Ophrys sicula

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Ofride sicula
Ophrys sicula
Riserva naturale dello Zingaro
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Monocotiledoni
Ordine Asparagales
Famiglia Orchidaceae
Sottofamiglia Orchidoideae
Tribù Orchideae
Sottotribù Orchidinae
Genere Ophrys
Specie O. sicula
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Magnoliophyta
Classe Liliopsida
Ordine Orchidales
Famiglia Orchidaceae
Genere Ophrys
Specie O. sicula
Nomenclatura binomiale
Ophrys sicula
Tineo, 1846
Sinonimi

Ophrys lutea subsp. minor
(Tod.) O. Danesh & E. Danesh, 1975)

L'ofride sicula (Ophrys sicula Tineo, 1846) è una pianta appartenente alla famiglia delle Orchidacee.[1]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Ophrys sicula
Riserva naturale dello Zingaro

È una pianta erbacea alta 10–30 cm, con foglie inferiori corte, disposte a rosetta, e brattee verdi-giallastre, larghe.

Si differenzia dalla Ophrys lutea subsp. lutea per i fiori più piccoli (8–12 mm), riuniti in infiorescenze che raggruppano da 3 a 8 fiori, e per la colorazione brunastra del labello che si prolunga e si biforca verso l'apice a formare un "baffo" a forma di V rovesciata. Il labello inoltre è posto orizzontalmente rispetto al fusto o addirittura rivolto verso l'alto. Il ginostemio è corto, con apice ottuso; racchiude due masse polliniche gialle.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Si riproduce per impollinazione entomofila ad opera di api del genere Andrena (A. hesperia, A. merula, A. taraxaci).[2]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La specie ha un areale mediterraneo che si estende dalla Corsica e dall'Algeria ad ovest sino all'Anatolia e al Medio Oriente ad est.
In Italia è comune nelle regioni meridionali, in Sicilia e Sardegna, più rara in Toscana, Abruzzo e Molise[3].

Predilige i prati aridi e le garighe con suoli calcarei, da 0 a 1500 m di altitudine.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Ophrys sicula, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 15 aprile 2021.
  2. ^ Delforge, p. 419.
  3. ^ GIROS, p. 160.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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