Concili di Cartagine del 256

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I concili di Cartagine del 256 sono due assemblee episcopali, riunite dal vescovo Cipriano di Cartagine nella primavera e il 1º settembre del 256, per discutere la questione relativa alla validità del battesimo conferito dagli eretici.[1]

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Nel 255 le Chiese cristiane furono coinvolte in un dibattito attorno alla questione nota come «battesimo degli eretici». Se un fedele, che non aveva conosciuto altra forma di cristianesimo se non quella ritenuta eretica (per esempio il novazianismo o il marcionismo), e in questa fede era stato battezzato, doveva ricevere un nuovo battesimo qualora avesse deciso di entrare nella Chiesa cattolica? Doveva cioè essere ribattezzato per entrare nella comunione cattolica, oppure il battesimo dato da una Chiesa non in comunione con il cattolicesimo era in sé valido?

La questione era già stata affrontata da Tertulliano e da un concilio celebrato all'epoca del vescovo Agrippino di Cartagine, che imponevano la necessità di ribattezzare coloro che volevano aderire alla fede cattolica dopo essere stati battezzati al di fuori della Chiesa cattolica.

Tuttavia nella cristianità del tempo le posizioni non erano univoche. In Oriente, le Chiese della Cilicia, della Cappadocia e della Galazia ribattezzavano i fedeli provenienti dal montanismo, seguendo una procedura simile a quella africana. [2] Invece a Roma e ad Alessandria d'Egitto ci si limitava ad imporre le mani sugli eretici convertiti in segno di assoluzione, ritenendo implicitamente valido il battesimo dato dagli eretici.

Nella prima metà del 255, Cipriano di Cartagine ricevette tre richieste di chiarimenti su questo problema, da un laico di nome Magno, da un vescovo della Mauretania di nome Quinto, e da una lettera collettiva di 18 vescovi della Numidia. Nell'autunno di quell'anno convocò un concilio a Cartagine, dove, alla presenza di una trentina di vescovi, fu ribadita la posizione africana su questa questione:[3] tutti gli eretici sono fuori dalla Chiesa, il loro battesimo non è valido, e tutti coloro che vogliono aderire alla vera Chiesa devono essere ribattezzati. Di questo concilio è rimasta la lettera sinodale scritta ai vescovi della Numidia,[4] oltre che le lettere personali con cui Cipriano rispose a Magno[5] e a Quinto.[6] La missiva a Quinto fu accompagnata dalla lettera sinodale, con il dovere di diffonderla tra l'episcopato locale.

I concili del 256[modifica | modifica wikitesto]

Le fonti documentarie, e soprattutto le lettere di Cipriano, indicano, senza ombra di dubbio, la convocazione di due concili a Cartagine nel 256[7]: il primo, a una data non meglio precisata, ma nella primavera di quell'anno, e il secondo il 1º settembre.[8]

Primo concilio: primavera del 256[modifica | modifica wikitesto]

Del primo concilio, si hanno notizie grazie alla lettera sinodale, che Cipriano inviò a papa Stefano I,[9] e alla lettera che il primate d'Africa indirizzò a Giubaiano, vescovo della Mauretania;[10] questa seconda lettera riferisce che furono 71 i vescovi che parteciparono a questo primo concilio.[11] L'assise episcopale ribadì le conclusioni della riunione dell'anno precedente: «Sententia nostra firmavimus, statuentes unum baptisma esse quod sit in ecclesia catholica constitutum ac per hoc non rebaptizari sed baptizari a nobis quicumque ab adultera et profana aqua venientes abluendi sint et sanctificandi salutaris aquae veritate».[12] Esiste cioè un solo battesimo, quello conferito dalla Chiesa cattolica. Coloro che sono stati battezzati nell'eresia («in un'acqua adultera e profana»), e che vogliono entrate nella vera Chiesa, non ricevono un secondo battesimo, ma vengono battezzati per la prima volta nella vera fede.[8]

La lettera sinodale a papa Stefano fu accompagnata da due documenti, la sinodale dell'anno precedente e la lettera di Cipriano al vescovo Quinto, con lo scopo di motivare la decisione presa dal concilio africano, che adottava una linea di condotta diversa da quella in uso a Roma. Inoltre, la lettera al papa pone in evidenza un'altra questione affrontata e decisa dal concilio: tutti i chierici e i preti che sono usciti dalla vera Chiesa o che sono stati ordinati dagli eretici, possono essere perdonati solo se ridotti allo stato laicale.[13]

La lettera di risposta di papa Stefano, probabilmente dell'estate del 256, non è stata conservata, ma il suo contenuto è in parte conosciuto grazie alle lettere che Cipriano scrisse a Pompeo di Sabrata,[14] e che ricevette da Firmiliano di Cesarea.[15] Il pontefice si oppose alle decisioni del concilio africano, con una lettera piena di offese nei confronti di Cipriano, «pseudo Christum et pseudo apostolum et dolosum operarium»[16], e imponendo alla Chiesa africana di adeguarsi alle consuetudini romane, pena la scomunica.[17]

Il primate d'Africa, per mantenere l'unione delle Chiese, inviò una delegazione in Asia minore, guidata dal diacono Rogaziano, per esporre ai vescovi di quella regione le decisioni riguardanti il battesimo degli eretici. E decise di convocare un nuovo concilio.[17]

Secondo concilio: 1º settembre 256[modifica | modifica wikitesto]

Il secondo concilio del 256 si celebrò il 1º settembre, come chiaramente espresso nella lettera sinodale. L'anno non è indicato, ma non può essere che il 256.[18]

Di quest'assemblea resta la lettera sinodale, che, nel Corpus delle opere di san Cipriano, è denominata con il titolo di Sententiae episcoporum numero LXXXVII de haereticis baptizandis.[19] Questo documento è il primo e il più antico del suo genere giunto fino ai nostri tempi, che ebbe all'epoca una tale risonanza da essere tradotto anche in greco e in siriaco,[20] e che meritò da parte di sant'Agostino un commento in due capitoli del suo De baptismo contra donatistas.[21]

La sessione iniziò con la lettura delle lettere scambiate tra Cipriano e Giubaiano, e della lettera di risposta di papa Stefano al concilio di primavera. In seguito intervenne Cipriano, presidente dell'assemblea, che chiese a ciascuno dei presenti di esprimere il proprio parere sul battesimo degli eretici.[22]

Dopo il preambolo iniziale, il resto delle Sententiae episcoporum riporta il parere degli 85 vescovi presenti sulla questione in discussione. Tutti aderirono alla linea di condotta della Chiesa africana sulla necessità di ribattezzare i fedeli che chiedevano di entrare nella Chiesa cattolica dopo aver aderito a chiese scismatiche o eretiche.[20]

Contestualmente a questo secondo concilio, o poco dopo, arrivò la lettera di Firmiliano di Cesarea in risposta alla delegazione che Cipriano aveva inviato in Anatolia.[15] Il metropolita di Cesarea aderì pienamente al modus operandi africano ed espresse duri giudizi contro papa Stefano.[23]

Avvenimenti successivi[modifica | modifica wikitesto]

In mancanza di documenti, non è possibile sapere se papa Stefano scomunicò realmente Cipriano e tutti coloro che sostenevano l'obbligo di ribattezzare gli eretici. Karl Josef von Hefele è certo che «la communion ecclésiastique ne fut pas rompue entre eux»[24], mentre altri autori sostengono che le relazioni tra Roma e Cartagine erano di fatto interrotte.[25]

Non è nemmeno possibile conoscere se i fatti del 255 e del 256 sul «battesimo degli eretici» ebbero ulteriori ripercussioni. Infatti la persecuzione contro il cristianesimo pose fine alla querelle. Nel 257 l'imperatore Valeriano pubblicò il suo primo editto di persecuzione contro la Chiesa e il 2 agosto di quell'anno papa Stefano subì il martirio.[26] Simile sorte toccò a Cipriano: dapprima mandato in esilio, fu messo a morte il 14 settembre 258.[27]

Partecipanti al concilio del 1º settembre 256[modifica | modifica wikitesto]

Le Sententiae episcoporum riportano il parere di 85 vescovi. Natale di Oea ebbe mandato di esprimere il proprio parere anche a nome di due vescovi della sua provincia assenti a Cartagine, Pompeo di Sabrata e Dioga di Leptis Magna.[28] In questo modo si raggiunge il numero di 87 vescovi, come indicato nell'incipit della lettera sinodale.

Il presente elenco è quello dei vescovi presenti al concilio del 1º settembre 256, secondo l'ordine riportato dalle Sententiae episcoporum e la numerazione dell'edizione critica di Willem Hartel.[29]

  1. Cecilio di Bilta
  2. Primo di Migirpa
  3. Policarpo di Adrumeto
  4. Novato di Tamugadi
  5. Nemasiano di Tubune
  6. Ianuario di Lambesi
  7. Lucio di Castra di Galba
  8. Crescente di Cirta
  9. Nicomede di Segerme
  10. Monnolo di Girba
  11. Secondino di Cedie
  12. Felice di Bagai
  13. Polliano di Milevi
  14. Teogene di Ippona Regia
  15. Dativo di Badie
  16. Successo di Abbir Germaniciana
  17. Fortunato di Tuccabora
  18. Sedato di Tuburbo
  19. Privaziano di Sufetula
  20. Privato di Sufes
  21. Ortensiano di Lares
  22. Cassio di Macomades
  23. Ianuario di Vico di Cesare
  24. Secondino di Carpi
  25. Vittorico di Tabraca
  26. Felice di Utina
  27. Quieto di Urusi
  28. Casto di Sicca
  29. Eucrazio di Tene
  30. Liboso di Vaga
  31. Leucio di Teveste
  32. Eugenio di Ammaedara
  33. Felice di Bamaccora
  34. Ianuario di Muzuca
  35. Adelfio a Thasualthe[30]
  36. Demetrio di Leptimino
  37. Vincenzo di Tibari
  38. Marco di Mactaris
  39. Sazio di Sicilibba
  40. Vittore di Gor
  41. Aurelio di Utica
  42. Giambo di Germaniciana
  43. Luciano di Rucuma
  44. Pelagiano di Luperciana
  1. Iader a Midili[31]
  2. Felice di Marazane
  3. Paolo di Obba
  4. Pomponio di Dionisiana
  5. Venanzio di Tinisa
  6. Aimno di Ausuaga
  7. Saturnino di Vittoriana
  8. Saturnino di Tucca[32]
  9. Marcello di Zama[33]
  10. Ireneo di Ululi
  11. Donato di Cibaliana
  12. Zosimo di Tarasa[34]
  13. Giuliano di Telepte
  14. Fausto di Timida Regia
  15. Geminio di Forno
  16. Rogaziano di Nova
  17. Terapio di Bulla Regia
  18. Lucio di Membressa
  19. Felice di Buslacena
  20. Saturnino di Abitine
  21. Quinto di Agbia
  22. Giuliano di Marcelliana
  23. Tenace di Orreacelia
  24. Vittore di Assura
  25. Donatulo di Capsa
  26. Verulo di Rusicade
  27. Pudenziano di Cuicul
  28. Pietro di Ippona Zarito
  29. Lucio di Ausafa
  30. Felice di Gurza
  31. Pusillo di Lamasba
  32. Salviano di Gadiaufala
  33. Onorato di Tucca[35]
  34. Vittore di Ottava
  35. Claro di Mascula
  36. Secondiano di Tambee
  37. Aurelio di Cillio
  38. Litteo di Gemelle[36]
  39. Natale di Oea
  40. Pompeo di Sabrata
  41. Dioga di Leptis Magna
  42. Giunio di Neapoli
  43. Cipriano di Cartagine

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Karl Josef von Hefele, Histoire des Conciles d'après les documents originaux, Tome I, première partie, p. 172.
  2. ^ Karl Josef von Hefele, Histoire des Conciles d'après les documents originaux, Tome I, première partie, pp. 172-173.
  3. ^ Karl Josef von Hefele, Histoire des Conciles d'après les documents originaux, Tome I, première partie, p. 174.
  4. ^ (LA) CSEL 3/2, Epistula LXX, pp. 766-770.
  5. ^ CSEL 3/2, Epistula LXVIIII, pp. 749-766.
  6. ^ CSEL 3/2, Epistula LXXI, pp. 771-774.
  7. ^ Audollent, Carthage romaine, p. 494, nota 1.
  8. ^ a b Leclercq, Chronologie des conciles de Carthage depuis l'an 251 jusqu'à l'an 256, p. 1112.
  9. ^ CSEL 3/2, Epistula LXXII, pp. 775-778.
  10. ^ Probabilmente vescovo di Novaliciana. Joseph Mesnage, L'Afrique chrétienne, Paris, 1912, p. 370,
  11. ^ CSEL 3/2, Epistula LXXIII, pp. 778-799.
  12. ^ CSEL 3/2, Epistula LXXIII, p. 779.
  13. ^ Leclercq, Chronologie des conciles de Carthage depuis l'an 251 jusqu'à l'an 256, pp. 1112-1113.
  14. ^ CSEL 3/2, Epistula LXXIV, pp. 799-809.
  15. ^ a b CSEL 3/2, Epistula LXXV, pp. 810-827.
  16. ^ «Falso Cristo, falso apostolo e artigiano di menzogne». Audellent, Carthage romaine, p. 494.
  17. ^ a b Leclercq, Chronologie des conciles de Carthage depuis l'an 251 jusqu'à l'an 256, p. 1113. Karl Josef von Hefele, Histoire des Conciles d'après les documents originaux, Tome I, première partie, p. 176.
  18. ^ Leclercq, Chronologie des conciles de Carthage depuis l'an 251 jusqu'à l'an 256, p. 1114. Karl Josef von Hefele, Histoire des Conciles d'après les documents originaux, Tome I, première partie, p. 177.
  19. ^ CSEL 3/1, Sententiae episcoporum, pp. 433-461.
  20. ^ a b Leclercq, Chronologie des conciles de Carthage depuis l'an 251 jusqu'à l'an 256, p. 1116.
  21. ^ Leclercq, Chronologie des conciles de Carthage depuis l'an 251 jusqu'à l'an 256, p. 1117.
  22. ^ Leclercq, Chronologie des conciles de Carthage depuis l'an 251 jusqu'à l'an 256, pp. 1114-1115.
  23. ^ Karl Josef von Hefele, Histoire des Conciles d'après les documents originaux, Tome I, première partie, p. 178.
  24. ^ Karl Josef von Hefele, Histoire des Conciles d'après les documents originaux, Tome I, première partie, p. 179.
  25. ^ Audollent, Carthage romaine, p. 496 e nota 2.
  26. ^ Papa Stefano I, Enciclopedia dei papi.
  27. ^ (FR) Bardy, Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, vol. XIII, coll. 1154-1155.
  28. ^ CSEL 3/1, Sententiae episcoporum, p. 460, nn. 83-85.
  29. ^ CSEL 3/1, Sententiae episcoporum, pp. 436-461.
  30. ^ Indicato come vescovo di Tasbalta (Anatole Toulotte, Géographie de l'Afrique chrétienne. Bizacène et Tripolitaine, Montreuil-sur-mer, 1894, p. 193), o di Thasuarte (Joseph Mesnage, L'Afrique chrétienne, Paris, 1912, p. 142).
  31. ^ Indicato come vescovo di Medeli (Joseph Mesnage, L'Afrique chrétienne, Paris, 1912, p. 115), o come vescovo di Midila (Anatole Toulotte, Géographie de l'Afrique chrétienne. Numidie, Rennes-Paris, 1894, p. 220).
  32. ^ Sede incerta. Questo vescovo è attribuito da Joseph Mesnage alla diocesi di Tucca di Proconsolare (L'Afrique chrétienne, Paris, 1912, pp. 59-60), mentre Anatole Toulotte a quella di Tucca di Bizacena (Géographie de l'Afrique chrétienne. Bizacène et Tripolitaine, Montreuil-sur-mer, 1894, pp. 208-209).
  33. ^ Le fonti antiche non distinguono mai i vescovi di Zama, che potrebbero appartenere o a Zama Maggiore o a Zama Minore. Joseph Mesnage, L'Afrique chrétienne, Paris, 1912, p. 52.
  34. ^ Esistevano due diocesi di Tarasa. Secondo Mesnage, Zosimo era probabilmente vescovo di Tarasa di Bizacena (L'Afrique chrétienne, Paris, 1912, p. 226). Per Anatole Toulotte invece Zosimo era vescovo di Tarasa di Numidia (Géographie de l'Afrique chrétienne. Numidie, Rennes-Paris, 1894, p. 276).
  35. ^ Sede incerta. Questo vescovo è attribuito da Joseph Mesnage alla diocesi di Tucca di Mauritania (L'Afrique chrétienne, Paris, 1912, p. 331), mentre Anatole Toulotte a quella di Tucca di Proconcolare (Géographie de l'Afrique chrétienne. Proconsulaire, Rennes-Paris, 1892, p. 288).
  36. ^ La sede di questo vescovo è incerta: potrebbe appartenere alla diocesi di Gemelle di Numidia oppure a quella di Gemelle di Bizacena.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]