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La collassologia (dal francese collapsologie) è lo studio del crollo della civiltà industriale e di quelle che ad esso potrebbe succedere.[1] Sviluppata in Francia da Pablo Servigne e Raphaël Stevens nel saggio Comment tout peut s'effondrer. Petit manuel de collapsologie à l'usage des générations présentes pubblicato nel 2015, la collassologia si presenta come uno studio transidisciplinare che coinvolge ecologia, economia, antropologia, sociologia, psicologia, biofisica, bioenergetica, agricoltura, demografia, politica, geopolitica, archeologia, storia, futurologia, sanità, diritto e arte.[2] Questo approccio poggia le sue basi su studi prospettici (come il Rapporto del Club di Roma del 1972), lavori scientifici[1] e diversi altri articoli comparsi su riviste scientifiche (per esempio A safe operating space for humanity[3] e Approaching a state shift in Earth’s biosphere,[4] pubblicati su Nature rispettivamente nel 2009 e nel 2012, o ancora l’articolo The trajectory of the Anthropocene: The Great Acceleration,[5] pubblicato nel 2015 sulla rivista The Anthropocene Review).

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

La parola collapsologie è un neologismo inventato da Pablo Servigne e Raphaël Stevens, derivato dal latino collapsus, participio passato di collabi, «cadere di colpo, crollare, affossarsi» (da cui l'italiano collasso, collassare) e dal suffisso -logie, logos, «parola, discorso», utilizzato tipicamente per dare nomi a nuove discipline e a studi scientifici di particolari soggetti.

Temi generali[modifica | modifica wikitesto]

Lista non esaustiva dei temi generali identificati in particolare da Pablo Servigne e Raphaël Stevens:

Critiche alla collassologia[modifica | modifica wikitesto]

Diversi articoli che propongono una critica alla collassologia sono stati pubblicati dopo pubblicazione del già citato lavoro di Servigne e Stevens del 2015.

Tra questi, si possono citare due articoli di Daniel Tanuro, ingegnere agronomo e ambientalista, collaboratore del giornale Le Monde diplomatique, fondatore della ONG belga Climat et justice sociale e autore nel 2010 del saggio L'Impossible Capitalisme vert. Nella sua critica al saggio Comment tout peut d'effondrer, egli rimprovera agli autori, tra le altre cose, l'assenza di un'analisi del capitalismo:«Il legame tra questo sistema particolare e l'accumulazione non è nemmeno evocato (Le lien entre ce système particulier et l’accumulation n’est même pas évoqué.)» In un secondo testo pubblicato sul giornale di ecologia politica della Svizzera romanda, Moins !, Daniel Tanuro approfondisce il dibattito proponendo un'analisi comparativa tra la collassologia e l'ecosocialismo. Qui egli critica l'aspetto inevitabile del crollo della civiltà così com'è proposto dai collassologi, così come il loro atteggiamento, che egli considera «rassegnazione fatalista (résignation fataliste)». Il crollo della civiltà deve, sempre secondo Taduro, essere combattuto attraverso delle risposte anticapitaliste, bloccando per esempio i progetti di espansione del capitale destinato alle risorse fossili (quello che Naomi Klein chiama «blockadia» nel suo saggio Una rivoluzione ci salverà):«La lotta è all'ordine del giorno, non la rassegnazione addolorata.»

Su un altro piano, si può ugualmente citare l'articolo del ricercatore e insegnante Jacuqes Igalens intitolato La colassologia è una scienza (La collapsologie est-elle une science ? ), nel quale egli mette in questione il carattere transdisciplinare della collassologia (senza però dubitare del suo carattere multidisciplinare) sottolineando l'assenza di paradigmi e di fondamenti comuni che avvicinino le diverse materie coinvolte. Secondo lui, «il fatto di condividere un concetto – il crollo (effondrement) – non è sufficiente per costituire una disciplina scientifica, che suppone un'articolazione di concetti e, nella fattispecie, tale articolazione è differente in biologia, in fisica, in antropologia, in psicologia, ecc. (le fait de partager un concept [...] ne construit pas à lui seul une discipline scientifique, qui suppose une articulation de concepts et, dans le cas présent, cette articulation est différente en biologie, en physique, en anthropologie, en psychologie, etc.).» Egli conclude scrivendo che «la collassologia non produrrà tanto delle nuove conoscenze (sono le scienze da cui essa dipende che lo faranno) quanto piuttosto una nuova narrazione della nostra vita in comune, sicuramente altrettanto utile (la collapsologie ne produira pas de connaissance nouvelle (ce sont les sciences dont elle dépend qui le feront), mais elle produira une narration nouvelle de notre vie en commun, et c’est certainement aussi utile).»

Nicolas Casaux, membro del collettivo Le Partage e dell'organizzazione di ecologia radicale internazionale Deep Green Resistance, considera la definizione della collassogia «un po' nebulosa». A questo proposito egli scrive che essa «si caratterizza [...] per delle prospettive e delle analisi talvolta contraddittorie, o fin troppo limitate (se caractérise [...] par des perspectives et des analyses parfois contradictoires, ou bien trop imitées).» Secondo lui, «il principale problema della collassologia risiede [...] nel narcisismo ch'essa perpetua (il collasso come la catastrofe, piuttosto che la civilizzazione industriale come la catastrofe) (le principal problème de la collapsologie relève […] du narcissisme qu’elle perpétue (l’effondrement comme la catastrophe plutôt que la civilisation industrielle comme la catastrophe).» La sua conclusione è:«non possiamo che augurarci che i suoi promotori [della collassologia] chiariscano le loro prospettive, che si affranchino dai rigurgiti tossici della cultura dominante che impedisce loro di prendere posizione in maniera più determinata, che integrino la critica sociale alla loro analisi, che adottino una prospettiva più comprensiva, biocentrica o ecocentrica, unendosi così, senza equivoci, al campo di coloro che lottano contro la "guerra contro il mondo vivente", portata avanti dalla civiltà industriale, secondo l'espressione di George Monbiot (On ne peut que souhaiter que ses promoteurs éclaircissent leur perspective, qu’ils s’affranchissent des relents toxiques de la culture dominante qui les empêchent de prendre position de manière plus déterminée, qu’ils intègrent la critique sociale à leur analyse, qu’ils adoptent une perspective plus compréhensive, biocentrée ou écocentrée, rejoignant ainsi, sans équivoque, le camp de ceux qui luttent contre la ‹ guerre contre le monde vivant › que mène la civilisation industrielle, selon l’expression de George Monbiot).»

In un articolo intitolato Intuizione e collassologia (Intuition et collapsologie), lo scrittore e ricercatore indipendente Vincent Mignerot indica che, sebbene egli abbia «avuto modo di difendere [...] il progetto ambito dalla collassologia, la sua intenzione transdisciplinare (pu défendre […] le projet ambitionné par la collapsologie, en tout cas son intention transdisciplinaire)» e si interessi allo «studio dell'evoluzione delle nostre società nella prospettiva di un declino o di un collasso», egli avanza «delle riserve in relazione a certi sconfinamenti possibili, in particolare in ragione di una carenza di chiarezza nella definizione di un quadro metodologico di riferimento (des réserves quant à certains débords possibles, en raison en particulier d’un manque de clarté dans la définition d’un cadre méthodologique de référence).» Mignerot precisa di non riconoscersi in questa corrente di pensiero nascente e non rivendica se stesso come collasologo.

Lavori universitari sulla collassologia[modifica | modifica wikitesto]

L'antropologo Jean Chamel ha realizzato un'etnografia di alcuni collassologi. I suoi lavori mostrano che questi hanno sviluppato una forte dimensione spirituale che appartiene a una «apocalisse ecologica». Chamel mostra anche il forte coinvolgimento degli iniziatori della collassologia nell'organizzazione di atelier di «lavoro che connette (travail qui relie)» e di stage di ecologia profonda concepiti dall'attivista americana Joanna Macy. Il pensiero di alcuni collassologi è pertanto inseparabile da un approccio più spirituale all'ecologia, in accordo con l'ecologia profonda, l'ecopsicologia e l'ecocentrismo, contrariamente a quanto affermato da Nicola Casaux. I lavori di Jean Chamel non tengono conto tuttavia delle importanti precisazioni avanzate dagli iniziatori della collassologia nel loro saggio Un'altra fine del mondo è possibile (Une autre fin du monde est possible), tese a marcare una netta differenza tra collaso-logia (studio del collasso della civiltà) e collasso-sofia (saggezza del collasso), nella quale sono discusse le dimensioni spirituali, artistiche ed etiche.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (FR) Pablo Servigne e Raphaël Stevens, Comment tout peut s’effondrer. Petit manuel de collapsologie à l’usage des générations présentes, Paris, Éd. du Seuil, 2015, p. 253, ISBN 978-2-02-122331-6.
  2. ^ (FR) Pablo Servigne e Raphaël Stevens, La collapsologie avance…, su collapsologie.fr (archiviato dall'url originale).
  3. ^ (EN) Johan Rockström, Will Steffen, Kevin Noone e Åsa Persson, A safe operating space for humanity, in Nature, vol. 461, n. 7263, 23 settembre 2009.
  4. ^ (EN) Anthony D. Barnosky, Elizabeth A. Hadly, Jordi Bascompte e Eric L. Berlow, Approaching a state shift in Earth’s biosphere, in Nature, vol. 486, n. 7401, 2012/06, pp. 52–58, ISSN 1476-4687 (WC · ACNP).
  5. ^ (EN) Will Steffen, Wendy Broadgate, Lisa Deutsch, Owen Gaffney e Cornelia Ludwig, The trajectory of the Anthropocene: The Great Acceleration, in The Anthropocene Review, vol. 2, n. 1, 16 gennaio 2015, pp. 81-98, DOI:10.1177/2053019614564785.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (FR) Jared Diamond, Effondrement: Comment les sociétés décident de leur disparition ou de leur survie, Parigi, Éditions Gallimard, 2009, ISBN 978-2-0703-6430-5.
  • (FR) Piero San Giorgio, Survivre à l’effondrement économique, Paris, Éd. Le Retour aux Sources, 2011, ISBN 978-2-3551-2040-4.
  • (FR) Joseph Tainter, L’Effondrement des sociétés complexes, Paris, Éd. Le Retour aux Sources, 2013, ISBN 978-2-3551-2051-0.
  • (FR) Pablo Servigne e Raphaël Stevens, Comment tout peut s’effondrer. Petit manuel de collapsologie à l’usage des générations présentes, Paris, Éd. du Seuil, 2015, ISBN 978-2-02-122331-6.
  • (FR) Renaud Duterme, De quoi l’effondrement est-il le nom?, Paris, Éd. Utopia, 2016, ISBN 978-2-9191-6021-1.
  • (FR) Dmitry Orlov Les Cinq Stades de l’effondrement, 2016, Paris, Éd. Le Retour aux Sources, ISBN 978-2-3551-2067-1.
  • Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows; Jørgen Randers, Limits to Growth: The 30-Year Update, 2004. (traduzione italiana: * Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows; Jørgen Randers, I nuovi limiti dello sviluppo, 2006.)
  • (FR) Julien Wosnitza, Pourquoi tout va s’effondrer, Paris, Éd. Les liens qui libèrent (présentation), 2018, ISBN 979-1-0209-0607-6.
  • (FR) Jean Chamel, « Tout est lié ». Ethnographie d’un réseau d’intellectuels engagés de l’écologie (France-Suisse) : de l’effondrement systémique à l’écospiritualité holiste et moniste, tesi di dottorato, Università di Lausanne, 2018.
  • (FR) Pablo Servigne, Gauthier Chapelle e Raphaël Stevens, Une autre fin du monde est possible, Paris, Éd. Le Seuil, 2018, ISBN 978-2-0213-3258-2.
  • (FR) Jean-Marc Gancille, Ne plus se mentir. Petit exercice de lucidité par temps d'effondrement écologique, Paris, Editions Rue de l'Echiquier, 2019, ISBN 978-2-37425146-2.
  • (FR) Fred Vargas, L'humanité en péril, Editions Flammarion, 2019.
  • (FR) Aurélien Barrau, Le plus grand défi de l'histoire de l'humanité – face à la catastrophe écologique et sociale, Neuilly sur Seine, Editions Michel Lafon, 2019.
  • (FR) Corinn Morel-Darleux, Plutôt couler en beauté que flotter sans grâce, éditions Libertalia, 2019.