Omicidio di Giorgiana Masi: differenze tra le versioni

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Appartenente a famiglia di media condizione sociale - il padre era parrucchiere e la madre casalinga - Giorgiana Masi abitava con i genitori e la sorella maggiore in un appartamento di [[via Trionfale]] a Roma, nei pressi dell'[[ospedale San Filippo Neri]], e frequentava il quinto anno del [[Liceo Scientifico]] Statale "Louis Pasteur". Nel tardo pomeriggio di quel [[giovedì]] 12 maggio 1977 si trovava, in compagnia del fidanzato ventunenne Gianfranco Papini, nel [[Centro storico di Roma|centro storico della capitale]], dove imperversavano violenti scontri tra dimostranti e forze dell'ordine. Alle ore 19,55 i due erano in piazza [[Giuseppe Gioacchino Belli]], quando un proiettile [[calibro 22]] colpì Giorgiana all'addome. Subito soccorsa, venne trasportata in ospedale, dove i medici non poterono fare altro che constatarne il decesso. <ref>[[Luigi Irdi]], ''La polizia impedisce il raduno vietato dei radicali. Violenti scontri nel centro di Roma, uccisa una ragazza'', [[ Corriere della Sera]], 13 maggio 1977</ref> <ref>''Ho sentito sparare e Giorgiana è caduta'', [[l'Unità]], inserto ''Roma-Regione'', 13 maggio 1977, pag.12</ref><ref>[[Carlo Rivolta]], ''Ancora guerra a Roma'', [[La Repubblica]], 13 maggio 1977</ref>
Appartenente a famiglia di media condizione sociale - il padre era parrucchiere e la madre casalinga - Giorgiana Masi abitava con i genitori e la sorella maggiore in un appartamento di [[via Trionfale]] a Roma, nei pressi dell'[[ospedale San Filippo Neri]], e frequentava il quinto anno del [[Liceo Scientifico]] Statale "Louis Pasteur". Nel tardo pomeriggio di quel [[giovedì]] 12 maggio 1977 si trovava, in compagnia del fidanzato ventunenne Gianfranco Papini, nel [[Centro storico di Roma|centro storico della capitale]], dove imperversavano violenti scontri tra dimostranti e forze dell'ordine. Alle ore 19,55 i due erano in piazza [[Giuseppe Gioacchino Belli]], quando un proiettile [[calibro 22]] colpì Giorgiana all'addome. Subito soccorsa, venne trasportata in ospedale, dove i medici non poterono fare altro che constatarne il decesso. <ref>[[Luigi Irdi]], ''La polizia impedisce il raduno vietato dei radicali. Violenti scontri nel centro di Roma, uccisa una ragazza'', [[ Corriere della Sera]], 13 maggio 1977</ref> <ref>''Ho sentito sparare e Giorgiana è caduta'', [[l'Unità]], inserto ''Roma-Regione'', 13 maggio 1977, pag.12</ref><ref>[[Carlo Rivolta]], ''Ancora guerra a Roma'', [[La Repubblica]], 13 maggio 1977</ref>


==La manifestazione==
== I fatti ==
Il [[12 maggio]] [[1977]], terzo anniversario del [[referendum]] sul [[divorzio]], i [[Partito Radicale (Italia)|Radicali]] indissero un ''[[sit-in]]'' in [[Piazza Navona]] nonostante fosse in vigore il divieto di manifestazioni pubbliche, decretato dopo che l'uccisione dell'agente [[Settimio Passamonti]] e il ferimento di cinque agenti di pubblica sicurezza avvenuti durante scontri coi manifestanti il precedente [[21 aprile]].


=== Il contesto ===
All'iniziativa del [[12 maggio]] aderirono i simpatizzanti del movimento degli [[movimento del '77|autonomi]] per protestare contro la diminuzione degli spazi di espressione politica ed il clima repressivo nei loro confronti. Nelle strade erano presenti centinaia di membri delle forze dell'ordine in assetto antisommossa, coadiuvati da agenti in borghese. Nella giornata scoppiarono diversi incidenti, con lancio di bombe incendiarie e colpi d’arma da fuoco. Nei giorni successivi diverse persone, tra i quali [[Marco Pannella]], sottolinearono nelle loro dichiarazioni la presenza di agenti in borghese nascosti tra i dimostranti.

Nella seconda metà degli [[anni 1970|anni Settanta]] il clima di violenza politica che caratterizzava il [[nord Italia]], iniziò a contagiare anche il centro e il sud, con particolare riguardo a Roma, dove si verificarono una lunga serie di scontri tra fazioni politiche di destra e di sinistra, tra loro o con le forze dell'ordine, culminati con la sparatoria del [[21 aprile]] 1977 tra agenti di polizia e manifestanti dell'area di [[Autonomia Operaia]] che si concluse con l'uccisione dell'agente [[Settimio Passamonti]] e il ferimento di quattro suoi commilitoni.
{{Quote|Deve finire il tempo dei figli dei contadini meridionali uccisi dai figli della borghesia romana|dalla relazione al Parlamento del ministro [[Francesco Cossiga]], il [[22 aprile]] [[1977]]}}
Il giorno dopo, il [[ministro dell'interno]] [[Francesco Cossiga]] annunciò in [[Parlamento]] di aver dato disposizioni per vietare nel Lazio, fino al successivo 31 maggio, tutte le manifestazioni pubbliche, ad eccezione di quelle indette dai partiti dell'[[arco costituzionale]]. Il provvedimento di Cossiga venne fortemente sostenuto dal [[Partito Comunista Italiano]], che riteneva non trovarsi «più di fronte a turbamenti anche violenti dell’ordine ma a un criminoso assalto armato allo Stato e alla società», apertamente chiedendo «fermezza, ordine, sicurezza nella democrazia».

Il [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]], non compreso tra quelli dell'arco costituzionale, decise di sfidare apertamente il divieto, indicendo un ''[[sit-in]]'' in [[piazza Navona]] per il [[12 maggio]], motivato dalla raccolta di firme alla proposta [[Referendum abrogativi del 1978 in Italia|dei referendum abrogativi]] e dal celebrare il terzo anniversario della vittoria nel precedente [[Referendum abrogativo del 1974|referendum sul divorzio]].

===La manifestazione===

Profittando dell'iniziativa, si radunarono anche i simpatizzanti del [[movimento del '77|movimento]] e gli appartenenti a varie formazioni della [[sinistra extraparlamentare]], per protestare contro la diminuzione degli spazi di espressione politica ed il clima repressivo nei loro confronti. Già durante [[Festa dei lavoratori|celebrazioni a Roma del 1º maggio]], le stesse formazioni avevano tentato di unirsi al corteo sindacale, venendo respinte e isolate dal servizio d'ordine. Il 12 maggio, prevedendo il ripetersi della situazione, nelle strade erano presenti circa 5.000 agenti delle forze dell'ordine in assetto antisommossa, coadiuvati da agenti in borghese, il cui coordinamento operativo era stato messo a punto nel corso di una riunione al [[Ministero dell'Interno|Viminale]], il precedente [[3 maggio]]. Nella giornata scoppiarono diversi incidenti, con lancio di bombe incendiarie e colpi d’arma da fuoco. Nei giorni successivi diverse persone, tra i quali [[Marco Pannella]], sottolinearono nelle loro dichiarazioni la presenza di agenti in borghese nascosti tra i dimostranti.


Nel tardo pomeriggio (il sole era quasi calato poiché nel 1977 l'ora legale entrava in vigore dal 22 maggio), tra le ore 19 e le ore 20, due ragazze e un carabiniere furono raggiunti da proiettili esplosi da [[Ponti di Roma#Ponti moderni sul Tevere|Ponte Garibaldi]] e da altre direzioni: primo a essere colpito, dopo le 19, il carabiniere Francesco Ruggeri (o Ruggero)<ref> [http://www.lestintorecheamleto.net/masi.htm G. Masi]</ref> ferito alla mano; verso le 20 vengono colpite Giorgiana Masi, in Piazza Belli ed Elena Ascione, ferita a una gamba nei pressi della vicina piazza Sonnino.
Nel tardo pomeriggio (il sole era quasi calato poiché nel 1977 l'ora legale entrava in vigore dal 22 maggio), tra le ore 19 e le ore 20, due ragazze e un carabiniere furono raggiunti da proiettili esplosi da [[Ponti di Roma#Ponti moderni sul Tevere|Ponte Garibaldi]] e da altre direzioni: primo a essere colpito, dopo le 19, il carabiniere Francesco Ruggeri (o Ruggero)<ref> [http://www.lestintorecheamleto.net/masi.htm G. Masi]</ref> ferito alla mano; verso le 20 vengono colpite Giorgiana Masi, in Piazza Belli ed Elena Ascione, ferita a una gamba nei pressi della vicina piazza Sonnino.

Versione delle 17:20, 15 ago 2010

«...e poi primavera / e qualcosa cambiò, / qualcuno moriva / e su un ponte lasciò / lasciò i suoi vent'anni / e qualcosa di più...»

Giorgiana Masi, fotografia dal documento d'identità

Giorgiana Masi (Roma, 6 agosto 1958Roma, 12 maggio 1977) è stata una studentessa italiana, uccisa a diciannove anni durante una manifestazione di piazza.

Appartenente a famiglia di media condizione sociale - il padre era parrucchiere e la madre casalinga - Giorgiana Masi abitava con i genitori e la sorella maggiore in un appartamento di via Trionfale a Roma, nei pressi dell'ospedale San Filippo Neri, e frequentava il quinto anno del Liceo Scientifico Statale "Louis Pasteur". Nel tardo pomeriggio di quel giovedì 12 maggio 1977 si trovava, in compagnia del fidanzato ventunenne Gianfranco Papini, nel centro storico della capitale, dove imperversavano violenti scontri tra dimostranti e forze dell'ordine. Alle ore 19,55 i due erano in piazza Giuseppe Gioacchino Belli, quando un proiettile calibro 22 colpì Giorgiana all'addome. Subito soccorsa, venne trasportata in ospedale, dove i medici non poterono fare altro che constatarne il decesso. [1] [2][3]

I fatti

Il contesto

Nella seconda metà degli anni Settanta il clima di violenza politica che caratterizzava il nord Italia, iniziò a contagiare anche il centro e il sud, con particolare riguardo a Roma, dove si verificarono una lunga serie di scontri tra fazioni politiche di destra e di sinistra, tra loro o con le forze dell'ordine, culminati con la sparatoria del 21 aprile 1977 tra agenti di polizia e manifestanti dell'area di Autonomia Operaia che si concluse con l'uccisione dell'agente Settimio Passamonti e il ferimento di quattro suoi commilitoni.

«Deve finire il tempo dei figli dei contadini meridionali uccisi dai figli della borghesia romana»

Il giorno dopo, il ministro dell'interno Francesco Cossiga annunciò in Parlamento di aver dato disposizioni per vietare nel Lazio, fino al successivo 31 maggio, tutte le manifestazioni pubbliche, ad eccezione di quelle indette dai partiti dell'arco costituzionale. Il provvedimento di Cossiga venne fortemente sostenuto dal Partito Comunista Italiano, che riteneva non trovarsi «più di fronte a turbamenti anche violenti dell’ordine ma a un criminoso assalto armato allo Stato e alla società», apertamente chiedendo «fermezza, ordine, sicurezza nella democrazia».

Il Partito Radicale, non compreso tra quelli dell'arco costituzionale, decise di sfidare apertamente il divieto, indicendo un sit-in in piazza Navona per il 12 maggio, motivato dalla raccolta di firme alla proposta dei referendum abrogativi e dal celebrare il terzo anniversario della vittoria nel precedente referendum sul divorzio.

La manifestazione

Profittando dell'iniziativa, si radunarono anche i simpatizzanti del movimento e gli appartenenti a varie formazioni della sinistra extraparlamentare, per protestare contro la diminuzione degli spazi di espressione politica ed il clima repressivo nei loro confronti. Già durante celebrazioni a Roma del 1º maggio, le stesse formazioni avevano tentato di unirsi al corteo sindacale, venendo respinte e isolate dal servizio d'ordine. Il 12 maggio, prevedendo il ripetersi della situazione, nelle strade erano presenti circa 5.000 agenti delle forze dell'ordine in assetto antisommossa, coadiuvati da agenti in borghese, il cui coordinamento operativo era stato messo a punto nel corso di una riunione al Viminale, il precedente 3 maggio. Nella giornata scoppiarono diversi incidenti, con lancio di bombe incendiarie e colpi d’arma da fuoco. Nei giorni successivi diverse persone, tra i quali Marco Pannella, sottolinearono nelle loro dichiarazioni la presenza di agenti in borghese nascosti tra i dimostranti.

Nel tardo pomeriggio (il sole era quasi calato poiché nel 1977 l'ora legale entrava in vigore dal 22 maggio), tra le ore 19 e le ore 20, due ragazze e un carabiniere furono raggiunti da proiettili esplosi da Ponte Garibaldi e da altre direzioni: primo a essere colpito, dopo le 19, il carabiniere Francesco Ruggeri (o Ruggero)[4] ferito alla mano; verso le 20 vengono colpite Giorgiana Masi, in Piazza Belli ed Elena Ascione, ferita a una gamba nei pressi della vicina piazza Sonnino.

Le indagini

L'inchiesta sull'uccisione di Giorgiana Masi e sul ferimento di Elena Ascione e del carabiniere Francesco Ruggeri (o Ruggero) fu chiusa il 9 maggio 1981 dal giudice istruttore Claudio D'Angelo su conforme richiesta del Pubblico Ministero con la dichiarazione di impossibilità di procedere poiché rimasti ignoti i responsabili del reato.

In un estratto della sentenza, riportato dalla stampa[5] il giudice scrive: «...È netta sensazione dello scrivente che mistificatori, provocatori e sciacalli (estranei sia alle forze dell’ordine sia alle consolidate tradizioni del Partito Radicale, che della non-violenza ha sempre fatto il proprio nobile emblema), dopo aver provocato i tutori dell’ordine ferendo il sottufficiale Francesco Ruggero, attesero il momento in cui gli stessi decisero di sbaraccare le costituite barricate e disperdere i dimostranti, per affondare i vili e insensati colpi mortali, sparando indiscriminatamente contro i dimostranti e i tutori dell’ordine.».

Riapertura delle indagini

Nel 1998, in seguito alla riapertura delle indagini - da anni sollecitate da più parti, ed affidate al Pm Giovanni Salvi della procura di Roma[6] -, venne riesaminata la pista che riguardava la pistola.

Per l'ex presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino, le parole di Cossiga pronunciate sull'accaduto confermerebbero come "quel giorno ci possa essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dell'ordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arrivò nel 1992-1993".

La commissione d'inchiesta

Il deputato verde Paolo Cento, nel 1998, presentò una proposta di legge per la costituzione di una commissione che si occupi di "abbattere il muro di omertà, silenzi e segreti attorno all'assassinio della giovane e per individuare chi ha permesso l'impunità dei responsabili".

Polemiche

La celebre foto raffigurante l'agente Giovanni Santone in borghese armato durante gli scontri. Alla sua destra un funzionario ed un agente in divisa

L’allora ministro dell'interno Francesco Cossiga fu coinvolto in aspre polemiche per l'inadeguata gestione dell'ordine pubblico (vi sono fotografie che mostrano agenti in borghese mimetizzati tra i manifestanti che parrebbero, secondo alcune interpretazioni, sparare ad altezza d'uomo). Lo stesso Cossiga si dichiarò pronto a dimettersi al manifestarsi di una condizione: avere "le prove che la polizia aveva sparato". Nel 2003 dichiarò, però: "Non li ho mai detti alle autorità giudiziarie e non li dirò mai i dubbi che un magistrato e funzionari di polizia mi insinuarono sulla morte di Giorgiana Masi: se avessi preso per buono ciò che mi avevano detto sarebbe stata una cosa tragica"[7].

La storia della morte di Giorgiana Masi è stata presa a simbolo di molte lotte giovanili contro presunte ingiustizie della polizia e della politica ed è ancor oggi oggetto di forte polemica.

In un'intervista al Corriere della Sera del 25 gennaio 2007 l'ex Ministro dell'Interno dichiarò di essere una delle cinque persone che sono a conoscenza del nome dell'assassino[8].

Sviluppi successivi

La lapide in ricordo di Giorgiana Masi posta su Ponte Garibaldi a Roma

Il 24 ottobre 2008, a seguito ad un'intervista rilasciata dal senatore a vita Francesco Cossiga al Quotidiano Nazionale, nella quale suggeriva l'uso della violenza nei confronti dei manifestanti, la senatrice Radicale (eletta nelle file del Partito Democratico) Donatella Poretti ha deciso di depositare un disegno di legge per l'istituzione d'una commissione d'inchiesta sull'omicidio politico di Giorgiana Masi:

«In una intervista sul Quotidiano Nazionale del 23 ottobre, il Presidente emerito Francesco Cossiga, ha consigliato al Ministro degli Interni di gestire le manifestazioni e le occupazioni delle scuole in corso in questi giorni infiltrando provocatori che suscitino violenza sì da giustificare l’uso contro di loro della forza pubblica. A maggior ragione ho quindi ritenuto necessario presentare al Senato, dopo una medesima proposta alla Camera dall’On. Maurizio Turco (Radicali Italiani - PD), un Disegno di legge per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti che determinarono, il 12 maggio 1977, la morte della allora diciottenne Giorgiana Masi. Militante Radicale, uccisa da un colpo di pistola vagante, mentre altre persone furono ferite in modo grave, partecipava ad una manifestazione nonviolenta in occasione dell’anniversario della vittoria del referendum sul divorzio. A capo del Viminale allora c’era proprio Francesco Cossiga, che negò in modo categorico che il proiettile vagante potesse essere stato sparato dalla Polizia, nonostante numerose foto e testimonianze inequivocabili abbiano successivamente portato all’identificazione di un poliziotto con tanto di nome e cognome, e immortalato mentre in borghese, vestito con una maglia a strisce, si era infiltrato nella manifestazione per fomentare i disordini. Il disegno di legge per l’istituzione di una Commissione d’inchiesta su questi fatti ha ricevuto anche l’adesione dei Senatori Marco Perduca, Felice Casson e Gianrico Carofiglio

Lo stesso giorno d'ottobre 2008, anche Alfio Nicotra (esponente di Rifondazione Comunista) ha chiesto che l'inchiesta venga riaperta.[9].

Voci correlate

Note

  1. ^ Luigi Irdi, La polizia impedisce il raduno vietato dei radicali. Violenti scontri nel centro di Roma, uccisa una ragazza, Corriere della Sera, 13 maggio 1977
  2. ^ Ho sentito sparare e Giorgiana è caduta, l'Unità, inserto Roma-Regione, 13 maggio 1977, pag.12
  3. ^ Carlo Rivolta, Ancora guerra a Roma, La Repubblica, 13 maggio 1977
  4. ^ G. Masi
  5. ^ Il Messaggero, 23 aprile 1998
  6. ^ Il Messaggero, 23 aprile 1998
  7. ^ RAI - Report - "Perche'... il segreto di stato?", di Bernardo Iovene
  8. ^ http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2007/01_Gennaio/25/cazzullo.shtml
  9. ^ - Nicotra: dopo le dichiarazioni di Cossiga riaprire l'inchiesta su Giorgiana Masi

Bibliografia

Collegamenti esterni

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