Il deserto dei Tartari (film): differenze tra le versioni

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== Trama ==
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L'ufficiale Giovanni Drogo, appena nominato [[sottotenente]] dell'[[esercito]] imperiale di una nazione imprecisata, viene comandato alla Fortezza Bastiani, un inaccessibile e remoto avamposto [[militare]], dove una nutrita guarnigione di soldati e ufficiali ha il compito di sorvegliare la frontiera desertica che separa l'impero da una misteriosa ma minacciosa popolazione: i [[Tartari]].
L'ufficiale Giovanni Drogo, appena nominato [[sottotenente]] dell'[[esercito]] imperiale di una nazione imprecisata (potrebbe però essere l'[[Impero Austro-ungarico]] riconoscibile dalle uniformi e dalle bandiere), viene comandato alla Fortezza Bastiani, un inaccessibile e remoto avamposto [[militare]], dove una nutrita guarnigione di soldati e ufficiali ha il compito di sorvegliare la frontiera desertica che separa l'impero da una misteriosa ma minacciosa popolazione: i [[Tartari]].


L'ufficiale si lascerà presto assimilare a quei rigidi rituali militari che animano quotidianamente la fortezza e i suoi occupanti e ne determinano comportamenti e relazioni, nell'attesa di un evento eroico e glorioso, di un'invasione, di una battaglia finale dalla quale ognuno potrà ricavare gloria e prestigio.
L'ufficiale si lascerà presto assimilare a quei rigidi rituali militari che animano quotidianamente la fortezza e i suoi occupanti e ne determinano comportamenti e relazioni, nell'attesa di un evento eroico e glorioso, di un'invasione, di una battaglia finale dalla quale ognuno potrà ricavare gloria e prestigio.

Versione delle 20:12, 31 ott 2015

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Drogo (Jacques Perrin) e il cap. Ortiz (Max Von Sydow)
Paese di produzioneItalia
Durata147 minuti
Generedrammatico
RegiaValerio Zurlini
SoggettoDino Buzzati (romanzo)
SceneggiaturaAndré-Georges Brunelin
ProduttoreMichelle De Broca, Jacques Perrin, Giorgio Salvaggi
FotografiaLuciano Tovoli
MontaggioFranco Arcalli, Raimondo Crociani
MusicheEnnio Morricone
ScenografiaGiancarlo Bartolini Salimbeni
CostumiGiancarlo Bartolini Salimbeni
Interpreti e personaggi

Il deserto dei Tartari è un film del 1976, diretto da Valerio Zurlini, tratto dal romanzo omonimo di Dino Buzzati. È stato l'ultimo film diretto da Zurlini.

Trama

L'ufficiale Giovanni Drogo, appena nominato sottotenente dell'esercito imperiale di una nazione imprecisata (potrebbe però essere l'Impero Austro-ungarico riconoscibile dalle uniformi e dalle bandiere), viene comandato alla Fortezza Bastiani, un inaccessibile e remoto avamposto militare, dove una nutrita guarnigione di soldati e ufficiali ha il compito di sorvegliare la frontiera desertica che separa l'impero da una misteriosa ma minacciosa popolazione: i Tartari.

L'ufficiale si lascerà presto assimilare a quei rigidi rituali militari che animano quotidianamente la fortezza e i suoi occupanti e ne determinano comportamenti e relazioni, nell'attesa di un evento eroico e glorioso, di un'invasione, di una battaglia finale dalla quale ognuno potrà ricavare gloria e prestigio.

Il tenente Drogo trascorrerà alla fortezza tutta la sua vita nella attesa vana di una minaccia che si concretizzerà proprio nel momento in cui, anziano, stanco e malato, dovrà abbandonare per sempre la guarnigione mentre ingenti rinforzi e nuove truppe, inviate dalla capitale, risaliranno le mulattiere che conducono alla Fortezza Bastiani per combattere i Tartari, che finalmente avranno attraversato il deserto e attaccato l'impero.

Produzione

Alcuni registi (Antonioni, Jancsó) avevano progettato un'opera cinematografica basata sul romanzo di Buzzati, ma non avevano dato corso alla realizzazione per le inevitabili difficoltà sia di tipo narrativo, sia di tipo economico. La situazione si sbloccò grazie a Jacques Perrin, che si impegnò personalmente nella ricerca di finanziamenti, e soprattutto grazie alla fortunosa scoperta, nell'Iran sud-orientale, dell'antica fortezza di Arg-e Bam, che sarebbe diventata l'ambientazione del film.

L'arrivo di Giovanni Drogo alla fortezza

La città, patrimonio dell'umanità UNESCO, fu poi quasi completamente distrutta dal terremoto che colpì l'Iran nel dicembre del 2003, causando più di 40.000 vittime.

Alcune scene aggiuntive furono tuttavia girate a Bressanone, in Alto Adige, e nella zona di Campo Imperatore, in Abruzzo, mentre gli interni furono creati a Cinecittà.

Distribuzione

Premi e riconoscimenti

Il film vinse, battendo Casanova di Federico Fellini, il David di Donatello per la regia nel 1977, ex aequo con Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli.

Valerio Zurlini dovette dividere con lo stesso Monicelli anche la statuetta del David di Donatello per il miglior film.

David speciale a Giuliano Gemma per la sua interpretazione del Maggiore Matis.

Differenze fra romanzo e film

La vicenda narrativa segue quella del Tenente Drogo buzzatiano; fanno eccezione alcune rifiniture della sceneggiatura, come ad esempio i tratti di alcuni personaggi che risultano leggermente accentuati rispetto alla vaghezza esistenziale del romanzo (personaggi i cui nomi vengono talvolta modificati). A ciò si aggiunge la presenza di diverse scene che vedono assente il protagonista; in tal modo si perde la scorrevolezza e la limpidità della trama fornita dal punto di vista unico (basato cioè sul solo Drogo) presente nel libro.

L'inaccessibilità della fortezza, il suo isolamento fisico ed esistenziale rimangono centrali per tutto lo svolgimento del film, così come l'idea della frontiera morta, del deserto, della presenza di un nemico assente e dell'inutilità del tempo. La vastità degli ambienti e la coreografia delle immagini, che si alternano tra gli esterni assolati o crepuscolari e gli interni tenebrosi e ciechi della Fortezza Bastiano (così viene indicata nel film quella che nel romanzo è la Fortezza Bastiani), esprimono l'immobilità corale esattamente come nel romanzo in cui le povere vicende umane, annullate dalla contemplazione della vastità, hanno luogo.

Tuttavia, pur abbastanza fedele al romanzo nello spirito e nei fatti narrati, il film se ne discosta moltissimo da tutti e due i punti di vista nel finale. Infatti, nel film Drogo muore (o forse semplicemente si addormenta in preda alla febbre) disperato e pieno di rimpianti sulla carrozza che lo sta portando lontano dalla fortezza verso la quale stanno già galoppando i "Tartari". Il romanzo ha un finale molto diverso: lasciata la fortezza sulla carrozza Drogo osserva durante la prima parte del viaggio, altrettanto sconvolto e amareggiato, il passaggio sulla strada in senso contrario dei rinforzi diretti alla fortezza. Tuttavia, giunta la notte, deve pernottare in una locanda; qui trascorre le ultime ore di vita sdraiato nel letto nella notte acquistando pian piano la consapevolezza che la battaglia, che aveva aspettato tutta la vita alla fortezza Bastiani ma che aveva perso all'ultimo momento, si presentava ora in modo molto diverso ma molto più importante sotto forma dell'affrontare senza paura la morte. Con la raggiunta consapevolezza di questa battaglia decisiva e più importante da combattere, Drogo muore riappacificato con la sua storia, della quale ha finalmente trovato un senso anche ultraterreno.

Il film trascende la finzione e diventa metafora kafkiana della vita, trascorsa senza altra aspettativa che l'attesa della morte e quando questa arriva, l'impossibilità a opporvisi[1].

Note

Voci correlate

Collegamenti esterni

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