Crauti: differenze tra le versioni

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I '''crauti''' (in [[lingua tedesca|tedesco]] ''Sauerkraut'', letteralmente "erba acida" o "verdura acida") sono un [[contorno]] tipico della [[cucina tedesca]], ottenuto dal cavolo, tagliato finemente e sottoposto a [[fermentazione lattica]].<ref name="treccani">{{Treccani|crauti|cràuti|v=sì|accesso=3 febbraio 2018}}</ref>
I '''crauti''' (in [[lingua tedesca|tedesco]] ''Sauerkraut'', letteralmente "erba acida" o "verdura acida") sono un [[contorno]] tipico della [[cucina tedesca]], ottenuto dal cavolo, tagliato finemente e sottoposto a [[fermentazione lattica]].<ref name="treccani">{{Treccani|crauti|cràuti|v=sì|accesso=3 febbraio 2018}}</ref>


Sono detti anche '''salcrauti''' o '''sarcrauti''' (come adattamento dell'origine tedesco), oppure '''cavoli acidi''' o anche, in [[Venezia Giulia]], '''cappucci acidi'''.<ref name=morricone>{{cita libro | coautori=Achille Morricone; Vincenzo Pedicino | titolo=Dizionario dietetico degli alimenti | anno=1986 | editore=A. Vallardi | città=Milano | p=263 }}</ref>
Sono detti anche '''salcrauti''' o '''sarcrauti''' (come adattamento dell'origine tedesco), oppure '''cavoli acidi''' o anche, in [[Venezia Giulia]], '''cappucci acidi'''<ref name="morricone">{{cita libro | coautori=Achille Morricone; Vincenzo Pedicino | titolo=Dizionario dietetico degli alimenti | anno=1986 | editore=A. Vallardi | città=Milano | p=263 }}</ref>, a [[Trieste]] si chiamano '''capuzi'''.


== Caratteristiche ==
== Caratteristiche ==

Versione delle 00:20, 16 nov 2019

Crauti
Crauti che accompagnano un Bratwurst insieme alle patate
Origini
Luoghi d'origineBandiera della Germania Germania
Bandiera dell'Italia Italia
RegioneTrentino-Alto Adige
Zona di produzionetutto il territorio
Dettagli
Categoriacontorno
RiconoscimentoP.A.T.
Settoreprodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

I crauti (in tedesco Sauerkraut, letteralmente "erba acida" o "verdura acida") sono un contorno tipico della cucina tedesca, ottenuto dal cavolo, tagliato finemente e sottoposto a fermentazione lattica.[1]

Sono detti anche salcrauti o sarcrauti (come adattamento dell'origine tedesco), oppure cavoli acidi o anche, in Venezia Giulia, cappucci acidi[2], a Trieste si chiamano capuzi.

Caratteristiche

I crauti sono uno dei prodotti più frequenti nella dieta germanica, al punto da formare all'estero, insieme a patate e salsicce, il cliché nutrizionale generalmente attribuito ai tedeschi.

La preparazione è a base di cavolo cappuccio, le cui foglie sono tagliate a piccole strisce e sottoposte a fermentazione lattica naturale controllata, per circa due mesi, con aggiunte di sale da cucina, pepe e aromi.[2] Il procedimento, usato principalmente come metodo di conservazione, modifica il profilo organolettico del vegetale e conferisce ai crauti il tipico sapore deciso e leggermente aspro.

Il risultato è un alimento ricco di vitamine e sali minerali. I crauti favoriscono la digestione, poiché rinforzano la flora intestinale, allontanando così batteri e virus patogeni. Questo risultato lo abbiamo solo se mangiati crudi. Infatti nella cottura tutti i fermenti vivi e le vitamine termolabili, così importanti per la nostra flora intestinale e non solo, vengono compromessi.[senza fonte]

I crauti appartengono alla tradizione gastronomica non solo di aree di lingua tedesca come Austria, Germania, alcuni cantoni svizzeri e Trentino-Alto Adige, ma anche di paesi come Slovenia ("kislo zelje"), Ungheria, Croazia, Polonia (kapusta kiszona), Russia (Квашеная капуста, kvašenaja kapusta), Ucraina, Bielorussia, Repubblica Ceca (kysané zelí), Bosnia ed Erzegovina e Serbia (kiseli kupus). I crauti vengono usati nei piatti tradizionali anche in Romania, chiamati in lingua romena varză murată. In Italia sono diffusi nei territori ex-asburgici come il Lombardo-Veneto (in alcune varianti della cassoeula) ed il Friuli-Venezia Giulia (con il nome di "capuzi"), oltre che nell'Emilia occidentale (con il nome di sacrao).

Note

  1. ^ cràuti, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 3 febbraio 2018.
  2. ^ a b Achille Morricone; Vincenzo Pedicino, Dizionario dietetico degli alimenti, Milano, A. Vallardi, 1986, p. 263.

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