Casaralta (azienda)

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Casaralta
StatoBandiera dell'Italia Italia
Forma societariaSocietà per azioni
Fondazione1919 a Bologna
Fondata daCesare Donati e Carlo Regazzoni
Chiusura2003
Sede principaleBologna
SettoreMetalmeccanica
ProdottiVeicoli ferrotranviari

La Casaralta S.p.A., precedentemente nota come Officine di Casaralta, è stata un'azienda italiana di costruzioni meccaniche del settore ferrotranviario e produttrice di apparecchi elettromeccanici.

Dal 1993 venne incorporata nel gruppo Firema per cessare definitivamente la produzione negli anni duemila.

Settori di attività[modifica | modifica wikitesto]

La produzione rimase focalizzata sul mercato italiano, con veicoli ferroviari prodotti sia per le Ferrovie dello Stato sia per alcune imprese regionali.

Carrozza pilota Casaralta a due piani

La precedente posizione nel settore tranviario fu mantenuta, con la produzione di tram a vapore ed elettrici per numerose tranvie fra cui la rete SNFT di Parma.

Fra le elettromotrici prodotte in seguito alla riconversione e all'ammodernamento degli stabilimenti figurano quelle per la ferrovia Roma-Fiuggi-Alatri-Frosinone e la ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo; l'apice viene raggiunto dal 1959 con la commessa di un lotto di elettromotrice ALe 601, seguito a distanza di qualche anno da quello delle elettromotrici per la Ferrotramviaria[1] di Bari.

Nel settore delle locomotive, costruite su progetto FS, fu prodotto un lotto di E.444, l'ultima serie del gruppo E.656 e alcuni componenti per le locomotive E.404 per i treni ETR 500.

La produzione di veicoli trainati comprese alcuni carri per trasporto di automobili, diverse carrozze UIC-X e carrozze letti e soprattutto il numeroso gruppo di carrozze a due piani realizzate su brevetto francese CIMT Lorraine.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il 14 aprile 1895 fu siglato il rogito notarile con il quale Clemente Nobili acquistò un fondo in località Casaralta, posto fuori dalla cinta daziaria e limitrofo alla via Ferrarese lungo la quale era presente il binario comune alle tranvie Bologna-Pieve di Cento e Bologna-Malalbergo; nel terreno venne edificato il nuovo stabilimento di produzione delle Officine Nobili, opificio che si specializzò dapprima nella produzione di mobili e arredi lignei per poi diventare un produttore nazionale di veicoli ferroviari e tranviari, alcuni dei quali esportati anche all'estero in virtù della collaborazione con una multinazionale americana[2].

Alla morte di Nobili lo stabilimento bolognese rimase in attività come Succursale delle Officine Reggiane[3] per poi essere acquisito nel 1919 dagli imprenditori Cesare Donati e Carlo Regazzoni che, con il nome di Officine di Casaralta, proseguirono la produzione di veicoli ferroviari e apparecchiature meccaniche.

In seguito alla crisi del primo dopoguerra Regazzoni rilevò l'azienda, riorganizzandola e puntando sulla manutenzione dei rotabili ferroviari delle FS e sulla produzione di rotabili tranviari.

Capannoni della Casaralta in abbandono dopo la cessazione delle attività

Nel 1935 la società subì i pesanti effetti della crisi degli anni trenta e venne salvata dal fallimento grazie all'intervento dell'IRI mutando il 9 marzo 1935 la sua ragione sociale in Società Anonima Officine di Casaralta. Nel secondo dopoguerra la sua specializzazione venne sfruttata per la ricostruzione postbellica con la riparazione di vari tipi di rotabili, ma finito il lavoro entrò nuovamente in crisi fino ad essere posta in liquidazione[4].

Nel 1955 la società venne ricostituita e ciò la mise in grado di effettuare il salto di qualità abbandonando il settore delle riparazioni e espandendo quello delle costruzioni.

Gli anni settanta vedono la "Casaralta" entrare in compartecipazione di capitale per la costituzione delle Officine Meccaniche Casertane.

La fase successiva negli anni ottanta sarà caratterizzata da maggiori investimenti per l’innovazione tecnologica e dal tentativo – in parte riuscito, nonostante inizino a manifestarsi scelte governative che penalizzano i trasporti ferroviari a favore dell’automobile – di svolgere attività di costruzione di materiale rotabile più che lavori di riparazione, fino a quel momento preponderanti. A questo fine le commesse pubbliche sono ancora una volta fondamentali.

Negli anni Novanta inizieranno a manifestarsi i segnali di crisi: da un lato, la crisi riguarda l’intero settore produttivo del materiale rotabile (legata alle politiche statali rispetto ai trasporti su ferro) e porta alla chiusura di tante imprese importanti (dal settore ferroviario delle Officine Meccaniche Reggiane nel 1989 alla Stanga di Padova nel 2003) e alla vendita a investitori stranieri di altrettante (la Fiat ferroviaria, la Brown Boveri).

Dall’altro lato, la posizione geografica delle Officine di Casaralta rendeva l’area più redditizia ai fini della speculazione edilizia che non della produzione industriale. La proprietà, dunque, decide di sacrificare l'attività aziendale e di vendere il terreno ad imprenditori immobiliari marchigiani.

Questo c’è stato fino agli anni ’90, poi mancarono gli investimenti, e come azienda si consorziò con Firema, diventò un gruppo; lì dagli anni ’90 fino ad arrivare al ’98 ci furono continue difficoltà, si lavorava senza prospettive generali. Si facevano commesse per le Ferrovie dello Stato ma non erano sufficienti; iniziarono i periodi di cassa integrazione. La fabbrica iniziò a evadere commesse per la Francia, per le quali in fabbrica si facevano solo gli scheletri delle vetture che poi venivano rifinite in Francia.

L'azienda, in seria difficoltà, ha continuato l'attività, nonostante l'ipotesi di chiusura fosse diventata evidente. Addirittura la Casaralta è riuscita a costruire i tram per Manchester, solo con grande difficoltà visto che non erano disponibili le varie mansioni quando servivano: prima c’erano i saldatori che lavoravano, poi andavano in cassa integrazione, ed entravano a lavorare i verniciatori; insomma un lavoro a singhiozzo in una situazione in cui la fabbrica non era mai a pieno regime.

Dai 500 operai che lavoravano nelle officine negli anni ’80 il personale calava. Poi la Casaralta diventò Firema dove era presente una parte di Ansaldo che era in Finmeccanica. Nel 1997 si è iniziato a parlare di mobilità e di chiusura.[5]

L’occupazione della fabbrica da parte degli operai nel 1998 non ne impedisce la chiusura; parte dei capannoni vengono utilizzati fino al 2003 dalla Casaralta componenti, nella quale continua a lavorare una piccola parte degli operai. Dal 2003, l’intera area è dismessa, per un certo periodo minacciata di sequestro dalla magistratura nell’ambito del processo sull’amianto, la cui nocività era stata segnalata agli operai.

Nel 2010 fu avviata la demolizione della storica sede di via Ferrarese[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vittorio Cervigni, i treni di Casaralta in I Treni n. 189, 1998, p. 20.
  2. ^ Cesare Poggioni, Clemente Nobili e fratelli, una storia industriale bolognese, 1849-1906, Diforisma, 2009.
  3. ^ Marco Bianchini, Imprese e imprenditori a Reggio Emilia, 1861-1940, Roma, Laterza, 1995, pag.132
  4. ^ Vittorio Cervigni, i treni di Casaralta in I Treni n. 189, 1998, p. 16.
  5. ^ Guido Canova, operaio Casaralta dal 1963 al 1998; delegato sindacale Fiom. Intervista 13 settembre 2006
  6. ^ Si demoliscono le ex officine Casaralta, tre mesi per concludere i lavori, in La Repubblica, Bologna.it, 16 febbraio 2010. URL consultato il 10 settembre 2014.

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