Crauti: differenze tra le versioni

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Versione delle 19:27, 31 mag 2020

Crauti
Crauti che accompagnano un Bratwurst insieme alle patate
Origini
Luoghi d'origine[[File:Template:Naz/Gelsomino|class=noviewer|Bandiera Template:Naz/GelsominoTemplate:Naz/Gelsomino|20x16px]] Template:Naz/Gelsomino
Bandiera dell'Italia Italia
RegioneTrentino-Alto Adige
Zona di produzionetutto il territorio
Dettagli
Categoriacontorno
RiconoscimentoP.A.T.
Settoreprodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

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I crauti (in tedesco Sauerkraut, letteralmente "erba acida" o "verdura acida") sono un contorno tipico della cucina tedesca, ottenuto dal cavolo cappuccio, tagliato finemente e sottoposto a fermentazione lattica.[1]

Sono detti anche salcrauti o sarcrauti (come adattamento dell'origine tedesco), oppure cavoli acidi o anche, in Venezia Giulia, cappucci acidi[2], a Trieste si chiamano capuzi.

Caratteristiche

I crauti sono uno dei prodotti più frequenti nella dieta germanica, al punto da formare all'estero, insieme a patate e salsicce, il cliché nutrizionale generalmente attribuito ai tedeschi.

La preparazione è a base di cavolo cappuccio, le cui foglie sono tagliate a piccole strisce e sottoposte a fermentazione lattica naturale controllata, per circa due mesi, con aggiunte di sale da cucina, pepe e aromi.[2] Il procedimento, usato principalmente come metodo di conservazione, modifica il profilo organolettico del vegetale e conferisce ai crauti il tipico sapore deciso e leggermente aspro.

Il risultato è un alimento ricco di vitamine e sali minerali. I crauti favoriscono la digestione, poiché rinforzano la flora intestinale, allontanando così batteri e virus patogeni. Questo risultato lo abbiamo solo se mangiati crudi. Infatti nella cottura tutti i fermenti vivi e le vitamine termolabili, così importanti per la nostra flora intestinale e non solo, vengono compromessi.[senza fonte]

I crauti appartengono alla tradizione gastronomica non solo di aree di lingua tedesca come Austria, Germania, alcuni cantoni svizzeri e Alto Adige, ma anche di paesi come Slovenia ("kislo zelje"), Ungheria, Croazia, Polonia (kapusta kiszona), Russia (Квашеная капуста, kvašenaja kapusta), Ucraina, Bielorussia, Repubblica Ceca (kysané zelí), Bosnia ed Erzegovina e Serbia (kiseli kupus). I crauti vengono usati nei piatti tradizionali anche in Romania, chiamati in lingua romena varză murată. In Italia sono diffusi nei territori ex-asburgici come il Lombardo-Veneto (in alcune varianti della cassoeula) ed il Friuli-Venezia Giulia (con il nome di "capuzi"), oltre che nell'Emilia occidentale (con il nome di "sacrao"). In Trentino, ed in particolare nella zona del Tesino, e nella parte di Veneto che confina col Tesino, oltre ai crauti è possibile trovare le verde (o verdòle), una preparazione pressocché identica, se non nel taglio delle foglie (tagliate in piccoli quadretti) e per la durata della fermentazione (40-50 giorni).[3][4]

Note

  1. ^ cràuti, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 3 febbraio 2018.
  2. ^ a b Achille Morricone; Vincenzo Pedicino, Dizionario dietetico degli alimenti, Milano, A. Vallardi, 1986, p. 263.
  3. ^ Verde o Verdòle, su trentinoagricoltura.it. URL consultato il 30 aprile 2020.
  4. ^ Verde e crauti gemelli biovoulari, su appag.provincia.tn.it, 26 ottobre 2016. URL consultato il 30 aprile 2020.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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