Utente:Carolina Sugamosto/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

[1]

Breve excursurs storico[modifica | modifica wikitesto]

La malaria fu una delle malattie infettive, epidemiche ed endemiche[2], più diffuse in Italia agli inizi del Novecento[3]. Nella lettera circolare del 14/07/1898 Giustino Fortunato, Leopoldo Franchetti e Angelo Celli denunciano che la malaria colpendo dove più dove meno mantenne incolti due milioni di ettari, avvelenò ogni anno circa due milioni di abitanti e ne uccise quindicimila (Atti Parlamentari, Camera dei deputati, cit., p. 2409)[4][5].

Anticamente si pensava che le febbri o le altre patologie che indebolivano l'organismo, a volte portandolo alla morte[6], fossero causate dalle esalazioni morbifere e dalla scarsa igiene delle paludi, «acque palustri ferme e stagnanti, necessariamente calde e dense, puzzolenti d'estate» (cit. Ippocrate, De aere, aquis et locis)[5], che occupavano il territorio del bacino Mediterraneo, nel nostro caso dell'Agro Pontino. Da Galeno il nome Mal'aria[2].

In seguito si scoprì invece che era scatenata dal protozoo parassita Plasmodium, che incubato nelle ghiandole salivari della zanzara Anopheles veniva rilasciato all'interno del sistema circolatorio epatico dell'organismo ospite quando questa pungeva[7].

L'aumento della morbosità fu probabilmente un effetto della Prima Guerra Mondiale, per le condizioni igieniche e la mancata periodicità della profilassi[8].

Profilassi e Cura[modifica | modifica wikitesto]

Oltre all'istallazione di zanzariere nelle abitazioni e di impianti di scolo delle acque ristagnanti, si procedette con la produzione regolare e programmata del Chinino di Stato[3] da parte della Farmacia Centrale Militare di Torino[9]. Sebbene il monopolio avesse causato un disagio economico[10], la somministrazione del chinino diventò funzione di Stato: «Non beneficienza o carità legale ma doverosa misura di salute pubblica» (Regolamento 28/02/1907)[11].

Venne distribuito gratuitamente e senza prescrizione medica a tutti i lavoratori nelle zone paludose ed ai poveri[3][12].

Il resto della popolazione invece lo comperava al prezzo di fabbrica[3][10].

Dapprima si prevedeva l'assunzione di 60 cg di chinino al giorno per otto settimane. Poi le Stazioni Sanitarie sperimentarono la somministrazione di 0,6-1 g per 1-6 settimane. Infine venne bloccata l'assunzione a non oltre una settimana[13].

Propaganda di persuasione[modifica | modifica wikitesto]

«Ma i contadini sono ostinati e diffidenti. Non vanno dal medico, non vanno alla farmacia, non riconoscono il diritto. E la malaria, giustamente, li ammazza.»

Gli abitanti di Nettuno erano per la grande maggioranza privi di educazione e istruzione. Oltre alla pesca e alla carbonizzazione[14], erano dediti ad una vita rurale le cui uniche attività sembravano la pastorizia e la coltivazione stagionale, i cui braccianti giungevano periodicamente da colline o montagne limitrofe[15]. Conducevano una vita povera all'insegna della fatica e della fame, sottoposti alle carenti condizioni igieniche delle abitazioni e delle campagne.

L'Ospedale Orsenigo di Nettuno (oggi Casa della Divina Provvidenza[16]) registrava per le infezioni malariche il 30% del totale dei ricoveri rispetto al 4% degli ospedali romani, poiché accoglieva anche gli abitanti forestieri delle zone della Campagna Romana come Conca, Campomorto, Acqua puzza, Femmina morta, il Fosso dell'Intossicata (nomi esaustivi)[17].

Dovevano comprendere che era necessaria una cura scrupolosa e costante per evitare la forma cronica della malattia. Pertanto la Direzione Generale della Sanità presso il Ministero dell'Interno iniziò una politica di propaganda con lo scopo di convincere la popolazione del luogo che la malaria non prediligeva ceti sociali ad altri, né fasce di età o professioni. Tuttavia la rarità delle febbri perniciose era direttamente proporzionale all'altezza della classe sociale e alla posizione geografica più o meno settentrionale[18], per abbondanza di cibo e ambienti salubri. Invero alla somministrazione di una dose di chinino era sufficiente una maggiore quantità di cibo[3].

L'inizio a Tre Cancelli[modifica | modifica wikitesto]

L'alleato più pericoloso di questo flagello era l'ignoranza[19], diventarono dunque necessarie non solo le scuole primarie, ma le scuole primarie rurali, frequentate dai piccoli esponenti di quel popolo che per analfabetismo e miseria offrivano alla malaria un gran numero di vittime. Inoltre l'istruzione doveva essere riservata anche agli adulti[20]. Basti pensare che le donne, contrarie ai sistemi di modernizzazione applicati alle loro abitazioni, rompevano volontariamente le zanzariere per farne setacci di pomodori o per buttare fuori dalla finestra secchi di acque luride[21].

Ragion per cui i medici tentavano di istruire la popolazione a rispettare determinate regole, banali ma efficaci, come evitare di dormire all'aperto o seguire un'adeguata alimentazione[3].

La lotta ottenne un'accezione scientifica, didattica e amministrativa[22] quando nel 1918 il rinomato dottore Bartolomeo Gosio, direttore dei Laboratori di Batteriologia della Direzione Generale della Sanità Pubblica, si stabilì tra gli abitanti delle lestre condividendone vita, lavoro e spostamenti insieme con il collega ed ex-allievo Alberto Missiroli.

Inizialmente si adattò una scuola elementare di Tre Cancelli, frazione del comune di Nettuno, situata in mezzo ad un villaggio di capanne occupato durante i mesi autunnali da una popolazione nomade dei Monti Lepini. Era fornita da un pozzo di 12 metri e organizzata in una tenda per i bagni e in due baracche per le aule: una ospitava l'alloggio dell'insegnante, l'altra i figli dei lestraioli durante il giorno e i genitori stessi nella sera, i quali imparavano nuove tecniche di risanamento dell'ambiente in cui vivevano e lavoravano e nuove tecniche di coltivazione.

Prima dell'introduzione del servizio medico-scolastico contava solo 15 scolari, in seguito ne ospitava 100.

La Direzione Generale della Sanità Pubblica arrivò alla conclusione che la scuola di profilassi dovesse essere frequentata anche da maestri elementari, parroci, ingegneri, agenti di bonifica, vigili sanitari, infermieri e da tutte quelle professioni che potevano essere trasferite dove ci sarebbe stato bisogno di aiutare la popolazione[14].

Nascita della Scuola[modifica | modifica wikitesto]

«Nel 1920, per cortese concessione delle Autorità Militari, si poterono trasferire i corsi al Poligono di Artiglieria di Nettuno, con che ebbe inizio la Scuola di Malariologia in zona prossima a luoghi prossimi di malaria grave, ricca di materiale di studio, sia per l'elemento uomo malarico, sia per l'agente trasmettitore della malaria, sia per le condizioni speciali del terreno, propizio alle dimostrazioni pratiche delle condizioni che favoriscono l'infezione malarica, sia infine, per la dimostrazione di quanto si può e deve fare per la redenzione delle terre malariche.»

Conosciuta anche con le denominazioni di Centro Antimalarico, VII Stazione Antimalarica e con il nome completo e ufficiale Scuola di Igiene Rurale e di Profilassi Antimalarica, la scuola venne fondata dall'insigne sopracitato con la collaborazione dell'ex-allievo[14] e trovava sede in zona Acciarella. Edifici simili esistevano solamente a Caltanissetta, Venezia e Cagliari. Divenne in breve tempo celebre non solo per la cura della malattia (si perfezionarono i metodi tecnici, diagnostici e terapeutici[23]).................... ma anche per la ricerca sulle sue cause: vale la pena pensare allo studio di catalogazione svolto dai botanici nella Vallata del Loricina, il cui habitat rendeva possibile studiare la flora e la fauna favorevoli all'insorgenza delle larve di Anofele. Grazie alle innumerevoli pubblicazioni di scienziati formatisi alla Scuola di Nettuno, fu possibile creare altre e numerose Scuole in zone altrettanto infestate e generare una consistente e valida lotta antimalarica[24][25]..

Inizialmente si raccoglieva in due locali del piano terra del fabbricato concesso, ma ben presto divennero insufficienti. Pertanto nel 1923 l'Amministrazione Militare concesse altri e più spaziosi locali alla Scuola[26] e nel 1925 a Roma durante il Iº Congresso Antimalarico venne elogiata dai più grandi igienisti di diversi Paesi[22]. Non essendo ancora sufficiente, il nuovo Direttore Generale della Sanità Pubblica Alessandro Messea nel 1926 fece definitivamente costruire una struttura in muratura adibito a scuola e museo didattico, con la promessa di sopraelevare l'edificio[27].

Metodologie e opere sanitarie[modifica | modifica wikitesto]

I corsi si svolgevano dal mese di Aprile al mese di Ottobre ed erano frequentati anche da allievi inviati da corpi militari quali l'Aeronautica e la Guardia di Finanza. Ottennero ampio consenso dell'Unione delle Croci Rosse di Ginevra e della Società delle Nazioni[28].

Il programma didattico subiva modifiche rispetto ai frequentatori, ma prediligeva sempre l'istruzione pratica alle lezioni teoriche. Si tentava di insegnare attraverso proiezioni fotografiche e cinematografiche, escursioni, esercitazioni e conferenze, l'eziologia e la difesa contro la malaria e la lotta antilarvale[22]. Venne installato anche un impianto radiologico e di radioterapia[29].

In merito a ciò ci si rese conto che la sola somministrazione del chinino non era sufficiente a debellare l'infezione. Divenne necessario il risanamento come redenzione della terra malarica, altrimenti detto bonifica integrale [24]([1] Legge Mussolini 24/12/1928 N.3134) che comprendeva:

  1. la bonifica sanitaria;
  2. la bonifica idraulica, per lo scolo delle acque putride e per il rifornimento di acqua potabile;
  3. la bonifica agraria, per il miglioramento fondiario e l'assegnazione dei poderi, evitando agli agricoltori lo spostamento in altri luoghi[30];
  4. la costruzione di acquedotti rurali e opere di irrigazione;
  5. la costruzione di borgate rurali e di fabbricati rurali isolati, con i conseguenti costruzione e riattamento delle strade poderali;
  6. istallazione dell'energia elettrica a scopi agricoli e di bonifica;
  7. la riparazione delle difese spondali e degli sbocchi marittimi dei corsi d’acqua; scavo di canali e fossi in prossimità delle colonie permanenti[31].

Si faceva inoltre ampio uso del Verde di Parigi o di Caffaro (acetoarsenico di rame e 1% di polvere di strada o talco[32]) nebulizzato dagli aeroplani sulle zone acquifere[22] e l'impiego di pesci larvifagi pipistrelli mangiatori di insetti rifugio costruzioni speciali nettuno terracina sn felice circeo

pg 30 galeazzi gambusue pech piccoli voraci molto d'inverno fondali primavera emergono contemporaneamente alle zanzare che depongono el uova sul pelo d'acqua molto fertile quindi moltiplica illuso potere distruttivo ZOOPROFILASSI costrizonedi stalle per animali domestici intorno alle case così zanzare pungevano loro , on molto funzionale perché zanzare alcune si nutrono solo di uomo pg 33 abiti pesanti guanti e cappelli con fitti veli (meccanica) [29].

Tuttavia come accennato al § 2, gli abitanti del luogo in quanto ignoranti (nel significato latino del termine) opponevano resistenza alle cure offerte e ai consigli promulgati, negando la possibilità di una vita migliore non solo a sé stessi ma anche alle generazioni seguenti. Ragion per cui un inestimabile riconoscimento va attribuito alle Assistenti Sanitarie della Croce Rossa Italiana che svilupparono la capacità di persuadere anche i contadini più restii, seguendoli incuranti delle intemperie nei loro spostamenti nei campi per la distribuzione delle dosi chinino.

«Non vi è lotta più proficua, non vi è opera più umanitaria e più nobile, che quella della lotta contro il flagello malarico.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Fotografia originale gentilmente concessa dal Professor Alberto Sulpizi.
  2. ^ a b Donelli, Serinaldi, op. cit., p. VIII
  3. ^ a b c d e f Monti, op. cit., p. 107
  4. ^ Barbato, Galeazzi, op. cit., p. 25
  5. ^ a b Donelli, Serinaldi, op. cit., p. VII
  6. ^ Barbato, Galeazzi, op. cit., p. 11
  7. ^ Hickman, Roberts, Keen, Eisenhour, Larson, L'Anson
  8. ^ Romano Maggiora Vergano, op. cit., p. 3
  9. ^ Majori, Napolitani, op. cit., p. 27
  10. ^ a b Feligioni, op. cit., p. 27 Ogni scatola da 10 g di Idroclorato era venduta al prezzo di 2 lire; il Solfato a 1,60; un tubetto di Idroclorato costava 40 centesimi e 32 uno di Solfato.
  11. ^ Celli, op. cit., p. 164
  12. ^ Legge 2/11/1901, Atti Parlamentari, Leg. XXI, I Sess., Disc. torn. del 27-3-1901 Già stabilito dalla Legge 21/12/1899 «per cui si dice che il comune debba ai malati poveri dare non soltanto l’assistenza, ma anche i medicinali», Ibidem. L’art. 2 prevedeva al secondo comma che «La spesa anticipata da ciascun comune (...) verrà alla fine di ogni anno ripartita fra i proprietari delle terre comprese nelle rispettive zone malariche in ragione dell’estensione di ciascuna proprietà». Stabiliva anche che gli operai addetti ai lavori pubblici, se colpiti da febbri, avevano diritto all’assistenza medica e al chinino gratuito a carico dell’Amministrazione che conduceva i lavori o dell’Impresa. Per gli inadempienti si prevedevano ammende da 100 a 1000 lire (Feligioni, op. cit., pag, 27).
  13. ^ Majori, Napolitani, op. cit., p. 24. Altri autori quali Barbato e Galeazzi nell'op. cit. p. 28, affermano che il bisolfato e il chinino erano venduti come confetti da 200 mg. Gli adulti (da 12 anni in su) dovevano assumerne 6-8 al gg, i bambini (dai 6 ai 12 anni) dovevano assumerne 3-5, mentre per i più piccoli di 6 anni era valida la somministrazione di cioccolatini contenenti 140 mg di tannato di chinina pura o un cucchiaio di chinino polverizzato. 15 gg
  14. ^ a b c Monti, op. cit., p. 108
  15. ^ Boccini, Ciccozzi, Di Simone, Eramo, op. cit., pp. XIV-XV
  16. ^ Via Antonio Gramsci 90, Nettuno 00048, RM
  17. ^ Monti, op. cit., pp. 30-31
  18. ^ Barbato, Galeazzi, op. cit., pp. 16 e 20
  19. ^ Angelo Celli, op. cit., in Monti, op. cit., p. 107
  20. ^ Ernesto Cacace, op. cit.
  21. ^ A. F. Celli, op. cit., p. 50
  22. ^ a b c d Monti, op. cit., p. 109
  23. ^ Il funzionamento della scuola viene ampiamente trattato nel libro omonimo del Professor Maggiora-Vergano.
  24. ^ a b Monti, op. cit., p. 110
  25. ^ Boccini, Ciccozzi, Di Simone, Eramo, op. cit., p. 488
  26. ^ Romano Maggiora Vergano, op. cit., p. 4
  27. ^ Romano Maggiora Vergano, op. cit., pp. 4 e 5
  28. ^ a b Monti, op. cit., p. 111
  29. ^ a b Boccini, Ciccozzi, Di Simone, Eramo, op. cit., p. 504
  30. ^ Majori, Napolitani, op. cit., p. 24
  31. ^ Boccini, Ciccozzi, Di Simone, Eramo, op. cit., p. 412
  32. ^ Barbato, Galeazzi, op. cit., p. 33

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Chiara Barbato, Claudio Galeazzi, La malaria e la sua storia, Museo Comunale di Pontinia, XVII Quaderno del Novecento, Novecento, Latina 2004
  • Floriano Boccini, Erminia Ciccozzi, Mariapina Di Simone, Nella Eramo, Fonti per la storia della malaria in Italia, Introduzione di Maura Piccialuti, Archivio centrale dello Stato, Roma 2003
  • Ernesto Cacace, L’insegnamento antimalarico e la profilassi antimalarica scolastica, in Rivista Pedagogica, 1911, p. 179.
  • Angelo Celli, Malaria e colonizzazione nell'Agro Romano, dai più antichi tempi ai nostri giorni, Opera postuma, Vallecchi, Firenze 1927
  • M. L. Heid, Uomini che non scompaiono, Firenze 1944. L’autrice è in realtà Anna Fräntzel Celli sotto pseudonimo.
  • Gianfranco Donelli, Enrica Serinaldi, Dalla lotta alla malaria alla nascita dell'Istituto di Sanità Pubblica. Il ruolo della Rockefeller Foundation in Italia: 1922-1934, Introduzione di Vittorio Alessandro Sironi, Editori Laterza, Roma-Bari 2003
  • Gianpaolo Feligioni, Angelo Celli. Medico e Deputato, Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, Quaderno N.35, Ancona 2001
  • C.P. Hickman Jr., S. Roberts, S.L. Keen, D.J. Eisenhour, A. Larson, H. L'Anson, Zoologia, 16ª edizione, McGraw-Hill Education, 2016, p. 344
  • Romano Maggiora-Vergano, L'attività della Scuola di Igiene Rurale e di Profilassi Antimalarica di Nettuno, in Rivista di Malariologia Anno X, S. A. I. La Cardinal Ferrari, Roma 1931
  • Giancarlo Majori, Federica Napolitani, Il Laboratorio di Malariologia, Istituito Superiore di Sanità, Roma 2010
  • Vincenzo Monti, Un secolo di storia ospitaliera a Nettuno (1864-1969), Edizioni del Gonfalone, Comune di Nettuno 2003

Ringraziamenti boh?????????[modifica | modifica wikitesto]

Alberto Sulpizi Collezionista

Bartolini e Università Civica

Vincenzo Monti

Borghi e UCBM