Tempio della Beata Vergine della Ghiara

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Tempio della Beata Vergine della Ghiara
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Emilia-Romagna
LocalitàReggio nell'Emilia
Indirizzocorso Garibaldi 44 ‒ Reggio nell'Emilia (RE)
Coordinate44°41′56″N 10°37′34″E / 44.698889°N 10.626111°E44.698889; 10.626111
Religionecattolica di rito romano
TitolareMaria Assunta
Diocesi Reggio Emilia-Guastalla
ArchitettoFrancesco Pacchioni
Stile architettonicorinascimentale
Inizio costruzione1597
Completamento1619
Sito webwww.basilicaghiara.it/

Il tempio della Beata Vergine della Ghiara, detto anche basilica della Madonna della Ghiara, è uno dei principali edifici religiosi di Reggio Emilia. Sorge lungo l'antico corso della Ghiara, oggi corso Garibaldi.

Il Tempio, cattolico, Basilica minore,[1] è di proprietà del Comune di Reggio, è officiata dall'ordine religioso cattolico dei servi di Maria. All'interno è custodito un pregevole organo, realizzato nel XVIII secolo.

Storia

L'origine del tempio

La basilica della Ghiara

Questa chiesa fu costruita grazie alle offerte dei fedeli a seguito di un miracolo legato ad una immagine della Vergine che sorgeva nella zona. L'edificio attuale ha sostituito una costruzione più semplice eretta dai frati serviti ai quali sin dal 1313 apparteneva il luogo. Un'immagine della Madonna, dipinta sul muro dell'orto dei religiosi, fu riprodotta in carta da Lelio Orsi (1569) e ridipinta da Giovanni de' Bianchi detto il Bertone (1573) e nel 1596 traslata in una cappelletta. Le cronache dell'epoca riportano la vicenda di un sordomuto, un certo Marchino da Castelnovo Monti, che avrebbe riavuto l'uso della parola e dell'udito in seguito a un miracolo della Vergine[2]. Sei giorni dopo, il 5 maggio 1596, sarebbe avvenuto un altro miracolo, con l'improvvisa guarigione di una donna, Margherita, detta Caugliana dal paese d'origine del marito, inferma da diciotto anni[3]. Un monumento marmoreo esterno con l'iscrizione Ut posteri notus foret ecc., a sinistra di chi osserva la facciata, indica il luogo preciso dove era l'immagine.

Tempio della Beata Vergine della Ghiara

In breve tempo il luogo divenne meta di pellegrinaggio e, grazie alle offerte dei fedeli, si decise di edificare un nuovo tempio che potesse contenere il dipinto legato al miracolo. Fu fatta richiesta al duca Alfonso II d'Este di far progettare ai suoi architetti un modello per il nuovo edificio. Ne furono realizzati tre: uno da Giovan Battista Aleotti di Argenta, uno da Cosimo Pagliani di Siena e un terzo da Alessandro Balbo di Ferrara che venne approvato dal duca.

La prima pietra dell'edificio venne collocata il 6 giugno del 1597 dal vescovo Claudio Rangone alla presenza del duca e della duchessa Margherita Gonzaga, demolendo parte del precedente convento e della chiesa dei servi. La direzione dei lavori venne affidata a Francesco Pacchioni, architetto e scultore reggiano. Il nuovo architetto sarà anche il progettista della cupola e l'ideatore degli stucchi interni. Nel 1619 la chiesa era già a buon termine e il 12 maggio venne consacrata.

Restauri

  • I restauri vennero compiuti dal 1887 al 1890 sotto la guida di Nicolò Barabino, Luigi Samoggia, Gaetano Chierici.
  • I restauri recenti sono avvenuti negli anni novanta del XX secolo.[4]

Descrizione

Dimensioni

Interno

Il tempio ha una pianta a croce greca con larghezza all'interno di 45 m, lungo 60 m (le maggiori dimensioni di questo lato sono dovute al coro nel braccio occidentale) e con al centro una cupola con lanterna[5]. Nei quattro angoli rientranti della croce sono altrettanti spazi quadrati, di dimensioni minori, sormontati da altre quattro cupole emisferiche, non visibili all'esterno.

Facciata

La facciata, di ordine dorico nella parte inferiore e ionico nella superiore, è in laterizio, con inserti in marmo bianco di Verona nelle basi e nei capitelli delle lesene e nelle cornici. Sulla porta centrale è scolpito in marmo un bassorilievo con la Vergine della Ghiara di Salvatore da Verona, dono del Comune di Reggio del 1642. Le due porte laterali furono invece eseguite nel 1631.

Interno

L'interno, nello stile del tardo Rinascimento, colpisce per la profusione di dorature, la ricchezza dei marmi ed i sontuosi affreschi con cui la scuola dei Carracci, ispirandosi alle storie dell'Antico Testamento, ornò le volte e le cupole. Nelle quadrature e ripartizioni delle volte si svolge un ciclo pittorico che ha come soggetto le donne dell'Antico Testamento.

La decorazione pittorica della grande crociera come da prima fu ideata aveva però altro carattere e fu solo nel 1615 (21 febbraio) che la congregazione della fabbrica votò il progetto degli affreschi che poi furono eseguiti. Non è noto chi fu il teologo che ideò il tema della glorificazione delle eroine della Bibbia, le cui virtù sono viste in analogia con le virtù della vergine Maria.

Gli affreschi

Le volte affrescate e la cupola

Particolarmente interessante è la lettura iconologica degli affreschi e la loro disposizione:

  • i quattro spazi quadrati e cupolati a fianco dei bracci della croce greca presentano una sintesi cronologica del tempo del mondo: nella prima è rappresentato il tempo del paganesimo, simboleggiato dalle sibille. Segue il tempo dell'Antico Testamento, con i profeti biblici, poi il tempo del Vangelo con i quattro evangelisti, e infine il tempo della Chiesa, con i dottori della chiesa;
  • le quattro volte a botte che formano i bracci della croce greca presentano negli scomparti maggiori soggetti dell'Antico Testamento che hanno come protagoniste delle figure femminili:
    • Adamo ed Eva nel paradiso
    • Abramo in atto di servire gli angeli, a destra Rebecca che porge da bere al servo di Abramo
    • Rachele al pozzo
    • Giaele e Sisara
    • Abigail che presenta a Davide adirato molte vettovaglie
    • Giuditta e Oloferne
    • Ester ai piedi del trono di Assuero
    • Debora e Barac
    • Samuele, offerto al sacerdote dalla madre
    • Abisag, bella fanciulla di Sunam, che serve il vecchio Davide in trono circondato dalla corte.
  • La cupola presenta il soggetto dell'Apoteosi di Maria.

Spazio delle Sibille

(Ruggeri-Brawt) Il soffitto fu dipinto nel 1619 da Alessandro Tiarini, uno dei maggiori talenti della scuola carraccesca. I freschi bellissimi valsero all'artista che a Reggio lasciò molte opere ed ebbe lunga e fortunata dimora, il gran lavoro della tribuna maggiore. Nei pennacchi, di grande potenza espressiva, sono le Sibille "tanto spiritose che vive rassembrano" (Vidriani); negli otto scomparti inferiori del bacino sono dipinte le Virtù, negli otto superiori altrettanti angeli con gli strumenti della passione di Cristo, nella medaglia di centro due angeli uno dei quali reca la croce e invita una figura semivelata ad adorarla.

Nell'altare a sinistra, disegnato da G.B. Magnani di Parma, la Vergine col Bambino e al basso i santi Francesco d'Assisi, Lucia, Apollonia, Agata, è opera di Alfonso Chierici (1854). Lionello Spada in gara col Tiarini vi aveva dipinto un pregevolissimo quadro (rubato nel 1783) rappresentante san Francesco d'Assisi in estasi, ospitato nella Galleria Estense di Modena

Volta di levante

(dalla porta maggiore alla cupola)

Le pitture della vòlta furono eseguite da Luca Ferrari, discepolo di Guido Reni, al quale furono commessionate nel 1644. E poiché tornarono di straordinaria soddisfazione a tutta la città, la congregazione della fabbrica affidò allo stesso (1646) gli affreschi del braccio a mezzogiorno. Nei cinque sfondi o fasce del primo intercolonnio è figurata la Mansuetudine, poi un angelo che regge diversi scudi, una torre con baluardi, un angelo recante un'armatura, la Fede. Nel vòlto corrispondente agli archi delle cappelle, a sin. Adamo ed Eva scacciati dal Paradiso, nel centro Abramo in atto di servire gli angeli, a destra Rebecca che porge da bere al servo di Abramo. Nei quadri in tela dell'intercolunnio (in questi come negli altri) sono rappresentati miracoli della Madonna; quello a sinistra è di Pietro Desani, l'altro di Pietro Armani.

Spazio dei profeti maggiori

L'altare della città

Nella cappella vicina alla porta di destra (cappella Pagani) i profeti Isaia, Daniele, Ezechiele, Geremia nei pennacchi, le otto Virtù negli scomparti maggiori, gli otto angeli nei minori in atto di rendere omaggio alla Divinità figurata nel centro, si devono a Camillo Gavasseti (1630). L'altare ornato di marmi e di bronzi e arricchito delle statue della Religione e della Prudenza è opera di Nicola Sampolo; il quadro della Vergine in atto di chiedere il Bambino Gesù a san Francesco di Alessandro Tiarini (1629).

Da notarsi le statuette in bronzo nelle pile dell'acqua lustrale a fianco della maggior porta, rappresentanti san Prospero e l'Immacolata Concezione, la prima fatta eseguire dai battilana, l'altra dai filatori di seta e questa su disegno di Paolo Magnavacchi. Avanti di uscire si osservi nella retrofacciata la tela con la morte di san Giovanni Evangelista, vasta e popolosa composizione di Alessandro Tiarini. Ricordiamo inoltre alcuni quadri nel corridoio dell'Economato fra cui Orazio Talami, la Vergine Addolorata col figlio morto tra le braccia; Carlo Caliari (figlio del Veronese), L'Annunziata; Lorenzo Franchi, san Girolamo che contempla la Trinità in atto di scrivere. Nell'ufficio d'amministrazione diverse tele dell'eredità Vicedomini-Vallisneri, compresi due bellissimi ritratti di scuola francese. La torre, sconciata nel coronamento, prospetta gli attigui chiostri dei serviti, un tempo adibiti a scuole elementari ed ora ostello.

Volta di ponente

(dalla cupola al coro)

Ad Alessandro Tiarini furono commissionate nel 1618 le pitture di questo braccio e nel 1624 quelle del catino e della volta a compimento della crociera. A sinistra si notano Debora e Barac, nel mezzo Samuele, offerto al sacerdote dalla madre, a destra Abisag, bella fanciulla di Sunam, che serve il vecchio Davide in trono circondato dalla corte. Nella prima fascia vari angeli con attributi diversi; nella seconda a sinistra il re Davide assiso con l'arpa in mano, al centro l'arcangelo Michele che con lo stendardo della croce mette in fuga il demonio, a destra Salomone in trono.

Nel catino la grandiosa scena dell'Assunzione di M. V. coronata dalla S. Trinità con molti angeli; al basso estatici gli apostoli e vari santi. Queste ultime pitture se hanno pregi ragguardevoli, hanno anche difetti non meno grandi e si vuole che il Tiarini le eseguisse convalescente. Il quadro dell'intercolonnio di sinistra è di Sebastiano Vercellesi, l'opposto di Pietro Desani. L'altare maggiore, lavorato nel 1672 da artisti carraresi, fu disegnato, secondo D. Luigi Bocconi, da G. M. Soli, modenese, e non dal Tarabusi a cui a torto lo attribuì il dott. D. Bertolini.

La tribuna per l'organo, sostituita nel 1890 all'ancona posta quasi un secolo prima dall'Abate Giuseppe Ferrari Bonini, è opera di Luigi Samoggia al quale spettano le placche o mostre dorate che infisse male di proposito nei pilastri, li segano a mezzo e ne tolgono la svelta eleganza.

Spazio degli evangelisti

Cupoletta affrescata

La cappella (Calcagni e Casotti) venne frescata nel 1642 da Pietro Desani che rappresentò nei pennacchi i quattro Evangelisti, negli scomparti inferiori otto ordini religiosi, nei superiori le virtù relative, nel centro la Religione. Questi affreschi appaiono inferiori al merito dell'artista che vuolsi operasse a lume di torcia: forse lavorò in fretta e con l'aiuto di qualche allievo maldestro.

Dei due altari, quello in faccia alla porta minore è di Francesco Orso e Giacomo Novo; il quadro della Vergine annunziata dall'angelo di Alessandro Tiarini. L'altro è di Nicola Sampòlo che scolpì pure le statue esprimenti la Fede, la Carità, la Speranza. A Lionello Spada e a Sebastiano Vercellesi è variamente attribuita la pala con S. Girolamo, S. Giovanni Battista e la Madonna di Loreto. Altri vogliono che i due pittori l'abbiano dipinta insieme; tuttavia la figura del S. Girolamo rivela la mano dello Spada.

Volta di settentrione

(dalla cupola all'altare della B. V.)

Lionello Spada rappresentò negli scomparti maggiori a sinistra Abigaile che presenta a Davide adirato molte vettovaglie, al centro Giuditta e Oloferne, a destra Ester ai piedi del trono di Assuero; nella fascia dell'intercolonnio la Vergine col Bambino coronata di stelle, un angelo recante una palma, l'arca del Testamento, un angelo con un ramo d'olivo e infine una Vergine coronata coi cappelli sparsi che mira il cielo. I due quadri dell'intercolonnio spettano a Michele Maltei.

La colossale ancona della Beata Vergine innalzata in origine dietro l'altar maggiore, poi abbattuta perché difettosa e ingombrante, divenne causa di appassionate diatribe; troncò gli indugi il Duca ordinando si erigesse nell'altare a destra. L'opera d'imponente composizione architettonica, ricca di colonne, di statue, di bassorilievi, era terminata l'anno 1615 con disegno ed assistenza di G. B. Magnani. I bassorilievi e le statue tra cui notansi Abramo e Jesse, i santi Francesco da Paola e Filippo Benizzi, i profeti Isaia e Geremia, sono di Francesco Orso e Giacomo Novo, lombardi. Nella cappelletta superiore dal fondo azzurro stellato è conservata la famosa immagine della Vergine. L'ornamento che la circonda sostenuto da quattro colonne in pietra del paragone, fu condotto su disegno del Magnani da Paolo Larioli e Gabriele de' Chierici, argentieri reggiani.

Meritano osservazione le torciere in bronzo ai lati dell'altare lavorate con rara maestria da Vincenzo Morenghi che le ornò di putti e di statuette ad altorilievo e le cinque grandi lampade d'argento, la maggiore delle quali adorna di cherubini e figure d'angeli, fu eseguita (1734-36) da Paolo Magnavacchi su disegno di Ludovico Benedetti. È un capolavoro colossale d'oreficeria e pesa chili 70 di argento fino a 900/1000.

Spazio dei Dottori della Chiesa

La vicina cappella (Gabbi e dell'Arte della Seta) fu dipinta ad olio nel 1622 da Carlo Bononi di Ferrara che rappresentò nei pennacchi i dottori della Chiesa, negli spazi inferiori del bacino le otto Beatitudini, sopra altrettanti angeli, nel centro la Podestà spirituale. L'altare in faccia alla porta colle statue esprimenti la Religione e la Giustizia è opera di Francesco Pacchioni (1606). Quello di fianco fu lavorato da Alberto, suo figlio, e il quadro dell'ancona con san Giorgio condotto al martirio e santa Caterina svenuta, nello sfondo popolo e soldati, è opera di Ludovico Carracci.

Volta di mezzogiorno

(dalla cupola all'altare di città), Luca Ferrari con magistrale pennello raffigurò a sinistra Rachele al pozzo, al sommo Giaele e Sisara (interessante per effetto prospettico il cavallo di Barac), a destra la sommersione dell'esercito di Faraone nel mar Rosso; nei cinque sfondi dell'intercolonnio la Purità, tre angeli con attributi diversi e finalmente la Verginità. A Giulio Cesare Mattei, detto il Francese, spettano i quadri dell'intercolonnio. La statua di san Giovanni Evangelista è opera recente dello scultore Enrico Franzini di Reggio.

L'altare con la magnifica ancona marmorea fu innalzato dal Comune di Reggio su grandioso disegno di G. B. Magnani. La pala rappresentante la Crocifissione con Gesù consolato dall'angelo è una delle più ammirate e discusse opere (1624) di Francesco Barbieri detto il Guercino, che per tale lavoro «oltre il prezzo stabilito di ducatoni 500, lo regalarono di una collana d'oro con una medaglia di valuta ella solo di lire cento con la Madonna di Reggio e l'arma della città» (Malvasia).

Cupola

Cupola centrale

La grandiosa cupola, innalzata da Francesco Pacchioni su disegno di Cosimo Paglioni da lui riformato, fu ricoperta di affreschi da Lionello Spada, allievo dei Carracci, a cui l'opera fu commissionata nel 1614, per le infruttuose trattative con Ludovico Carracci e con Giulio Cesare Procaccini. Egli incominciò il lavoro nello stesso anno, quasi contemporaneamente a Tomaso Sandrini cui erano state affidate la prospettiva e la decorazione. Nel 1616 la mirabile opera era compiuta e della spesa totale di lire reggiane 11082, lire 8360 toccarono allo Spada, le rimanenti al Sandrini.

Lo Spada si rivela qui artista magnifico per il vigore del colorito e l'audacia dello scorcio e parve superare sé stesso negli angeli bellissimi della curva. Nei pennacchi si vedono quattro grandi figure rappresentanti l'Elemosina, la Religione, la Carità, l'Orazione; nel tamburo i quattro santi protettori della città e quattro dell'ordine dei serviti e fra l'uno e l'altro cartelloni con teste a chiaroscuro; nella calotta a chiaroscuro otto personaggi dell'Antico Testamento e nella curva fino alla lanterna l'apoteosi della Vergine fra un corteo di angeli.

Sagrestia e tesoro

Nella sagrestia un ingegnoso orologio del P. Cherubino Ranzani (o Forzani, o Sforzani) di Reggio (1580-1676) indica i giorni, la luna, le fasi dello zodiaco, l'epatta, ecc. Nell'attiguo locale è il tesoro, ricco interessante museo dell'oreficeria reggiana nei secoli XVII e XVIII. (Per la visita occorre speciale permesso dell'amministrazione del tempio). Nelle vetrine laterali, sei candelieri d'argento a sbalzo e croce collo stemma Estense, donati (1631-34) dal duca Francesco I, pace in argento colla scena della Deposizione (sec. XVI), bozzetto originale di Lelio Orsi in ricca cornice, frontale o paliotto in argento (sec. XIX), una croce astile, estensori, reliquari, turiboli, piatti, calici a sbalzo, a cesello, targhe ecc. Nella vetrina di centro ricca collezione di gioielli antichi tra cui notevoli una collana con croce in filo d'oro e smalto ornata di perle e rubini, una croce a smeraldi, diversi arabeschi con pietre preziose e infine la corona votiva del Senato e Popolo di Reggio (1674) tempestata di gemme.

Nel vestibolo della porta che risponde su via dei Servi si trova il monumento elevato (1820) alla duchessa Maria Teresa Cybo-Malaspina, moglie del duca di Modena e Reggio, Ercole III d'Este.

Museo del Santuario della Beata Vergine della Ghiara

Manifattura emiliana, Tendina (detto telo di Jesse), anteriore 1617, ricamo su garza, cm 144×123. Destinata a celare e proteggere l’immagine della Madonna della Ghiara

Istituito nel 1982 per volontà della Fabbriceria del Tempio e dei Musei Civici il Museo della Basilica della Ghiara conserva e valorizza il patrimonio artistico della Basilica, importante tempio mariano ed esempio altissimo dell’arte emiliana del Seicento, con opere di Carracci, Guercino, Tiarini e altri. Il museo espone parte degli oggetti pervenuti al Tempio in segno di devozione.

Il museo è composta da 4 sale: la sala iconografica conserva la sinopia dell’immagine miracolosa e altre opere. La I sala espone argenterie e oreficerie, tra cui gli importanti candelieri (tuttora utilizzati) seicenteschi donati dal duca Francesco I d'Este durante la peste. La II sala conserva, tra doni antichi e preziosi, il bozzetto di Lelio Orsi del 1569 per il restauro dell’immagine mariana. La III sala custodisce l’emblema civico e religioso della Basilica: la Corona donata dalla Comunità di Reggio nel 1674 per le molte grazie ricevute. Il Museo fa parte delle rete dei Musei Civici di Reggio Emilia ed è di proprietà del Comune di Reggio Emilia.[6]

Note

  1. ^ (EN) Catholic.org Basilicas in Italy
  2. ^ Da "Radiopace"
  3. ^ Da "Santi e Beati"
  4. ^ Il Santuario della Madonna della Ghiara a Reggio Emilia, a cura di A. Bacchi e M. Mussini, ed. Umberto Allemandi, Torino, per Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, 1996
  5. ^ Un'analisi approfondita del progetto si trova in: Franca Manenti Valli, L'architettura della Ghiara a Reggio Emilia. Il 'modello quadro' , ed. Consultalibrieprogetti, Reggio Emilia, 2019
  6. ^ Museo del Santuario della Beata Vergine della Ghiara, su Musei Civici di Reggio Emilia. URL consultato il 14 febbraio 2022.

Bibliografia

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