Il lungo silenzio: differenze tra le versioni

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|titolo alfabetico= Lungo silenzio, Il
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|anno uscita = [[1993]]
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|genere = Drammatico
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==Trama==
==Trama==
Una storia di ordinaria paura ambientata - in un futuro più o meno prossimo - in una qualunque città italiana, Roma per esempio, epicentro simbolico, e non solo, della collusione fra poteri politici e poteri criminali. Qui vivono Carla Aldrovandi, una ginecologa, e suo marito Marco Canova, magistrato "in prima linea". L'esistenza di Carla è dominata e condizionata dal terrore, aggravato da frequenti minacce, che il giudice - impegnato in una complessa indagine sulla Cooperazione allo sviluppo e su un sofisticato traffico d'armi scaturita da una precedente inchiesta sulle tangenti - possa essere assassinato da un momento all'altro. Cosa che puntualmente si verificherà e che spingerà Carla, dopo i primi terribili momenti di dolorosa prostrazione, a reagire e a non arrendersi, nel tentativo di giungere alla verità e di spezzare insieme ad altre donne nella sua stessa condizione il muro del silenzio, del "lungo silenzio" del quale da sempre si sono giovati e ancora si giovano i mandanti e gli esecutori dei tanti fatti e misfatti che insanguinano e abbrutiscono questo straordinario e disgraziato Paese.
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"Non era mai accaduto che un regista italiano pensasse a raccontare il destino delle mogli di quei magistrati che nell’Italia tragica conducono una vita blindata prigionieri delle misure di sicurezza, e che tuttavia vengono ammazzati: di queste donne si ha la percezione soltanto quando diventano vedove, e soltanto come di figure dolenti, luttuose. Margarethe von Trotta ha pensato a loro: alla loro esistenza in cui ogni rapporto è falsato e paralizzato dalla presenza della scorta, dalla mancanza di libertà e intimità, dall’incombere delle minacce di morte, dalle mille cose rischiose non dette in una finzione di normalità quasi peggiore della drammatizzazione, dall’avvilimento di scoprire se stesse come persone querule, questuanti, invocanti dal marito prudenza e un poco più di tempo." ([[Lietta Tornabuoni]], ''La Stampa'')



==Riconoscimenti==
==Riconoscimenti==

Versione delle 17:30, 31 mag 2017

Il lungo silenzio
Titolo originaleIl lungo silenzio
Paese di produzioneItalia
Anno
Durata95 min
Generedrammatico
RegiaMargarethe von Trotta
SoggettoFelice Laudadio
SceneggiaturaFelice Laudadio
FotografiaMarco Sperduti
MontaggioNino Baragli, Ugo De Rossi
MusicheEnnio Morricone
ScenografiaAntonello Geleng
CostumiCarlo Poggioli
Interpreti e personaggi

[[Categoria:Film italiani del 1993]]

Il lungo silenzio è un film del 1993 diretto da Margarethe von Trotta, scritto e prodotto da Felice Laudadio.

Trama

Una storia di ordinaria paura ambientata - in un futuro più o meno prossimo - in una qualunque città italiana, Roma per esempio, epicentro simbolico, e non solo, della collusione fra poteri politici e poteri criminali. Qui vivono Carla Aldrovandi, una ginecologa, e suo marito Marco Canova, magistrato "in prima linea". L'esistenza di Carla è dominata e condizionata dal terrore, aggravato da frequenti minacce, che il giudice - impegnato in una complessa indagine sulla Cooperazione allo sviluppo e su un sofisticato traffico d'armi scaturita da una precedente inchiesta sulle tangenti - possa essere assassinato da un momento all'altro. Cosa che puntualmente si verificherà e che spingerà Carla, dopo i primi terribili momenti di dolorosa prostrazione, a reagire e a non arrendersi, nel tentativo di giungere alla verità e di spezzare insieme ad altre donne nella sua stessa condizione il muro del silenzio, del "lungo silenzio" del quale da sempre si sono giovati e ancora si giovano i mandanti e gli esecutori dei tanti fatti e misfatti che insanguinano e abbrutiscono questo straordinario e disgraziato Paese. "Non era mai accaduto che un regista italiano pensasse a raccontare il destino delle mogli di quei magistrati che nell’Italia tragica conducono una vita blindata prigionieri delle misure di sicurezza, e che tuttavia vengono ammazzati: di queste donne si ha la percezione soltanto quando diventano vedove, e soltanto come di figure dolenti, luttuose. Margarethe von Trotta ha pensato a loro: alla loro esistenza in cui ogni rapporto è falsato e paralizzato dalla presenza della scorta, dalla mancanza di libertà e intimità, dall’incombere delle minacce di morte, dalle mille cose rischiose non dette in una finzione di normalità quasi peggiore della drammatizzazione, dall’avvilimento di scoprire se stesse come persone querule, questuanti, invocanti dal marito prudenza e un poco più di tempo." (Lietta Tornabuoni, La Stampa)


Riconoscimenti

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