patrimonio di valori e di tradizioni che costituiva il fondamento della loro cultura e della loro civiltà, la base dello stato romano.

Essere fedeli al mos maiorum significava riconoscersi membri di uno stesso popolo, avvertire i vincoli di continuità col proprio passato e col proprio futuro, sentirsi parte di un tutto. I costumi e le usanze rendevano pienamente cives il romano che le seguiva con rispetto ed erano simbolo di integrità morale e fierezza dell’essere cittadino romano. Il concetto prioritario fu la particolare concezione dello Stato, inteso non come una società creata per dare benessere ai singoli cittadini, ma un patrimonio ideale e materiale che apparteneva a tutti: la res publica.

Il bene comune era più importante del bene individuale ed ogni cittadino si sentiva in dovere di contribuire personalmente alla grandezza della res publica, assolvendo ad un preciso dovere morale. Cardine fondamentale di questo sistema di valori è infatti l’assoluta preminenza dello Stato, della collettività sul singolo cittadino: questa è l’ottica dalla quale va esaminato qualunque valore e comportamento. Così, ad esempio, non era tanto il coraggio in sè ad essere apprezzato, ma il coraggio che veniva dimostrato nell’interesse e per la salvezza dello Stato. I mores riguardavano essenzialmente la fedeltà allo Stato e ai suoi principi, l’attaccamento alle tradizioni religiose e culturali, il raggiungimento delle virtù civili e personali.

Ad esempio erano considerate virtù:

  • abstinentia: disinteresse, onestà, integrità morale. Designa l’atteggiamento disinteressato, specialmente dell’amministratore nei confronti della cosa pubblica
  • consilium: saggezza, ponderazione, capacità di deliberare. La parola, ricca di implicazioni, appare come uno dei valori della più antica latinità, e indica la riflessione condotta con calma e in piena indipendenza di giudizio.
  • constantia: fermezza, costanza, tenacia, forza d’animo, coerenza. La parola in sè designa la salda perseveranza, la stabilità di un comportamento e di una virtù etico-politica tipicamente romana.
  • disciplina: disciplina, educazione, formazione civile e militare del cittadino. Disciplina è per il romano fondamento indispensabile dello Stato, che si mostra con rigidezza militare in tutti i campi della vita.
  • exemplum: esempio, modello.E’ il valore costituito da un’azione gloriosa compiuta da un antenato, che si ha il dovere di imitare e moltiplicare.
  • fides: lealtà, affidabilità. E’ un concetto complesso, che riassume l’essenza della moralità romana.
  • fortitudo: fortezza, coraggio, valore. Era la prima virtù dell’antica Roma .
  • gravitas:maestà, serietà.
  • industria: attività, operosità. Il termine designa il valore che spinge l’uomo politico alla zelante collaborazione nell’ambito dello Stato.
  • nobilitas: rappresenta in senso astratto l’aspirazione ad essere degni delle virtù degli antenati.
  • pietas: è con la virtus militaris uno dei valori fondamentali della romanità. E’ il rispetto per gli obblighi e i doveri che ci legano agli altri, per esempio alla patria, ai genitori, agli amici.

Sono a tal proposito illuminanti le parole dell’imperatore Marco Aurelio:

«Pensa in ogni momento che sei un romano ed un uomo e che devi eseguire ciò che hai tra le mani con dignità coscienziosa e sincera, con benevolenza e libertà e giustizia.»

Traspaiono qui gli antichi ideali romani della virtus, della gravitas e della iustitia. Marco Aurelio sentiva il dovere di mettere tutte le sue energie al servizio del tutto, di subordinare ogni suo sentimento ed azione all’interesse del tutto.

Ma nei secoli, con l’espansione territoriale, la struttura delle relazioni sociali e della cultura romana subirono profondi sconvolgimenti: il contatto con la civiltà greca generò nel popolo romano un cambiamento. Da una parte si desiderava rinnovare i costumi rurali romani (mos maiorum) introducendo usanze e conoscenze provenienti dall’Oriente (si pensi alla filosofia, alla scienza), ma questo generò anche una decadenza dei valori morali, testimoniata dalla diffusione di costumi moralmente discutibili persino oggi.

Questo provocò una forte resistenza da parte degli ambienti più conservatori, che si scagliarono contro le culture extra-romane, accusate di corruzione dei costumi, di indecenza, di immoralità e di sacrilegio. Catone il Censore lottò accanitamente contro l’ellenizzazione del modo di vivere romano , a favore del ripristino del più antico mos maiorum, che aveva permesso al popolo romano di rimanere unito di fronte alle avversità, di sconfiggere ogni sorta di nemico. Aveva paura che la cultura greca divenisse portatrice di valori che minassero le basi sociali e l’assetto raggiunto dalla repubblica. La morale tradizionale era necessaria per mantenere immutata la repubblica. Con il passare dei secoli e con l’influenza delle usanze di nuove popolazioni, le tradizioni del mos maiorum si dispersero a favore della nuova cultura cristiana e delle esotiche usanze ellenistico-orientali.

sviluppo e evoluzione[modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica wikitesto]

Versione voce inglese[modifica wikitesto]

Mos Maiorum, literally translated as the “custom of the fathers/ancestors,” is the core concept of Roman traditionalism[1]. The mos maiorum (pl. mores maiorum), was an unwritten code from which the Romans derived their societal norms. These customs were distinct from the laws that would be recorded in writing. Because positive law regulated few aspects in Roman daily life, traditional customs, by virtue of the auctoritas maiorum (“prestige or respect of the ancestors”), shaped most of Roman behavior.

Sources of the Mos Maiorum[modifica wikitesto]

The mos maiorum was the result of centuries of development before the Romans developed written records. Customs were created early in Rome’s history as they were needed to serve specific functions in the society. However, the significance of traditional practices and archaic rituals fell from the collective consciousness. The Lupercalia, for example, a festival celebrated in Rome every February 15th[2], was misunderstood by the time of Augustus in the late 1st century BCE. In some instances the relevancy of certain practices simply ebbed from society, such as the practice of confarreatio marriages[3]. These archaic marriages were all but abandoned because of the rigidity of the union. Despite the fading understanding or relevancy of some of these customs the importance of the mores maiorum in Roman was never in danger of suffering the same fate.

The Romans used the auctoritas maiorum to validate the developments occurred as their society progressed. Suetonius recounts an edict of the censors from 92 BCE, which states, “all new that is done contrary to the usage and the customs of our ancestors, seems not to be right.” [4] This statement reflects the fierce conservatism which was a hallmark of Roman Society. The mos maiorum as a collection of complex norms provided not only justification for tradition, but while retaining their fierce conservatism, it also provided a means to adjust when difficulties demanded such action. Whereas ius gave individuals their rights, they reflected the interests of the state and society. In a patriarchical society, dominated by an aristocracy, the mores were interpreted and adapted to serve the needs of the aristocracy. The patria postestas reflects this use of the mores. The potestas of the father allowed him complete control over his household, including slaves, his wife and his children[5]. Mores justified the place of the eldest male of the family and his power over life and death. Conversely, the mores also adjusted to kept the potestas of the father in check by limiting the father’s power to unjustly punish or even kill his family members, until he had properly consulted a consilium. [6]

Participation in public life in ancient Rome was a dominant part of most male citizens’ lives. Public life included politics, military, law and also priesthoods. In politics, the cursus honorum became the standard track of offices. The observance of this track was considered conventional; however, there were deviations from cursus. Lucius Appuleius Saturninus and Gaius Servilius Glaucia, in association with Gaius Marius and his legislations and elections, broke tradition by seeking consecutive tribuneships. Gaius Marius himself broke the accepted traditions of the Roman elite. Not only was Marius a highly successful novus homo, but he was also elected to an unprecedented seven consulships. These figures contrast sharply to the career of Cicero, who followed the cursus honorum strictly and maintained a great deal of support for the interests of the aristocracy and the ancestral values they guarded. Cicero achieved most of his fame from his oratory skills, acting as defender and prosecutor in the courts.

Law was closely tied to the cursus honorum and the magistracies that a citizen might hope to achieve. The upper class, having more knowledge of the law and of oration (as both were customary parts of their education), would fulfill the roles of prosecution, defender, and even judges. These roles were traditional duties for the upper class, who could shoulder the responsibility. Although a great deal of responsibilities lay in civilian life, as was common around the ancient world, Romans were also expected to serve in the military.

The mos of the military had been that citizen soldiers were fielded for the sake of specific threats the interests of the entire state, but after Marius they are professional soldiers, allied to their general. The Roman army was originally comprised of the upper class, as they were the only members of society that could bear cost of armor and absence from work. The custom for Roman males was to join the army and obtain glory in service to the state, and when not need for a war or other conflict, to lay down arms and return to civic life. However, Gaius Marius reformed the military to include the capite censi and made the troops under his command loyal to him before the state.

Religious Tradition[modifica wikitesto]

Unlike modern western religion, the Romans did not segregate religious practices and service to the state. Instead, the Romans maintained the practice of their Indo-European ancestors of leaving priesthoods tied to the state. The Collegium Pontificum consisted of different cults that had an appointed priest, who could simultaneously hold a political and/or military position. In the private home Romans would also have regular worship to the Penates, which were the gods of the inner home[7]. The Lares are also common fixtures in Roman private religion, in addition to the Roman anthropomorphic figures. They are guardian spirits, who vary in the specificities of their roles, depending on their manifestations. As the lares Augusti, they were they guardian spirits of the emperor. Common epithets include lares compitales, who were the guardians of the crossroads and lares familiaris, who were the guardians of the household.

Patrons and Clients[modifica wikitesto]

Another major facet of Roman tradition is the patronus and cliens (patron and client) relationship. This is the relationship that commonly occurred between plebeians and patricians, where in return for the protection of the patronus, the cliens offered services until the debt was returned or longer. Later in Roman history, after Augustus’ rise to princeps, more of the population falls into the clienthood of the imperator until eventually all do.

The Changing Roles of the Mores[modifica wikitesto]

Along with the change in patron-client relations, the place of the mos maiorum changes under the principate. Before Augustus, the place of the mores had been related, but separate from that of laws and regulations; however, a shift toward legalizing the romanticized ideals of the ancestral traditions occurs. Under Augustus and his moral reforms, the place of the mores maiorum becomes subject to the will of the emperor, though they survive until the reign of Justinian.

Cornerstones of the Mores Maiorum[modifica wikitesto]

All aspects of life, including both the public and private arenas, were immeasurably influenced by the mores that had been established over centuries. Some of the components deserve special attention because of their importance in the greater picture of the mores maiorum.

Fides[modifica wikitesto]

The Latin word fides has multiple meanings; however, these meanings are all based around similar principles: truth, faith, honesty, and trustworthiness. It can be seen in use with other words to create terms such as bonae fidei (“in good faith”) or fidem habere (“to be credible”, or more literally “to have trustworthiness”). In Roman law, fides was extremely important. As in all ancient cultures, verbal contracts were very common in Roman daily life, and so good faith allows business transactions to be made with greater confidence. If this good faith were betrayed, then a legal case could be made for the offended person[8].

As the Roman goddess, Fides represented a cult that was very old in the city of Rome. She was the goddess of good faith and presided over verbal contracts[9]. She was depicted as an old woman and was considered older than Jupiter [10]. Her temple is dated from around 254 BCE[11] and was located on the Capitoline Hill in Rome, near the Temple of Jupiter. According to Livy [12], the legendary second king of Rome, Numa Pompilius, founded her cult. Livy goes into details of the worship of Fides in his history of Rome. Her rituals were performed by the flamines maiores, who were the priests of the ancestors. These priests brought the shrine of Fides in a covered carriage drawn by a pair of horses to the place of celebration. Since Fides was considered to dwell in the right hand of a man, she was represented during the Roman Empire on coins with a pair of covered hands, to symbolize the credibility of the emperor and the legions[13]. The covering of the hands reflected the worship of Fides, where the man performing the sacrifice would cover his hands to the fingers to religiously preserve Fides[14].


Pietas[modifica wikitesto]

Pietas is not the equivalent of the modern derivative “piety.” Pietas was the Roman attitude of dutiful respect towards the gods, fatherland, parents and other kinsmen. The term incorporated a sense of moral duty, not merely the observance of rituals (this is covered by the term cultus). Thus, pietas required the maintenance of relationships with those listed above in a moral and dutiful manner[15]. According to Cicero, “pietas is justice towards the gods,” [16] and as such demanded more of the observer than mere sacrifice and correct ritual performance, but also the inner devotion and righteousness of the individual. Pietas could be displayed in numerous ways. For example, Julius Caesar displayed pietas during his life by beginning in 52 BCE and dedicating in 48 BCE, after the battle of Pharsalus, a temple to Venus Genetrix. The temple was dedicated to Venus as the mother of Aeneas and thus the ancestor of the Julii (the gens of Julius Caesar). Augustus, after the death of Marcus Antonius and with Marcus Aemilius Lepidus out of the way[17] (these two men are Augustus’ co-triumvirs in the Second Triumvirate), built a Temple of Caesar in order to honor his adoptive father. Some Romans, because of their role as pious individuals, adopted the cognomen Pius. The emperor Antoninus Pius received this addition to his name because of his role in convincing the senate to deify his adoptive father, the emperor Hadrian, and for the pietas he showed toward his elderly biological father in public.

Such was the importance of pietas that according to Livy[18], it received a temple dedicated in 181 BCE. Similar to other abstract concepts in Roman culture, Pietas appeared often in anthropomorphic form, and was sometimes accompanied by a stork (a symbol of filial piety) [19]. She was adopted by Augustus as Pietas Augusta to display his own pietas, as can be seen on coins from the period[20].

Religio and Cultus[modifica wikitesto]

Religio was not “religion” in the modern sense of the word. Religio is related to Latin verb religare (“to bind”). In the Roman mind religio represented a tie between the gods and mortals. This bond is more in the respect of awe and obligation (out of superstition), and is related to the religious practices and customs of the Romans[21]. Roman men and women were expected to be aware of these ties and to honor the gods through religious observances in an attempt to maintain a pax deorum (“peace of the gods”). In accordance with the noun, the adjective religiosus meant an exaggeration of religious practice to the point of superstition. The Romans regarded religio as a necessary part of life, so as to keep order and normalcy in the community or to a greater extent, the world. The motivation behind these observances is not morally based as modern Judeo-Christian values are, but instead are based around appeasement of the gods and expectancy of rewards. To guarantee a victory a general would promise a temple to a deity, or in hopes of alleviating hardship, community members would make sacrifices. Livy implies this necessity in his description of the capture of the goddess Juno (in statue form) from Veii [22]. Livy notes that it was against the religio of the Etruscans to touch the statue unless a member of the hereditary priesthood. The Roman soldiers in turn are cleaned, robed and then ask the goddess if she would come to Rome. This was not tied to pietas and its inherent morality, but instead it was the related to the concept of cultus.

Cultus was the obligated observance and correct performance of rituals to the gods. Romans religious practices were oriented towards the correct performance of rituals not the ethics and morals of person. The gods were pleased by the attention to their rites and thus Romans hoped to gain favor by performing sacrifices and other ritual formulae in the correct manner[23].


Disciplina[modifica wikitesto]

In Latin, the word disciplina is related to education, training, discipline and self-control. This military nature of the Roman society explains a great deal the importance of this characteristic, and perhaps because of their military inclination, also shows itself in daily life of the Romans. In his Philippicae against Marcus Antonius, Cicero maligns the character of Marcus Antonius, portraying the triumvir as man without self-control[24], showing the importance of the characteristic by emphasizing Marcus Antonius’ lack of discipline[25].

Disciplina as a goddess was used as propaganda tool, especially under the empire. In inscriptions she is referred to as the discipline of the emperor in relation to his role over the legions. This is why inscriptions and dedications are known from locations such as England and North Africa. Under the emperor Hadrian, these dedications are made and coins are minted to help secure the minds of border legions[26].


Gravitas and Constantia[modifica wikitesto]

Gravitas, not to be confused with the modern word gravity, represented the value of dignified, self-control[27]. In the face of adversity, a “good” Roman was to display an unperturbed façade. Roman myth and history reinforced this value by recounting tales of figures such as Gaius Mucius Scaevola [28]. At the founding of the Republic, the Etruscan king Lars Porsenna was laying siege to the city of Rome, and with city in dire straits, Scaevola attempted to assassinate Porsenna. However, Scaevola failed and was caught. When the king threatened torture if Scaevola did not answer his questions about Rome, Scaevola placed his right hand in a fire and held it there with great gravitas, telling the king that there were more in Rome just like himself. The gravitas that Scaevola displayed not only earned him the name Scaevola (“left-handed”), but also helped convince Porsenna of the Romans’ resiliency.

While gravitas was dignified self-control, constantia was steadiness or perseverance. This value coupled with gravitas played no small role in the history and success of the Roman people. Constantia allowed the Romans to hold fast in times of great turmoil and devastating defeat, such as the campaign of Hannibal Barca [29].


Virtus[modifica wikitesto]

Virtus is derived from the Latin word vir (“man”) and encompasses what constituted the ideal of the true Roman male[30]. Multiple aspects are covered by this term. The poet Gaius Lucilius discusses virtus in some of his work, saying that it is virtus for a man to know what is good, evil, useless, shameful, or dishonorable[31].


Dignitas and Auctoritas[modifica wikitesto]

Dignitas and auctoritas were the end result of displaying the values of the ideal Roman and the service of the state in the forms of priesthoods, military positions, and magistracies. Dignitas was reputation for worth, honor and esteem. Thus, a Roman who displayed their gravitas, constantia, fides, pietas and other values becoming a Roman would possess dignitas among their peers. Similarly, through this path, a Roman could earn auctoritas (“prestige and respect”) [32].

See a more complete list of Roman virtues.

  1. ^ "Mos Maiorum," Brill Online. [1]
  2. ^ ""Lupercalia,"O.C.D. pg 892
  3. ^ "Manus," Berger. pg 577
  4. ^ Suetonius, De Claris Rhetoribus, i.
  5. ^ "Mores," Brill Online [2]
  6. ^ Seneca, De Clemetia, i.15.6-6, i.16.1
  7. ^ "Penates," O.C.D. pg 1135
  8. ^ “Bona fides,” Berger. pg 374
  9. ^ Adkins. pg 78
  10. ^ Adkins. pg 78
  11. ^ Ziolkowski, “Temples”
  12. ^ Ab Urbe Condita. i. 21
  13. ^ “Fides,” O.C.D. pg 595
  14. ^ Ab Urbe Condita. i. 21
  15. ^ Adkins. p. 180
  16. ^ De Natura Deorum. 1.116
  17. ^ Stambaugh. pg 50
  18. ^ Ab Urbe Condita. xxxx. 34
  19. ^ “Pietas,” O.C.D. p. 1182
  20. ^ Adkins. p.180
  21. ^ Adkins. pg 190
  22. ^ Ab Urbe Condita. v. 23
  23. ^ Adkins. pg 55
  24. ^ Phillipicae. II
  25. ^ see Plutarch’s Antony, for further characterization of Antonius.
  26. ^ Adkins. p. 63
  27. ^ Ward. p. 58
  28. ^ Ab Urbe Condita. ii. 12
  29. ^ Ab Urbe Condita. xxii. 58. See also Ogilvie’s Commentary on Livy 1-5.
  30. ^ Ward. p. 57
  31. ^ Ward. p. 57
  32. ^ Ward. p. 58

References[modifica wikitesto]

Adkins, L. and Adkins, R. Dictionary of Roman Religion. New York: Oxford University Press, 2000.

Berger, Adolph. Encyclopedic Dictionary of Roman Law. Philadelphia: The American Philosophical Society, 1991.

Brill’s New Pauly. Antiquity volumes edited by: Huber Cancik and Helmuth Schneider. Brill, 2008 Brill Online.

Oxford Classical Dictionary. 3rd Revised Ed. New York: Oxford University Press, 2003.

Stambaugh, John E. The Ancient Roman City. Baltimore: The John’s Hopkins University Press, 1988.

Ward, A., Heichelheim, F., Yeo, C. A History of the Roman People. 4th Ed. New Jersey: Prentice Hall, 2003. Template:Ancient Roman topics


de:Mos maiorum es:Mos maiorum fr:Mos majorum it:Mos maiorum he:מנהגי אבות ברומא העתיקה nl:Mos maiorum no:Mos maiorum

Traduzione[modifica wikitesto]

Mos maiorum, letteralmente tradotto come "costumi dei padri / antenati", è il nucleo è della tradizione romana [1] parte dei quali già presenti nel periodo protostorico delle tribu stanziate nel territorio laziale e vicini. Il mos maiorum (pl. mores maiorum), è stato un codice non scritto da cui i romani loro derivati norme sociali a cui doveva rispondere l'intera comunità. Questi stati distinti dalle leggi che erano registrati per iscritto. I mores nella storia di Roma furono parte fondamentale nei primi tre secoli della Storia di Roma parte di essi furono tradotti anche in leges regiae poi alcune tradotte nel 450 a.C. circa nelle XII tavole ma ancora fenomeno in parte a se stante risulta perurare perfino al periodo del principato. Questi erano parificate per importanza alle leges del periodo repubblicano e del principato (ritevesti di importanza nell'epoca di Giustiniano anche se ormai poco seguiti) e erano più importanti delle stesse consuetuini infatti queste ultime se contrarie ai mores non erano ritenuti validi, i mores maiorum regolalavano alcuni aspetti della vita quotidiana in età romana, questi costumi tradizionali erano seguiti soprattutto poichè investiti della virtù del auctoritas maiorum ( "prestigio o il rispetto degli antenati") dal quale deriva la maggior parte del comportamento dei romani.

Fonti di Mos maiorum[modifica wikitesto]

Il mos maiorum era il risultato di secoli di sviluppo prima che i romani sviluppassero una documentazione scritta. Questi costumi furono creati nei primi mesi della storia di Roma e sono stati necessari per adattarsi meglio alle funzioni specifiche della società. Tuttavia, l'importanza di pratiche tradizionali e rituali arcaiche deriva dalla coscienza collettiva. Il Lupercalia, per esempio, era una festa celebrata ogni 15 del mese di febbraio a Roma. [2], fraintesa al tempo di Augusto nel I secolo a.C. In alcuni casi la pertinenza di alcune pratiche semplicemente ebbed da parte della società, come la pratica di confarreatio matrimoni [3]. Questi matrimoni sono stati tutti arcaico, ma abbandonato a causa della rigidità del sindacato. Nonostante la dissolvenza comprensione o di pertinenza di alcuni di questi doganali l'importanza della mores maiorum in età romana non è mai stato in pericolo di subire lo stesso destino.

I Romani la auctoritas maiorum utilizzati per convalidare gli sviluppi avvenuti nel loro società progredita. Svetonio racconta un editto di censura dal 92 aC, in cui si afferma, "tutti i nuovi che si fa in contrasto con l'uso e le usanze dei nostri antenati, non sembra essere giusto." [4] Questa dichiarazione rispecchia il forte conservatorismo che è stato un segno distintivo della società romana. Il mos maiorum come un insieme di complesse norme previste giustificazione non solo per tradizione, ma, pur mantenendo la loro feroce conservatorismo, è previsto anche un mezzo per regolare difficoltà quando richiesto tale azione. Considerando che ha ius persone dei loro diritti, che riflette gli interessi dello Stato e della società. In una società patriarchical, dominato da una aristocrazia, i costumi sono stati interpretati e adattato a soddisfare le esigenze della aristocrazia. La patria postestas riflette questo uso del costume. La potestas del padre consentito il controllo completo su di lui la sua famiglia, compresi gli schiavi, la moglie ei suoi figli [5]. Mores giustificato il posto del più anziano di sesso maschile della famiglia e il suo potere sulla vita e sulla morte. Al contrario, il costume anche tenuti ad adeguare la potestas del padre nel cercare il padre, limitando il potere di punire ingiustamente o addirittura uccidere i suoi familiari, fino a che egli aveva consultato un consilium correttamente. [6]

Partecipazione alla vita pubblica a Roma è stata una posizione dominante da parte della maggior parte dei cittadini di sesso maschile 'vita. Vita pubblica, inclusa la politica, militare, il diritto e anche priesthoods. In politica, il cursus honorum è diventato lo standard traccia di uffici. L'osservanza di questo brano è stato considerato convenzionale, tuttavia, vi sono state deviazioni dal cursus. Lucio Appuleius Saturnino e Gaio Servilio Glaucia, in associazione con Gaius Marius e la sua legislazione e delle elezioni, ha rotto la tradizione cercando tribuneships consecutivi. Gaius Marius si ruppe il accettato di tradizioni romane élite. Non solo è stato un successo Marius Novus homo, ma è anche stato eletto a uno senza precedenti sette consulships. Queste cifre nettamente contrario alla carriera di Cicerone, che ha seguito il cursus honorum e rigorosamente mantenuto un forte sostegno per gli interessi della nobiltà e la loro valori ancestrali custodito. Cicerone realizzato la maggior parte della sua fama della sua abilità oratoria, in qualità di difensore e procuratore in giudizio.

Legge è stata strettamente legata al cursus honorum e le magistrature che un cittadino possa sperare di raggiungere. La classe superiore, con più conoscenza della legge e di collaborazione (in quanto entrambe le parti erano abituali della loro educazione), che soddisfano i ruoli di azione penale, difensore, e persino giudici. Questi ruoli erano tradizionali funzioni di classe superiore, che potrebbe assumersi la responsabilità. Benché una grande quantità di responsabilità laicale nella vita civile, come è comune intorno al mondo antico, i romani sono stati previsti anche per il servizio militare.

La mos dei militari che erano stati cittadino soldati sono stati schierati per il bene di minacce specifiche degli interessi di tutta la situazione, ma dopo Marius sono soldati professionisti, ai loro alleati generale. L'esercito romano era originariamente composto di classe superiore, in quanto erano gli unici membri della società che potrebbe avere dei costi di armatura e di assenza dal lavoro. L'usanza romana per i maschi è stato quello di unire l'esercito e ottenere gloria in servizio allo Stato, e quando non necessità di una guerra o di altri conflitti, a stabilire le armi e tornare alla vita civile. Tuttavia, Gaius Marius riforma militare per includere il capite Censi e ha reso le truppe sotto il suo comando a lui fedeli, prima dello Stato.

Tradizione religiosa[modifica wikitesto]

A differenza di religione occidentale moderno, i romani non separare le pratiche religiose e di servizio allo Stato. Invece, i Romani mantenuta la pratica dei loro antenati indo-europea di lasciare priesthoods legata allo Stato. Il Collegium Pontificum consisteva dei diversi culti che avevano uno nominato sacerdote, che potrebbe simultaneamente in possesso di un politico e / o posizione militare. In casa privata Romani avrebbe anche regolare Penates al culto, che erano le divinità della casa interiore [7]. Il Lares sono anche comune infissi in privato la religione romana, oltre al romano figure antropomorfe. Essi sono spiriti custode, che variano a seconda delle specificità dei loro ruoli, a seconda delle loro manifestazioni. Come il Lares Augusti, erano gli spiriti dei loro custode l'imperatore. Comune epiteti comprendono Lares compitales, che erano i custodi del crocevia e Lares familiaris, che erano i custodi del nucleo familiare.

Patrocini e Clienti[modifica wikitesto]

Un altro importante aspetto della tradizione romana è il patronus e cliens (patrono e client) rapporto. Questo è il rapporto che comunemente si è verificato tra plebeians e patrizi, dove in cambio per la protezione del patronus, il cliens servizi offerti fino a quando il debito è stato restituito o più. Più tardi nella storia romana, dopo Augusto 'luogo a princeps, più della popolazione rientra nella clienthood del Imperator, fino alla fine tutti fanno.

Il ruolo del Mores[modifica wikitesto]

Insieme con il cambiamento di patrono-relazioni con la clientela, il luogo del mos maiorum cambiamenti sotto il principato. Prima di Augusto, il luogo di costume erano stati legati, ma distinto da quello delle leggi e dei regolamenti; tuttavia, il passaggio verso la legalizzazione del romanticized ideali tradizioni ancestrali si verifica. Sotto Augusto e la sua morale, le riforme, il luogo di mores maiorum diventa soggetto alla volontà del l'imperatore, anche se sopravvivono fino al regno di Giustiniano.

Le basi del Mores maiorum[modifica wikitesto]

Tutti gli aspetti della vita, compreso il loro arene pubbliche e private, sono stati immensamente influenzato dal costume che era stata stabilita nel corso dei secoli. Alcuni dei componenti meritano una particolare attenzione a causa della loro importanza nel quadro della maggiore mores maiorum.

La parola latina fides ha più significati, ma questi significati sono tutti basati su principi simili: la verità, la fede, l'onestà e affidabilità. Esso può essere visto in uso con altre parole per creare termini come bonae fidei ( "in buona fede") o fidem habere ( "per essere credibili", o più letteralmente "avere fiducia"). Nel diritto romano, fides è stato estremamente importante. Come in tutte le culture antiche, i contratti verbali sono stati molto comune nella vita quotidiana romana, e così buona fede permette transazioni commerciali per essere fatto con maggiore fiducia. Se questa buona fede sono stati traditi, quindi una causa potrebbe essere fatto per la persona offesa [8].

Come la dea romana, Fides ha rappresentato un culto che era molto vecchio, nella città di Roma. Era la dea della buona fede e presieduto verbale contratti [9]. E 'stata descritta come una vecchia donna, ed è stato ritenuto di età superiore a Giove [10]. Il suo tempio è datata intorno al 254 aC da [11] e si trova sul colle Capitolino di Roma, vicino al Tempio di Giove. Secondo Livio [12], secondo il leggendario re di Roma, Numa Pompilius, fonda il suo culto. Livio va nei dettagli del culto di Fides nella sua storia di Roma. I suoi rituali sono stati effettuati dalla flamines maiores, che erano i sacerdoti della antenati. Questi sacerdoti hanno proposto il santuario di Fides in un carro trainato coperti da una coppia di cavalli al luogo di celebrazione. Dal momento che è stato considerato Fides ad abitare nella mano destra di un uomo, è stata rappresentata durante l'Impero Romano su monete con un paio di mani coperte, a simboleggiare la credibilità delle legioni imperatore e il [13]. La copertura delle mani riflette il culto di Fides, in cui l'uomo esegue il sacrificio di coprire le sue mani per le dita per preservare Fides religioso [14].


Pietas non è l'equivalente del moderno derivato "pietà". Pietas romana era doveroso atteggiamento di rispetto verso gli dei, patria, i genitori e altri parenti. Il termine incorporato un senso di dovere morale, non solo l'osservanza dei riti (questo è coperto dal termine cultus). Così, pietas necessario il mantenimento delle relazioni con quelli sopra elencati in un modo rispettoso e morale [15]. Secondo Cicerone, "pietas è la giustizia verso gli dei," [16] e, come tale, ha chiesto più di un osservatore non puramente rituali di sacrificio e di corretta esecuzione, ma anche la devozione e rettitudine interiore della persona. Pietas potrebbero essere visualizzati in molti modi. Ad esempio, Giulio Cesare pietas mostrate durante la sua vita a partire dal 52 aC e dedicato al 48 aC, dopo la battaglia di Pharsalus, un tempio a Venere Genitrice. Il tempio è stato dedicato a Venere, come la madre di Enea e quindi l'antenato del Julii (gens di Giulio Cesare). Augusto, dopo la morte di Marco Antonio e Marco Emilio Lepido fuori del modo in cui [17] (questi due uomini sono Augusto 'co-triumvirs nel secondo triumvirato), ha costruito un tempio di Cesare, al fine di onorare il suo padre adottivo. Alcuni romani, a causa del loro ruolo di pii cittadini, ha adottato il cognomen Pio. L'imperatore Antoninus Pius ricevuto questa aggiunta al suo nome a causa del suo ruolo nel convincere il Senato a divinizzare il suo padre adottivo, l'imperatore Adriano, e per la pietas ha mostrato verso il suo padre biologico anziani in pubblico.

Tale è stata l'importanza della pietas che, in base alle Livio [18], ha ricevuto un tempio dedicato nel 181 aC. Analogamente agli altri concetti astratti nella cultura romana, pietas apparso spesso in forma antropomorfa, e talvolta è stato accompagnato da una cicogna (il simbolo della pietà filiale) [19]. Essa è stata adottata da Augusto come pietas Augusta per visualizzare la sua pietas, come si può vedere su monete del periodo [20].

Religio e Cultus[modifica wikitesto]

Religio non è "religione" nel senso moderno della parola. Religio è legato al verbo latino religare ( "legare"). Nella mente religio romana ha rappresentato un legame tra la divinità e mortali. Questo legame è più il rispetto e l'obbligo di soggezione (di superstizione), ed è collegata alla pratiche religiose e le usanze dei Romani [21]. Romana sono stati gli uomini e le donne dovrebbero essere consapevoli di questi legami e per onorare la divinità attraverso osservanze religiose, nel tentativo di mantenere una pax deorum ( "la pace degli dèi"). In conformità con il sostantivo, l'aggettivo religiosus un'esagerazione dire della pratica religiosa, fino al punto di superstizione. I Romani religio considerata come una parte necessaria della vita, in modo da mantenere l'ordine e la normalità nella comunità o in misura maggiore, il mondo. La motivazione alla base di queste osservanze non è moralmente fondata moderna giudaico-cristiana dei valori, ma invece sono basati su appagamento degli dei e l'aspettativa di premi. Per garantire una vittoria sarebbe una promessa di un tempio di una divinità, o nella speranza di alleviare le difficoltà, i membri della comunità di fare sacrifici. Livio implica questa necessità nella sua descrizione della cattura della dea Giunone (sotto forma di statua) da Veio [22]. Livio rileva che si è contro la religio degli Etruschi per toccare la statua a meno che un membro del sacerdozio ereditaria. I soldati romani a loro volta, sono puliti, robed e poi chiedere alla dea se fosse venuto a Roma. Questo non è stato legato alla pietas e la sua moralità intrinseca, ma invece è stato correlato al concetto di cultus.

Cultus è stata obbligata l'osservanza e la corretta esecuzione delle rituali alla divinità. Romani pratiche religiose sono state orientate verso la corretta esecuzione di riti non l'etica e la morale della persona. Gli dei sono stati lieti di attenzione da parte del loro riti romani e quindi spera di ottenere da favorire l'esecuzione di sacrifici e di altre formule rituali in modo corretto [23].


Disciplina[modifica wikitesto]

In latino, la parola è legato alla disciplina l'istruzione, la formazione, la disciplina e di auto-controllo. Questa natura militare della società romana, spiega la grande importanza di questa caratteristica, e forse a causa della loro inclinazione militari, si mostra anche nella vita quotidiana dei Romani. Nel suo Philippicae contro Marco Antonio, Cicerone maligns il personaggio di Marco Antonio, raffigurante la triumvir come uomo senza auto-controllo [24], mostrando l'importanza delle caratteristiche da sottolineare Marcus Antonius' la mancanza di disciplina [25].

Disciplina come una dea è stata utilizzata come strumento di propaganda, specialmente sotto l'impero. In iscrizioni è denominato "la disciplina del l'imperatore in relazione al suo ruolo nel legioni. Questo è il motivo per cui le iscrizioni e le dediche sono noti da luoghi come l'Inghilterra e il Nord Africa. Sotto l'imperatore Adriano, dediche questi sono fatti e le monete sono state coniate per contribuire a garantire la mente legioni di frontiera [26].


Gravitas e Constantia[modifica wikitesto]

Gravitas, non deve essere confusa con la parola moderna gravità, ha rappresentato il valore della dignità, auto-controllo [27]. Di fronte alle avversità, una "buona" romano è stato per visualizzare una imperturbati facciata. Mito e storia romana rafforzata da questo valore raccontare storie di figure come Gaio Mucius Scaevola [28]. Alla fondazione della Repubblica, il re etrusco Lars Porsenna, che è stato di assedio alla città di Roma, e con la città di Dire Straits, Scaevola tentato di assassinare Porsenna. Tuttavia, Scaevola e non è stato catturato. Quando il re Scaevola minacciato di tortura, se non rispondere alle sue domande su Roma, Scaevola posto la sua mano destra in un incendio e che vi terrà con grande gravitas, raccontando il re che non vi erano più a Roma, proprio come se stesso. La gravitas che Scaevola visualizzata non solo gli valse il nome Scaevola ( "mancino"), ma anche contribuito a convincere Porsenna dei Romani 'resilienza.

Mentre è stato gravitas dignitosa self-control, è stato Constantia costanza o perseveranza. Questo valore accoppiati con gravitas non ha svolto alcun ruolo nella piccola storia e il successo del popolo romano. Constantia permesso di tenere i Romani veloce nei momenti di grande turbolenza e devastante sconfitta, come ad esempio la campagna di Annibale Barca [29].


Virtus deriva dal termine latino vir ( "l'uomo") e comprende ciò che costituiva l'ideale del vero maschio romano [30]. Molteplici sono gli aspetti oggetto di questo termine. Il poeta Gaio Lucilio discute virtus in alcuni dei suoi lavori, dicendo che è virtus per un uomo di sapere ciò che è bene, il male, inutile, vergognoso, o disonorevole [31].

Dignitas e Auctoritas Dignitas auctoritas e sono stati il risultato finale di visualizzare i valori del ideale romano e il servizio dello Stato nelle forme di priesthoods, posizioni militari, e magistrature. Dignitas è stato per un valore di reputazione, onore e di stima. Così, un romano che mostrate loro gravitas, Constantia, fides, pietas e di altri valori, diventando un romano sarebbe in possesso di Dignitas tra i loro coetanei. Allo stesso modo, attraverso questo percorso, un romano potrebbe guadagnare auctoritas ( "il prestigio e il rispetto") [32].


sono usi o costumi che vengono seguiti nell'epoca antica di Roma soprattutto nell'epoca più arcaica: sono rivelazioni da parte del collegio sacerdotale prima e del Pontifex Maximus poi fino a essere opera di giuristi laici dell'epoca la quale comunità chiede il loro parere per sapere quali gesti e parole devono utilizzare per la risoluzione delle controversie. Mentre nell'epoca più arcaica non sono scritti, essi poi vengono espressi almeno in parte nelle XII tavole all'incirca nel 450 a.C.. La loro interpretatio sarà affidata comunque ai Pontefici solo dopo Tiberio Coruncanio (254 a.C.) passeranno di mano ai giuristi laici dell'epoca, saranno presenti fino al periodo classico e in un certo senso anche in quello di Giustiniano traslandosi definitivamente verso le consuetudini.

Versione Francese[modifica wikitesto]

Le mos majorum, littéralement « mœurs des anciens » ou « coutumes des ancêtres », désigne dans la Rome antique le mode de vie et le système des valeurs ancestrales. Il est souvent pris comme une référence, et est à opposer au spectacle de la décadence du temps présent.

Ce sont les traditions ancestrales, un code non écrit de lois et de conduite, une sorte de constitution romaine.

De grandes figures politiques telles que Caton l'Ancien tentent sans succès de rétablir les vertus traditionnelles romaines, fondées sur le travail, la fidélité à la patrie, la frugalité, le refus de l'oisiveté, mais ils ne sont pas écoutés. Le cri de Cicéron, O tempora ! O mores (Quelle époque ! Quels mœurs !), prononcé il est vrai dans d'autres circonstances, ramène à cette interrogation quotidienne des Romains.

Auguste, lors de la mise en place du Principat, va s'attacher à restaurer les valeurs traditionnelles romaines par différentes lois, sur les mœurs par exemple, ou en redonnant vie à certains rites religieux tombés en désuétude.

Les cinq fondements du mos majorum sont :

  1. fides : fidelité, loyauté, foi ; confiance et réciprocité entre deux citoyens
  2. pietas : piété, dévotion, patriotisme, devoir ;
  3. majestas: sentiment de supériorité naturelle d'appartenance à un peuple élu, majestée
  4. virtus : qualité propre au citoyen romain,courage, activité politique
  5. gravitas : ensemble des règles de conduite du romain traditionnel, respect de la tradition, sérieux, dignité, autorité ;


Bibliographie[modifica wikitesto]