Discussione:Italiani/Archivio 2

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Mosaico degli Italiani

Per evitare di cominciare una guerra di revisioni, espongo qui la mia risposta alle costruttive critiche di Felisopus:

  • È meno rappresentativo territorialmente: mi sembra vero il contrario, in quanto i due mosaici, che sono peraltro quasi identici, presentano le medesime proporzioni Nord-Centro-Sud - rispettivamente 10, 13 e 4; ho considerato meridionale D'Annunzio, abruzzese, e centrale Deledda, sarda, e non ho contato Foscolo e Garibaldi, nati in territori non più italiani; inoltre nel mio mosaico figurano Federico II e Caravaggio che, pur essendo uno nato a Jesi e l'altro a Milano, hanno legato la loro storia alle regioni dell'Italia meridionale, il che compensa leggermente questa sproporzione;
  • Ci sono meno donne: nel tuo le donne sono tre, nel mio due: mi sembra una differenza trascurabile, su 30 personaggi;
  • Ha immagini peggiori: sinceramente non capisco cosa intenda;
  • Ha descrizioni peggiori: non mi sembra inerente all'immagine in sé;
  • È usato solo qui: non mi sembra rilevante le altre wiki quali immagini usano e penso anzi che se il mio fosse riconosciuto migliore, sarebbe opportuno sostituirlo anche nelle altre wiki.

Piuttosto, ho fatto quelle modifiche per inserire personalità che mi sembravano maggiormente significative:

  • Nella storia dell'identità italiana, Federico II ha avuto un'importanza assolutamente non trascurabile, di certo superiore a quella del Vivaldi, al punto che il primo è citato nella voce, il secondo no;
  • Michelangelo Buonarroti è riconosciuto come uno dei più grandi artisti della storia, mi sembra più importante di Deledda;
  • Personalmente ritengo Caravaggio più importante di Foscolo, ma si può discutere.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 15:02, 5 nov 2013 (CET)
Ma non sarebbe preferibile eliminare del tutto quel collage ? in base a quale criterio si può stabilire quali personaggi siano più "degni" di citazione degli altri ? per un simile motivo sono state cancellate tutte le pagine dei personaggi famosi delle varie regioni italiane.--Xoil (msg) 15:27, 5 nov 2013 (CET)
Invece io ho sempre ritenuto il mosaico di personalità celebri un ottimo modo per presentare un popolo, e tra l'altro mi sembra una convenzione piuttosto diffusa, poiché permette di mostrare il contributo del popolo in questione nei vari settori delle arti e delle scienze, la sua varietà cronogeografica e i fondamenti della sua unità. Per la scelta dei volti, penso bisogni inserire quei membri del popolo in questione che hanno dato un contributo imprescindibile allo sviluppo delle arti e delle scienze e alla formazione dell'identità del popolo stesso, prediligendo una varietà, per quanto possibile, di epoche, territori e occupazioni.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 22:25, 5 nov 2013 (CET)
E' una ricerca originale, perché i volti sono scelti dall'autore del "mosaico", che ha di fatto stabilito arbitrariamente secondo i suoi gusti chi inserire e chi no...almeno si cerchi una fonte autorevole che cataloga gli italiani più influenti nelle varie epoche e si realizzi un mosaico in base alla fonte--Xoil (msg) 13:24, 9 nov 2013 (CET)
Ci ho pensato su e penso di aver trovato dei criteri sufficientemente oggettivi, ognuno dei quali mi porta a suggerire i seguenti trenta volti:
  1. Aver svolto un ruolo fondamentale nella storia italiana:
    • Federico II, fondamentale per la formazione della lingua e cultura italiana, com'è già scritto nella voce;
    • Giuseppe Garibaldi, artefice dell'Unità d'Italia;
    • Alcide De Gasperi, primo Capo provvisorio dello Stato italiano e primo presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana;
    • Lorenzo il Magnifico, universalmente considerato l'ago della bilancia della geopolitica italiana nel Rinascimento.
  1. Aver svolto un ruolo fondamentale nella definizione della lingua italiana:
    • Dante Alighieri, che sta sulla moneta da € 2;
    • Alessandro Manzoni, che ha definito una lingua d'uso italiana;
  1. Essere stato premiato col massimo riconoscimento mondiale nel proprio campo per il maggior numero di volte tra gli Italiani:
    • Sophia Loren, l'attrice italiana che ha vinto più premi Oscar;
    • Federico Fellini, il regista italiano che ha vinto più premi Oscar;
    • Luciano Pavarotti, il cantante italiano che vinto più premi Grammy;
    • Valentino Rossi, l'atleta italiano che ha vinto più volte il Mondiale;
  1. Una selezione di premi Nobel:
    • Luigi Pirandello, premio Nobel per la Letteratura;
    • Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura;
    • Giosué Carducci, premio Nobel per la Letteratura;
    • Enrico Fermi, premio Nobel per la Fisica;
    • Rita Levi-Montalcini, premio Nobel per la Medicina;
    • Guglielmo Marconi, premio Nobel per la Fisica;
    • Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica.
  1. Aver fondato una scienza:
    • Galileo Galilei, universalmente considerato il padre del metodo scientifico;
    • Niccolò Machiavelli, universalmente considerato il padre della scienza politica;
  1. Aver scoperto un continente:
    • Cristoforo Colombo, scopritore dell'America;
  1. Essere riconosciuto dalla Treccani come un genio assoluto del proprio tempo:
    • Michelangelo Buonarroti, culmine della civiltà rinascimentale secondo la Treccani;
    • Raffaello Sanzio, uno dei più grandi interpreti del Rinascimento secondo la Treccani;
    • Giotto di Bondone, massimo protagonista della civiltà artistica gotica italiana secondo la Treccani;
    • Gianlorenzo Bernini, il massimo protagonista della cultura figurativa barocca secondo [1];
    • Francesco Petrarca, l'iniziatore di quel grande moto spirituale e culturale che poi si chiamò umanesimo secondo [2];
    • Giacomo Leopardi, tra i massimi scrittori della letteratura italiana di tutti i tempi secondo la Treccani;
    • Benedetto Croce, la figura di maggior rilievo della vita culturale italiana della prima metà del Novecento secondo la Treccani.
  1. Comparire tramite una propria opera sulle monete euro italiane:
    • Leonardo da Vinci, il cui Uomo Vitruviano sta sulla moneta da € 1;
    • Umberto Boccioni, il cui Forme uniche della continuità nello spazio sta sulla moneta da 20 c.
  1. Aggiungerei infine:
    • Giovanni Falcone, una delle più note vittime della mafia.

Mi sembra che un simile elenco abbia una base di oggettività che, sebbene in parte opinabile, vada bene per rappresentare il popolo italiano.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 16:35, 9 nov 2013 (CET)

Le mie obiezioni continuano a essere fondate: è meno rappresentativo territorialmente, visto che nella nuova proposta manca completamente un'isola maggiore come la Sardegna. Le donne rappresentano quantomeno la metà del popolo italiano: dovrebbero essere 5, 10 o la metà, di certo non calare. L'immagine di FedericoII è improponibile ed è peggiore di Vivaldi, l'immagine di Caravaggio è un pessimo ritratto dalle banconote ed è peggio di quella di Foscolo, quella della Deledda era una foto e Buonarroti è un dipinto. E le descrizioni continuano a essere improponibili: già non si capisce l'utilità di dover spiegare la professione di ogni persona, ci manca pure perdersi in descrizioni prolisse in un template che dovrebbe parlare di tutt'altro. Non credo esista nessuna fonte che possa in alcun modo decidere in modo univoco o consensuale quali siano gli italiani più famosi della storia: quando esiste già un'immagine di buona fattura usata su tutte le principali versioni di Wikipedia tanto vale usare quella (di certo però non peggiorarla). --felisopus (scurdammoce 'o passato) 18:21, 9 nov 2013 (CET)
Invece di un collage si potrebbe anche prendere in considerazione di inserire un ritratto popolare, come Il Quarto Stato o una qualsiasi allegoria (vedi quella del Buon Governo) che del resto rappresenterebbe molto meglio il popolo rispetto a una piccola selezione di personalità per quanto illustrissime. --felisopus (scurdammoce 'o passato) 18:38, 9 nov 2013 (CET)
Purtroppo nessun'immagine potrebbe rappresentare tutto:
  • la Sardegna è una sola regione, se è per questo sono assenti anche lucani, pugliesi, altoatesini, umbri, molisani e valdostani; se è per questo, nella mia proposta è presente anche il calabrese Boccioni: in ogni Paese ci sono regioni meno popolate o che hanno avuto un peso meno incisivo o che per puro caso non entrano nel mosaico, ma il punto non è rappresentare pedissequamente ogni comune italiano (Deledda è di Nuoro, potei dire che non rappresenta i cagliaritani), ma indicare alcune personalità di spicco che più delle altre hanno contribuito a formare l'identità di quel dato popolo e/o a dargli lustro; il criterio della rappresentanza territoriale può andare bene, ma dev'essere basato su macroregioni, nel caso dell'Italia Nord, Centro e Sud (generalmente includo la Sardegna nel Centro e gli Abruzzi nel Sud, ma si può fare anche diversamente);
  • Le donne rappresentano non metà degli Italiani, me metà degli esseri umani; tuttavia la storia è stata sempre segnata dal maschilismo e nei fatti le donne che si sono distinte nei vari campi delle arti e delle scienze sono in numero molto inferiore a quello degli uomini, ma questo non solo per l'Italia, ma su scala mondiale; è quindi naturale che nel mosaico le donne siano in minoranza, e comunque ripeto che 2 su 30 o 3 su 30 non è una grande differenza;
  • La qualità delle immagini e delle descrizioni può essere migliorata, ma questo non riguarda strettamente la scelta dei soggetti, che è invece l'oggetto di questa discussione.

Per quanto riguarda le alternative al mosaico, Il Quarto Stato è improponibile, in quanto rappresenta una sola classe sociale; lo stesso dicasi per il buon governo, in quanto è limitato alla realtà del Trecento.

Ma siccome mi sembra che stiamo discutendo su un tema - quello dell'illustrazione di un popolo mediante un mosaico- che riguarda non solo quello italiano, bensì tutti i popoli: perché dunque non generalizzare la discussione e proporla al Portale:Antropologia, così da ottenere principi generali da applicare poi al caso specifico degli Italiani?--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 10:34, 10 nov 2013 (CET)

Vedi le fonti come quelle della Treccani vanno bene, occorre però inserire una fonte anche per i registi, sportivi ecc..perché Valentino Rossi e non Roberto Baggio ad esempio (e ripeto ad esempio)? . Un altro dubbio , da quando si può iniziare a parlare di Italiani ? Anche Giulio Cesare era "italiano" ? a giudicare dal mosaico sembrerebbe solo dal medioevo/rinascimento...--Xoil (msg) 21:34, 10 nov 2013 (CET)
E comunque si, bisognerebbe verificare anche per le altre nazionalità...non so se questa del mosaico sia una convenzione di Wikipedia o sia qualcosa nata fra gli utenti...a me personalmente non piace, anche perché nelle voci si parla di Italiani,Francesi ecc.. nella loro totalità, non di "Italiani illustri","Francesi illustri".. però è solo il mio parere--Xoil (msg) 21:42, 10 nov 2013 (CET)
Alcide de Gasperi, primo presidente della repubblica italiana??? Alex2006 (msg) 07:25, 11 nov 2013 (CET)
Pardon, volevo dire Capo provvisorio dello Stato italiano.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 15:09, 11 nov 2013 (CET)
Hai ragione, io pensavo che il primo fosse stato Enrico De Nicola, ma sbagliavo, S.O.M. :-) Alex2006 (msg) 07:58, 12 nov 2013 (CET)
)

Xoil, pur non essendo un esperto in materia, ho sempre ritenuto che il popolo degli Italiani sia distinto da quello degli antichi Romani, pur avendo in esso le proprie radici e parte delle ragioni della propria identità, in quanto i Romani avevano una lingua, una religione e costumi radicalmente diversi da quelli italiani; tale posizione credo sia implicitamente condivisa dalla Treccani, che nel suo Dizionario Biografico degli Italiani non contempla le personalità dell'antica Roma.

La cultura italiana ha come una delle sue componenti fondamentali l'eredità romana, ma qui' ci fermiamo. Italiani e Romani antichi sono due popoli culturalmente distinti, e per molti versi lontanissimi. L'identità italiana si è formata nel corso del medioevo, e gli abitanti della penisola prima di questo periodo NON si possono definire italiani. Alex2006 (msg) 15:20, 12 nov 2013 (CET)
Italiani e Romani antichi sono due popoli culturalmente distinti, e per molti versi lontanissimi.[senza fonte] Per cortesia una fonte autorevole (universitaria) che affermi ciò, dichiari questa dicotomia e la spieghi. --Bramfab Discorriamo 18:05, 12 nov 2013 (CET)
La dicotomia non è solo fra Romani e Italiani, ma fra Romani e tuti i popoli moderni. Per la discontinuità radicale fra Roma antica e noi, leggi p.e.: Aldo Schiavone: "La storia spezzata: Roma antica e occidente moderno". Per la radicale diversità antropologica e culturale fra noi e loro, ti consiglio Florence Dupont: "La vita quotidiana nella Roma repubblicana", magistrale indagine antropologica ed etnologica sull'argomento (il titolo è fuorviante, non essendo questo un libro come quello di Carcopino su "la vie quotidienne"). Alex2006 (msg) 07:31, 13 nov 2013 (CET)
F.C. Se vogliamo allora possiamo trovare testi anche sulla diversità antropologica e culturale fra noi e italiani del 1500. Quello che chiedevo e' un testo che scriva che Italiani "antichi" (ovvero i cosiddetti italici) e Romani antichi sono due popoli culturalmente distinti, e per molti versi lontanissimi e che implicatamene indicasse un criterio che permettesse di raggruppare tutti gli italici del tempo discriminandoli dai romani loro contemporanei. Perché questo e' quello che si intendeva leggendo quanto hai scritto prima. La discontinuità culturale e' un'altra cosa, abbiamo discontinuità anche con la cultura delle terramare se per quello, uscendo dalla penisola l'abbiamo anche tra il popolo dei germani e i tedeschi attuali, tra i vichinghi e gli scandinavi attuali ed ovviamente discontinuità fra tutte le "quotidianità," persino tra quelle dell'italia del ventennio e quella attuale' questo in quanto la storia non e' statica. Secondo Giordano Bruno Guerri, che forse e' quello che si e' occupato della faccenda più esplicitamente e per tutto il tempo storico osservabile in Antistoria degli italiani. Da Romolo a Giovanni Paolo II, gli italiani iniziano a definirsi dopo la fine dell'impero romano d'occidente. Se vogliamo cercare una figura alto medioevale, tanto per ristabilire un equilibrio di eta' storica ci sarebbe Leone magno, per quanto poco noto a chi conosce male la storia e come papa soggetto a quella strana discriminazione per cui un papa, per quanto sia nato e stato culturalmente italiano, oltre che a regnare su quello che in definitiva fu lo stato più longevo della penisola, non viene mai inserito tra gli italiani illustri, anche se al suo tempo fu una delle personalità più illustri e influenti del periodo a livello europeo e mediterraneo (ovviamente non tutti i papi).--Bramfab Discorriamo 10:53, 15 nov 2013 (CET)

Penso che tu abbia interpretato male la mia frase. La mia era una risposta a un utente che chiedeva perchè non inserire Giulio Cesare fra gli Italiani illustri. L'aggettivo "antico" si riferiva ovviamente solo ai romani, non agli italiani. L'espressione "Italiani antichi" è un anacronismo: nell'antichità gli italiani non esistevano, esistevano solo gli abitanti della penisola italiani. Gli Italici - che come sai non rappresentavano neanche la totalità delle popolazioni della penisola - non sono gli "Italiani antichi", cosi' come i Galli non sono "i francesi antichi". Per il resto, discontinuità non significa frattura. Consiglio di nuovo la lettura del testo di Schiavone. Alex2006 (msg) 11:58, 15 nov 2013 (CET)

Nella scelta dei volti, mi sembra corretto cercare di riferirsi il più possibile a fonti autorevoli; seguendo la Treccani, indico, oltre a Michelangelo, Raffello, Giotto, Bernini, Petrarca, Leopardi e Croce, anche Federico II e Dante, che la Treccani considera talmente importanti da dedicare un'intera enciclopedia ciascuno - la Federiciana e la Dantesca. Un'altra fonte che mi sembra molto autorevole è la Storia d'Italia di Indro Montanelli: sulla base di essa confermo i volti di:

  • Galileo Galilei, di cui il Montanelli riporta l'elogio del Grozio la più grande mente di tutti i tempi;
  • Niccolò Machiavelli, che per il Montanelli Nessun'opera [s'intende "Il Principe"] dai tempi di Aristotele influenzò tanto la scienza politica e l'arte del governo e anche Tutti riconoscono in lui il fondamento di una disciplina [la scienza politica];
  • Lorenzo il Magnifico, che, per il Montanelli di Magnifico, a quei, tempi, si dava a ogni Signore. Ma Lorenzo lo fu per eccellenza e antonomasia.

Oltre a queste, poi, ritengo che ci sia una terza fonte, la più autorevole: la Repubblica Italiana, che sulle sue monete riporta l'Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci e le Forme uniche della continuità nello spazio di Umberto Boccioni; se gli Italiani hanno ritenuto che questi due artisti li rappresentassero, mi sembra un ottimo motivo per inserirli nel mosaico.

Per quanto poi riguardo Fellini, Loren, Rossi, Pavarotti, ho pensato che potesse essere ritenuto una fonte attendibile il numero e il prestigio dei riconosciemnti internazionali: siccome l'Oscar, il Mondiale e il Grammy sono nelle rispettive categorie il massimo riconoscimento che si possa ottenere e che questi quattro sono gli italiani che ne hanno ottenuti di più, mi sembra che si possa dire che a livello internazionali sono considerati rappresentativi del genio italico.

Per i Nobel non saprei dire, in quanto nessun italiano ne ha vinto più di uno: ho fatto tale cernita, perché credo che sia ben rappresentativa, e comunque si tratta di volti che meritano di stare nel mosaico, ma possono essere modificati.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 23:34, 14 nov 2013 (CET)

Continuando la ricerca, confermo anche:

  • Alessandro Manzoni, Autore tra i massimi della letteratura secondo la Treccani;
  • Giuseppe Garibaldi, uno dei più grandi artefici del Risorgimento italiano secondo la Treccani;
  • Alcide De Gasperi, il principale protagonista del primo decennio della Repubblica italiana secondo la Treccani;
  • Luigi Pirandello, uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi secondo la Treccani;
  • Giosué Carducci, zelantissimo insegnante, dotto erudito, geniale critico e storico e insieme poeta dei maggiori che l'Italia abbia avuto, secondo la Treccani e premio Nobel per la Letteratura;
  • Eugenio Montale, Tra i massimi poeti italiani del Novecento secondo la Treccani e premio Nobel per la Letteratura;
  • Nicola Pisano, ché La sua opera ebbe nell'ambito della scultura un ruolo altrettanto incisivo di quello che, una generazione più tardi, Giotto rivestì per la pittura secondo la Treccani.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 14:42, 15 nov 2013 (CET)
  • Galileo Galilei, di cui il Montanelli riporta l'elogio del Grozio la più grande mente di tutti i tempi;
  • Niccolò Machiavelli, che per il Montanelli Nessun'opera [s'intende "Il Principe"] dai tempi di Aristotele influenzò tanto la scienza politica e l'arte del governo e anche Tutti riconoscono in lui il fondamento di una disciplina [la scienza politica];
  • Lorenzo il Magnifico, che, per il Montanelli di Magnifico, a quei, tempi, si dava a ogni Signore. Ma Lorenzo lo fu per eccellenza e antonomasia.
  • Enrico Fermi, Premio Nobel per la Fisica,uno dei fisici più completi del nostro secolo secondo la Treccani;
  • Rita Levi-Montalcini, Premio Nobel per la Medicina, e Guglielmo Marconi, Premio Nobel per la Fisica, entrambi presidenti dell'Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani (per la Montalcini) (per Marconi) - se infatti riteniamo la Treccani una fonte autorevole per stabilire gli Italiani celebri, a maggiore ragione quelli che la Treccani ha scelto come suoi presidenti;
  • Giovanni Falcone della cui opera il risultato era di portata storica secondo la Treccani
  • Giuio Natta, premio Nobel per la Fisica, il più celebre chimico italiano del Novecento secondo la Treccani
  • Cesare Beccaria tra i massimi rappresentanti dell'illuminismo italiano e che pose le fondamenta della scienza criminale moderna secondo la Treccani--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 16:06, 18 nov 2013 (CET)
Apprezzo molto il tentativo di oggettivizzare la scelta. Resto comunque dell'opinione che gli italiani illustri si dividono fra quelli appartenenti al "nocciolo duro", quelli cioè che dovrebbero stare in ogni lista, e gli altri. Ai primi secondo me appartiene sicuramente Cristoforo Colombo, le cui "scoperte" hanno cambiato radicalmentre la storia del mondo. Sugli altri si puo' discutere all'infinito. Vorrei pero' far notare che al collage mi sembra manchi un matematico, e l'Italia ne ha avuti di eccellenti (uno su tutti, Lagrange). Inoltre io sottopeserei gli ultimi secoli, dal momento che la civiltà italiana ha avuto il suo periodo di gloria in tempi ben lontani, mentre oggi è in piena decadenza. Inoltre una piccola correzione: il motociclista ad aver vinto piu' mondiali non è Rossi, ma Giacomo Agostini. Alex2006 (msg) 11:20, 20 nov 2013 (CET)
Mi trovi d'accordo, ma il problema è trovare un criterio per definire tale nocciolo duro; mi sembrava un buon compromesso inserire gli Italiani citati dalla Treccani come geni assoluti e fondamentali del proprio tempo, inserendo come criteri anche i Premi Nobel, Grammy e Oscar, nonché il comparire direttamente o indirettamente sulle monete italiane. Sto cercando come capire di armonizzare il tutto.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 19:47, 20 nov 2013 (CET)

Ho finalmente elaborato una serie di volti, che mi sembra sufficientemente oggettiva, nonché rappresentativa territorialmente e cronologicamente; per farlo, ho considerato quei personaggi citati espressamente dalla Treccani come "Il/la più grande del suo tempo",o similari, accettando anche "tra i piùgrandi" quando accompagnato dal massimo riconoscimento internazionale per la categoria (Nobel, Grammy, Oscar) e/o il comparire sulle lire o gli euro italiani:

  1. Federico II, a cui la Treccani dedica l'Enciclopedia Federiciana e che compare col suo Castel del Monte sulle monete italiane da 1 eurocent;
  2. Alessandro Manzoni, Autore tra i massimi della letteratura secondo la Treccani;
  3. Giuseppe Garibaldi, uno dei più grandi artefici del Risorgimento italiano secondo la Treccani;
  4. Alcide De Gasperi, il principale protagonista del primo decennio della Repubblica italiana secondo la Treccani;
  5. Luigi Pirandello, uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi secondo la Treccani;
  6. Giosué Carducci, premio Nobel per la Letteratura, zelantissimo insegnante, dotto erudito, geniale critico e storico e insieme poeta dei maggiori che l'Italia abbia avuto, secondo la Treccani;
  7. Eugenio Montale, premio nobel per la Letteratura, Tra i massimi poeti italiani del Novecento secondo la Treccani;
  8. Nicola Pisano, ché La sua opera ebbe nell'ambito della scultura un ruolo altrettanto incisivo di quello che, una generazione più tardi, Giotto rivestì per la pittura secondo la Treccani.
  9. Enrico Fermi, Premio Nobel per la Fisica, uno dei fisici più completi del nostro secolo secondo la Treccani;
  10. Rita Levi-Montalcini, Premio Nobel per la Medicina,presidentessa dell'Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani - se infatti riteniamo la Treccani una fonte autorevole per stabilire gli Italiani celebri, a maggiore ragione quelli che la Treccani ha scelto come suoi presidenti;
  11. Guglielmo Marconi, Premio Nobel per la Fisica, presidente della Treccani;
  12. Giovanni Falcone della cui opera il risultato era di portata storica secondo la Treccani;
  13. Giulio Natta, premio Nobel per la Fisica, il più celebre chimico italiano del Novecento secondo la Treccani;
  14. Csare Beccaria tra i massimi rappresentanti dell'illuminismo italiano e che pose le fondamenta della scienza criminale moderna secondo la Treccani--Memnone di Rodi
  15. Dante Alighieri, a cui la Treccani dedica l'Enciclopedia Dantesca e che figura sulle monete italiane da 2 euro;
  16. Galileo Galilei, di cui il Montanelli riporta l'elogio del Grozio la più grande mente di tutti i tempi;
  17. Niccolò Machiavelli, ché per il Montanelli Nessun'opera [s'intende "Il Principe"] dai tempi di Aristotele influenzò tanto la scienza politica e l'arte del governo e Tutti riconoscono in lui il fondamento di una disciplina [la scienza politica];
  18. Lorenzo il Magnifico, che, per il Montanelli di Magnifico, a quei, tempi, si dava a ogni Signore. Ma Lorenzo lo fu per eccellenza e antonomasia.
  19. Sophia Loren, l'attrice italiana che ha vinto più premi Oscar;
  20. Federico Fellini, il regista italiano che ha vinto più premi Oscar;
  21. Luciano Pavarotti, il cantante italiano che vinto più premi Grammy;
  22. Michelangelo Buonarroti, culmine della civiltà rinascimentale secondo la Treccani;
  23. Raffaello Sanzio, uno dei più grandi interpreti del Rinascimento secondo la Treccani;
  24. Giotto di Bondone, massimo protagonista della civiltà artistica gotica italiana secondo la Treccani;
  25. Gianlorenzo Bernini, il massimo protagonista della cultura figurativa barocca secondo [3];
  26. Francesco Petrarca, l'iniziatore di quel grande moto spirituale e culturale che poi si chiamò umanesimo secondo [4];
  27. Giacomo Leopardi, tra i massimi scrittori della letteratura italiana di tutti i tempi secondo la Treccani;
  28. Benedetto Croce, la figura di maggior rilievo della vita culturale italiana della prima metà del Novecento secondo la Treccani;
  29. Fausto Coppi, uno dei maggiori e più completi [ciclisti] di tutti i tempi secondo la Treccani;
  30. Tommaso Campanella il maggior lirico italiano del Seicento secondo la Treccani;
  31. Umberto Boccioni, l'espressione più alta e compiuta del futurismo italiano secondo la Treccani;
  32. Giorgione, l'iniziatore dell'era pittorica moderna secondo la Treccani;
  33. Antonio Canova, come un nuovo Fidia secondo la Treccani;
  34. Giuseppe Verdi, Massimo operista italiano dell'Ottocento, tra i più celebrati di tutti i tempi secondo la Treccani;
  35. Ugo Fosccolo, Tra i massimi esponenti della letteratura italiana del neoclassicismo e del primo romanticismo e scrittore del primo romanzo italiano moderno secondo la Treccani.

L'elenco mi sembra completo ed equo sia dal punto di vista geografico che cronologico che dei diversi ambiti di competenza; arriva a 35 personaggi.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 15:48, 23 nov 2013 (CET)

Fammi capire: Marco Polo tu lo fai sparire. Secondo te nell'orbe terracqueo chi è più importante e noto fra lui e Giulio Natta, Giovanni Falcone, Nicola Pisano e vari altri della lista?--Presbite (msg) 17:25, 23 nov 2013 (CET)
E Vespucci, dal cui nome addirittura deriva quello d'un continente?--Presbite (msg) 17:30, 23 nov 2013 (CET)
Aspetta: dove va a finire l'unico italiano cui è dedicato il nome di un'unità di misura universale, e cioè Alessandro Volta (da cui il volt)?--Presbite (msg) 17:34, 23 nov 2013 (CET)
Come scritto sopra, per fortuna gli Italiani che meriterebbero un posto in quel mosaico sono moltissimo, ma purtroppo non c'è spazio per tutti: pertanto ho dovuto adottare un criterio certamente imperfetto, ma quantomeno oggettivo: ho inserito soltanto coloro citati espressamente dalla Treccani come "Il/la più grande del suo tempo", "tra i più grandi di sempre" e similari, accettando anche "tra i più grandi del proprio tempo" e similari quando accompagnato dal massimo riconoscimento internazionale per la categoria (Nobel, Grammy, Oscar), e/o dal comparire sulle lire o gli euro italiani. Di quelli da te citati, risponde a tale criterio il solo
  1. Amerigo Vespucci, tra i più grandi scopritori della storia secondo la Treccani.
Che aggiungo all'elenco. La perfezione purtroppo non è di questo mondo, e avevamo bisogno di un criterio oggettivo che evitasse una ricerca originale e che riducesse il numero dei volti al di sotto di 30 (36 è già una concessione, ma al di sopra di tale numero il mosaico perde d'efficacia); pertanto, come è stato proposto da me e accettato da altri sopra, abbiamo scelto di riferirci a una fonte d'indiscussa autorevolezza, la Treccani. Se conosci un altro criterio altrettanto valido e che soddisfi questi tre requisiti, aspetto solo che tu lo proponga.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 11:47, 24 nov 2013 (CET)
Il tuo cosiddetto "criterio oggettivo", basato unicamente sulla Treccani, guarda caso non ti fa inserire nessun rappresentante dello sport più popolare ed amato nel mondo intero, e cioè il calcio. Nulla poi - e questo è veramente una voragine clamorosa - su personaggi come Francesco d'Assisi (uno dei santi più venerati della cristianità), Caterina da Siena, Chiara d'Assisi, san Benedetto da Norcia: tutti personaggi il cui influsso sui secoli loro propri e successivi fu mostruosamente elevato. E - come notato - ti fa dimenticare questo e quello, anche rimanendo agli stessi criteri da te elencati (e cioè quella che io chiamerei "l'iperbole treccaniana"): dove sono Galvani (uomo di "fama europea", datosi che "il "galvanismo" (fu) uno dei temi fondamentali della ricerca scientifica tra Settecento e Ottocento"), Evangelista Torricelli (che formulò "in modo chiaro ed esauriente la moderna teoria della pressione atmosferica, con un accenno a ciò che sarà il principio di Pascal. Esse si diffusero rapidamente in Europa e dettero l'avvio a una rigogliosa fioritura sperimentale e teorica, nella quale s'impegnarono i maggiori scienziati del tempo), Giovanni Boccaccio (addirittura Boccaccio non consideri!!! - che "segna, col Petrarca, le vie lungo le quali si svolgerà la letteratura del Rinascimento: non solo quelle dell'umanesimo filologico tre-quattrocentesco, ma anche quelle dell'umanesimo in volgare")? E non parliamo poi dell'elenco dei papi italiani, personaggi fra i più importanti della storia del loro tempo. Sono contrario alla tua lista e ti invito a non inserirla.--Presbite (msg) 12:33, 24 nov 2013 (CET)
D'accordo, ma dammi allora tu un criterio per costruire il mosaico.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 12:55, 24 nov 2013 (CET)
In base alle tue segnalazioni, in ossequio al mio sistema, sostituisco Roberto Baggio con San Francesco d'Assisi e Foscolo con Boccaccio. Finché qualcuno non proporrà una altro sistema, dovrò usare questo, in quanto l'unico.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 14:47, 24 nov 2013 (CET)
Se ti rende felice... Ma Baggio dove stava prima? E poi mi viene da chiedere: internazionalmente chi è che considera Federico II un italiano?--Presbite (msg) 02:41, 25 nov 2013 (CET)
Scusa, mi sono confuso con Coppi. Federico II ha dato origine alla prima scuola poetica italiana, mi sembra quindi italiano. Non inserisco questo mosaico perché mi rende felice, ma perché abbiamo bisogno di un criterio, per quanto imperfetto; ripeto, se ne hai uno migliore, proponilo, altrimenti la tua critica non è costruttiva.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 15:09, 25 nov 2013 (CET)

[ Rientro] Va anche detto, Mnemone, che il consenso in questa discussione non è esattamente a favore dell'inserimento. Nello specifico, Presbite (pure con toni un po' troppo perentori, IMO) ha evidenziato bene che non è possibile (parliamo di ricerca originale, punto di vista non neutrale, eccetera) stilare un elenco limitato degli "italiani illustri". O c'è una fonte che fa questo lavoro per noi (cioè ha già pronto l'elenco: raccogliere nomi dalla Treccani, per quanto più oggettivo che andare a naso non è comunque un criterio oggettivo e neutrale) o è meglio lasciar perdere. Figurati che anche la "lista di voci critiche" stilata da WMF, per quanto sia stata espansa notevolmente nel corso del tempo, è comunque facilmente criticabile (basta mettere il dito a caso nell'elenco e viene da dire "ma come, questa sì e quell'altra no??"). Dubito che una lista di 30 italiani illustri possa riuscire dove un elenco di 10.000 voci ha fallito. --Dry Martini confidati col barista 17:43, 26 nov 2013 (CET)

Hai ragione, e infatti me ne sono accorto ragionando sulla questione: tuttavia, perlomeno questo mosaico che ho inserito ha una qualche base di oggettività o almeno mira ad averla; va quindi meglio del precedente, anche se non potrà mai essere perfetto. L'ho inserito, e adesso penso che possiamo tenercelo così.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 20:37, 26 nov 2013 (CET)
Torno a dire che manca Cristoforo Colombo, e che questa mancanza è intollerabile. Alex2006 (msg) 07:03, 27 nov 2013 (CET)
Non ho chiarito bene che io sarei per la rimozione del collage. Anche perché il tuo inserimento non si basa sul consenso, né (per le considerazioni che ho già fatto) su fonti. È una ricerca originale (per quanto con l'intento di migliorare quella che già c'era) e andrebbe rimossa. Se puoi provvedere di persona, così magari ne discutiamo un secondo a bocce ferme. --Dry Martini confidati col barista 19:56, 27 nov 2013 (CET)
Credo che il collage sia da identificarsi più come italiani "famosi" piuttosto come italiani visti in prospettiva di "etnia", argomento che rappresenta il contenuto della voce; vedo però che nelle voci Inglesi, tedeschi, francesi e spagnoli è stato seguito questo criterio. Ora: è evidente che un elenco sommario di personaggi non potrà mai essere totalmente dotato di consenso (a titolo di esempio c'è chi potrebbe obiettare la mancanza di Mussolini o di Pio XII) e quindi la scelta dovrebbe essere "o tutti o nessuno", ma, visto che nelle altre voci non si è presentato questo tipo di problema, non vedo ostacoli al mantenimento, pur naturalmente accettando il principio che non tutti i personaggi italiani famosi potranno essere inseriti e che l'elenco dei presenti è scelta personale dell'autore. Al limite si possono proporre più collage e sottoporli al giudizio della comunità ma non vedo motivi per rimuovere quello presente sulla base del non consenso. --Pèter eh, what's up doc? 01:03, 28 nov 2013 (CET)
Approvo. L'uso del collage per illustrate gli articoli etnici è generalizzato su tutte le wikipedie, non vedo perché debba essere rimosso. Come già detto, c'è un nocciolo duro di personalità che non possono mancare (fra questi Colombo, che invece è assente), sugli altri si può discutere all'infinito. Alex2006 (msg) 08:13, 28 nov 2013 (CET)

Vi do il mio contributo da esterno. Quello che balza maggiormente all'occhio è la mancanza di donne: può essere tacciata come immagine maschilista. E' poi votata all'arte e alla scienza. Mancano i Santi, manca la moda, mancano i motori dovi gli italiani dominano e hanno dominato. E' poi poco contemporanea e molto votata al passato.

Per il discorso donne elenco un po' di nomi che potrebbero essere usati: Artemisia Gentileschi, Santa Lucia, Francesca Saverio Cabrini, Federica Pellegrini, Donatella Versace, Miuccia Prada, Alda Merini, Bianca Balti e Ada Negri. --82.56.78.243 (msg) 17:21, 29 nov 2013 (CET)

Cristoforo Colombo! Francesco d'Assisi! Questi mancano, ma c'è Giulio Natta. Adesso immaginate se nell'orbe terracqueo Colombo (cui negli USA è notoriamente intitolato il "giorno festivo" degli italiani) è meno noto di Giulio Natta. Proviamo a mettere a paragone la notorietà e le due figure storiche di Giovanni Falcone e Francesco d'Assisi. Rita Levi Montalcini e Chiara d'Assisi. Umberto Boccioni e Caterina da Siena (patrona d'Italia e compatrona d'Europa). Oltre a ciò, non capisco ancora chi in giro per il mondo consideri Federico II "italiano". Allegria!--Presbite (msg) 17:25, 30 nov 2013 (CET)
San Francesco nel mosaico c'è. riguardo Federico II, i tedeschi lo chiamano "Der Terrone Kaiser". :-) Alex2006 (msg) 07:07, 2 dic 2013 (CET)
E vorrei ricordare che Giulio Natta è noto semplicemente per aver inventato la plastica, non mi sembra un minore...Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Memnone di Rodi (discussioni · contributi).
Giulio Natta non ha "inventato la plastica". Ha perfezionato il lavoro di Karl Ziegler, trovando un catalizzatore per la produzione dei polimeri artificiali (che sono solo una piccola parte delle materie plastiche). La sua importanza per la cultura italiana deriva principalmente dal fatto che è stato l'unico nobel italiano per la chimica. Non è quindi nemmeno lontananamente paragonabile a un Fermi, un Galilei o un Lagrange ,ed è quindi sicuramente un "minore" in confronto alla maggioranza delle altre figure comprese nel collage. Alex2006 (msg) 07:23, 4 dic 2013 (CET)
Ma in sintesi, un mero orpello che costi talmente tante polemiche e fatiche ha senso? --Vito (msg) 22:24, 3 dic 2013 (CET)
Concordo con Vito: il collage è stato inserito da subito senza consenso e non si riesce a trovare un elenco stabile e oggettivamente rappresentativo del popolo italiano. La palla di neve che c'è in me suggerisce di rinunciare. L'unica altra possibilità sarebbe avviare una ricerca molto più approfondita incrociando fonti non italiane per individuare un vero nocciolo duro di italiani celebri (ovvero quelli che sono conosciuti e apprezzati all'estero). --Dry Martini confidati col barista 09:32, 3 gen 2014 (CET)

Fonte mancante

Rimosso "L'Italia si configurerebbe pertanto come una delle isole genetiche d'Europa[13]" perché fonte [13] non esiste piú, e non si puó verificare l'affermazione. --Gotofritz (msg) 01:12, 3 gen 2014 (CET)

Rimosso anche inizio frase, "Recenti studi tendono peraltro a dimostrare che la popolazione originaria della penisola, malgrado le molte invasioni subite dalla caduta dell'Impero romano, avrebbe mantenuto sempre una notevole superiorità numerica sui nuovi arrivati." - visto che il link ai recenti studi non funzionava piú

--01:15, 3 gen 2014 (CET)

Annullata la modifica, perché le fonti ci sono; anzi, nel reinserirle ne ho messa una in più. Eccole qui:

http://www.nytimes.com/2008/08/13/science/13visual.html?_r=0

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0960982208009561

--Romano-italico (msg) 14:40, 6 gen 2014 (CET)

Non capisco come mai non ci siano immagini degli antichi romani nell'infobox?

Mi riferisco a quella polemica scoppiata con la wiki inglese un po' di tempo fa poichè non ci fecero mettere le immagini degli antichi romani come Cesare,Augusto,mario,cicerone,tiberio etc... Agli spagnoli lo hanno concesso e si sono inseriti nella pagina Traiano!!! Si può cominciare a modificare questa cosa da qui e poi importarla nella wiki in inglese? Grazie P.S Insererirei qualche papa. Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Barjimoa (discussioni · contributi).

non conosco la polemica su en.wiki, tuttavia che ci fossero italiani in circolazione prima che nascesse la lingua italiana è un po' forte da sostenere. Così come per Adriano e Seneca in Spagna (e mi incuriosisce la menzione di Averroé), visto che lo spagnolo parte circa al IX secolo. Gli italiani partono, imho, con il Dolce Stil Novo, per dirla poeticamente. In ogni caso, ogni Progetto ha i suoi consensi, quindi noi non facciamo testo su en.wiki e viceversa, non c'è perciò spazio alcuno per usare pagine di it.wiki strumentalmente. -- g · ℵ (msg) 00:55, 22 gen 2014 (CET)
Restando alla wiki italiana nel mosaico dei Greci compaiono diversi personaggi dell'epoca classica--Xoil (msg) 21:54, 22 gen 2014 (CET)
Questo è un articolo di un'enciclopedia, e quindi si deve basare sulle fonti. Si prega quindi di portare fonti attendibili le quali sostengono che la nazione italiana è nata nell'epoca classica. Tutto il resto è aria fritta. Alex2006 (msg) 09:45, 23 gen 2014 (CET)

Tecnicamente, a quanto ci riportano Jean - David Michele (La romanizzazione dell'Italia), Silvana Patriarca (Italianità), M. Montanari (Storia medioevale), Apolito (Lezioni di antropologia) e tantissimi altri, la nazione italiana nasce proprio in epoca romana, e più precisamente nella prima fase dell'età imperiale. Senza Roma l'Italia non sarebbe esistita, e così neppure gli italiani, la cui lingua, cultura e tradizione derivano in gran parte (direttamente o indirettamente passando per l'epoca medioevale) dall'epoca romana. Il buon senso e la ragione, comunque, fanno emergere da sé questo dato di fatto: se l'Italia non nasce come realtà culturale ed etnica romana, da che cosa dovrebbe derivare? Dai Cherokee? Parliamo la seconda lingua più simile al latino romano (la prima è il sardo), i nostri nomi, i nostri cognomi (se non latini comunque latinizzati), il nostro approccio alla società e le nostre tradizioni sono latine; dunque di che stiamo parlando? Anzi, a dirla tutta se si vuole tornare sul punto "Italia nazione" si può tranquillamente affermare che il nostro Paese è stato, geograficamente e giuridicamente, il primo al mondo ad essersi unificato sotto una lingua, una cultura e una legge comune, esattamente nel 49 a.c, con l'integrazione della Cisalpina ad opera di Giulio Cesare. Dunque direi che quest'aria si frigge discretamente bene. --Romano-italico (msg) 21:41, 24 gen 2014 (CET)

Dipende tutto da cosa e come assumiamo il concetto stesso di nazione. Le razze non esistono, come l'antropologia ci conferma, e dunque rimangono quattro realtà evidenti per inquadrare un paese o un popolo: l'etnia, intesa come vago insieme di clini e di origini storiche; la lingua, sia parlata che come matrice originale; la cultura, come insieme di tradizioni e di usi; la religione, come realtà storica. Negli italiani tutte queste quattro condizioni concettuali di nazione derivano direttamente dall'epoca romana, specialmente quella tardo imperiale. Alcuni aspetti si sono evoluti, certo, ma c'è da dire che le culture non sono stagnanti, ma in continua evoluzione. Potremmo noi quindi "accusare" un abitante di Merida di non essere di etnia Maya solo perché cattolico e ispanofono, quando invece 600 anni fa i Maya erano pagani e parlavano un altro idioma? Certo che no: la cultura Maya nello Yucatan ha subito un'evoluzione che, sia pur forzosamente, ha prodotto dei cambiamenti; ma qualunque cosa faccia, il nostro abitante di Merida rimarrà sempre un messicano di etnia Maya, anche se dovesse iniziare a parlare turco. --Romano-italico (msg) 22:11, 24 gen 2014 (CET)

Bravo, hai detto bene, "deriva": non "e`", "deriva". Infatti, uno dei tratti costituenti della nazione italiana e` l`eredita` romana. Ma se noi siamo eredi dei romani, non siamo romani. Fra noi e i romani c`e` stata la cesura data dal crollo del mondo antico. Col crollo l`unificazione romana - un`unificazione comunque parziale - e` andata di nuovo perduta. A questo riguardo leggi per esempio - riguardo l`evoluzione della lingua - "Il linguaggio d`Italia", di Giacomo Devoto, dove questa cesura e` magistralmente spiegata; oppure "La storia spezzata" di Schiavone, dove il discorso diventa generale. Infine, Non mi sentirei di dire che senza Roma non sarebbe esistita l`Italia. Sarebbe stata certo un`altra Italia, ma la penisola, grazie alla barriera alpina e ai mari che la delimitano e` geograficamente predestinata a essere unita. Sicuramente non sarebbe esistito l`ethnos italiano come lo conosciamo noi. Alex2006 (msg) 08:44, 25 gen 2014 (CET)

Sul fatto che l'Italia, a prescindere da Roma, sarebbe comunque risultata una realtà unitaria non c'è dubbio. Tornando all'argomento, e riprendo ciò che hai appena detto - e che anche io condivido - riguardo la conformazione geografica italiana, delimitata da mari e monti, faccio un ulteriore passo avanti citando la dibattuta fonte - o meglio le fonti - riguardo il sostanziale continuum etnico tra chi abita oggi in Italia e chi ci abitava duemila anni fa, consentito proprio dalla conformazione geografica italiana. Se noi Italiani siamo dunque gli stessi del 100 a.c, cosa ci rende fondamentalmente differenti dai Romani? E' qui che, a mio parere, inizia il dibattito storiografico. Come dicevo prima, le culture non sono immobili ed immutabili, ma anzi si evolvono continuamente, arricchendosi sempre di più. Ora, chiediamoci: la cultura italiana è un'evoluzione della cultura romana oppure ne è semplicemente la più grande ereditiera? Siamo i nani sulle spalle del gigante o siamo anche noi giganti? Cosa ci rende dunque differenti dai romani? Secondo diversi storici non così tanto, ed anzi le problematiche e le caratteristiche sociali dell'Italia romana spesso differiscono ben poco dalle nostre, a partire dal sistema politico. Il dibattito, secondo me, dovrebbe essere inerente al concetto stesso di Romano, perché ovviamente noi non potremmo certo ascrivere come Italiano un Massimiliano il Trace, o un Filippo l'Arabo, o tantissimi altre personalità storiche d'epoca romana non direttamente collegali all'ethnos italiano. Ma forse un Augusto o un Plinio si.

Ricapitolo il tutto:

  1. Etnicamente (in termini di clini e di origine genetica ) gli Italiani sono Romani, e ciò è avvalorato da alcune ricerche che individuano il nostro Paese come isola genetica vecchia più di duemila anni;
  2. La cultura italiana, intesa come pluralità di fattori e condizioni sociali, per tanti aspetti è uguale a quella romana, mentre per altri ne è un'evoluzione;
  3. Linguisticamente, l'Italiano è insieme al Sardo la lingua di maggiore derivazione sintattica, morfologica e semantica latina, e per quasi tutti gli aspetti è considerata una semplice evoluzione 1*;
  4. Gli stessi dialetti (o lingue, che dir si voglia) d'Italia sono considerati dall'antropologia linguistica come il fiore all'occhiello dello sviluppo della cultura romana in Italia, perché rappresentanti il pieno e particolare processo di romanizzazione ed integrazione culturale della nostra penisola 2*;
  5. La religione italiana che ha, volenti o nolenti, integrato ed "arricchito" la nostra stessa cultura, è la stessa dell'epoca tardo imperiale romana.

1* Non di rado l'Italiano viene considerato una naturale e semplice evoluzione della lingua latina, e non una sua derivazione. Che vuol dire? Che se Roma si fosse territorialmente ridotta alla sola Penisola italiana, sopravvivendo alle invasioni barbariche, avrebbe sviluppato autonomamente una lingua parlata molto simile all'Italiano, che è una derivazione del Toscano, che a sua volta è stato una delle lingue regionali italiane alto-medioevali che più si avvicinavano al Latino (qui poi si entra in un'area inerente all'antropologia linguistica, che ci spiega il come ed il perché nelle realtà territoriali dove il substrato linguistico non era neanche indoeuropeo si ha avuto la maggiore diffusione della lingua latina, ma andremmo off topic).

2* I dialetti e le lingue d'Italia non sono solo il frutto di una "sommatoria di lingue", come il gallico ed il latino o il greco ed il latino, bensì una costruzione complessa tra substrato d'epoca preromana, lingua latina e realtà linguistiche imposte, non di rado forzosamente, dai vari processi di spostamento sistematico delle popolazioni italiane. I dialetti e lingue d'Italia sono ad oggi mutuamente intelligibili non solo perché tutte di preponderante origine neolatina, ma anche perché frutto di una costruzione "ad incrocio". La lingua siciliana e quella calabrese, specialmente nelle vocali, presenta caratteristiche tipiche dei dialetti gallo - italici; alcuni dialetti liguri, specialmente a ridosso delle Alpi apuane, hanno caratteristiche morfologiche e semantiche tipiche delle lingue meridionali (napoletano in primis); la lingua Veneta, spesso e più che volentieri, costruisce sintatticamente le proprie frasi su un modello totalmente estraneo ai dialetti gallo - italici, e molto più simile ai dialetti mediani italiani. Questi sono solo alcuni esempi, ma la pluralità dei dialetti e delle lingue d'Italia è piena fino all'orlo di esempi simili, che avvalorano il processo di romanizzazione in Italia. --Romano-italico (msg) 13:15, 25 gen 2014 (CET)

Caro Romano-Italico, non ti seguo: tu dici che Augusto puo` essere definito italiano? Un italiano che parlava latino, che adorava gli dei pagani, che aveva una concezione universale dello stato di cui era capo? Cosa aveva Augusto di italiano, a parte il fatto di essere nato nella penisola? E come si fa a dire che "La cultura italiana, intesa come pluralità di fattori e condizioni sociali, per tanti aspetti è uguale a quella romana"? Leggi per esempio il libro di Florence Dupont "La vita quotidiana nella Roma repubblicana" : ti renderai conto che i Romani per molti aspetti (leggiti per esempio i capitoli sulla concezione del tempo) avevano una percezione e una concezione del mondo piu` distante dalla nostra di quanto la nostra lo sia da quella degli abitanti dell`interno della Paupasia. Riguardo la religione, e` vero che parecchi romani tardi (ma non tutti) erano cristiani, ma tutti gli altri venuti prima no. La religione comunque ha costituito uno dei pochissimi elementi di continuita` fra noi e loro: per il resto, la loro civilta` e` collassata, e solo molto piu` tardi e` emersa la nostra. --Alex2006 (msg) 18:59, 25 gen 2014 (CET)
Concordo con Alex2006: uno dei maggiori fondamenti dell'identità italiana è la permeante eredità romana, ma è indubbio che noi siamo un popolo diverso, sotto ogni punto di vista.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 10:53, 26 gen 2014 (CET)

Mah, orientativamente si, perché come dicevo prima la cultura è evoluzione. Continua evoluzione. Ti porto un esempio banale. Yahuar Huacac e Ollanta Humala sono tutte e due appartenenti all'etnia quechua, eppure il primo, ai suoi tempi, era avvezzo ai sacrifici umani, credeva che il mondo finisse oltre Panama, era pagano e non aveva la minima idea di che cosa significasse la parola "denaro"; il secondo, invece, è un fervente cattolico, laureato in scienze politiche e con un master in economia finanziaria. Inoltre, se Huacac e Humala si incontrassero oggi, parlandosi in quechua, probabilmente riuscirebbero a capirsi poco, perché il quechua moderno è un'evoluzione del quechua antico. Dunque abbiamo due persone appartenenti alla stessa etnia con visioni del mondo, caratteristiche culturali e lingue spesso distanti. Il che rende uno "meno quechua" dell'altro? Assolutamente no, tutt'altro: il secondo fa parte di una cultura quechua "evoluta", mutata e cambiata. Ma sempre quechua rimane. Ora ti chiedo di fare lo stesso paragone tra Augusto ed un qualunque cittadino della Repubblica italiana, e ti renderai conto che la distanza tra i due non sarà di certo maggiore di quella tra i nostri Huacac e Humala. La concezione del mondo cambia, certo, e tu mi stai citando un libro che si rifà all'età repubblicana, dove imperava il paganesimo; e come dice l'antropologia - nonché la sociologia - la religione influenza nettamente la propria visione del mondo, rendendoci le visioni del mondo altrui spesso incomprensibili. E' quindi normale che un cittadino romano del II secolo a.c avesse una visione differente, perché la sua cultura non era stata ancora scolpita dal cristianesimo. Stessa cosa si può dire dei nostri due amici peruviani, uno pagano e l'altro cattolico, con visioni del mondo completamente differenti. E' invece interessante notare come le caratteristiche della vita quotidiana nell'antica Roma - scialbe da quadri di contesto arricchiti e "storpiati" da religione, lingua e visione del mondo - siano gli stessi degli Italiani moderni, solo rivisitati in chiave differente (Arnaldo, Marcone, Scuderi, Angela). L'approccio ai giochi gladiatori, la politica cittadina, la condizione sociale e l'eterno dualismo tra res publica e res privata: tutte realtà di condizione umana tipiche della romanità evolutesi nei contesti sociali e politici italiani, arricchendosi ed evolvendosi di epoca in epoca. Fa impressione leggere i politici romani dell'epoca fermarsi nei "bar" di allora circondati da gladiatori, cantanti e poeti, solo per il gusto di farsi osservare dagli elettori; o fa ancora più impressione pensare alla visione della politica di un cittadino romano d'età tardo repubblicana, quando la gente diceva che i politici rubano, e la stessa realtà partitica si confonde l'un l'altra, essendo diventata autoreferenziale ed in perenne accordo con sé stessa, e cercava febbrilmente (l'eterno vizio italiano) un uomo che possa prendere in mano la situazione, facendo smettere di far discutere sul niente o suoi soli interessi della politica stessa. Quest'ultimo passaggio è inerente alla lotta interna tra cavalieri e senatori per l'assegnazione dei cosiddetti tribunali permanenti. Detto ciò, mi rendo conto che neanche sulle altre pagine delle etnie europee son presenti personalità nate prima della caduta dell'Impero romano, dunque mi rimetto alla volontà della collettività. --Romano-italico (msg) 17:30, 26 gen 2014 (CET)

Ah, dimenticavo. In età precolombiana tra i quechua era tradizione dare il benvenuto all'estate organizzando un rito dove alcuni uomini, nudi tranne che per un mantello di lana, iniziavano a correre a quattro zampe, imitando il verso dell'alpaca e scorrazzando in lungo ed il largo per il villaggio, in attesa che qualcuno riuscisse ad acchiapparli per simulare una tosatura - ma in alcuni casi anche la mungitura, poiché pur non essendo troppo gradito il latte di alpaca, essa simboleggiava la fertilità -. Il tutto terminava con questi uomini che, ora completamente nudi, prendevano sassi e pietre e, in una condizione semi estatica - bava alla bocca, rantolii e convulsioni - iniziavano a scagliarli contro degli alberi, a simboleggiare il passaggio di stagione. Se oggi un quechua vedesse alcune persone fare una cosa del genere probabilmente prima scapperebbe terrorizzato, e poi chiamerebbe la polizia. Con certezza gli individui verrebbero poi ricoverati d'urgenza al più vicino manicomio. --Romano-italico (msg) 17:52, 26 gen 2014 (CET)

Tu affermi che di un popolo può essere completamente stravolto ogni aspetto della vita senza che quel popolo perda la sua identità: senza offesa, ma è un ragionamento illogico, giacché altrimenti apparterremmo tutti a un unico popolo, quello dei cavernicoli emigrati dall'Africa.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 14:29, 28 gen 2014 (CET)

Infatti, seguendo questo ragionamento, si dovrebbe mettere l'immagine di Giulio Cesare nell'infobox degli italiani, dei Francesi, degli Spagnoli, e cosi` via...infatti tutti questi popoli condividono la comune eredità romana. Torno a consigliare la lettura della "Storia spezzata" di Aldo Schiavone. Alex2006 (msg) 07:43, 29 gen 2014 (CET)
Trattasi di mere convenzioni storiografiche (ma pure geografiche e financo politiche). S'è già detto che i greci non conoscono cesure: si considerano e sono considerati sempre greci, dai primordi ad adesso. Eppure hannno cambiato lingua, religione, struttura politica ecc. ecc.: per citare chi mi precede, hanno mutato ogni aspetto della vita. E i francesi? Il Duby (uno dei più importanti storici di quel paese) afferma che la Francia nasce nel X° secolo, ma viene abbastanza comunemente ritenuto "francese" Vercingetorige, che notoriamente fu vis à vis con Caio Giulio Cesare! Uno dei primi a scrivere una "Storia degli Italiani" fu lo storico e letterato Cesare Cantù (fondatore dell'Archivio Storico Lombardo): pubblicata financo prima dell'unità d'Italia. Ebbene: in questa mastodontica opera in vari volumi egli considera "Italiani" tutti gli abitanti della Penisola Italiana. Fin dalla preistoria. Ma prima ancora (anni '30 del XIX secolo) il Micali aveva scritto una "Storia degli antichi popoli italiani" che parte dalle stesse premesse; e prima ancora del Micali troviamo il Romagnosi, che identifica strutture di "continuità" nella storia giuridica del nostro paese dai Romani in poi. E stiamo parlando di uno ch'era nato nel XVIII secolo! Ma non si pensi che questa sia una "strana teoria" relegata al XIX secolo e ripescata (com'è noto) dal fascismo: che dire dell'opera di uno dei più clebrati storici italiani contemporanei, e cioè di Ruggiero Romano, che scrisse il famoso "Paese Italia: venti secoli di identità"? Un libro uscito nel 1997, non nel ventennio mussoliniano! Quindi non ci si scandalizzi tanto a considerare questa tesi, e non la si consideri così tanto campata in aria o - addirittura - illogica: credo addorittura preceda la tesi opposta, e cioè quella della "cesura" (ma dovrei verificare, per esserne certo). Mi par di ricordare che il teorico della "cesura" fu infatti Benedetto Croce. E quindi siamo in pieno XX secolo. In una voce come questa, ritengo per lo meno doveroso segnalare la presenza di tale tesi, nonché la sua sopravvivenza fino ai giorni attuali.--Presbite (msg) 11:45, 29 gen 2014 (CET)
Caro Presbite, guarda che tutto il mondo ride dietro ai Greci contemporanei per questa presunta asserita continuità con gli antichi Elleni. Qui si tratta di un mito, necessario per giustificare la nascita del moderno stato greco. Quella della cesura non è una teoria, è la realtà. Come dice Schiavone, i romani dell'anno mille che giravano per le rovine della città, non avevano piu' cognizione nè di chi le avesse costruite nè di quale fosse stato il loro scopo, tanto è vero che in quel periodo nacquero diverse leggende a proposito. Altro che continuità! --Alex2006 (msg) 12:07, 29 gen 2014 (CET)
"Tutto il mondo ride" merita un enorme "Citazione necessaria". Sai: non mi fido delle frasi apodittiche nemmeno se le scrivo io: immaginarsi se le scrive un altro! Riguardo al resto, ho riportato con dovizia di citazioni di autori ed opere come e quando sia nata la tesi della "continuità", e come tuttora permane viva (do you know Ruggiero Romano?). La tesi della "cesura" - come ho già scritto - è anch'essa una "convenzione", che come tutte le brave convenzioni ha i suoi cantori. In altre parole: Schiavone non è il Verbo Storico Fatto Carne: della Pravda storiografica non ne sento proprio il bisogno. E siccome noi lavoriamo sulla base delle fonti, basta farle parlare per scoprire come per incanto che quel che ho scritto nel mio precedente intervento è una rappresentazione più che adeguata dello stato dell'arte. Niente di più, niente di meno.--Presbite (msg) 12:38, 29 gen 2014 (CET)
1) Intanto togliamoci questo impiccio: la lingua non c'entra nella definizione di una popolazione, e' un qualcosa che ne deriva e vi si aggiunge (elaborazione ed evoluzione culturale lungo la storia della popolazione stessa), non che la definisce, anche se spesso vi e' un rapporto univoco fra lingua e popolazione.
2)Su cosa sia e come sia necessario distinguere o unire nelle definizioni di popolo - stato -nazione italiana si sono descritti decine, se non centinaia, di saggi, per cui non possiamo confutare la faccenda o affermare che vi sia un singolo testo (ossia un autore) che certifichi che le cose stanno in un certo modo e basta, dipende dalle scuole di pensiero, facciamocene una ragione oppure andiamo in biblioteca a leggere per un mese. Riportiamo "cum grano salis' quello che scrivono le fonti, magari distinguendo fra popolo - nazione e stato.
3) Spagnoli, Francesi, Rumeni, ecc tutti latini e quindi tutti uguali? Comunque la si veda questi popoli si sono differenziati nel tempo e sopratutto se guardiamo la loro storia ricercano e rivendicano radici anche al di fuori e precedenti la loro romanizzazione.
4)Se i bifolchi dell'anno mille vagavano per Roma senza conoscere nulla del passato e fino a meta' e oltre del secolo XIX pascolavano le capre nel foro romano (esistono anche fotografie per chi non ci crede), chi stava nella parte alta della società continuava a saperlo, non fosse altro per lo strettissimo legame fra religione cristiana e romanità, quello che venne perso perso quasi totalmente ,e riscoperto tardivamente, fu il legame col mondo greco.--Bramfab Discorriamo 13:16, 29 gen 2014 (CET)
I bifolchi dell'anno mille non scrivevano i "Mirabilia Urbis Romae" (che comunque sono precedenti), che erano opera di membri dell'elite per i pellegrini (anch'essi membri dell'elite, non fosse altro perchè sapevano leggere) che giungevano nell'Urbe. Alex2006 (msg) 09:50, 6 feb 2014 (CET)
So di essere ripetitivo, ma 'sto collage a che serve? --Vito (msg) 13:31, 30 gen 2014 (CET)

No, alt. Memnone di Rodi, tu hai stravolto quanto stavo dicendo, perché io non ho mai affermato quanto tu hai riportato. Io ho detto che, come l'antropologia ci insegna, le culture sono in continua evoluzione. Riformulo la frase così da farmi capire meglio: le culture sono in continua evoluzione, ma tendono a seguire una linea retta. Che vuol dire? Vuol dire che la cultura è si in evoluzione, ma ha radici nel suo passato. Può essere poi stravolta e cancellata, ed a quel punto viene soppiantata da un'altra cultura, ma non è questo il nostro caso. Io ho riportato l'esempio del popolo dei quechua perché calza appunto a pennello: la loro attuale cultura è molto differente da quella di mille anni fa, ma non è certo d'origine marziana, ed anzi dal passato trae importantissimi spunti, nonché, per certi aspetti, una discreta continuità. Ovviamente i "Romani", come ho già detto, erano molto differenti tra loro, e bisogna distinguerli tra Romani di Spagna, Romani di Gallia, Romani d'Italia e via discorrendo. Tutti avevano una base culturale - e spesso anche etnica - latina, ma mantenevano forti differenze dovute al substrato etnico - culturale precedente alla conquista romana. Ascrivere tutti i "Romani" dell'epoca ad ogni nazione neolatina sarebbero assurdo, certo, perché eventualmente bisognerebbe categorizzarli. Ah, faccio notare che ascrivere al proprio popolo personalità d'epoca classica non è una velleità soltanto greca, bensì di moltissime realtà nazionali: gli Arabi, ad esempio, si sono accaparrati Filippo l'Arabo; i Bulgari Massimiliano il Trace, i Tedeschi Arminio, i Francesi - ma è stato già detto - Vercingetorige; e gli Inglesi - qui si ridicolmente - la regina Budicca. Come si può notare, non c'è nulla di assurdo, astruso, illogico o folle. E' uso comune. --Romano-italico (msg) 18:23, 30 gen 2014 (CET)

Io parto da un presupposto: ricordo innumerevoli fonti (tra cui cito Matthew White, Il libro nero dell'umanità) che affermano che una delle opere maggiori dell'Impero Romano è stata di unificare culturalmente i territori conquistati, creando una nazione unitaria dalla Britannia alla Libia; certo, vi erano differenze tr le varie province, e soprattutto tra l'Occidente latino e l'Oriente greco, ma sostanzialmente consideriamo Virgilio, Ammiano Marcellino, Terenzio, Marziale, Fedro tutti romani, pur essnedo nati rispetticamente in Italia, Siria, Africa, Spagna, Tracia: oggi non considereremmo mai italiani, siriani, tunisini, spagnoli e bulgari un unico popolo, come non li uniremmo a francesi, inglesi, croati, pur essendo molti di essi strettamente imparentati; secondo il tuo ragionamento, però, molte di queste culture si sono semplicemente evolute da quella latina, e ciò è vero, tuttavia evidentemente non basta a considearli tutti un unico popolo.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 19:02, 30 gen 2014 (CET)

E' vero, oggi non li considereremmo mai tutti facenti parte dello stesso popolo; tu, però, stai tralasciando un fatto d'importanza vitale: lo strappo etnico, storico, culturale e linguistico delle invasioni barbariche. I popoli che tu hai citato non hanno avuto uno sviluppo culturale autonomo, evolvendosi naturalmente da una ceppo madre, ma hanno subito un "trauma" che li ha fatti uscire fuori dalla retta culturale originaria. L'assetto etnico, linguistico e culturale di gran parte dei paesi che hai citato è stato stravolto dalle prime e dalle seconde invasioni dell'alto medioevo, il che ci "falcia" il numero di popoli che, ad oggi, potrebbero essere considerati culturalmente fratelli. Un Croato non è un Illiro - romano non perché siano passati 2.000 anni e la cultura sia cambiata, ma perché gli Slavi giunti nell'odierna Croazia massacrarono i nativi, spingendo i superstiti a vivere sui monti dinarici. Nel Vicino Oriente, nel Nord Africa, nelle Isole Britanniche e nel Balcani le invasioni barbariche hanno prodotto la totale distruzione delle culture precedenti, d'impronta o latina o greca (va detto, in maniera non uniforme, perché nei paesi arabizzati, ad esempio, si sono mantenuti tantissimi aspetti culturali delle popolazioni che prima vi abitavano). Il che, ad oggi, ci rende impossibile accomunare un Italiano, un Siriano ed un Bulgaro, perché distantissimi tra loro sotto quasi tutti i punti di vista. Ma tale impossibilità non deriva da una distinta evoluzione culturale, ma da un totale o parziale sradicamento della "cultura madre" ivi presente. Là dove le invasioni barbariche hanno avuto minor effetto, sia in termini di apporto demografico che culturale, come ad esempio in Italia, Spagna, Portogallo e Francia meridionale, si è mantenuto un certo continuum culturale, nonché linguistico, di notevole importanza. Tornando poi al concetto di cultura in continua evoluzione, va detto che, ad esempio, se l'Italia è culturalmente diversa dalla Spagna ciò è anche dovuto alla separazione di oltre 1.500 anni tra le due realtà nazionali. Ovviamente in contesti medioevali, rinascimentali, moderni e contemporanei differenti, là dove si sono subiti influssi culturali differenti e vissuti eventi storici a volte opposti, le due culture, pur rimanendo a base latina, si sono distanziate. In sintesi: le realtà "regionali" romane, là dove non hanno subito strappi etnici importanti, hanno mantenuto una più che discreta vicinanza culturale, evolvendosi però autonomamente e formando realtà identitarie spesso differenti. Se non fossero avvenute le invasioni barbariche, e se dunque i moderni paesi latini avessero attraversato un percorso di evoluzione nazionale e culturale "pacifico", mantenendosi sotto l'influsso di Roma, oggi saremmo tutti "Romani"? No, è evidente. Per quanto un Romano di Spagna ed un Romano della Pannonia potessero essere ambo due classificabili come "Romani", avrebbero, in un ipotetico futuro, certamente sviluppato idiomi differenti, nonché abitudini culturali separate. L'esempio migliore, sia pur su scala ridotta, ci è dato dal Sud America. Un Messicano ed un Argentino sono uguali? Assolutamente no; e, pur essendo ambo due figli della stessa cultura spagnola, presentano notevoli differenze, dovute ai substrati etnici e culturali per cesti aspetti opposti (Mapuche e "Aztechi" [anche se parlare di "Aztechi" come etnia è incorretto, poiché il termine, similmente a "Romano", si rifà ad un insieme di popolazioni diverse ma culturalmente accomunate da un'organizzazione politica e sociale unica, come i Nahua e gli Zapotec] sono popoli distantissimi tra loro) su cui si è costruita l'identità "ispano - americana". Proprio per la differenza intrinseca tra differenti regioni romane, sarebbe quindi impossibile accreditare un Filippo l'Arabo o un Marziale come Italiani. Viceversa, lo è meno per figure romane non solo nate in Italia, ma frutto dell'insieme variopinto di culture che, brutalizzando, possiamo definire Italiche. Continuo poi a dirvi che non c'è nulla di eccezionale in quello che si vorrebbe fare: tutte le altre realtà europee e mediterranee, non di rado superando i limiti della fantasia, si attribuiscono antenati d'epoca classica. --Romano-italico (msg) 20:10, 30 gen 2014 (CET)

Secondo me il nodo principale della questione è scioglibile rispondendo ad una semplice domanda: un Romano di Capua, uno di Eburacum (Britannia) ed uno di Ulpia Traiana erano uguali? Se la risposta che ci diamo è affermativa, allora non sarà possibile accreditare figure romane a nessuno dei popoli moderni, perché varrebbe la massima "o tutti o nessuno"; viceversa, se la risposta che diamo è negativa, riconoscendo quindi che ogni "territorialità romana" aveva delle sue forti peculiarità, nonché differenze etniche, culturali e linguistiche, allora ci sarà possibile suddividere le personalità d'epoca classica per nationem, ascrivendole ai vari popoli odierni. --Romano-italico (msg) 20:26, 30 gen 2014 (CET)

"tutte le altre realtà europee e mediterranee, non di rado superando i limiti della fantasia, si attribuiscono antenati d'epoca classica.". Esatto, ma non si tratta di fantasia, si tratta di precise operazioni politiche di stampo nazionalista, che non hanno nulla a che fare con la realtà storica. Prova ne sia che - qui in Italia - l'ultimo che ha provato a far passare un concetto simile, era un noto uomo politico, il quale è poi finito appeso a testa in giu' a un distributore di benzina. --Alex2006 (msg) 07:57, 31 gen 2014 (CET)
Come ho già scritto e riscritto, si tratta di mere con-ven-zio-ni. E appioppare a uomini come Ruggiero Romano lo stigma del nazionalista o addirittura del fascista non sta né in cielo né in terra. Ribadisco la mia proposta: nella voce si dia fiato alle fonti, che presentano sul tema "identificazione dell'Italiano" delle diverse teorie. E il mosaico (che appioppa l'italianità a Federico di Svevia, contrariamente alla totalità delle fonti internazionali a me note) si può pure eliminare.--Presbite (msg) 10:25, 31 gen 2014 (CET)
Non mi sembra che Ruggero Romano abbia fatto partire la Storia d'Italia dell'Einaudi da Giulio Cesare... O forse mi sono perso qualche volume? :-) Allo stesso modo, Momigliano e Schiavone nell'introduzione alla Storia di Roma (sempre Einaudi) precisano che l'opera si ferma al V secolo. Riguardo Federico II, in Germania è soprannominato "Der Terrone Kaiser". Comunque concordo che si tratta di un caso piu' che borderline... --Alex2006 (msg) 12:04, 31 gen 2014 (CET)

Sono di fantasia quando i Bulgari si attribuiscono Massimiliano il Trace, che di slavo non aveva nulla; son sempre fantasie quando gli Inglese si dicono figli di Budicca, la dove la regina britannica di sassone, anglo o normanno non aveva niente. Guarda, pour parler posso garantirti che personalmente la penso all'opposto dell'uomo appeso a testa in giù ad un distributore di benzina, dunque non vedo alcun tipo di politica nella discussione che si sta affrontando. Concordo con Presbite, Federico di Svevia non era certo italiano. --Romano-italico (msg) 10:42, 31 gen 2014 (CET)

Ma chi è Massimiliano il Trace? --Alex2006 (msg) 12:04, 31 gen 2014 (CET)
...e secondo le leggi attuali Federico II sarebbe Italiano a tutti gli effetti, fin dalla nascita (mamma italiana da tre generazioni) ;-) --Retaggio (msg) 12:22, 31 gen 2014 (CET) PS - E senza contare il papà, sposato con un'Italiana e con più di due anni di residenza continuativa in Italia...
Cito la voce, provvista tra l'altro di fonti: italiano per nascita (Jesi) lingua (fino all'età di 12 anni parlava soltanto italiano[44]), formazione (fu educato a Foligno) e sentimenti (si autodefinì filius Apuliae)[45]). La sua figura riveste una capitale importanza per la storia d'Italia e la formazione di una cultura propriamente nazionale.
Per quanto poi riguarda gli antichi, Romani-Italico, tu affermi che anche se l'Impero Romano non fosse crollato, le varie nazionalità si sarebbero scisse; questa è solo una tua illazione, con i se e con i ma la storia non si fa. Il dato oggettivo, convalidato dalle fonti che ho citato, è che i Romani costituivan o un unico popolo, di conseguenza, per il terzo principio di equivalenza, se i popoli discendenti dai Romani appartenessero allo stesso gruppo etnico dei Romani, apparterrebbero tutti a un unica etnia neolatina, cosa che non esiste.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 15:10, 31 gen 2014 (CET)
@ Alex2000. Mai sentita l'espressione "Der Terrone Kaiser" riferita a Federico II, eppure conosco discretamente la storiografia di lingua tedesca sull'Italia. Ho googolato "Der Terrone Kaiser" e il risultato è zero. Abbiamo una sia pur minima fonte su questa cosa qui? Su Ruggiero Romano devo in realtà correggermi: ho ripreso in mano il libro del 1997 che a memoria mi pareva trovasse una linea di continuità nell'identità romana e italiana, e invece non è così. Romano non è un "continuista", anzi: per lui si può parlare di "Italia e italiani" solo dal V secolo.--Presbite (msg) 16:26, 31 gen 2014 (CET)
@Presbite. Grazie per la correzione. Federico veniva chiamato cosi' dagli studenti di filosofia di Friburgo in Brisgovia circa 20 anni fa. In realtà, in Germania non lo considerano un Kaiser del primno Reich, ma piuttosto un proto-europeo. --Alex2006 (msg) 09:50, 6 feb 2014 (CET)
Scusa Memnone: chi è che dice che i Romani (intendendo con ciò "gli abitanti delle terre dominate dai Romani") costituivano un unico popolo?--Presbite (msg) 16:31, 31 gen 2014 (CET)
Il sopracitato Matthew White, nel suo Il libro nero dell'umanità.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 17:03, 31 gen 2014 (CET)
P.S. Ma generalemnte mi sembra si consideri Tacito un antico romano, al pari di Giovenale, Marziale o dell'imperatore Claudio.

Si chiedo scusa, intendevo Massiminio. Memnone di Rodi, mi spieghi perché continui a farmi dire cose che io non ho scritto? Io usato il condizionale, formulando oltretutto la frase in maniera interrogativa, dunque il tuo commento sta, tecnicamente, a zero contenuti, perché mi accusi di aver fatto un'affermazione che io, invece, non ho neanche pensato. Scusami, ma stai usando una tattica di conversazione squallida. Non stai oltretutto analizzando la questione in nessun modo, continuando a dire sempre le stesse ed identiche cose, arroccandoti su frasi fratte. Ti faccio notare anche un'altra cosa, così vediamo di sbloccare l'argomento che stai gettonando: enciclopedicamente non esiste una voce per categorizzare i Romani come etnia (sull'Enciclopedia dei ragazzi puoi al massimo trovare un capitolo che generalizza lo status di romano, con un incipit che recita: Originati da una mescolanza di elementi latini, sabini ed etruschi, in poche centinaia di anni i Romani divennero i padroni della maggior parte del mondo allora conosciuto) , e quello che invece trovi è Cittadini romani, perché intesi come realtà giuridica, o al massimo culturale, ma con fortissime riserve. Un'etnia che partisse dal Vallo fino come alla Mesopotamia non è mai esistita. Dunque, detto alla romana, de che stamo a parlà? E se non esiste una precisa definizione o una categorizzazione possibile per i 55 milioni di abitanti dell'Impero Romano del III secolo d.c, ciò vuol dire che regionalmente esistevano realtà etniche separate, più o meno romanizzate o integrate nel mondo romano. Se dovessi riuscire a dimostrare al mondo accademico che un Britanno del III secolo d.c - che, sia pur "togato", non di rado si dipinge la faccia di blu per ballare alla luna nel solstizio d'Estate urlando e pregando - ad un mercante Greco - Siriaco di Antiochia sono facenti parte della stessa etnia, allora ho una grande notizia per te: a Stoccolma inventeranno il premio nobel per la Storia. E te lo conferiranno. --Romano-italico (msg) 19:52, 31 gen 2014 (CET)

Come si può intendere l'Impero Romano come una realtà etnica unitaria dalle Isole Britanniche fino alla Mesopotamia? Nel IV secolo d.c le uniche zone dell'Impero dove si parlava solo ed esclusivamente latino e si aveva perso completamente - da secoli - memoria degli idiomi del passato erano l'Italia continentale e l'Illiria. In Gallia, in Hispania, in Britannia e nella Germania romana il latino era lingua madre solo nei centri urbani, e spostandosi nelle campagne esso era quasi sempre affiancato dall'idioma nativo. Nell'odierna Francia, ad esempio, la lingua gallica si è addirittura estinta un secolo dopo Cristo. Nel mondo ellenico ed orientale, poi, il Latino non fu mai neanche lontanamente la lingua madre, bensì una "semplice" lingua amministrativa e franca. E se linguisticamente cadiamo nel vuoto, trovandoci tra le mani un Impero con una "lingua ufficiale" diffusa a macchia di leopardo, culturalmente va anche peggio. Le uniche zone profondamente e completamente romanizzate erano solo l'Italia, l'Illiria, la Narbonense e le città della costa ispanica. Nelle altre realtà regionali la cultura romana esisteva, certo, ma era affiancata - e non di rado sostituita - dalle tradizioni locali. Nelle zone agricole la romanità non si sapeva neanche cosa fosse. Nell'oriente, gelosissimo della sua cultura greca, la romanità non entrava neanche a picconate, se non nell'amministrazione. Ah, ovviamente questa non è la proverbiale "farina del mio sacco", ma ci basta aprire qualche testo di Beloch, o di Michele, o persino di Montanelli, per renderci conto che la situazione era questa. --Romano-italico (msg) 20:10, 31 gen 2014 (CET)

@ Memnone. Con tutto il rispetto: chi cavolo è Matthew White? Mica sarà per caso il tizio che nel suo sito afferma di non essere nemmeno laureato?--Presbite (msg) 21:13, 1 feb 2014 (CET)

D'accordo, riconosco che i romani erano una realtà multietnica. Detto questo, non ho capito un elemento cardine dell'ipotesi di Romano-italico: fino ache punto secondo te un popolo può cambiare senza perdere la propria identità e trasformarsi in un popolo diverso?--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 12:48, 2 feb 2014 (CET)

Cambia nel momento in cui, per varie ragioni, un popolo abbandona completamente o in gran parte le tradizioni culturali. Generalmente con "varie ragioni" s'intendono invasioni, assimilazioni o eccidi. I fattori numerico - demografici hanno però scarsa rilevanza in questo, perché un popolo/etnia può rimanere al 99% lo stesso di cento anni prima, ma se l'1% di invasori, per vari motivi, impone la propria cultura - e magari anche la propria lingua - alla popolazione restante, modificandone così l'assetto etnico, la trasforma, di fatto, in un altro popolo. Pensa alla Turchia: milioni (se ne stimano 5 o 6) di "greci" o "romani" dell'Impero bizantino assoggettati a neanche 100.000 asiatici. Oggi, teoricamente, un cittadino turco ha più probabilità di essere discendente di un greco, di un armeno, di un curdo o di un siriaco che di un o "selgiuchide". Anzi, le probabilità che tra i suoi antenati vi fossero i turchi giunti dall'Asia si aggirano intorno allo zero. Ciò significa che la Turchia moderna potrebbe classificarsi come figlia dei greci d'oriente? Assolutamente no, e questo perché quella manciata di ex schiavi turchi è riuscita a sradicare completamente la cultura precedente, imponendo la sua, assieme ad una lingua, ad una visione del mondo e ad una religione diversa da quella bizantina. Crollato il concetto di "razza", oggi un popolo è definito per la sua cultura, ed in minor parte, come rafforzativo, da eventuali clini. Di esempi ve ne sono a centinaia, sia in Europa in nel resto del mondo. Ancora uno, il Marocco: vi arrivarono, a fatica, neanche 300 arabi semiti, con un'armata più numerosa di convertiti egiziani e libici. Oggi il Marocco è però un Paese arabo, nonostante la stragrande maggioranza della sua popolazione sia di ben altra origine. L'Italia, a differenza degli esempi che ho riportato, non ha subito "strappi", o modifiche dell'assetto culturale, religioso o, se si vuole, etnico. La cultura italiana, nella sua accezione plurale, è la continuazione della cultura latina nella sua accezione italica (Beloch). A sostegno della teoria della continuità va inoltre un altro fattore, che, sia pur minoritario, aiuta: il sostanziale isolamento della penisola italiana, già citato nella pagina ed oggetto di studio da anni. --Romano-italico (msg) 15:41, 2 feb 2014 (CET)

Non capisco cosa intendi con "isolamento della penisola italica" : in Italia sono passate più popolazioni straniere che in molte altre aree del mondo - greci, fenici, vandali, visigoti, ostrogoti, bizantini, longobardi, franchi, normanni, arabi, tedeschi, francesi, catalani, spagnoli, austriaci, inglesi, americani.
Ma per il momento lasciamolo da parte, perché mi sembra di aver trovato il punto d'incontro tra le nostre visioni: la tua affermazione un popolo abbandona completamente o in gran parte le tradizioni culturali; ora, mi sembra chiaro che gli Italiani hanno abbandonato in gran parte le tradizioni culturali romane - non siamo più pagani, non parliamo più latino, crediamo nella democrazia costituzionale, non andiamo alle terme, la nostra cultura sessuale non è centrata sul piacere virile, non assistiamo più a giochi di gladiatori, non mangiamo più il garum ecc. ecc.. La differenza con la Turchia o il Marocco è che tale abbandono non è stato repentino nè imposto - non sempre almeno - ma è stato il risultato di un'evoluzione dei valori precedenti. Sto dicendo che, anche se graduale e autogeno, l'abbandono è avvenuto ugualmente: la naturale evoluzione si è spinta fino al punto da trasformare l'assetto culturale romano in qualcosa di diverso, che pur ereditando molti elementi, non ha più identità col sistema precedente. È come quando si dice che gli uccelli discendono dai dinosauri: è vero, tuttavia sono cambiati talmente che nessuno si sognerebbe di dire che un'upupa appartenga allo stesso ordine di un tirannosauro, o che i dinosauri non si siano estinti perché esistono gli uccelli; invece l'uomo, che condivide il 99% del DNA con gli scimpanzé, appartiene alla medesima famiglia.
Se il criterio è l'abbandono totale o molto profondo delle tradizioni culturali, di fatto gli Italiani oggi hanno abbandonato la cultura romana, come hanno fatto altri popoli neolatini e non sono quindi più considerabili romani. Che quest'abbadnono sia stato repentino o graduale, ciò fa sì che la nuova cultura sia fortemente debitrice della vecchia e che la storia di roma possa far parte di quella del popolo italiano, ma come antefatto, non parte integrante.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 16:57, 2 feb 2014 (CET)

Che popoli stranieri siano passati in Italia non c'è dubbio, ma il punto è che ci hanno lasciato ben poco. Anzi, stando alla storiografia moderno siamo quasi a zero, ad esclusione di qualche famiglia nobiliare e qualche parola (guerra, elmo, alabarda, cassata, ad esempio). Sulla pagina puoi trovare il link di riferimento del gruppo scientifico che ha condotto una ricerca su la storia genetica d'Italia, evidenziandone appunto un'unicità tale da definire il nostro Paese come una delle due isole genetiche d'Europa (l'altra è la Finlandia). La ricerca è stata poi pubblicata dal New York Time. Guarda, Memnone, torniamo sempre al solito punto: tu hai una visione della cultura stantia e stagnante, che non si evolve e che non cambia mai. E consentimi di dirti che è una visione errata; non per me, ma per il mondo accademico. Stando a quanto - credo - vorresti dire, se un popolo evolve la propria cultura ed abbandona alcune tradizioni smette automaticamente di essere tale. Per dimostrati che non è così ti porto un altro esempio, sempre americano. I Cherokee esistono ancora? Certo che si; e mentre i loro antenati vivevano in tende e cacciavano i bisonti, adorando dei pagani, i Cherokee di oggi fondano casinò, sono cristiani e mangiano nei fast food. La loro cultura, volenti o nolenti, si è evoluta, e loro non hanno smesso di essere Cherokee. Stessa cosa vale per noi Italiani, che abbiamo smesso di adorare dei pagani e di guardare giochi gladiatori. Abbiamo evoluto alcuni aspetti della cultura latina, riadattandoli alla necessità del tempo e del periodo. L'ereditarietà è un conto, la continuità è certamente un altro. --Romano-italico (msg) 17:42, 2 feb 2014 (CET)

Comunque si, la frase è abbandona completamente o in gran parte le tradizioni. Una cosa che noi Italiani non abbiamo mai fatto. Le abbiamo, semplicemente, riadattate. Pensa ai giochi gladiatori ed alla visione del calcio che abbiamo in Italia (con l'aggiunta delle tradizioni medioevali, padri delle storiche rivalità tra città italiane); pensa ad uno dei nostri simboli nazionali, lo Stellone d'Italia, già tale sotto Roma; al sistema politico, una Repubblica con una figura da primus inter pares, riadattata alla nostra figura del Presidente della Repubblica (ed in egual misura al Presidente del Consiglio); pensa alla concezione della res publica e della res privata, l'eterna dualità italiana e romana, nonché alla concezione di uno "Stato mamma", che anche sotto Roma era fortissimo (la distribuzione di grano gratuita, di denaro, di beni di prima necessità, di incentivi, di terre). Pensa allo scherno dialettale tra regioni: Giovenale nel I secolo d.c ci racconta di come gli Etruschi fossero presi in giro per la pronuncia della "c", tipicamente aspirata (poi si entra in un discorso di gorgia toscana, ma andiamo fuori tempo); i Marchigiani, all'epoca Piceni, presi in giro per essere tirchi, nonché grandi amministratori fiscali (nel I secolo d.c le odierne Marche fornivano, da sole, il 50% degli amministratori pubblici romani, e lo stesso Ponzio Pilato era piaceno); i Liguri, riportati dai Romani come grandi navigatori e commercianti, a cui difatti Roma affidò gran parte della flotta già nel I secolo a.c; i Campani, per esser estroversi, e famosi per la loro fantasia; i Veneti, per esser laboriosi (erano i coloni perfetti, usati da Roma per riempire ogni "vuoto" territoriale, sia in Italia che nel resto dell'Impero) etc. Esempi, dunque, non ne mancano. Ed ogni volta che si leggono ti fanno capire di come la realtà culturale latino - italica sia la nostra. --Romano-italico (msg) 17:55, 2 feb 2014 (CET)

D'accordo, ma se è per questo anche le specie sono organismi in continua evoluzione, ma gli scimpanzé, aggiungengo cambiamenti su cambiamenti, a lungo andare hanno smesso di essere scimpanzé e sono diventati uomini; penso che per le lingue, le culture e i popoli valga lo stesso principio: sono organismi checambiano, ma a un certo punto il cambiamento si fa talmente forte da divenire trasformazione, e un popolo si trasforma in un altro- anche il cristianesimo e l'Islam non sono che evoluzioni dell'ebraismo, ma né i cristiani né i musulmani sono ebrei. Mi sembra che su questo punto ci ritroviamo, bisogna capire a che punto si colloca lo spartiacque e se i romani-italiani l'hanno già superato.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 15:01, 4 feb 2014 (CET)

Concordo. La linea di demarcazione tra un popolo che si evolve e cambia ed uno che evolvo ma non cambia non è ben definita. Anzi, non lo è per niente. La distanza culturale tra due persone abitanti la stessa terra in tempi diversi non è cronologicamente definibile, almeno non nella grande maggioranza dei casi. Molti storici, ad esempio, tendono a considerare più simile alla società occidentale europea il mondo romano di quanto non lo sia stato il Medioevo, specialmente quello Alto. Facciamoci tre esempi, prendendo, per i primi due esempi, come "cavia" un contadino dell'entroterra umbro. Lo collochiamo ora nell'anno mille (il che, su questa pagina, lo rende a tutti gli effetti cronologicamente italiano) e ci facciamo la prima domanda: il nostro amico è culturalmente più simile a noi, che tecnicamente siamo italiani come lui, o ad un altro contadino dell'entroterra umbro vissuto nel V secolo d.c? La risposta è certamente la seconda; eppure, sulla carta, lui è italiano come noi. Come può quindi assomigliare ed avere più cose in comune con con qualcuno che fino ad ora non stiamo consideriamo come "italiano", e cioè un Romano (o Romanico) dell'Umbria del V secolo d.c? Ora riprendiamo il nostro contadino e lo spostiamo ancora, collocandolo invece nel 1700. Di nuovo: ha più cose da spartire con noi, che siamo italiani come lui e che viviamo nel XXI secolo (andiamogli a spiegare che cosa stiamo facendo io e te in questo momento, e cioè comunicando a km di distanza tramite una scatola illuminata che usufruisce di una piattaforma di comunicazione globale), oppure con un suo collega contadino italiano del X secolo d.c? Indubbiamente con quest'ultimo; e ciò avviene nonostante tra noi e lui intercorrano "soltanto" tre secoli, mentre con il collega quasi un millennio. Infine, per completare la rosa di esempi, molliamo il nostro bracciante umbro ed andiamo nella Bologna del II secolo d.c. Siamo nello studio di Tiberio Aufidia, uno dei dentisti/medici romani (in realtà la mamma era greca) più rinomati della zona. C'è una sala d'attesa, dove troviamo alcune mamme con i bambini ed altri uomini in attesa di Tiberio. C'è poi una donna dietro un bancone che fa la segretaria, e sullo stesso bancone c'è una piccola vaschetta contenente alcune caramelle di zucchero, gentilmente offerte ai pazienti. Abbiamo quindi focalizzato la scena. Se vestissimo le persone con abiti moderni potremmo tranquillamente riprodurla in un qualsiasi studio dentistico italiano, e non ci sarebbe nulla di inconsueto (ad esclusione degli strumenti del dentista, che all'epoca erano un pò più rudimentali). Una situazione del genere, nel Medioevo, è invece inimmaginabile. Il succo è: se non possiamo basarci su termini cronologici per definire un popolo, lo possiamo e lo dobbiamo fare usando dei parametri che evincono dalle condizioni generali che influenzano la cultura (oscurantismo della Chiesa, povertà, fame, malattie, conversione, etc.). --Romano-italico (msg) 22:19, 5 feb 2014 (CET)

Concordo nuovamente: penso che dovremmo consultare un largo numero di fonti e vedere quante di qeuste uniscono espressamente italiani e romani.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 22:28, 5 feb 2014 (CET)
E in qualsiasi studio dentistico moderno di qualsiasi paese del globo...quindi noi terrestri del 2014 siamo (sono) tutti Romani! :-) --Alex2006 (msg) 09:40, 6 feb 2014 (CET)
Roma caput mundi, si sa, e ci sarà bene una ragione se tutte le strade portano a Roma. Io però non andrei sui mestieri, perché se si pensa al più antico del mondo, più che di Roma possiamo vantare tutti altra e più antica filiazione, e rischiamo pure di riconoscervi un caso di mater semper certa... :-)
Prima che i caratteri esaminati si moltiplichino come in un paniere Istat, mi permetto rispettosamente di suggerire di dare un'occhiata all'incipit di nazione. Ciò fatto, c'era molto sopra una domanda che si era persa, irrisposta, posta da Vito, riguardante il senso e la necessità del collage da cui la discussione origina. -- g · ℵ (msg) 10:00, 6 feb 2014 (CET)
Mi ricollego a quanto scrive Gianfranco per sottolineare una cosa forse sfuggita a qualcuno: a differenza degli Italiani (ma il discorso vale in generale per tutti gli altri popoli che abitano sui territori appartenuti a Roma), i Romani non hanno mai identificato il loro stato (la nazione romana) con la penisola (tanto è vero che la definizione moderna di Italia è nata sotto Augusto, quando lo stato romano era già enormemente piu' grande) ma con il mondo: "gentibus est aliis tellus data limine certo: Romanae spatium est urbis et orbis idem". Già solo questo rende impossibile un'identificazione dei Quiriti con gli Italiani.
Riguardo il collage, penso che esista soprattutto perchè sulle principali wikipedie c'è per ogni popolo che si rispetti ( e non solo :-)) --Alex2006 (msg) 12:09, 6 feb 2014 (CET)

Chiedo scusa ma non credo che la situazione sia questa. Iniziamo con la definizione di Nazione. Permettetemi dire dire che, in merito a questa voce, la "nazione" c'entra ben poco. Qui si parla di un'etnia, non di una nazione: due realtà che spesso e più che volentieri sono completamente scollegate tra loro. Nella nazione italiana vivono, più o meno felicemente, diverse etnie, quali quella italiana, quella tedesca, slovena, francoprovenzale etc. Dunque assumere come massima un incipit che si riferisce ad una realtà giuridico - geografica che può essere composita non credo sia la cosa migliore da fare. In secondo luogo, parliamo dei Romani. Alex, perdonami, ma ti sbagli: i Romani, a dire della stragrande maggioranza degli storici, identificavano il proprio Paese con l'Italia continentale. Ed erano pure abbastanza razzisti verso chi non ci abitava, se proprio vuoi saperlo (Augusto era famoso per l'odio che provava verso Gallo - Romani e Germani). Lo stesso Gramsci, nella sua analisi storico - politica, ci dice che «l'aristocrazia romana, che aveva con mezzi e nei modi adeguati ai tempi unificato la penisola e creato una base di sviluppo nazionale è soverchiata dalle forze imperiali». Anche da un punto di vista pratico l'Italia era la madrepatria per il popolo romano, sia per questioni amministrative (esenzione fiscale fino a metà impero, unica zona geografica dell'Impero ad essere suddivisa in regioni, che tra l'altro, a grandi linee, ricalcano pure quelle odierne), sia per la ferrea volontà di senatori prima ed imperatori poi di fare in modo che l'esercito romano fosse composto in larghissima parte da connazionali, e non da elementi esterni al mondo italiano. In tal merito, lo storico L. Keppie ci riporta di come ancora nel II secolo d.c, nonostante l'Impero fosse nella possibilità di attingere da bacini demografici ben più ampi di quello italiano, Roma scegliesse il 65% dei suoi legionari nell'Italia continentale, specialmente tra le regioni del Nord. E non parliamo poi degli ufficiali: oltre l'80% dei centurioni era arruolato in Italia, e nell'esercito romano rimase vivo e acceso un forte razzismo verso qualunque legionario/graduato provenisse dalle regioni esterne dall'arco alpino. In merito all'unità politico - culturale invito a leggere il testo L'Italia romana, storie di un'identità incompiuta, là dove per "identità incompiuta" si faccia riferimento alla mancata restrizione dell'Impero alla sola Italia, ed al suo conseguente collasso a seguito delle invasioni barbariche. Nel testo si analizzano realtà politiche, culturali e sociali dell'Italia romana, e di come essa fosse considerata, a tutti gli effetti, la patria dei romani. Continuo poi a suggerire la Romanizzazione del'Italia, dello storico Jean David Michele, o Storia Romana, un testo del professor Arnaldo Marcone, che ci fanno un'analisi approfondita del processo di unificazione della penisola italiana e della sua forma di isola politica, culturale ed etnica rispetto al resto dell'Impero. In ultimo vale poi la pena riportare la storica frase di Augusto: "Iuravit in mea verba tota Italia". Augusto non parla parla di giuramenti fatti dalla sola Roma o dall'intero Impero: egli parla dell'Italia. Il punto, quindi, è abbastanza chiaro: ci si riferisce all'Italia come patria dei romani, e non come a semplice estensione territoriale. --Romano-italico (msg) 14:06, 6 feb 2014 (CET)

Poi certo che la Repubblica italiana non è lo stesso Paese del popolo romano. Ma così come non lo è la Francia merovingia per la Repubblica francese. Qui però si parla di etnia, ed un'etnia può cambiare forma, nome e sostanza del proprio Paese, se inteso da un punto di vista simbolico - giuridico, e rimanere tale. Chiudo infine - scusandomi inoltre per la lunghezza - asserendo che un'etnia non ha una data di scadenza, e non diventa un'etnia differente se passano un tot di anni o se cambia nome. Un'etnia cambia se qualcuno o qualcosa la fa cambiare, altrimenti rimane tale. Su che basi noi sosteniamo che la romana sia un'etnia differente da quella italiana, forse per via del nome? L'etnia Han ha cambiato nome mille volte, e a tutt'oggi viene chiamata in modi estremamente diversi, eppure ciò non toglie che essa sia stata e rimanga la stessa etnia da migliaia di anni. Prendete un Han del III secolo a.c e fatelo parlare con un Han che fa l'impiegato nella città di Shangai. Vedremo se hanno la stessa cultura o se hanno la stessa visione del mondo. --Romano-italico (msg) 14:15, 6 feb 2014 (CET)

Comprendo la tua idea, ma non capisco cosa di preciso sia rimasto invariato dall'età romana a oggi. Voglio dire, la Treccani definisce popolo Il complesso degli individui di uno stesso paese che, avendo origine, lingua, tradizioni religiose e culturali, istituti, leggi e ordinamenti comuni, sono costituiti in collettività etnica e nazionale, o formano comunque una nazione; ora, gli istituti, le leggi e gli ordinamenti sono totalemente cambiati rispetto all'età romana; la religione anche; quanto la lingua, quella italiana deriva dal latino, ma nessuno oggi non la considererebbe una lingua molto diversa e a sé stante. Delle tradizioni culturali, alcune, come quelle che hai indicato tu, si sono mantenute, ma molte altre sono cambiate. Vorrei capire secondo te estattamente qauli di esse si siano mantenute, e se siano abbastanza da poter considerare ancora gli Italiani romani. Voglio dire, capsisco che le etnie sono organismi mobili, ma qualcosa- e non piccolezze - deve conservarsi, alrimenti si tratta di due popoli anche strettamente connessi, ma distinti.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 17:16, 6 feb 2014 (CET)

Innanzitutto la tradizione cristiana, che volenti o nolenti è stata caratterizzante. Poi, come già detto, il riadattamento degli schemi sociali e soprattutto politici. Prendi i comuni, o i principati, del Rinascimento italiano: il modello è squisitamente romano, specialmente nella prima fase del Medioevo (consoli, tribuni, senato, etc); e si tratta di esempi che con difficoltà trovano riscontro all'estero. Oppure parliamo dell'esercito: è innata nella tradizione militare italiana la volontà della difesa, così come in quella Romana. Articolo un pò di più il concetto citando una fonte: I militari italiani, da sempre, si dividono in due categorie: la prima comprende quelli di tradizione romana, che non attaccano per nessuna ragione al mondo, trincerandosi, costruendo acquedotti, strade e città aspettando che sia il nemico ad attaccare; la seconda, invece, e quelli da rissa da bar, su modello di uno scontro tra città medioevali, fatto di urla, grida, risate, bastonate e corse, tratto anch'esso dalla spasmodica e febbrile volontà dell'italiano di arroccarsi e provocare il nemico con sortite. Proprio grazie a questa linea di pensiero, ancorata a duemila anni fa, il nostro Cesare di Filettino - Graziani - si fece sfilettare la più grande armata dell'Africa. Non sono parole mie, ma di Domenico Quirico, a sua volta riprese da Montanelli. Poi potremmo tornare sulla concezione dello Stato e della politica, il cui approccio è rimasto tale, o di nuovo ai regionalismi spinti, o ancora alla concezione della cultura come realtà strumentale ai potentati, o chissà cos'altro. O, argomento più delicato, all'economia: lo Stato romano, similmente a quello italiano, prosperò sulla piccola e media impresa (agricola), rimanendo quasi completamente estraneo a logiche latifondiste, se non nel tardo impero. Gli esempi non mancano di certo. --Romano-italico (msg) 18:23, 6 feb 2014 (CET)

Io credo che la situazione stia per arenarsi, anche e soprattutto per via della mancanza di una linea storica comune sull'argomento. Il che, fortunatamente, non è colpa nostra. Ora, noi disponiamo di fonti - quelle che sono state citate prima - che attestano la cultura italiana come una naturale evoluzione della cultura romana, nonché dell'etnia stessa. Abbiamo poi altre fonti che ci chiarificano l'origine del nostro popolo dal punto di vista dell'antropologia fisica (i nostri antenati non vengono dalle steppe o dalla tundra ma son venuti in Italia prima o durante il periodo romano). Viceversa, non disponiamo - almeno fino ad ora non si son viste - di fonti mirate e specifiche volte a contrastare questa teoria della continuità. Il massimo che abbiamo trovato è qualcuno che prova a solcare una linea di demarcazione temporale che divida "Romani" da "Italiani", ma, come abbiamo visto, tali tentativi, oltre ad essere spesso in contrasto tra loro (chi dice anno Mille, chi dice caduta dell'Impero, chi dice Rinascimento etc.), sono un pò vacui. In linea di massima, dunque, si potrebbe propendere per l'accettazione di questa teoria della continuità, perché le fonti ci vengono in soccorso. C'è un però: noi non le abbia viste, ma sicuramente ci sarà qualche fonte volta a contrastare tale teoria, ed in ragione della sua assai probabile esistenza credo che la nostra attuale situazione ci sposti "a metà" tra chi pensa che la cultura italiana sia un'evoluzione della cultura romana e chi, invece, accoglie la romanità come la più grande eredità italiana. In sintesi, io credo che l'ultima parola spetti a noi, e che si possa decidere autonomamente se inserire o meno in questa pagina alcune figure romane nate in Italia. Io, per tutte le ragioni che ho spiegato, propendo per il si; ma non solo: tale situazione di "discrezionalità" è stata adottata anche dai nostri colleghi di lingua straniera, che difatti, come qualcuno riportava, hanno inserito ora Traiano, ora Filippo l'Arabo, ora Massimino Trace nel loro mosaico. --Romano-italico (msg) 19:25, 6 feb 2014 (CET)

Dunque, proviamo a capire di che parla questa voce. Questo incipit (Italiani) attualmente parla di "comunità etnica, stanziata principalmente in Italia e composta in massima parte dai cittadini della Repubblica Italiana, dalle minoranze di lingua e cultura italiana presenti in alcuni paesi limitrofi (soprattutto Svizzera, Francia, Slovenia e Croazia), dalle comunità di espatriati che mantengono la cittadinanza italiana o comunque un legame identitario con la patria e da coloro che, dopo essere immigrati in Italia, hanno adottato la lingua, le usanze e il sistema di valori propri della popolazione autoctona."
Bello, non c' è che dire. Suggestivo. I casi però sono due: questa comunità o è etnica o non lo è. E io credo non lo sia, credo che questa voce abbia un senso se parliamo della nazione, non dell'etnia. Perché, proprio per fare un esempio che conosco bene, io sono di etnia sarda e di nazione italiana. Oggettivamente, nel senso che non è un mio fantasioso modo di descrivermi: il mio sangue è isolano, la mia formazione e la mia esperienza "continentali". Diresti che non sono un italiano? O, più che te, lo direbbe la voce? Lo direbbe dei due presidenti e mezzo che l'Italia repubblicana ha avuto e che erano geneticamente e culturalmente di etnia sarda? O hai qualche indizio che possa rilevare che in Sardegna si sia smesso di vivere e soprattutto pensare al modo sardo e che l'assorbimento culturale - globalizzante ante litteram - sia già completato? La mia comunità etnica sta in mezzo al mare, sulla penisola sono parte di un'altra comunità, che non è se non nazione. In questo sono italiano e lo sono pienamente.
L'incipit di Italiani dunque si contraddice. E non potrebbe non essere così: come si fa a definire un popolo, comunque aggregato, se così posso sintetizzare, "comunità etnica composta anche di immigrati integrati"? Si può solo usando per fonte una frase molto retorica, anch'essa contraddittoria, che fissa l'eziologia dell'aggregazione dell'italianità nel "processo di formazione di uno Stato nazionale". Nazionale. So cos'è lo stato nazionale, non stiamo equivocando, ma la mera denominazione già delimita un carattere comunque di nazione (modalità autoctona o imposta che sia), non di etnia. L'esistenza tutelata di minoranze linguistiche, alle quali è addirittura concesso diritto di bilinguismo, sia pur con sperequato riconoscimento (a Bolzano il 113 risponde "Polizei", se ci provano altrove si arrestano da soli), è essa stessa contraddizione del presunto requisito etnico generale, è una nazione in cui si riconoscono più etnie, senza peraltro che necessariamente debbano esserci travasi osmotici fra le due condizioni. Insomma, non bastano frasi ad effetto, il comune legante va individuato osservando senza retorica il materiale che abbiamo davanti.
"Un gruppo etnico può coincidere con una nazione, specialmente quando l'identità nazionale è definita soprattutto da una origine comune". E' scritto in etnia, e anche se senza fonte corrisponde a quanto conosco di quel concetto. Ma la presenza in Italia di isole etniche di origine evidentemente non comune, non solo la Sardegna, la cui relazione culturale, ma anche solo comunicativa, con la penisola dipende per la sua massima parte dalla creazione dello stato nazionale, suggerisce che di etnico io e un ladino dividiamo poco, come un sudtirolese poco spartisce con gli arbereshe della Calabria; abbiamo invece esperienze che il fato e il fatto hanno voluto ci fossero comuni. Per la Sardegna notabilmente il contatto scaturisce con la Prima Guerra Mondiale e il sacrificio della Brigata Sassari, gli ascari connazionali, di cui narrò Emilio Lussu. Prima della Sassari l'Italia era un ennesimo dominatore col trono lontano due giorni di viaggio, dopo fu necessario spiegarsi il nostro sangue sardo sulle Alpi con una missione autoimpartita di fare nazione insieme, o non sarebbe stato possibile ipotizzare qualsiasi sorta di conciliazione. Si versò, quel sangue, perché eravamo italiani, non perché ci interessasse combattere Austriaci che poco e male avevamo avversato nel loro pur breve dominio coloniale, quando comunque almeno pro forma ce li avevamo in casa. Dal Carso in avanti l'etnia sarda diventa nazione italiana, perché prima l'etnia continentale di Giuseppe Mazzini aveva avuto un bel dire della modalità grettamente colonialistica con cui si gestiva l'isola, nessuno dall'Italia poneva rimedio ai guasti e alle corruttele dello stato sabaudo in danno del Popolo Sardo poiché non la si considerava "nazione italiana", nemmeno a regno rinominato. Non si parli dunque di etnia italiana, perché i Sardi sono sì integrati in Continente, qualche continentale è sì integrato nell'Isola (anche fuori della Costa Smeralda), ma le relazioni sono giovani, ancora non abbiamo abbastanza "meticci" :-) Oppure si spieghi che l'etnia sarda non ne fa parte, e già che ci siamo si trovi anche una scusa per due presidenti sardi e mezzo.
Io ho focalizzato su una specificità che conosco, so che ce ne sono altre che sarebbe stato forse più corretto menzionare con meno partecipazione, ma non ne so abbastanza.
Dunque a mio avviso la voce ha un senso se si discute della nazione. Benigni può certamente sostenere che l'Italia sia l'unico paese in cui è nata prima la cultura e poi la nazione, ne ha il diritto, ma in realtà il concetto di nazione si basa su una coscienza identitaria che in genere preesiste alla delimitazione sociale, con o senza traduzione in entità statuale territoriale. Magari era una osservazione che guardava con levità alla differenza fra nazione e stato. Ma la cultura è vero che è comune a tutti i peninsulari, sin dalla... invenzione dell'italiano. L'Italia era una mera espressione geografica (ci si può incazzare per la scortesia della notazione, ma la notazione non era peregrina) in quanto non aveva una nazione che la coprisse tutta, almeno sinché papalini e bersaglieri non ebbero a spiegarsi; prima della Breccia era tutto un combattersi al di qua e al di là dell'Appennino, al di sopra e al di sotto del Volturno. Fra italiani? Forse: se basta una cultura a unire, e se lingua e cultura erano comuni, si potrebbe parlare di Italiani e magari di nazione, in tal caso resta solo da spiegare il costante combattersi fra etnie della stessa nazione. E allora questa voce ha una chiave di esplicitazione. Altrimenti mi pare opportuno provvedere a una rilettura di ciò che la voce sta affermando. Inoltre, trovo contraddittorio che la voce si distenda dapprima in lunghe disamine delle fasi della storia romana, e vada poi a glissare pelosamente sulla retorica fascista, di cui dà un giudizio tranchant (e non fontato) pur essendo proprio la retorica fascista ad aver "scoperto" una supposta continuità nazionale con la Roma che parlava latino; è una deriva fascista quella di Wikipedia che si dilunga sull'età Romana, o aveva ragione Mussolini ad occuparsene e quindi è sbagliato e incoerente omettere e criticare quella fase che... avrebbe dato ragione alla voce? :-)
Servono fonti serie per delineare oggettivamente (altro che decidere da noi!) quale debba essere veramente il tema della voce e quali ne debbano essere i caratteri costitutivi. Questo è possibile solo se con doverosa umiltà ci si spoglia dei rispettivi pre-giudizi e degli altri accessori che abbiamo in dotazione nella vita reale. Nessun percorso deduttivo, grazie, stiamo alle fonti, citandole nel testo così che eventuali sbavature retoriche siano correttamente attribuite ai rispettivi autori e non siano giammai equivocabili per una sorta di "posizione" dei wikipediani sulla faccenda. -- g · ℵ (msg) 01:12, 7 feb 2014 (CET)
Concordo pienamente su quanto dice Gianfranco sull`uso delle fonti. Tutto cio' che è deduttivo è ricerca originale, e non è ammesso. Non concordo invece su quello che dice sul Fascimo. I fascisti non hanno mai sostenuto la continuità dell'Italia con Roma, ma hanno ricollegato la "loro" Italia, quella fascista, con Roma. Per il resto:
  • "Innanzitutto la tradizione cristiana, che volenti o nolenti è stata caratterizzante..."
Qui torniamo a bomba. Torno a chiedere: Augusto, Antonino Pio, Marco Aurelio erano cristiani? Certamente no. E se non loro, chi vorresti inserire allora nel collage come romano "cristiano", e quindi proto-italiano?
  • "Prendi i comuni, o i principati, del Rinascimento italiano: il modello è squisitamente romano, specialmente nella prima fase del Medioevo..."
Nella "prima fase del medioevo" : a me a scuola hanno insegnato che nella "prima fase del medioevo" i comuni non c'erano, e dallo sfacelo del mondo antico nacque il feudalesimo, sistema sociale che con Roma non ha niente a che fare.
  • "Oppure parliamo dell'esercito: è innata nella tradizione militare italiana la volontà della difesa, così come in quella Romana."
Ma quale sarebbe questa "volontà di difesa romana"? Stiamo parlando del popolo piu` imperialista che sia mai esistito sulla faccia della terra, che ha passato mille anni a spianare i vicini (e i lontani), e questa la chiami "volontà di difesa"? In questo campo Italiani (che hanno invece passato gli scorsi mille anni a prendere botte, sia pure con qualche eccezione) e Romani sono antitetici, e tu me li metti sullo stesso piano.

--Alex2006 (msg) 05:43, 7 feb 2014 (CET)

Il fascismo ha usato la romanità come potenziale legante in termini di comune radice; che sia retorica o sostanza, che sia vero o non vero, che fosse o meno "continuità", la frase in voce nemmeno parla del saluto romano, parla del disprezzo degli altri e non dice della Perfida Albione. Non dico che debba citare l'Inno a Roma di Puccini, o l'uso dell'alfabeto latino, ma comunque la si pensi non è stato una cosa fugace e breve, e allora i casi sono due: o la voce parla di Roma, e allora menziona anche questi teatri, oppure Roma non c'entra e allora non servono quelle sezioni.
Qui siamo ancora alla ricerca del fattor comune che lega in concetto di italianità. Quali fonti si sono espresse provando a descriverlo? Ragioniamo su quelle -- g · ℵ (msg) 10:20, 7 feb 2014 (CET)
Per cominciare iniziate a leggere Antistoria degli italiani: da Romolo a Giovanni Paolo II di Giordano Bruno Guerri, A. Mondadori, 1998 .--Bramfab Discorriamo 10:58, 7 feb 2014 (CET)
in attesa di leggerlo e che intanto ce ne anticipi tu qualcosa :-) ci sono fonti usabili per la voce che hanno ragionato sul "cos'è l'italianità"? -- g · ℵ (msg) 11:26, 7 feb 2014 (CET)

Alex, famose a capì: io quando scrivo ciò che penso cerco di rielaborare e collegare un insieme di fonti - che puntualmente cito, e che se mi si consente son pure fonti da dottorato -, tu invece ti limiti a dire che quello che dico è sbagliato, non riportando nessun tipo di fonte. Dunque, se vuoi sostenere quello che dici, ti chiedo di citare qualche fonte, altrimenti si ritorna alla famosa "aria fritta". In merito ai comuni ti dico si, evidentemente ti hanno insegnato male: il Comune italiano prende forma nell'alto medioevo, sotto il patronato vescovile delle grandi città, ed inizia ad assumere caratteristiche repubblicane alcuni anni prima dell'anno Mille (Massimo Montanari, Storia Medioevale, Faini, Il sistema politico dei comuni italiani, Sergi, L'idea di Medioevo). Per quanto riguarda la tua seconda domanda ti dico che non lo devi chiedere a me, bensì a Quirico oppure a Montanelli. Anche se, in verità, credo che tu possa direttamente approfondire la questione tramite la lettura del testo Violenza e tecnica. Fenomenologia bellica e coscienza collettiva nel Novecento, di Di Giovanni, che è sicuramente più oggettivo e meno pungente dei testi dei due giornalisti. Qua si torna sempre allo stesso punto: secondo me l'italiana non è un'etnia. Ok, visto che siamo già stati su punto punto, torno a ripetere che per non definire il popolo italiano né - appunto - un popolo, né un'etnia servono delle fonti. Valide, robustissime e rivoluzionarie. Rivoluzionarie perché metterebbero in discussione l'intero assetto storico - politico del nostro Paese. In sintesi, su questa voce noi non andremmo a scrivere una nuova pagina enciclopedica, ma a mettere in discussione il senso stesso dello Stato italiano, il quale non riconosce in alcun modo come minoranza etnica le realtà regionali italiane. Neanche i Sardi, che son considerati minoranza linguistica ma non etnica. Sennò si vada nei tribunali italiani a dire che le sentenze debbono essere emesse non più in nome del popolo italiano ma in nome dell'etnia marchigiana, sarda, ligure, molisana, agropontina o irpina. Vediamo che ci rispondono. Tornando alle fonte, io onestamente eviterei di citare su un'enciclopedia dei libri che, per quanto indubbiamente interessanti, sono scritti da personaggi dichiaratamente di parte, e che pur autodefinendosi storici non lo sono affatto. Guerrieri non solo è di parte, ma è anche politicamente schierato, il che lo rende non oggettivo. Io, in tutta onestà, propenderei per citare e riportare fonti un pò meno schierate e più storiche. Si continuano a chiederle, ed io le riporto nuovamente (almeno le mie): Storia Romana, Montanari; La romanizzazione dell'Italia, Jean - Michele David; l'Italia romana, storie di un'identità incompiuta, Giardina; Italianità, costruzione del carattere nazionale, Patriarca; Psicologia degli italiani del centro - nord, Mastronardi; Psicologia degli italiani del centro - sud, Mastronardi; Antropologia culturale, Lavenda - Schultz; Italia romana, Gabba. Ne ho anche altre, ma non sottomano, quindi eventualmente le riporto in seguito. --Romano-italico (msg) 11:42, 7 feb 2014 (CET)

Con tutto il rispetto, ma Guerri non di rado è stato tacciato di revisionismo. Che poi abbia dato una sferzata più moderata non c'è dubbio, ma rimane comunque l'ex assistente di Gasparri, nonché una persona dichiaratamente di destra. In tutta onestà anch'io potrei citare un'altra quindicina di libri che, sia pur interessanti, non sono scritti da professionisti della storia, ma non lo faccio per onestà intellettuale (poca eh, visto che per adesso non sono uno storico neanche io). Ci sono i libri di Montanelli, di Quirico, di Angela o di tanti altri giornalisti o scrittori che si son lanciati nella storiografia, a volte producendo anche materiale interessante, ma che, alla resa dei conti, rimangono giornalisti e scrittori. Non storici. Sennò, nuovamente, si torna su questioni di indebita discrezionalità, come quando qualcuno voleva costruire la pagina indipendentismo padano facendo passare Miglio per un intellettuale ed avvalorando le "ragioni" di tale movimento indipendentista con fonti non storiche, bensì prodotte da personaggi politicamente schierati. --Romano-italico (msg) 11:58, 7 feb 2014 (CET)

l'elenco dei titoli va bene per la bibliografia. Lo mettiamo da parte, ne faremo tesoro, ma non ci sposta di un ette. Qui servono concetti attribuiti a fonte. Altrimenti, pur con tutta questa biblio, la voce sta per avere in testa un bel {{NN}}, cosa che vorrei evitare.
Non fare ragionamenti deduttivi, per favore, se la messa in discussione dello stato italiano è una possibile conseguenza della corretta redazione della voce, non ci fa né caldo né freddo finché non fosse un obiettivo di taluno pervenirvi o evitare di pervenirvi. Qui facciamo la voce, e dove opportuno faranno lo stato. Qui se andiamo per ragionamenti a mente di casa non facciamo un solo passo avanti. Andiamo, tanto per cominciare, a sintetizzare cosa dicono le fonti in merito a:
  • concetto di italianità: che concetto è "italiani" (titolo della voce)?
  • caratteri del concetto: cosa dicono le fonti in merito a ciò che dovrebbe costituire elemento costitutivo del concetto di "italiani" (titolo della voce)?
  • distinzioni del concetto: "italiani" è diverso da chi e da cosa, secondo chi e perché?
Questo è il primo punto. Poi ce ne sono molti altri. Partiamo dalla radice, che corrisponde alla ragione per cui c'è questa voce e che risponde alla domanda sull'opportunità di averla.
Il resto sono piacevoli conversari, interessantissimi e appassionanti, ma non utili alla voce. -- g · ℵ (msg) 12:02, 7 feb 2014 (CET)

Enciclopedia Treccani, voce "Italiano": Dell’Italia: il popolo; lingua, storia, letteratura i.; la civiltà, la cultura i.; le coste, le regioni, le città, le province i.; la Repubblica etc. Abbiamo quindi assodato che gli Italiani vengono definiti come un popolo. Definiamo ora il concetto di "etnia": Etnia, dal greco èthnos, che significa "popolo". Ricapitolando: gli Italiani sono un popolo, che è sinonimo anche di etnia. Dunque quella italiana è un'etnia. Io suggerirei di partire da questo assunto, incisivo e illuminante, nonché definito ed avvalorato da una fonte più che valida. Poi da qui facciamo tutti i costrutti che ci pare. --Romano-italico (msg) 13:36, 7 feb 2014 (CET)

non corriamo, Treccani è una fonte, ma noi non siamo Treccani e non ne abbiamo le specificità operative, storiche e di indirizzo. Ti vedo molto pratico di letteratura potenzialmente di interesse, sono certo che se c'è qualcosa di più pregnante che possiamo mettere, anche negli eventuali contrasti fra gli interpreti, è a te che posso chiederne :-)
Mettiamo sul tavolo ciò che si recupera e poi valutiamolo insieme. Qui non dobbiamo scegliere il concetto che più ci convince, dobbiamo riferire che cosa i pensatori delle discipline pertinenti son riusciti a pensare, con la sola graduazione concessa di una registrazione di piglio notarile di quale sia stata l'accoglienza delle discipline a queste posizioni. Giusto: occhio alla politica. Ma occhio anche alle dottrine che si fanno tirare le gonnelle per interesse; perché c'è anche questo, e trattando di un tema così esposto ad interessi di fazione, non possiamo non porvi attenzione, perché noi siamo impertinenti e sfacciati e andiamo in giro senza gonnella. Ciò che c'è e che possa mettersi decorosamente sul tavolo delle nostre riflessioni, è ciò che ci serve. Valuteremo, non dedurremo, e soprattutto non produrremo concetti in prima persona: sono le fonti a dire ciò che stiamo per selezionare. -- g · ℵ (msg) 23:56, 7 feb 2014 (CET)

Ti ringrazio. C'è però una cosa che non ho capito, e cioè il nocciolo della questione. Siamo partiti discutendo del mosaico di questa pagina, dibattendo principalmente sull'inserimento o meno di figure romane, ma ora, a quanto pare, abbiamo spostato la discussione su un piano contenutistico generale. Se devo dire la mia, la pagina sembra molto ben fatta: ricca di fonti, esplicativa, non dispersiva ed esaustiva per ogni periodo storico, nonché correttamente categorizzante le varie fasi di formazione degli Italiani. L'unica "pecca", sempre secondo il mio parare, è la mancata giusta definizione di Italiani come popolo e gruppo etnico. Poi si può discutere sulla questione romana, ma la faccenda rimane certamente di secondaria importanza. --Romano-italico (msg) 00:58, 8 feb 2014 (CET)

mah, il mosaico ha suscitato le discussioni che sono qui sopra e che pian piano dall'icona del romano sono fisiologicamente andate ad espandersi su questioni più generali. A questo punto io ho notato che la discussione andava ad incagliarsi su questioni che non possono risolversi se non andando a rivedere quale dev'essere la traccia della voce. Da questa dipende la questione romana e ne dipende anche l'icona da cui eravamo partiti. Fondamentalmente questa voce è assai più complessa a redigersi di quanto in apparenza potrebbe sembrare, perché quella che io ho estremizzato come questione di coerenza fra il citare Roma e omettere il Ventennio, in realtà è un'osservazione sul fatto che menzionare o meno Roma (dall'icona in giù) dipende dal peso che daremo alle fonti che dicono che di Roma di deve parlare e a quelle che dicono il contrario. La stessa menzione del periodo romano è un avallo fattuale alle teorie che intendono che di Roma debba parlarsi. Ma dove abbiamo spiegato che - sempre di fatto - abbiamo ritenuto prevalente in dottrina (e perché) la teoria che l'italianità sia romana? Ci sono le sezioni, non c'è un perché, e non c'è una sola fonte (e non dovrebbe essere la sola) che portiamo a sostegno della scelta. Viceversa, si scoprisse che la dottrina prevalente esclude la romanità, al lettore non dovrebbero apparire ben tre sezioni romane più una preromana. E confermo ciò che a me continua ad apparire come incoerenza e cioè che se si parla di romanità in Italia, non si può ignorare un periodo che la romanità sbandierò in tutte le salse e ne fece canone e riferimento ideale per molte cose, a partire dal saluto per finire con l'architettura. Si possono dire molte cose in proposito, ma non si può negare che non fu un semplice neoclassicismo, fu un'azione di compattazione comunitaria (imposta, chi lo nega, ma questo era) che aveva il solo fine di corroborare l'ancora nascente senso nazionale. Il giornale che Mussolini dirigeva era intitolato al popolo quando ancora il fascismo non c'era, quindi non è nemmeno questione confinabile nel fascismo, è lo sviluppo della parola "popolo" che si affaccia alla conoscenza diffusa, e certamente non possiamo omettere di considerare questa fase quando si va a parlare di ciò che gli Italiani considerano essere il popolo cui apparterrebbero. Le ragioni le sappiamo, ma la parola non era nota ai più prima del Novecento, il Re era re "per grazia di Dio e volontà della nazione", e di popolo nessuno sapeva niente, già che parliamo di popolo italiano. Venne quella fase. L'equazione italiani=romani non era mai stata formulata in modo così roboante, o almeno non ricordo una sola fase storica in cui sia stata così tanto fragorosa. Vogliamo far finta di nulla? O non era cosa sensata e allora l'equazione è falsa e allora non servono quelle tre sezioni? Dobbiamo deciderci, perché se è Roma si fa la voce in un modo, se non è Roma la si fa in un altro, basta che non diamo nulla per scontato e non facciamo apparire o sparire le sezioni senza spiegare perché.
La vertenza nazione-etnia, in questo senso, è centralissima, la risposta alternativamente consentendo o negando la presenza di certi glomeruli di dati: dando per scontato che la voce etnia sia scritta correttamente, e alla grossa così mi parrebbe, e che quindi vi sia un significato abbastanza ben demarcato del termine, non possiamo esimerci dal risolvere il nodo, e l'unico modo di farlo che ci competa è farlo attraverso le fonti, ancora una volta. La tentazione di fare un ragionamento autonomo è forte. E io l'ho fatto in risposta a ciò che leggevo. Ma non spetta a noi almanaccare, in realtà. Etnia? Nazione? Abbiamo la nostra idea, ma non vinceremo e non perderemo se la voce dovrà pendere da un lato piuttosto che dall'altro, vinceremo solo se la voce dirà ciò che le fonti hanno elaborato. In base a quelle potremo stabilire cosa va e cosa non va messo.
Allora serve che cominciamo a rastrellare fonti su due fronti principali: etnia/nazione e Roma. Raccogliamo un po' di fonti, leggiamocele insieme e cominciamo a separare il grano dall'oglio :-) -- g · ℵ (msg) 02:00, 8 feb 2014 (CET)

Io credo che in questa pagina di parli dell'etnia italiana, non della nazione. Per quest'ultima esiste la pagina Italia. La romanità delle nostre origini (se ovviamente stiamo escludendo la teoria della continuità) credo sia abbastanza indubbia, a cominciare dal fatto che parliamo la seconda lingua di maggiore derivazione latina (la prima è la lingua sarda) e che, geograficamente, storicamente e culturalmente il nostro popolo ha le sue radici nel mondo romano. Se non a quell'origine, a quale dovremmo richiamarci? Le fonti - già presenti su questa pagina, ma tranquillamente consultabili anche su altre realtà, come ad esempio di nuovo la Treccani - ci dicono chiaramente che non vi è stata "contaminazione" alcuna della nostra cultura o della nostra etnia a seguito della caduta dell'Impero. I Germani arrivati in Italia, che tra Goti e Longobardi non superavano i duecentomila, si sono sovrapposti ad una popolazione di sei milioni di Romani circa. La società germanica in Italia, inoltre, era volutamente impostata su modello apartheid (matrimoni misti vietati, giurisdizione differente, esclusione da determinate mansioni etc.), che divideva nettamente le due etnie. Il tutto era poi aggravato ulteriormente dalla divisione religiosa (Romani "cattolici" e Germani Ariani), la quale spesso assunse toni duri e feroci, specialmente da parte dei Germani. In questo quadro, i Germani in Italia decisero di non emulare i cugini Franchi in Gallia, che nei limiti del possibile integrarono e si fecero integrare, ma passarono la maggioranza del tempo (secoli) ad opprimere la popolazione romana, non mischiandosi con essa, ed a massacrarsi vicendevolmente per lotte dinastiche e tribali. In alternativa si facevano massacrare dai Bizantini. Tale situazione disastrosa, fatta di uno stato di guerra perenne e di un nucleo di individui fisiologicamente basso, portò ad una disastrosa povertà demografica dell'etnia germanica in Italia. Nell'VIII secolo d.c il loro numero era diventato così esiguo che essi dovettero operare una scelta gravissima, praticamente considerata inaccettabile per la tradizione germanica: aprire l'esercito ai non Arimanni, e cioè ai Romani. Proprio da questo arruolamento forzoso dei nativi nasceranno i cognomi italiani di radice germanica, come Guerra, Filiberti, Draghi, Elmi etc. I Franchi giunti in Italia nell'VIII secolo d.c, che distruggeranno quanto restava dell'aristocrazia longobarda in Italia, si guarderanno bene dal rimanere nella Penisola, avendo già discreti problemi al di là delle Alpi, e preferirono lasciarci una manciata di nobili e tornare indietro verso la Gallia. In sintesi, la più grande occupazione straniera che il nostro Paese ha subito non ha praticamente lasciato tracce. Dunque che altro potrebbe averci influenzato? --Romano-italico (msg) 11:45, 8 feb 2014 (CET)

a me piace molto il tuo argomentare, e a titolo personale mi piacerebbe molto poter approfondire. Ma qui non siamo noi a "dedurre", a "dire come la sappiamo", e non dobbiamo convincerci l'un l'altro sulla bontà di un ragionamento: dobbiamo convincerci l'un l'altro che una tal fonte sia adatta ad essere inserita in una tal frase della voce, solo questo. E' un quid minus, rispetto al nostro esercizio di ponderazione, eppure è più impegnativo. Ciò da cui tu trai le tue osservazioni è evidentemente lo studio di alcune fonti. Di alcune e non di altre. Ecco, quello che possiamo immettere in voce è quello scenario di fonti su cui hai riflettuto tu, quello su cui ha riflettuto un altro utente, quello su cui ho riflettuto io, e così via, senza sposarne nessuna: qualifichiamo le fonti che ognuno di noi conosce a seconda dell'importanza che è stata riconosciuta ai loro concetti non da noi ma dalle discipline di riferimento. WP non rivela "verità", non spiega "come stanno le cose", riferisce cosa si dice in un dato argomento nei contesti di studio che abbiano un qualche rilievo. Come vedi, è più impegnativo che chiederci "come la raccontiamo", e su voci come queste lo è ancor di più. Ma ci lasciano il tempo che ci serve, purché il risultato sia neutrale, oggettivo e adeguatamente riferito alla sorgente delle informazioni :-) -- g · ℵ (msg) 12:12, 8 feb 2014 (CET)

Ringraziandoti nuovamente, devo però dirti che - sicuramente per mia colpa - faccio ancora fatica a cogliere il nocciolo della questione. Ora, se ho capito ciò che tu vorresti mettere "in discussione" è la derivazione latina della cultura italiana. Mi sbaglio? Se così non è, e ci ho preso, ti posso dire - e non è una mia discrezionalità - che non esistono, attualmente, testi o fonti di riferimento che ci facciano risalire ad altra origine. O meglio, alcuni esistono, ma non sono né accademici né tanto meno utilizzabili per qualsivoglia enciclopedia, ricerca o perfino tesina di maturità. Parlo di libri sullo stile Noi, Celti e Longobardi, dove si parla, ovviamente senza alcun tipo di riferimento storico, di milioni di germani calati dal Gotland per inondare l'Italia settentrionale; nativi Celti che accolgono i fratelli tedeschi come liberatori, gettando fiori ai loro piedi; improbabili e romanzesche repressioni romane (quali? Lo stato romano era già bello che crollato da un pezzo) contro la fratellanza celto - germanica; visioni mistiche - pagane dove l'Italia settentrionale, da millenni, si configurava come il "Valhalla in terra" e la "terra promessa" dei Germani, e via discorrendo con altri febbricitanti deliri, neanche definibili come "risibili" perché veramente fuori dalla percezione della realtà. Poi, a seguire, ci sono anche altri "libri" che danno una "visione diversa della storia": del principale tra essi mi sfugge il nome, ma era presente integralmente sul "rinomato" sito "Stormfront", e praticamente attribuiva il Rinascimento italiano all'enorme componente germanica stanziatasi in Italia dopo la caduta dell'Impero romano. Il momento di maggiore splendore italiano era dunque il frutto della superiore razza ariana, e lo stesso Leonardo Da Vinci era un tedesco fatto e finito. Al meglio che si trovi si sostiene che i Greci dell'Italia meridionale o gli Etruschi siano in realtà giunti dai Fiordi (la vecchia storia che vorrebbe la Guerra di Troia ambientata nel Baltico). Insomma, al di là della soggettività, direi che di fonti che non attribuiscono alla cultura italiana una matrice prettamente romana sono da far impallidire. E se non fosse che le persone che portano avanti tali teorie, in linea di massima, sono neonazisti o giù di li, sarebbe da etichettarle come "barzellette di cattivo gusto". Torno a ripetere che non si tratta di mie discrezionalità, ma di semplici e chiari dati di fatto. Per chi non lo credesse basta leggersi un paio di recensioni su quei libri, oppure presentarsi da un ordinario con uno di questi testi ed asserire di volerci fare una tesi di laurea sopra (cosa per l'altro successa a Pavia nel 2008, dove lo studente ha rischiato di farsi buttare fuori a calci). Viceversa, la storiografia nazionale ed internazionale è prettamente incentrata sulla matrice latina e romana della nostra cultura, a partire da quella medioevale fino a quella dei giorni nostri. Piccola annotazione: tu dici il neoclassicismo fu ripreso e riutilizzato principalmente dal fascismo; io invece ti dico che le cose non stanno esattamente così, perché a partire dalla rivoluzione francese, con un picco raggiunto nel tardo XIX° secolo, l'intera storiografia, bibliografia e letteratura italiana di stampo anche solo vagamente patriottico si rifarà ad una tradizione romana e latina, a tratti anche in maniera più forte del fascismo. --Romano-italico (msg) 13:47, 8 feb 2014 (CET)

no, ciò che io penso della questione non conta assolutamente nulla. L'ho detto sopra, ma non ha alcuna importanza. Ciò che conta è cosa ne pensano le fonti. Disponiamoci a dire cosa pensiamo soltanto di quanto possano essere rilevanti le fonti che troviamo per l'argomento di questa voce. Se poi le fonti diranno qualcosa che io, personalmente, non condividerò, mi aprirò un blog, un forum, prenderò una cassetta ed andrò a Hyde Park, ma la voce si fa con ciò che dicono le fonti. Dopo che troveremo consenso sulle fonti più adatte ad essere citate per la definizione del concetto, vedremo come sistemare la voce perché possa essere coerente con esse. Tutto qui. Spero avremo occasione di discutere più direttamente, ma non è qui che possiamo farlo :-) -- g · ℵ (msg) 02:36, 9 feb 2014 (CET)
Sono d`accordo con Gianfranco, ma vorrei precisare una cosa: essendo questa un`enciclopedia, le fonti usate devono essere fonti accademiche, e a ciascuna deve esseere dato il peso che le compente secondo il valore che ha a livella scientifico. Quindi per favore astenersi dai volgarizzatori, dai pamphlet, e dai don Chisciotte del ramo. Sopra ho visto citare a supporto delle proprie tesi Alberto Angela e Montanelli, i quali sono degnissime persone ma sicuramente non esponenti dell`accademia. Grazie, --Alex2006 (msg) 08:52, 9 feb 2014 (CET)

Piacevolmente, ti dico che in riferimento agli autori che tu hai visto - Angela e Montanelli -, io ho già specificato di non volerli accreditare come fonti perché, appunto, non personalità accademiche. E' scritto un pò più indietro. E, di nuovo, concordo sulla necessità di di usare fonti accademiche, cosa che avevo già fatto presente prima. Nel mio precedente messaggio facevo appunto presente che la bibliografia che vuole la cultura italiana come "non di origine latina" non solo non è accademica, ma alquanto discutibile sotto ogni punto di vista. Gianfranco, io capisco quello che vuoi dire, però: se io ti cito una fonte mi dici che non dobbiamo correre troppo; se allora io ti faccio mie osservazioni personali tu dici che le discrezionalità devono essere lasciate fuori; e, infine, se io ti invito a mettere sul tavolo del materiale non salta fuori nulla. Quindi, a occhio, il lavoro sembra essersi bloccato. Comunque sia, io ribadisco la mia volontà a non voler modificare una virgola di questa pagina, perché la ritengo più che ben fatta così e non ne vedo assolutamente la necessità. E' però una mia opinione. Rimango altresì aperto per un confronto sulla questione etnica italiana, là dove, però, si parta dal presupposto che l'Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti definisca l'insieme di cittadini italiani come un popolo e come un'etnia. Si è parlato di fonti accademiche: la Treccani lo è. Per eccellenza. Qualunque altra fonte si citi che affermi il contrario, quindi, deve scontrarsi con un dato di fatto: esiste una fonte attendibilissima che accredita gli Italiani come un popolo ed un'etnia. Essa, in linea di massima, non solo dovrebbe essere dunque più attendibile della Treccani, ma anche illuminante sull'inaffidabilità di quest'ultima. Un'inaffidabilità tale da consentire a noi, che vogliamo scrivere questa pagina, di escluderla dalle fonti. --Romano-italico (msg) 12:27, 9 feb 2014 (CET)

Caro Romano-Italico, su quello che scrivi mi trovi d`accordo al 100 %. L`eredita` romana e` uno dei pilastri fondamentali che definiscono il nostro popolo. Inserisco qui di seguito l`elenco che da` Umberto Eco dei fattori che definiscono la nazione italiana: "L`eredita` romana, una lingua parlata (almeno a livello letterario) sia da Cielo d`Alcamo che da Bonvesin della Riva, la presenza della chiesa, la barriera naturale delle Alpi, un ideale politico iniziato con Dante, Petrarca e Machiavelli, centoquarant`anni di unita` statale che ha diffuso per tutto lo stivale una certa omogeneità di comportamenti, nel bene come nel male." Penso che Eco abbia qui dato qui una definizione concisa ma esauriente dei fattori che ci uniscono. Un saluto dal Limes :-)--Alex2006 (msg) 13:09, 9 feb 2014 (CET)

Esatto, Eco sintetizza bene. Anzi, ti dirò di più: la citazione di Umberto Eco io la inserirei nel paragrafo La nazione italiana e gli italiani, perché arricchisce e delinea meglio la struttura stessa del paragrafo e della pagina. Riguardo al resto, si può certamente discutere o meno sulla possibile teoria della continuità, che vuole Italiani evoluzione dei Romani, ma il dato di fondo rimane: mal che vada, la cultura Italiana è la primogenita di quella latina. --Romano-italico (msg) 14:50, 9 feb 2014 (CET)

Approvo l`idea dell`inserimento in un cammeo (sempre che si raggiunga un consenso, naturalmente). --Alex2006 (msg) 19:24, 9 feb 2014 (CET)

Anch'io. Come incipit/cammeo del paragrafo La nazione italiana e gli italiani ci starebbe benissimo, ma sennò si si può inserire anche altrove. Sentiamo gli altri che dicono. --Romano-italico (msg) 20:17, 9 feb 2014 (CET)

È perfettta, perché risponde in maniera immediata e incisiva a quella che almeno per me è la prima domanda a cui vuole rispondere un utene italiano che legga una voce sul proprio popolo: per quale motivo ci diciamo italiani? io la sostituirei alla citazione del Burckhardt.--Memnone di Rodi Κώνσυλτα λ΄ωράκολο 21:03, 9 feb 2014 (CET)