Popoli (Pe), piazza Generale Paolini e Monumento ai caduti, opera di Corradino D'Ascanio
All'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia (1861-1946), avvenuta il 24 maggio 1915, prese posizione in linea sul basso Isonzo.[1] Per essersi distinto nella brillante azione del 25 luglio sul Monte Sei Busi, fu promosso maggior generale per merito di guerra, assumendo il comando della Brigata Benevento (2-27 settembre).[1] Il 21 ottobre, quale comandante di una brigata speciale,[2] ricevette l'incarico di attaccare le fortissime posizioni nemiche a ridosso delle cave di Selz.[2] Rimasto ferito una prima volta alle 10:30, venne poi ferito altre tre volte, rifiutando sempre di allontanarsi dal combattimento e continuando a dirigere il corso delle operazioni.[2] Con moto proprio Vittorio Emanuele III il 27 ottobre lo insignì della Medaglia d'oro al valor militare a vivente.[2] Ripresosi dalle ferite, ritornò al fronte nel gennaio 1916, combattendo ancora sulle alture di Selz e poi sull'altipiano di Asiago al comando della Brigata Acqui.[1] Assunto il comando della 4ª Divisione, diresse le azioni offensive contro il Pecinka e Castagnevizza, venendo decorato della Croce di Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia. Nel giugno 1917 fu promosso tenente generale per merito di guerra e, nel mese di ottobre, al comando di un Corpo d'armata speciale, per avere preso parte all'ordinato ripiegamento sulla linea del Piave dei reparti della 3ª Armata fu decorato di una seconda Medaglia d'argento al valor militare. Al comando dell'XI Corpo d'armata prese parte alle battaglie del solstizio (giugno 1918) e di Vittorio Veneto (ottobre-novembre), distinguendosi a Grave di Papadopoli.[1] Insignito del titolo di Commendatore e poi di Grande Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia, il 4 ottobre 1919 entrò a far parte dell'Ufficio onoranze al Soldato Ignoto, presieduto dal generale Napoleone Fochetti.[3] Oltre a lui ne facevano parte[N 1] il colonnello Vincenzo Paladini, il maggiore medico Nicola Fabrizi, il tenente Augusto Tognasso, il sergenteGiuseppe De Carli, il caporale maggiore Giuseppe Sartori e il soldato Massimo Moro.[3] Tale commissione aveva il compito di identificare tra i vari cimiteri di guerra 11 salme di soldati caduti in combattimento e rimasti non identificati, dalle quali poi sarebbe stata tratta quella che sarebbe stata solennemente tumulata nel sacello dedicato al Milite Ignoto all'Altare della Patria a Roma.[4] Fu posto in congedo a partire dal 1º aprile 1922, venendo promosso generale di corpo d'armata nel febbraio dell’anno successivo.[1]
Fu ideatore del cimitero del Colle di Sant'Elia, detto "degli invitti"[N 2], dove furono traslate le salme dei militari provenienti dai cimiteri della zona di Monfalcone.[5] Tale cimitero era stato progettato dal colonnello Vincenzo Paladini dell'Ufficio preposto alla Cura e Onoranze delle Salme dei Caduti in Guerra (COSCG), con sede a Udine.[5] Si spense a Gorizia l'11 gennaio 1924.[1]
Sua figlia Paola fu la moglie del celebre ingegnere Corradino D'Ascanio, progettista della Piaggio Vespa, e del Monumento ai caduti in Popoli, presso la piazza dedicata al Generale Paolini nel 1927. Sempre a Popoli, presso via Saffi, nel muro della casa natale, gli è stata dedicata una lapide.
«Diresse con senno e con coraggio, sotto violentissimo fuoco nemico, l'avanzata della propria brigata. Ferito ben quattro volte, non volle lasciare il campo di battaglia, finché non si fu assicurato dell’esecuzione degli ordini impartiti, mirabile esempio di cosciente ardimento. Poggio di quota 65 a nord di Selz, 21 ottobre 1915.[7]» — 27 ottobre 1915[8]
«Comandò il battaglione in combattimento con iniziativa ed arditezza. Ferito al dorso della mano destra nella prima fase della giornata, continuò a tenere il comando fino al termine dell'azione, esempio costante di arditezza, di calma e di coraggio ai dipendenti. Assaba, 23 maggio 1913.»
«Magnifica figura di soldato, già distintosi in tutta la campagna di guerra per eccezionale, intrepido coraggio e ardimentoso valore, quale comandante di divisione sull'altopiano Carsico, lottò strenuamente per il mantenimento di posizioni ripetutamente ed accanitamente attaccate dal nemico, conservandone il possesso; durante una difficile e complessa operazione di ripiegamento con la sua divisione destinata al compito di estrema retroguardia, protesse efficacemente le grandi unità in ritirata, concorrendo così validamente a mantenere integrale la compagine. Quale comandante di corpo d'armata attese all'organizzazione difensiva in un settore delicatissimo che all'urto nemico, si rivelò magnificamente preparato; in ogni circostanza , raggiunse i più brillanti risultati, confermando sempre, nelle frequenti ricognizioni in prima linea, il suo invitto valore. Carso-Piave, novembre 1916, giugno 1918.»
^Come membri supplenti erano stati designati: il colonnello cav. Carlo Trivulzio di Udine (decorato con 5 Medaglie di bronzo), il sergente Ivanoe Vaccaroni (da Udine, decorato con una medaglia d'argento, due di bronzo e due croci di guerra al valor militare), il caporale maggiore Luigi Marano, e il soldato Lodovico Duca.