Chito Gascon

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Chito Gascon

7º Presidente della Commissione per i diritti umani delle Filippine
Durata mandato18 giugno 2015 –
9 ottobre 2021
PresidenteBenigno Aquino III (2015-2016)
Rodrigo Duterte (2016-2021)
PredecessoreEtta Rosales
SuccessoreEdgar M. Avila

Membro della Camera dei rappresentanti delle Filippine – lista elettorale di Youth
Durata mandato30 giugno 1987 –
30 giugno 1992

Dati generali
Partito politicoLP (2010-2021)
LDP (1988-1992)
UNIDO (1987-1988)
Titolo di studioGiurisprudenza
UniversitàUniversità delle Filippine Diliman
ProfessioneAvvocato

José Luis Martín C. Gascón, meglio noto come Chito Gascon (Manila, 26 maggio 19649 ottobre 2021), è stato un politico e attivista filippino.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Manila all'interno di una famiglia ispanofilippina, studiò filosofia e poi giurisprudenza presso l'Università delle Filippine Diliman.

Durante gli anni degli studi si avvicinò all'ideologia comunista e si dedicò al primo attivismo politico in gruppi giovanili di sinistra. A seguito dell'assassinio di Benigno Aquino Jr. nell'agosto 1983, si mobilitò contro il governo anticomunista di Ferdinand Marcos. Eletto presidente del consiglio studentesco dell'Università Diliman, nel febbraio 1986 partecipò alla rivoluzione EDSA che portò all'instaurazione di un nuovo governo presieduto da Corazon Aquino, vedova di Benigno, e successivamente fu il più giovane membro della commissione – composta prevalentemente da alleati politici della Aquino – incaricata di redigere la Costituzione del 1987.

L'inclusione di liste elettorali nelle elezioni politiche filippine, concessa proprio dalla nuova Costituzione, gli consentì nel 1987 di essere eletto alla Camera dei rappresentanti, per la lista della gioventù (in inglese Youth Partylist). Membro del Congresso sino al giugno 1992, durante il periodo da deputato fu tra gli artecifici della riorganizzazione del Kabataang Barangay, il consiglio giovanile all'interno di ciascun barangay istituito da Marcos durante gli anni della legge marziale, nel Sangguniang Kabataan e di una legge contro il traffico di minorenni.

Impegnato negli anni duemila nella difesa legale di membri del Nuovo Esercito Popolare – armata paramilitare del Partito Comunista delle Filippine, considerata un'organizzazione terroristica per via di numerosi attacchi nei confronti di civili e militari – e di presunte vittime della legge marziale, durante la presidenza di Gloria Macapagal-Arroyo venne nominato mediatore del Fronte Democratico Nazionale nelle trattative di pace tra il Partito comunista e il governo. Più tardi fu altresì impegnato in dialoghi di pace con il Fronte di Liberazione Nazionale Moro, il Fronte di Liberazione Islamico Moro e guerriglie islamiste nella regione di Mindanao.

Durante la presidenza di Benigno Aquino III, figlio di Corazon e Benigno, entrò a far parte della Commissione per i diritti umani delle Filippine, venendo nominato suo presidente nel 2015 a seguito del ritiro di Etta Rosales. Il rimescolamento del quadro politico avvenuto con l'elezione del Sindaco populista Rodrigo Duterte alle presidenziali del 2016 lo portò poi a scontrarsi più volte con il governo in tema di diritti umani. Tra i principali critici della guerra alla droga avviata dal presidente mindanaoense,[1] nella seconda metà degli anni duemiladieci fu inoltre tra coloro che si opposero alla restaurazione della pena capitale nell'arcipelago.[2][3]

In conseguenza all'aumento delle uccisioni extragiudiziarie nell'arcipelago e alla morte di numerosi minorenni nell'ambito della guerra al narcotraffico, ordinò l'apertura di una serie di investigazioni indipendenti volte a determinare eventuali violazioni dei diritti umani, portando il presidente – distintosi per il linguaggio volgare e colorito[4] – a definirlo «gay oppure pedofilo» per il suo interessamento nelle uccisioni di minori.[5] Nel 2021 espresse il proprio sostegno all'apertura di un'indagine da parte della Corte penale internazionale sulle morti avvenute durante le operazioni antidroga del governo Duterte.[6]

Dal 2015 al 2021 fu membro della Human Rights Foundation, per la regione Asia Pacifica/Asia meridionale.

Morì il 9 ottobre 2021 all'età di 57 anni, dopo aver contratto il virus SARS-CoV-2.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) 'Gay or paedophile?' Philippines Duterte attacks rights chief over drug war criticism, su theguardian.com, 17 settembre 2017. URL consultato il 10 ottobre 2021.
  2. ^ (EN) Paolo Taruc, Return of death penalty in PH 'violates' international law, su cnnphilippines.com, 2 agosto 2016. URL consultato il 10 ottobre 2021 (archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2021).
  3. ^ (EN) Rodrigo Duterte, Philippines’ New Leader, Plans to Reinstate Death Penalty, su nytimes.com, 17 maggio 2016. URL consultato il 10 ottobre 2021.
  4. ^ ANSA/ Filippine: Duterte, primi 100 giorni tra morti e insulti, su ansa.it, 6 ottobre 2016. URL consultato il 10 ottobre 2021.
  5. ^ (EN) Duterte likens CHR chief Gascon to pedophile, su newsinfo.inquirer.net, 17 settembre 2017. URL consultato il 10 ottobre 2021.
  6. ^ (EN) Filipino human rights head who clashed with Duterte dies of COVID, su aljazeera.com, 9 ottobre 2021. URL consultato il 10 ottobre 2021.
  7. ^ (EN) CHR chair Chito Gascon dies of COVID-19, su cnnphilippines.com, 9 ottobre 2019. URL consultato il 10 ottobre 2021 (archiviato dall'url originale il 19 ottobre 2021).

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Profilo su hrf.org, su hrf.org. URL consultato il 10 ottobre 2021 (archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2021).