Polietilene
Polietilene | |
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Abbreviazioni | |
PE | |
Numero CAS | |
Caratteristiche generali | |
Composizione | (C2H4)n |
Aspetto | solido bianco in varie forme |
Proprietà chimico-fisiche | |
Densità (g/cm3, in c.s.) | 0,88-0,96 |
Temperatura di fusione (K) | 115-140 °C (388,15 - 413,15 K) |
Indicazioni di sicurezza | |
Flash point (K) | 341 °C (614,15 K) |
Temperatura di autoignizione (K) | 330-410 °C (603,15 - 683,15 K) |
Simboli di rischio chimico | |
Codice di riciclaggio | |
02 PE-HD 04 PE-LD ![]() ![]() |
Il polietilene (noto anche come politene) è il più semplice dei polimeri sintetici ed è la più comune fra le materie plastiche.
Viene spesso indicato con la sigla "PE", così come ad esempio si usa "PS" per il polistirene o "PVC" per il polivinilcloruro o "PET" per il polietilentereftalato. Ha formula chimica (-C2H4-)n dove il grado di polimerizzazione n può arrivare fino ad alcuni milioni. Le catene possono essere di lunghezza variabile e più o meno ramificate.
Il polietilene è una resina termoplastica, si presenta come un solido trasparente (forma amorfa) o bianco (forma cristallina) con ottime proprietà isolanti e di stabilità chimica, è un materiale molto versatile e una delle materie plastiche più economiche; gli usi più comuni sono come isolante per cavi elettrici, film per l'agricoltura, borse e buste di plastica, contenitori di vario tipo, tubazioni, strato interno di contenitori asettici per liquidi alimentari e molti altri.
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Il polietilene è stato sintetizzato per la prima volta accidentalmente dal chimico tedesco Hans von Pechmann nel 1898, mentre riscaldava del diazometano. I suoi colleghi Eugen Bamberger e Friedrich Tschirner analizzarono la sostanza bianca simile a cera sulle pareti del contenitore e scoprirono che conteneva delle lunghe catene di -CH2-, decisero di chiamare questa sostanza polimetilene.
La prima sintesi industriale fu scoperta (ancora accidentalmente) da Eric Fawcett e Reginald Gibson alla ICI Chemicals nel 1933. Il polietilene si era formato applicando una pressione di diverse centinaia di atmosfere su un contenitore contenente etilene e benzaldeide, anche stavolta notarono un materiale simile a cera sulle pareti del contenitore. La reazione era stata tuttavia innescata da tracce di ossigeno contenute nel contenitore e non fu possibile replicarla con successo fino al 1935, quando un altro chimico ICI, Michael Perrin, sviluppò una sintesi industriale riproducibile per la sintesi del polietilene a bassa densità (LDPE)[1]. La prima tonnellata di materiale dimostrò che questo aveva qualità impareggiabili come isolante elettrico, e nell'agosto del 1939 ebbe inizio la produzione industriale, che fu interamente assorbita dalle necessità belliche (in particolare nelle tecniche collegate al radar).[2] Finita la guerra il polietilene rischiò di scomparire dai prodotti della ICI, ma i risultati delle ricerche su possibili nuove applicazioni dimostrarono che il polietilene era un materiale assai più versatile di quanto si fosse pensato.
Il traguardo seguente raggiunto nella sintesi del polietilene è stato lo sviluppo di numerosi tipi di catalizzatori che ne hanno permesso la sintesi a temperature e pressioni più blande. Il primo di questi catalizzatori era basato sul biossido di cromo, fu scoperto nel 1951 da Robert Banks e John Hogan alla Phillips Petroleum. Nel 1953, il chimico tedesco Karl Ziegler sviluppò un sistema catalitico basato su alogenuri di titanio e composti organici dell'alluminio che lavoravano a condizioni ancora più basse dei catalizzatori Phillips.[2] Questi ultimi, tuttavia, erano meno costosi e più facilmente maneggiabili; entrambi i sistemi vennero quindi usati nella sintesi industriale per la produzione di HDPE.
La catalisi di tipo Phillips ebbe inizialmente problemi nella sintesi di HDPE di qualità uniforme portando gli impianti che la utilizzavano a riempire i loro magazzini di prodotto fuori specifica. Il collasso finanziario fu evitato nel 1957, quando la diffusione di un giocattolo consistente in un tubo circolare di polietilene colorato, l'hula hoop, prese piede negli Stati Uniti.[2]
Un terzo sistema catalitico, basato sui metalloceni, fu scoperto nel 1976 in Germania da Walter Kaminsky e Hansjörg Sinn. Le catalisi a metalloceni e quella Ziegler hanno entrambe dimostrato un'ottima flessibilità nella sintesi di miscele di etene e alfa-olefine gettando le basi della vasta gamma di tipi di polietilene esistenti. Alcune di queste resine, come la fibra Dyneema, hanno cominciato a rimpiazzare materiali come il kevlar per le applicazioni dove sono richieste eccellenti proprietà meccaniche di resistenza a trazione.
Classificazione del polietilene[modifica | modifica wikitesto]

In base alla distribuzione dei pesi molecolari e al grado di ramificazione si ottengono tipi di polietilene con proprietà e usi differenti:
- Polietilene ad altissimo peso molecolare (UHMWPE): è un polietilene con peso molecolare medio compreso tra 3×106 e 6×106 u (secondo lo standard ASTM D4020).[3] Ne risulta un materiale con catene ben impaccate nella struttura cristallina e molto resistente. Questo tipo di polietilene viene sintetizzato attraverso la polimerizzazione per coordinazione con metalloceni. Le particolari proprietà meccaniche lo rendono adatto, a differenza degli altri tipi più comuni di polietilene, a impieghi particolari, come ad esempio protesi e giubbotti antiproiettile.
- Polietilene ad alta densità (HDPE) o (PEAD): è un polietilene poco ramificato,[4] ha quindi forze intermolecolari elevate e maggiore rigidezza rispetto al polietilene a bassa densità; viene generalmente sintetizzato attraverso polimerizzazione per coordinazione con un sistema catalitico di tipo Ziegler-Natta.
- Polietilene a bassa densità (LDPE): è molto più ramificato dell'HDPE, è quindi un materiale più duttile e meno rigido, viene generalmente sintetizzato attraverso polimerizzazione radicalica.
- Polietilene a media densità (MDPE): è caratterizzato da percentuali inferiori di catene ramificate rispetto al polietilene a bassa densità (LDPE).
- Polietilene lineare a bassa densità (LLDPE): è sostanzialmente polietilene lineare dotato di un numero significativo di ramificazioni corte; viene normalmente ottenuto per polimerizzazione di una miscela di etene e α-olefine (butene, esene, ottene) con catalisi di tipo Ziegler-Natta.
- Polietilene espanso: è un polietilene che tramite un processo fisico-chimico viene reso poroso, leggero e morbido.
Sintesi[modifica | modifica wikitesto]
Il polietilene si sintetizza a partire dall'etilene secondo la reazione:

Per la produzione industriale le possibilità sono:
- Polimerizzazione radicalica (o procedimento ad alta pressione): alte temperature (circa 80-300 °C), alte pressioni (circa 1.000-3.000 bar) e presenza di iniziatori radicalici (come ad esempio ossigeno o perossidi).[5] Questo processo viene sfruttato per produrre polietilene a bassa e media densità.[5]
- Polimerizzazione per coordinazione (o procedimento a bassa pressione): con l'uso di catalizzatori a base di metalli di transizione (ad esempio sistemi di catalisi Ziegler-Natta o catalizzatori di Phillips).[4]. Questo processo si utilizza per produrre polietilene ad alta densità.[4]
- Polimerizzazione con catalizzatori metallocenici, di prima e di seconda generazione con processo in fase gas, e soluzione.
Schema di processo[modifica | modifica wikitesto]

Applicazioni[modifica | modifica wikitesto]


Uno degli usi classici del polietilene è la fabbricazione, mediante estrusione e successive lavorazioni, dei sacchetti comunemente detti "di plastica", dove la plastica in questione è proprio il polietilene.
Il polietilene viene inoltre impiegato per la creazione del "film estensibile" e del "film a bolle d'aria" (o pluriball).
Altri usi del polietilene sono:[6]
- Impermeabilizzazioni edili generali con geomembrana in HDPE;
- rivestimento interno di confezioni in cartone per alimenti (per esempio cartoni del latte);
- flaconi per il contenimento di detersivi o alimenti;
- giocattoli;
- pellicole alimentari;
- tappi in plastica;
- tubi per il trasporto di acqua e gas naturale;
- pellicola di rivestimento di cavi elettrici e telefonici;
- palloni stratosferici;
- mobili per il giardino (Hularo);
- reti di recinzione utilizzate per la grandine, agricoltura, pesca e sicurezza sul lavoro
- inserti per protesi di ginocchio.
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Busta in polietilene
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Flacone in polietilene
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Barriera provvisoria componibile "New-Jersey" in polietilene
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Elemento di imballaggio in polietilene
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Pallone sonda in polietilene
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Tubi in polietilene
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Devis Bellucci, Materiali per la vita: le incredibili storie dei biomateriali che riparano il nostro corpo, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, p. 90, ISBN 978-88-339-3778-6.
- ^ a b c (EN) The Story of Polythene
- ^ Ullmann's, cap. 1.2.4.
- ^ a b c Villavecchia, p. 2517.
- ^ a b Villavecchia, pp. 2516-2517.
- ^ Ullmann's, cap. 1.6.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- (EN) Kenneth S. Whiteley, T. Geoffrey Heggs, Hartmut Koch, Ralph L. Mawer, Wolfgang Immel, Polyolefins [collegamento interrotto], in Ullmann's Encyclopedia of Industrial Chemistry, 2000, DOI:10.1002/14356007.a21_487.
- Vittorio Villavecchia, Gino Eigenmann, Ivo Ubaldini, Nuovo dizionario di merceologia e chimica applicata, Volume 5, Hoepli editore, 1975, ISBN 88-203-0532-1.
- (EN) Andrew J. Peacock, Handbook of polyethylene: structures, properties, and applications, Volume 57 di Plastics engineering, CRC Press, 2000, ISBN 0-8247-9546-6.
- (EN) John J. Ploskonka, Ray A. Gsell, Harvey L. Stein, Characterization and Properties of Ultra-high Molecular Weight Polyethylene, ASTM International, 1998, ISBN 0-8031-2482-1.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su polietilene
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- (EN) The manufacture of polyethylene (PDF), su nzic.org.nz. URL consultato il 29 aprile 2010 (archiviato dall'url originale il 25 maggio 2010).
- (EN) Polyethylene Bags (PDF) [collegamento interrotto], su uwsp.edu.
Controllo di autorità | NDL (EN, JA) 00569150 |
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