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Giallo dei Sibillini

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Jeannette Bishop e Gabriella Guerin

Il giallo dei Sibillini, conosciuto anche come giallo di Sarnano,[1] giallo Rothschild,[2] giallo De Rothschild[3] o giallo del secolo[4] (cold case 2736/1980) è un fatto di cronaca nera nato dopo il ritrovamento dei resti di Jeannette Bishop e Gabriella Guerin, la cui morte avvenne in data incerta. La sparizione delle due donne avvenne il 29 novembre 1980 sui Monti Sibillini, nei pressi di Sarnano.[5] Le indagini, svolte dalle forze dell'ordine italiane, Scotland Yard ed Interpol, si estesero anche a Dubai, in altri Stati membri dell'Unione europea, Svizzera,[4] Brasile,[6] e Malesia.[3]

Vista della frazione Schito e la casa comprata dai coniugi May

L'ex fotomodella e allora disegnatrice di interni[7] Ellen Dorothy Jeannette Bishop, nata a Minster il 2 gennaio 1940, conosciuta con il cognome Rothschild, essendo stata, dal 1966 al 1971,[8] la moglie del barone e finanziere Evelyn Rothschild, o con il cognome May acquisito dal secondo marito, l'imprenditore e direttore di John Lewis, Stephen Charles May, stanziava a Sarnano nel mese di novembre del 1980 con la sua ex cuoca, poi divenuta segretaria e interprete Gabriella Guerin, nata il 27 settembre 1941 e originaria di Ronchis,[9] per supervisionare ad alcuni lavori di restauro di una casa acquistata presso la frazione Schito dal sarnanese Vittorio Porfiri. Jeannette perse il padre da piccola e venne affidata alle cure di suo zio, l'ingegnere sir Stanley George Hooker.[10] Le due donne si conobbero in Inghilterra, allorché Gabriella e suo marito emigrarono per cercare lavoro, al fine di costruire una casa in Italia.[11]

I lavori, commissionati verso la metà del 1978, vennero affidati al geometra Nazzareno Venanzi, anch'egli sarnanese, titolare di uno studio in borgo Garibaldi. Nazzareno era il terzo professionista a cui Jeannette si affidava in quanto gli altri non la convinsero. Divenuti amici, il 25 novembre 1980, dopo alcuni precedenti soggiorni per monitorare l'andamento del restauro, Nazzareno si recò alla stazione ferroviaria di Tolentino per prendere e portare a Sarnano Jeannette, mentre Gabriella giungerà il giorno seguente. I due pranzarono insieme e nel pomeriggio si dedicarono ognuno ai propri impegni, rivedendosi poi la mattina del 29 novembre, quando durante un aperitivo le due donne lo invitarono con loro a fare una giro in montagna.[10]

Nel pomeriggio di quel giorno Jeannette e Gabriella decisero di andare, nonostante le avverse condizioni climatiche, e si diressero verso Sassotetto con l'auto in loro possesso, una Peugeot 104 nera targata Siena 216603 di proprietà del britannico Charles Raymond Flower di Castellina in Chianti,[12] anch'egli in possesso di una casa a Sarnano.[4] Quella sera vi fu una tormenta di neve che si prolungò fino al giorno successivo.[8] Gli ultimi avvistamenti delle due donne avvennero: alle 16:00 ca., presso il negozio "Tutto per l'edilizia" di Gianni Bianchelli;[13] alle 17:00 ca.[14] nei pressi dell'albergo "Ai Pini" di Giuliana Giovagnoli, dove le due alloggiavano e mentre viaggiavano nella loro auto da Mario Arrà,[12] e alle 19:00 dal vicepretore, Daniele Talocco, in Piazza della Libertà[15] mentre scendevano dalla montagna.[12]

Le prime indagini

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Da sinistra: I carabinieri del Nucleo elicotteri il giorno in cui trovarono l'auto; Stephen C. May a Sarnano dopo aver cercato la moglie Jeannette con un elicottero dei carabinieri

Il 30 novembre, vista la nevicata avvenuta nella notte tra quel giorno e quello precedente, il geometra Nazzareno Venanzi, che stava seguendo le pratiche di ristrutturazione della casa di Schito, chiamò l'albergo dove le due donne alloggiavano per assicurarsi che entrambe fossero giunte sane e salve in quanto, il giorno prima, lo invitarono a partecipare ad una gita in montagna.[10] Dopo tre telefonate senza avere loro notizie e assicuratosi che le due donne non passarono la notte del 29 novembre nella loro stanza, avvertì i carabinieri.[16] A rispondere fu l'appuntato Marino Castignani che comunicò il tutto alla caserma di Tolentino. Dopo una prima deposizione, intorno alle 3:00 del 1º dicembre, i carabinieri interrogarono Nazzareno per ricostruire le ultime ore delle due donne. In base alla sua ricostruzione, furono fatti partire due volontari del CAI, Mario Venanzi e Giorgio Tiberi, ma giunti alla località Santa Maria Maddalena, a causa delle condizioni meteorologiche e su suggerimento dell'operaio comunale, Elio Ceregioli, rimandarono le ricerche.[10]

Fin da subito la madre di Jeannette e i familiari di Gabriella ipotizzarono un sequestro di persona, ipotesi che però non trovò sostegno di Stephen C. May, anche in considerazione della posizione economica che Jeannette aveva.[17] La Guerin, invece, era proprietaria di alcuni appezzamenti di terreno ereditati dopo la la morte del marito nel 1978, avvenuta a causa di un incidente stradale.[18] Il comandante dei carabinieri di Sarnano, avanzò l'ipotesi che l'auto potesse non essere ritrovata subito perché precipitata in un burrone, a causa di circa un metro di neve presente in quei giorni.[18]

Un secondo interrogatorio al geometra Venanzi venne svolto il 4 dicembre, quando fu chiamato a chiarire alcune situazioni. In particolare il comandante di Tolentino, Antonio Di Girolamo, chiese di spiegare alcune interlocuzioni "intime" scambiate tra lui e Jeannette dopo il pranzo del 25 novembre presso l'albergo, che furono ascoltate dal personale della struttura, di chiarire il perché aveva recuperato una valigia pesante dell'ex baronessa il 17 agosto presso il residence "Hermitage" e di esplicare il suo contenuto, e di mostrare le fatture dei lavori. Per le interlocuzioni, Nazzareno spiegò che furono interpretare male in quanto semplici battute, mentre per la valigia di averla recuperata perché Jeannette l'aveva dimenticata prima di tornare a Londra e di non aver mai visto il contenuto.[10]

In un summit tenutosi l'8 dicembre 1980 presso la caserma di Sarnano furono prese in considerazione tre principali piste investigative: quella della disgrazia, con l'ipotesi della morte delle due donne accidentale; quella del sequestro, legata anche all'amicizia con lo scrittore britannico Charles Raymond Flower; e infine quella di un maniaco, ipotizzata in assenza di prove concrete.[19]

Fin da subito Shephen May escluse che le due donne potessero aver perso la strada per la montagna,[20] sottolineando, durante una conferenza stampa, di non essere ricco e che i rapporti tra Jeannette e Evelyn, così come con la famiglia Rothschild, erano terminati definitivamente col divorzio nel 1971.[21] Il 16 dicembre fu costretto a smentire alcune dichiarazioni mosse da giornalisti inglesi del Daily Express il giorno prima, secondo i quali avrebbe ricevuto una richiesta di riscatto. La stampa straniera, e di conseguenza quella nazionale, non riportarono mai l'ipotetica somma richiesta, ma indicò che la donna sarebbe stata rilasciata entro natale dello stesso anno.[7] La notizia venne successivamente smentita anche dalla Press Association.[22]

Il ritrovamento dell'auto e le prime piste

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La Peugeot 104 utilizzata dalle donne

Nel mese di dicembre il comando di Tolentino avvertì il Nucleo elicotteri di Ancona che avviarono le indagini alla ricerca della Peugeot 104 con un elicottero Agusta Bell 206 Jet Ranger: dopo vane ricerche,[18] riuscirono ad individuare l'auto il 18 dicembre alle 17:30 ca. nei pressi di Acquacanina,[13] lungo la strada provinciale 5 "Acquacanina-Maddalena di Bolognola" al km 3.[15] Ad individuare l'auto fu il colonnello Salvatore Forte, comandante del Nucleo elicotteri,[23] notando un riflesso di luce proveniente dal terreno in un momento di apertura del cielo.[24] L'auto, coperta quasi completamente dalla neve, non presentava segni di lotta, di scasso o furto e di guasti,[25] era stata chiusa, c'era benzina nel serbatoio, al suo interno erano ancora presenti gli effetti personali[13] e gli pneumatici erano a contatto col terreno, a significare che era stata parcheggiata prima dell'arrivo della nevicata, che arrivò il giorno dopo (30 novembre).[12] Le forze dell'ordine e il soccorso alpino di Macerata iniziarono le indagini e riuscirono a scoprire che l'auto era stata parcheggiata volontariamente.

Delle impronte furono trovate nei pressi di una casa chiamata Villa Galloppa, un rifugio di pastori a Fonte Trucchia di San Liberato, a 900 m s.l.m..[24] Si pensò che Jeannette e Gabriella avessero utilizzato la struttura come riparo a causa della nevicata abbondante, infatti all'interno della casa e sul balcone della facciata i carabinieri trovarono della legna bruciata dell'arredamento,[26] piatti con avanzi di cibo e posate sporche.[13]

Gianni Bianchelli, il titolare del negozio di edilizia, disse agli inquirenti di aver visto le donne dialogare con una persona ignota a bordo di un'auto rossa, una volta uscite dal negozio, e di essere poi partite in contemporanea verso il paese.[9] Dalla testimonianza di Orterio Valori,[9] titolare del Rifugio Sibilla a Sassotetto, emerse che le due donne furono viste parlare con un uomo ignoto vestito di bianco.[27] Primo Valori, un altro testimone, affermò di aver visto un'auto di grande cilindrata targata Siena intorno alle 16:00 nei pressi di Pian di Pieca con a bordo una donna e alla guida un uomo, seguita da un'altra più piccola e scura sempre targata Siena guidata da una donna somigliante a Jeannette.[12] Il sindaco di Acquacanina, Simone Baldi, riferì che nella mattinata del 30 si era recato nei pressi di Villa Galloppa per recuperare del bestiame disperso, senza trovare difficoltà nel percorrere la strada a piedi poiché la neve non era alta.[28]

Le forze dell'ordine durante la ricerca

Il 23 maggio 1981 circa cento carabinieri, con l'ausilio dell'unità cinofila guidati dal comandante Di Girolamo della caserma di Tolentino, effettuarono un rastrellamento alla ricerca di Jeannette e Gabriella, senza però ottenere il risultato sperato. Bruno Sensini, procuratore di Macerata, sostenne quindi l'idea che le due donne fecero sparire di proposito le loro tracce, essendo state escluse le ipotesi del sequestro e della morte per disgrazia.[29] Un'altra fu effettuata il 19 agosto, di circa 20 uomini.[30] In totale ne furono svolte quattro.

Il 27 agosto come ultimo tentativo vennero impiegati ben 500 uomini tra carabinieri (reparti di Chieti, L'Aquila e Macerata),[31] forestali e vigili del fuoco, 10 cinofili e 4 elicotteri,[14] anche in vista dell'interessamento del Foreign Office.[32]

Una cartolina fu recapitata all'indirizzo della sorella di Gabriella Guerin, Caterina, da un ignoto personaggio di possibile origine italiana. Il mittente scriveva da una capitale europea, indicava un indirizzo su quale Caterina poteva comunicare direttamente e scriveva che tutto sarebbe finito bene, riferendosi alle indagini.[32]

I telegrammi della rapina alla filiale Chistie's

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Nel mese di dicembre 1980 furono recapitati due telegrammi dopo una rapina dal valore di circa un miliardo e mezzo di lire[33] avvenuta a palazzo Massimo-Lancellotti,[3] sede della casa d'aste "Christie's" di piazza Navona a Roma, nella notte tra il 30 novembre e il 3 dicembre 1980. Il primo, che indicava dove trovare la refurtiva,[6] firmato da "Roderico" con mittente "Peppo, via Po 45, Roma" con scritto "Colpo milionario: per la refurtiva recatevi in via Tito Livio 130 int. 3, Roma" venne recapitato il 4 dicembre al direttore della casa d'aste, Maurizio Lodi Fé,[34] mentre il secondo all'albergo dove Jeannette alloggiava il 6 dicembre, firmato come "Roland" con mittente "Peppo, via Po 55, Roma" con scritto "Attendoti via Tito Livio 130 int. 3, Roma". Sia il nome che l'indirizzo risultarono del mittente risultavano falsi ed inviati entrambi dall'ufficio postale di piazza San Silvestro di Roma.[34]

Un terzo telegramma venne spedito all'indirizzo della famiglia Ciocchetti, in via Tiburtina 106 con scritto "Se vuoi notizie utili vai in via Tito Livio 130, interno 3"[34] o "Utili notizie in via Tito Livio 130, interno 3" firmato da "Mirna De Cespedes". La misteriosa figura dava un falso appuntamento ad un imprenditore[33] del marmo, Valerio Ciocchetti, trovato poi morto nel fiume Tevere dopo essere stato rapito.[35]

I carabinieri della Legione Roma del tenente Carlo Felice Corsetti perquisirono l'appartamento, situato in un residence chiamato "Le Ginestre",[3] trovando però solo della droga.[36] Nel locale vi abitavano tre ragazze straniere di origine sudamericana che, nel momento della perquisizione, si trovavano insieme a due ragazzi cileni. Una delle ragazze, Cecilia Avilez, risultava coinvolta nel sequestro della figlia dell'ambasciatore del Panama, Michelle Zarak di 6 anni, avvenuto a Roma[34] nel settembre 1979. La donna fu poi arrestata nel 1981.[29]

Si pensò che nei telegrammi si potesse trovare un messaggio in codice,[33] o che ad inviare i telegrammi fosse stata una donna peruviana, tale Mirna De Cespedes,[35] arrabbiata verso due donne residenti nel condominio, idea che il giudice istruttore Alessandro Iacoboni (colui che poi riaprirà le indagini nel 1982 dopo l'archiviazione)[37] definì non del tutto compatibile, visto anche le condizioni di vita della donna.[12]

Verso la fine del mese una telefonata arrivò alla redazione del The Daily Telegraph. La persona si identificò come Ian Sayer, di trovarsi in un hotel a Innsbruck e di sapere informazioni sul caso Bishop, tra cui la conoscenza dei due telegrammi. Quando la testata giornalistica richiamò il numero, rispose effettivamente un Ian Sayer, responsabile di consegne per conto della casa d'aste,[36] che sostenne però di non aver mai telefonato e di trovarsi al momento a cena con due giornaliste. Si scoprì poi che effettivamente Sayer in quel periodo si trovava proprio nella cittadina. Durante gli interrogatori del 1983 non collaborò, ma fu palese che lui, o chi fingeva di essere lui durante la chiamata, era a conoscenza dei telegrammi prima che i giornali nazionali ne fossero a conoscenza.[38]

In merito agli indirizzi dei telegrammi si scoprì che in Via Tito Livio alloggiava un ex cancelliere della pretura di Roma, sotto processo per aver rubato alcuni oggetti mentre aveva il compito di fare l'inventario dei beni della marchesa Maria Sofia Giustiniani Bandini. Ai numeri civici 22 e 24 si trovavano gli appartamenti del marchese Paolo Antonio Del Pennino, "battitore" e direttore tecnico della casa d'aste,[33] arrestato poi per possesso di armi da fuoco non denunciate e droga.[36]

Si scoprì che il direttore del residence romano, Enrico Oioli, fu tempo prima direttore del residence Hermitage di Sarnano e che la targhetta del suo ufficio riportava il numero 3, a dimostrazione del fatto che quella stanza era l'ex interno 3 della struttura.[35]

Le indagini a Londra

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Una prima indagine venne svolta a Londra dagli investigatori italiani, che iniziarono il 2 agosto 1981,[39] in collaborazione con Scotland Yard, e terminarono il giorno dopo. Ad essere inviati furono il comandante Di Girolamo, per seguire l'indagine della scomparsa di Jeannette e Gabriella, e il tenente Corsetti, per il furto alla casa d'aste. Le indagini iniziarono con l'interrogatorio di Stephen May, della madre di Jeannette, Susan Bishop, dell'ex marito, Evelyn, del direttore generale della Christie's e di altre figure vicine a Jeannette. L'ipotesi pubblica fu quella che le indagini seguite dal procuratore Sensini e dal sostituto, Raffaele De Luca Comandini, fu quella che il caso della scomparsa e del furto siano collegati fra loro.[40]

Mentre i due carabinieri stavano rientrando a Roma, Stephen May tenne una conferenza stampa durante la quale mostrò un rapporto redatto da un investigatore privato da lui contattato per cercare nuovi indizi. Secondo questi documenti, le due donne sarebbero morte a causa del maltempo, ipotesi già scartata dagli investigatori italiani tempo prima. Il rapporto conteneva, secondo la stampa italiana, diversi errori, tra cui l'affermazione che alcuni capelli rinvenuti nella villa Galloppa fossero stati trovati dagli investigatori inglesi, mentre in realtà erano stati scoperti dai carabinieri, e presentava numerose lacune, come l'omissione del fatto che diversi testimoni avevano visto le due donne ancora vive la mattina del 30 novembre 1980.[40]

Le ipotesi sull'uomo misterioso

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Dalla testimonianza di Valori, il titolare del Rifugio Sibilla a Sassotetto che già aveva testimoniato nel 1980, emerse che le due donne furono viste parlare con un uomo ignoto vestito di bianco.[27] Nel dettaglio: le due donne arrivarono da sole al bar del locale tra le 9:00 e le 10:00 della mattinata del 29 novembre a bordo di una Peugeot, ordinarono da bere e poi, la donna dai capelli biondi (si presume Jeannette), effettuò una telefonata. Ritornarono in zona intorno alle 15:00 a bordo di un'altra vettura di colore chiaro in compagnia di un uomo ben vestito e "abbronzato", non entrarono nel locale e la donna dai capelli biondi uscì dalla vettura per parlare con lui per circa 15 minuti. Poi ripartirono.[40]

La testimonianza riacquistò forza poiché in via Tito Livio, a Roma, alloggiavano persone di origine sudamericana, e si rafforzò ulteriormente quando morì Maria Teresa Aviles, una delle tre ragazze residenti nel complesso. Si ipotizzò che, nonostante facesse uso di droga, la sua morte non fosse casuale, anche perché si trattava della prima persona coinvolta nel caso a morire e perché l'uomo misterioso visto da Valori si riteneva fosse originario del Sud America.[31]

Josè Rodriguez May durante l'arresto

All'inizio del 1982 i carabinieri arrestarono il commerciante brasiliano di pietre preziose e gemmologo José Rodriguez May, di 25 anni, vista la somiglianza con l'identikit fornito dell'uomo visto discutere con Jeannette fuori dal Rifugio Sibilla. Lui stesso si vantava di aver ucciso due donne.[4] Il suo avvocato, Mariano Buratti, riuscì ad ottenere la libertà provvisoria,[41] per poi essere rilasciato.[42]

Arrestato una seconda volta in Svizzera per dei documenti falsi mentre era in possesso di un misterioso gioiello. Alla fine gli inquirenti lo esclusero dalle indagini per non aver trovato collegamenti né con Jeannette né col furto alla casa d'aste.[43]

La ricompensa e il ritrovamento dei resti dei corpi

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I resti di Jeannette e Gabriella
I carabinieri ritrovano i resti di Jeannette e Gabriella

Il 15 gennaio 1982, durante una conferenza stampa, Stephen May, accompagnato dalla sorella e figlia di Gabriella, Caterina e Gioia, annunciò una ricompensa fino a 100 milioni di lire per qualsiasi informazione che potesse condurre alla soluzione del caso, e fino a 250 milioni per chi avesse fornito notizie utili al ritrovamento di Jeannette e Gabriella in vita. La decisione di offrire la ricompensa fu motivata dal fatto che la grande borsa di colore marrone chiaro di Jeannette, contenente passaporto, assegni, patenti e biglietti aerei, non era mai stata ritrovata. Tutte le informazioni dovevano essere trasmesse al loro avvocato, Gennaro Egidio.[41] Il 18 gennaio i carabinieri di Camerino, non trovando i corpi delle due donne, ipotizzarono che fossero morte assiderate, anche se l'allora marito di Jeannette non concordò con l'ipotesi.

Il 27 gennaio 1982 tre cacciatori, Domenico Panunti e i fratelli Errio e Corrado Ermini, si imbatterono, vicino ad un laghetto durante una battuta di caccia in un bosco nei pressi di Podalla,[24] tra il lago di Fiastra e l'eremo di San Liberato[44] (dai 10 km ca.[45] ai 30 km ca. di distanza dal ritrovamento dell'auto[15]) vicino al torrente Rio Bagno,[46] negli oggetti personali e gli scheletri delle due donne: le ossa, disperse in una zona di 200 mq, erano state danneggiate dai cinghiali e alcune di esse erano mancanti (cranio e collo).[23] I corpi erano in posizione di riposo, affossati nel terreno, e ancora erano presenti gli indumenti (jeans e una camicia), le borse con gli oggetti personali (di cui una contenente un rullino che gli investigatori fecero sviluppare) e cuoio capelluto.[13] Sul posto accorsero il capitano dei carabinieri di Tolentino, Antonio Di Girolamo, il procuratore Sensini e il tenente Corsetti. Il riconoscimento venne effettuato tramite l'arcata dentale, infatti entrambi le donne avevano una protesi dentale. Per quanto riguarda quella di Jeannette, il suo dentista inglese inviò una scheda tecnica dell'intervento.[47]

Poiché i resti furono rinvenuti una settimana dopo l'annuncio della ricompensa, gli investigatori ipotizzarono che il ritrovamento non fosse casuale. Fino a quel momento, infatti, erano state effettuate circa quaranta ricerche senza esito positivo, e si era quindi ritenuto che i due corpi non potessero trovarsi nel luogo della scomparsa.[48] Tutti e tre i cacciatori provarono a reclamare la somma di 100 milioni. Panunti, inoltre, fu costretto a smentire una dichiarazione giornalistica che lo accusava di sapere la posizione dei cadaveri e di averla comunicata solo dopo l'annuncio della somma di denaro.[47]

Le analisi della scena del crimine

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Con l'autopsia, svolta dal prof. Mario Graev, si riuscì a capire che sia Jeannette che Gabriella morirono sul luogo del ritrovamento[49] senza però nessun indizio riconducibile ad omicidio, avvelenamento, soffocamento e utilizzo di arma.[12] A sostegno, invece, della tesi del duplice omicidio fu il fatto che insieme ai cadaveri vennero rinvenuti due orologi tascabili, appartenenti alle vittime, a ricarica manuale perfettamente funzionanti ma scarichi nel momento del ritrovo. Le due donne sparirono tra il 29 ed il 30 novembre e, salvo ricarica, gli orologi sarebbero dovuti funzionare per circa 48 ore. Al momento del recupero, entrambi avevano un datario differente rispetto a quei giorni, infatti, l'orologio di Jeannette segnava il giorno 12 (dicembre) e quello di Gabriella 19, dimostrando che funzionarono rispettivamente per altri 10 e 17 giorni a partire dal 30 novembre. Si ipotizzò quindi che le due donne fossero ancora in vita durante questo periodo.[45]

I carabinieri del reparto di Roma ricostruirono attraverso delle foto la pianta del luogo dove furono ritrovati i cadaveri. Si evidenziò subito che per arrivare dove le due donne furono trovate si doveva attraversare un campo erboso da dove era possibile vedere due covoni di fieno sul ciglio della strada e le case che costituiscono la frazione di Podalla, senza poter mai risalire dal basso, cioè dal fondo del canale dove scorre il torrente.[28]

Il 2 febbraio i carabinieri di Camerino accertarono che nel luogo di ritrovamento, nell'estate 1981, furono svolte delle attività di scautismo e che il portalettere di Fiastra, durante lo svolgimento del suo lavoro, non si sarebbe mai accorto della presenza dei corpi nonostante passasse ad una distanza di circa 50 m.[2] Inoltre, la zona del ritrovamento era battuta frequentemente da cacciatori e nessuno si sarebbe accorto di nulla per 14 mesi.[47]

Secondo le analisi effettuate sul terreno dal CIS (Centro carabinieri Investigazioni Scientifiche) a partire dal 4 febbraio, le due donne non sarebbero morte sul luogo, ma sarebbero state trasportate nel luogo solo dopo la morte. Questa analisi si basa sulla mancanza dei liquami prodotti dalla decomposizione dei corpi.[50]

A destare sospetto furono le seguenti situazioni:[51]

  1. le due donne, in caso di bufera, non potevano percorrere quella determinata strada;
  2. la bufera arrivò solamente nel pomeriggio, come testimoniato dal sindaco di Acquacanina,[28] e sarebbero potute tornare indietro e trovarsi il residence Hermitage a soli 3 km;
  3. il movente per percorrere la strada verso Sassotetto di notte della "gita" non aveva molto senso;
  4. il posto in cui vennero ritrovati i cadaveri si prestava a simboleggiare un abbandono dei corpi;
  5. gli orologi continuarono a camminare per svariati giorni;
  6. gli scout che nell'estate 1981 praticarono le attività si sarebbero accorti dei corpi nel caso fossero stati presenti;
  7. restò inspiegabile, a detta delle sorelle di Gabriella, che lei si fosse tolta gli orecchini d'oro che indossava costantemente (furono ritrovati nella sua borsa);
  8. i grumi di sangue nelle vertebre del collo.

Il nuovo interrogatorio a Giorgio Cefis

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L'11 febbraio il tenente Corsetti e il capitano di Camerino, Giacomo Battaglia, interrogarono per la seconda volta l'operatore finanziario Giorgio Cefis, figlio di Eugenio Cefis, ex presidente Eni e Montedison, per aver ritrovato all'interno della borsa di Jeannette una sua foto.[52] Cefis era già stato interrogato precedentemente, poco dopo la scomparsa delle due donne nel 1980, in quanto fu ritrovato il suo numero scritto nell'agenda di Jeannette.[53]

La donna, dopo il divorzio con Evelyn, intraprese la carriera di arredatrice d'interni e lavorò proprio per arredare la casa di Giorgio. Inoltre, quando arrivò da Londra per recarsi a Sarnano il 20 novembre 1980, ad attenderla per il trasporto dall'aeroporto di Fiumicino alla stazione Termini fu la macchina e l'autista di Cefis. Giorgio fu chiamato unicamente a chiarire la sua conoscenza con Jeannette.[52]

Seconde indagini

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Nel dicembre del 1982, dopo l'archiviazione del caso da parte della Procura di Camerino a carico del procuratore Mura,[37] che sosteneva la tesi dell'assideramento,[54] il caso venne preso dal giudice istruttore di Camerino Alessandro Iacoboni, che aprì un fascicolo per omicidio doloso. Iacoboni ordinò di effettuare nuovamente una nuova autopsia sul corpo di Gabriella, già sepolto a Ronchis,[55] mentre per Jeannette non fu possibile rieffettuarlo in quanto fu portata in Gran Bretagna e cremata.[56]

Dopo una trentina di interrogatori,[37] furono interrogati quattro figure di spicco mai sentite prima: Gianni Bulgari con la moglie Nicole, in quanto amici di Jeannette e dell'ex marito Evelyn; Marcello Molinari, rapito e nascosto dall'Anonima sequestri vicino al luogo di ritrovamento dei resti delle donne e liberato nel 1981 dal capitano dei carabinieri Giacomo Battaglia e il collega Carlo Felice Corsetti con un blitz per seguire la possibile pista del rapimento anche per le due donne (questa intuizione, però, fu fallimentare in quanto non venne mai chiesto nessun riscatto)[4] e il marchese Paolo Antonio Del Pennino, in qualità di battitore d'aste, proprio per la filiale romana della Christie's.[57]

L'intreccio con l'omicidio di Sergio Vaccari

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Durante le seconde indagini furono collegati altri due fatti: l'omicidio di Roberto Calvi[27] e l'omicidio di Sergio Vaccari. Per il secondo caso, gli inquirenti italiani si collegarono con le indagini di Scotland Yard sulla morte dell'antiquario romano, ucciso con quindici coltellate il 17 settembre 1982 nel suo appartamento ad Holland Park. La polizia britannica indagò anche in Italia aiutati dall'Interpol italiana, inviando il sovrintendente David Harness e un collega ispettore.[58] Questo caso complicò ulteriormente il giallo della morte delle due donne, poiché si scopri che Jeannette era uno dei contatti dell'uomo in quanto amica.[27] La polizia britannica perquisì una cassetta di sicurezza di Vaccari, trovando foto del bottino rubato alla casa d'aste. Secondo la polizia britannica, Vaccari era in possesso di numerose foto sia di Jeannette che di Calvi,[38] come scoperto dai carabinieri interrogando il giornalista Charles Raw, avvicinato tempo prima da una persona che gli aveva confessato di aver visto foto di Jeannette e Vaccari nell'auto dell'antiquario.[36]

Dopo aver indagato sia ad Innsbruck che a Londra, Iacoboni escluse definitivamente il collegamento tra il furto e Jeannette, così come qualsiasi coinvolgimento del caso Vaccari.[59]

Secondo Battaglia, le due donne si persero nella neve per poi morire, mentre Corsetti ha espresso la sua riluttanza riguardo la morte bianca.[4] Secondo l'ex giudice istruttore Otello Lupacchini, operativo nelle indagini della Banda della Magliana, prendere i telegrammi singolarmente non porterebbe a nulla, ma intrecciandoli con il caso possono diventare prove.[60]

La seconda archiviazione

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Il 25 settembre 1989 Iacoboni concluse che il caso era attribuibile ad una morte bianca,[61] presentando la sentenza di 87 pagine in cancelleria e chiedendo una seconda archiviazione il 3 ottobre.[46][62][63] La soluzione di Iacoboni, però, non escluse il duplice omicidio con cause e responsabili ignoti. Nelle pagine della sentenza, archiviata dal tribunale di Camerino come RGI 407/82, Iacoboni sostenne che per dirigersi a quell'ora verso la montagna qualcosa o qualcuno avrebbe spinto Jeannette e Gabriella a partire, prendendo per assurdo che volessero fare una gita.[12] In merito alle certezze del caso, Iacoboni sottolinea che sarebbe inverosimile che le due donne vi fossero recate verso il torrente e che le uniche sicurezze in questo caso fossero il luogo del ritrovamento dei resti e che si trattenerlo nella Villa Galloppa.[46]

Le altre indagini collegate al caso

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Il colonnello Salvatore Forte

Il nome della Bishop uscì durante le indagini che coinvolsero l'Istituto per le opere di religione, dell'allora presidente Paul Marcinkus,[64] e nel caso Orlandi.[65] Secondo la testimonianza di Marco Fassoni Accetti, una delle sei persone accusate per la scomparsa della Orlandi, il gruppo di laici e religiosi di cui faceva parte, che nel 1983 fecero il sequestro simulato di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, decise di effettuare un'operazione ai danni dello IOR e di altre numerose figure religiose per fermare i finanziamenti anticomunisti di Giovanni Paolo II. Jeannette fu una delle donne scelte per accusare Marcinkus di violenza sessuale, poiché era solita frequentare salotti dell'alta nobiltà, ma la sua morte bloccò il piano.[66] Fu inoltre ipotizzato da Accetti che la Bishop, essendo amica dell'arcivescovo, forse era venuta a conoscenza di qualche informazione importante e quindi uccisa per il suo silenzio oppure sarebbe stata eliminata da una fazione a loro avversaria per evitare che il piano ai danni di Marcinkus avesse luogo.[67] La famiglia di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori avevano come avvocato Gennaro Egidio, lo stesso di Jeannette.[62]

Nel 1987 il nome di Jeannette fu legato nuovamente ad un'altra inchiesta, nata dopo il furto di 60 miliardi di lire al Knightsbridge Deposit Centre di Brompton ad opera di Valerio Viccei, un ex membro della NAR originario di Ascoli Piceno. Nel 1997 Salvatore Forte ebbe la possibilità di interrogarlo a Pescara su ordine del procuratore di Camerino, Erminio Mura. Nell'interrogatorio, Viccei disse a Forte che non appena fosse uscito dal carcere avrebbe raccontato tutto, poiché Forte stava indagando sul suo possibile coinvolgimento nel caso Bishop-Guerin, ma Viccei rimase ucciso il 18 aprile del 2000 durante una sparatoria con la polizia stradale nei pressi di Castel di Lama e Pineto.[24]

Studi e indagini successive

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Nel 2006 il docente di diagnostica molecolare forense, Franco Maria Venanzi, dell'università di Camerino, è riuscito ad effettuare il riconoscimento di Gabriella Guerin attraverso l'esame del suo DNA,[61] rispetto al riconoscimento effettuato durante le indagini degli anni '80 tramite l'arcata dentale.[11] In aggiunta, nel documentario Il posto della neve, criticò la gestione della scena del crimine dei 200 m², sostenendo che nella zona delimitata fossero presenti troppe autorità che avrebbero potuto, per sbaglio, alterare le prove.[9]

La riapertura del caso

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L'1º novembre 2024 il procuratore di Macerata, Fabrizio Narbone, ha deciso di riaprire le indagini per duplice omicidio.[68] A seguire le nuove investigazioni, partite col riesame del fascicolo originario e con nuovi interrogatori, sono i ROS di Roma e il sostituto procuratore Francesco Carusi.[27] L'impulso alla riapertura nasce viene dal fatto che a Sarnano girava una "voce" riguardo uno dei testimoni sentiti dopo la scomparsa misteriosa delle donne. Prima di morire, il soggetto (ignoto) avrebbe rivelato al figlio informazioni sui fatti dell'epoca tenuti nascosti in accordo con altri testimoni (anch'essi ignoti).[69] Secondo l'ex giudice Lupacchini a far riaprire le indagini potrebbe essere stato il racconto di una persona definita "gola profonda" che andrebbe verificato.[60]

Gli interrogatori

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Il 7 novembre ad essere riascoltati nei nuovi interrogatori, svolti nella caserma di Tolentino, sono stati il geometra Nazzareno Venanzi, la moglie Francesca Carducci e suo cugino Angelo Venanzi, la donna che svolgeva il ruolo di interprete Dea Pellegrini, il proprietario del Rifugio Sibilla Orterio Valori.[70] L'idea degli inquirenti sarebbe stata quella di verificare la reazione degli interrogati dopo aver preparato una lista di persone da interrogare, per verificare così come avrebbero reagito alla riapertura del caso.[69]

Il geom. Venanzi ha dichiarato di confermare il precedente verbale dell'epoca, sottolineando però la difficolta di far combaciare tutti gli interrogatori spesso diversi,[71][72] la moglie ha detto di aver raccontato dettagli sulla figura di Jeannette e di aver ripetuto ciò che disse nei vecchi interrogatori,[73][74] mentre il cugino Antonio ha sviato le domande sostenendo di appartenere all'Arma dei Carabinieri.[70] Dea Pellegrini ha augurato una conclusione per questo caso,[75] mentre Ortelio Valori ha sostenuto di non ricordare nulla dichiarando di aver detto tutto all'epoca.[76]

L'8 novembre, invece, sono stati riascoltati i due cacciatori, Corrado Ermini (all'epoca custode della diga di Fiastra) e Domenico Panunti, Antonio Porfiri (figlio di Vittorio, in quanto impossibile interrogarlo a causa del decesso) e il proprietario del negozio per l'edilizia Gianni Bianchelli.[77] Ermini ha sostenuto la linea della "morte bianca",[78] mentre Panunti ha minacciato di denunciare i giornalisti.[77]

Il 13 novembre sono stati riascoltati tre di cinque cantonieri, Roberto Paganelli, Vittorio Vallesi e Giancarlo Frontoni, mentre il 14 novembre Guido Di Girolamo, tutti che si trovavano tra il 29 e 30 novembre 1980 nella zona di Sassotetto per smontare un capanno dell'Anas e sgomberare le strade dalla neve. Paganelli ha sostenuto di dormire in quella notte ma effettivamente di aver visto una vettura in lontananza ferma ai bordi della strada con lo spartineve,[79][80][81] posizione confermata anche da Frontoni,[82] mentre Vallesi ha dichiarato di non aver mai visto un'auto nera quella sera e di non aver prestato attenzione, ma che un'auto era effettivamente presente.[83][84] Di Girolamo ha ammesso di essere stato interrogato per la prima volta, mentre Giulio Resparambia, interrogato il 14 novembre e chiamato all'epoca ad aprire le strade per far arrivare le forze dell'ordine, che la Peugeot 104 sostava a circa 300 m di distanza da Villa Galloppa e che sarebbe stato possibile per le donne arrivarci a piedi. Inoltre, ha aggiunto che all'epoca non venne data molta importanza alla vettura in quanto era comune nella zona lasciare auto ferme vista l'impossibilità di muoversi per la neve e che suo fratello deceduto, Paolo (uno dei cinque cantonieri), avrebbe saputo dare maggiori informazioni.[85]

Il 10 marzo 2025 è stato ascoltato l'ex giornalista australiano Dalber Hallenstein, ex inviato del The Sunday Times, sostenitore dell'idea che l'inchiesta originale del 1980 presenti numerose lacune e limitazioni.[86]

Dichiarazioni emerse

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Il 29 novembre 2024, in occasione del quarantaquattresimo anniversario della scomparsa di Jeannette e Gabriella, l'ex caporedattore a Chieti de Il Messaggero[87] e scrittore per Cronache Maceratesi, Maurizio Verdenelli, durante la presentazione del libro "Il giallo dei Sibillini. Il mistero della baronessa Rothschild" a Macerata, ha portato alla luce un documento fino ad allora ignoto del professore Mario Graev, docente di medicina legale dell'Università di Macerata e medico legale che effettuò la perizia delle due donne,[88] dove esponeva dubbi sulla perizia avvenuta a quel tempo ed escludeva la morte per mano umana.[89] In un'intervista dell'emittente FM TV, durante il programma "Incontri", Verdenelli ha sostenuto la tesi della morte bianca.[87]

In occasione della presentazione del libro "Il mistero de Rothschild" di Francesco Torresi, insegnante di lettere originario di Sarnano,[90] Franco Venanzi ha dichiarato una confessione che lo stesso Iacoboni gli fece durante le indagini in Inghilterra, ovvero di sentirsi in pericolo "come non mai".[91]

Tra le dichiarazioni dei testimoni risentiti, in totale 14 persone, sono emersi dettagli dissonanti con le precedenti dell'epoca, svelando alcune possibili omissioni durante le precedenti indagini, a partire dagli abitanti di Sarnano.[92] Nell'estate 2025 è emersa una confessione di alcuni testimoni interrogati a novembre, scoperta tramite le intercettazioni telefoniche, che avrebbe rivelato possibili informazioni mai dette. Richiamati in un secondo interrogatorio e fatta notare la prova, gli interessati hanno assicurato il fraintendimento delle parole usate e che non sono state omesse informazioni.[69]

Le questioni legali tra i cacciatori e May

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Stephen Charles May durante la conferenza stampa

Il 15 gennaio 1982, circa un anno dopo la scomparsa delle donne, il marito di Jeannette, Stephen, lanciò un appello in conferenza stampa per cercare di ottenere informazioni riguardanti la sparizione e disse di pagare una ricompensa di 100 milioni di lire per chiunque avesse contribuito a dare informazioni e fino a 250 milioni per il ritrovamento di Jeannette e Gabriella vive.[93][94]

Il 29 gennaio 1982 Domenico Panunti, uno dei tre cacciatori di Camerino che rinvenne i resti delle due donne, reclamò per titolarità la somma di 100 milioni di lire promessa, ma Stephan May non la pagò mai, in quanto sostenne che il ritrovamento delle ossa delle donne fu solo un evento casuale. Panunti sostenne sempre il fatto di averle ritrovate per primo. Anche i fratelli Ermini provarono a reclamare la somma: Errio dichiarò che questa gli spetterebbe in quanto fu lui ad avvertire i carabinieri telefonicamente, mentre Corrado si appoggiò direttamente al suo avvocato.[47]

Il 15 ottobre 1983, dopo che May propose una ricompensa di 10 milioni di lire, Panunti gli fece causa e a seguito della sentenza emanata nel 1984, la Corte d'appello di Ancona condannò May al risarcimento di 25 milioni di lire e diede l'ordine di effettuare il sequestro dei suoi immobili a Sarnano.[26][95]

L'opinione dei giornalisti inglesi

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Nel 1982 i giornalisti inglesi del Sunday Times Gitta Sereny e Dalber Hallenstein criticarono l'efficacia delle indagini e delle valutazioni, nonché il lavoro delle forze dell'ordine. Secondo la loro opinione ad uccidere le donne sarebbero stati due sardi dopo una rapina finita male. La loro idea si basa su alcuni elementi non considerati nelle indagini italiane, come la presenza di sette piatti sporchi nella casa, gli orologi delle vittime fermi alla stessa ora e dei pezzi di corda vicino ai resti dello scheletro, ma secondo gli inquirenti questa teoria è sbagliata.[14]

Nel 1983 alcuni giornalisti del The Guardian ipotizzarono che gli scheletri delle due donne ritrovati a Podalla non fossero in realtà i loro e che entrambe sarebbero vive.[56]

In un'intervista del Corriere della Sera del 25 agosto 2025, Hallenstein è dell'idea che l'inchiesta originale del 1980 presenti numerose lacune e limitazioni dovute alla tecnologia dell'epoca, errori o omissioni investigative. Nel merito, sostiene che:[96]

  • la scelta di acquistare una casa a Schito destava sospetto,
  • Jeannette possibilmente conosceva il marchese De Pennino, basista della rapina alla casa d'aste Christie's del 30 novembre 1980, e che avrebbe avuto contatti con ambienti londinesi,
  • nei sopralluoghi effettuati da loro a Villa Galloppa, dove si suppone che le donne si siano rifugiate, furono trovate tracce che fanno pensare ad una prigionia,
  • la possibilità di un incontro segreto tra le due donne e dei uomini ignoti, in vista della rapina, per consegnare dei preziosi da riciclare o forse per minacciare qualcuno di parlare della rapina del giorno dopo, causando così il tragico evento.

Riferimenti nella cultura di massa

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  • Il posto della neve, di Alessandro Galassi, Sarnano, 2011.[97]
  • Francesco Torresi, Il mistero De Rotschild. Le verità dietro al "giallo dei Sibillini", Youcanprint, 2024, ISBN 9791222778457. (Cronaca),
  • Luciano Gambucci, La duchessa del lago. Indagine su un delitto non voluto, Futura Libri, 2020, ISBN 978-8833780603. (Romanzo).[98]
  • Il caso della Baronessa Rothschild, dalla sparizione alla morte (2018), Rai Radio 1;
  • Mistero sui Sibillini. Il caso Rothschild (2025), podcast di Fabio Sanvitale.
  1. ^ L'intervista di Tonino Carino ai cacciatori che scoprirono il corpo di Jeanette De Rothschild, su Rai News, 3 novembre 2024.
  2. ^ a b Giallo Rothschild: nuovi elementi accreditano l'ipotesi del delitto, in Corriere della Sera, 3 febbraio 1982.
  3. ^ a b c d Cesare De Simone, Nell'incasinatissimo "giallo De Rothschild" sequestri di persona e un furto da miliardi, in Corriere della Sera, 9 marzo 1981.
  4. ^ a b c d e f Riccardo Bruno, Rothschild, riaperta dopo 44 anni l'inchiesta sulla misteriosa morte della baronessa e dell'amica, su Corriere della Sera, 13 novembre 2024. URL consultato il 10 dicembre 2024.
  5. ^ Il caso della Baronessa Rothschild, dalla sparizione alla morte, su RaiPlaySound. URL consultato il 29 gennaio 2022.
  6. ^ a b La Rothschild fu avvelenata o strangolata, su ricerca.repubblica.it. URL consultato il 30 gennaio 2022.
  7. ^ a b Da Londa la conferma del sequestro. I rapitori della Rothschild hanno chiesto un riscatto, in Corriere della Sera, 15 dicembre 1980.
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  9. ^ a b c d Alessandro Galassi, Il posto della neve, su youtube.com, 2011.
  10. ^ a b c d e F. Torresi
  11. ^ a b Lucia Gentili, Il giallo di Macerata: “Mamma e la baronessa? Sono state ammazzate”, su Il Resto del Carlino, 26 novembre 2024. URL consultato il 26 novembre 2024.
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  21. ^ Introvabile l'ex baronesse Rothschild scomparsa con l'amica nell'Anconetano, in Corriere della Sera, 6 dicembre 1980.
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  • Francesco Torresi, Il mistero De Rotschild. Le verità dietro al "giallo dei Sibillini", Youcanprint, 2024, ISBN 9791222778457.

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