Filippo Parodi

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Statua di Filippo Parodi presso il Palazzo dell'Accademia ligustica di belle arti, oprea di Luigi Orengo

Filippo Parodi (Genova, 1630Genova, 22 luglio 1702) è stato uno scultore italiano del periodo barocco.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Da giovane iniziò la sua attività come intagliatore in legno, formandosi nella bottega di un falegname[1], ottenendo subito un discreto successo.

Il già famoso pittore Domenico Piola gli procurò numerosi clienti fra i nobili genovesi e, comprese le sue doti, lo esortò a dedicarsi decisamente alla scultura. Sostenuto economicamente da una sorella, si recò a Roma dove divenne allievo del Bernini, e dove rimase alcuni anni.

Tornato nella città natale entro il 1667, raggiunse l'apice della fama come intagliatore, progettando ed eseguendo opere prestigiose quali la decorazione della nave Paradiso e la carrozza per le nozze tra Anna Pamphilj e Giovanni Andrea III Doria[2], oltre a cornici, consolles e statue lignee eccezionali per invenzione e modellato.

Poté ammirare le opere dello scultore francese Pierre Puget, attivo a Genova dal 1661 al 1668, che influenzò notevolmente il suo stile. Nonostante l'età già avanzata, quel periodo Filippo Parodi abbandonò progressivamente la scultura lignea passando al marmo, in cui si affermò con varie opere, che gli diedero grande fama, quale la Madonna del Carmine per la Chiesa dei Santi Vittore e Carlo. Trovò un mecenate in Francesco Maria Sauli, che gli finanziò un'ulteriore permanenza a Roma, nel 1672, dove affinò le sue già notevoli doti di scultore per la realizzazione della colossale statua di San Giovanni Battista per la Basilica di S. Maria Assunta di Carignano, da affiancare alle celebri realizzazioni del Puget. Evidente l'ispirazione berniniana sia nell'impostazione della figura che nella resa delle carni e dei vari elementi naturali, dai vegetali alla pelliccia, virtuosisticamente accostati[3]. Si affermò pertanto quale il principale scultore della Genova barocca, dopo la partenza dell'artista francese.

Numerose altre opere fece su commissione di nobili famiglie genovesi; tra queste la statua della Vergine con angeli nella chiesa di S. Luca, ornamenti in marmo per il giardino del Palazzo Brignole nella strada nuova, l'attuale Via Garibaldi, e la grande statua di Ercole con i pomi delle esperidi per Ottavio Sauli nel Palazzo De Mari, già Imperiale in Campetto. Si nota qui un attento studio della statuaria antica, il volto, in particolare, discende dalla ritrattistica romana[4]. Nel 1679 su commissione di Eugenio Durazzo fece alcune sculture per il Palazzo Balbi Durazzo (ora noto come Palazzo Reale), a Genova; una, a soggetto religioso (Cristo alla Colonna[5]), per la cappella privata, ed alcune figure mitologiche (le Metamorfosi di Ovidio: Venere, Clizia, Adone, e Giacinto) per il giardino. Scolpì anche quattro grandi statue dei santi Taddeo, Mattia, Filippo e Marco per la chiesa italiana di Lisbona (la statua di S. Marco andò distrutta nel terremoto che colpì la capitale portoghese nel 1755).

La sua fama andò oltre i confini della Liguria e fu chiamato prima a Venezia, dove scolpì in marmo e stucco il monumento funebre del patriarca Gianfrancesco Morosini nella Chiesa di S. Nicolò, detta dei Tolentini (1678), quindi a Padova, dove fece nella basilica di Santa Giustina una scultura raffigurante la Deposizione con la Vergine Madre, S. Maria Maddalena e San Giovanni, considerata il suo capolavoro. Sempre a Padova scolpì il monumento ad Orazio Secco, il grande coro ligneo nella Cattedrale e, insieme ad alcuni collaboratori, sei statue di santi in marmo bianco ed una in marmo policromo raffigurante “S. Antonio in gloria”, per la Cappella del Tesoro nella Basilica di Sant'Antonio (1686-1689).

Negli ultimi anni produsse ancora a Genova numerose altre statue, monumenti funebri, fontane, busti, che abbellirono chiese e palazzi.

Morì nel 1702 e fu sepolto nella chiesa di S. Teodoro. Il Soprani lo descrive come “piccolo di statura, di viso rotondo, e ben colorito”. Tra i suoi allievi, discreti scultori furono il genero Giacomo Antonio Ponsonelli (1654-1735), Andrea Brustolon, Francesco Biggi, Domenico Garibaldo, Bernardo Schiaffino e soprattutto Angelo De Rossi, che in alcune sue opere seppe eguagliare il maestro.

Il figlio Domenico (1668-1740), inizialmente apprendista con Sebastiano Bombelli e poi negli studi di Carlo Maratta e Paolo Gerolamo Piola, importante pittore, ereditò alla morte la bottega paterna, all'epoca la maggiore in Genova, e la portò avanti con l'ausilio del Biggi.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Oltre a quelle già citate tra le sue numerose opere si possono elencare:

  • decorazione della nave Paradiso come intagliatore (1667)
  • decorazione della carrozza per le nozze tra Anna Pamphilj e Giovanni Andrea III Doria (1671)[6]
  • due Tritoni con aquile, Palazzo Doria a Roma, 1671
  • Specchiera con Narciso e Quattro Stagioni, villa Durazzo ad Albissola (Savona)
  • Madonna del Rosario (1678), prima scultura in marmo documentata, Chiesa Parrocchiale di Rossiglione Superiore

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ C. G. Ratti, Delle vite de' pittori..., Genova 1768-69
  2. ^ Sanguineti, Una ‘foggia non prima usata’: appunti sull’arte carradoria nella Roma barocca, in Carrozze regali (catal., Venaria), a cura di M. Lattanzi - A. Merlotti - F. Navarro, Cinisello Balsamo 2013
  3. ^ Piero Boccardo in La scultura a Genova e in Liguria dal seicento al primo novecento. Volume II, Editore: Cassa di Risparmio, Genova (1988), p. 147
  4. ^ Piero Boccardo in La scultura a Genova e in Liguria dal seicento al primo novecento. Volume II, Editore: Cassa di Risparmio, Genova (1988), p. 148
  5. ^ Cristo alla Colonna
  6. ^ PARODI, Filippo di Mariangela Bruno, Daniele Sanguineti - Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)
  7. ^ Piero Boccardo in La scultura a Genova e in Liguria dal seicento al primo novecento. Volume II, Editore: Cassa di Risparmio, Genova (1988), p. 143

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