Commissum Nobis (costituzione)

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Commissum Nobis
Costituzione apostolica
Stemma di Pio X
Pontefice Pio X
Data 1904
Anno di pontificato I
Traduzione del titolo Affidato a noi
Argomenti trattati Abolizione dello ius exclusivae a difesa della libertas Ecclesiae
Costituzione precedente Conditae a Christo
Costituzione successiva Provida sapientique cura

La Commissum Nobis (in italiano: Affidato a noi) è una costituzione apostolica di papa Pio X, firmata il 20 gennaio 1904 e pubblicata nel 1909[1], con cui il pontefice abolì lo ius exclusivae, un «diritto di veto di cui hanno goduto per secoli i regnanti di alcuni importanti stati cattolici europei da utilizzare nei confronti di un partecipante al conclave poco gradito per renderlo ineleggibile»[2].

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ius exclusivae e Conclave del 1903.

Nel corso della storia, in più occasioni i sovrani cattolici hanno esercitato, attraverso un loro cardinale presente al conclave, il diritto di veto su un candidato al papato non gradito al sovrano. Scrive Jürgen Jamin:

«L'intervento del potere secolare [volto a determinare la scelta del candidato al soglio di Pietro] si poggiava sull'autorità dello stesso sovrano, che esprimeva il suo non gradimento verso un cardinale; qualora tale cardinale fosse in procinto di giungere alla maggioranza qualificata, un cardinale della nazione del sovrano interessato (già informato prima del conclave dal suo principe) opponeva in forma pubblica e aperta … il suo veto contro l'elezione al pontificato di un candidato…»

Il diritto di veto fu adoperato per l'ultima volta durante il conclave del 1903, quando il cardinale della corona Jan Puzyna, a votazioni iniziate, si alzò in piedi per annunciare il voto d'esclusione dell'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria contro il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, a causa delle posizioni di quest'ultimo, ritenute troppo filo-francesi e anti-austriache.

I cardinali videro l'imposizione come un affronto, e tuttavia spostarono i loro voti verso il cardinale patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, eletto al soglio pontificio con il nome di Pio X.[3]

Proprio per rimediare a questa ingerenza nell'elezione del vescovo di Roma, Pio X istituì una commissione presieduta dal cardinale Pietro Gasparri, con il fine di abolire qualsiasi intromissione durante il conclave; essa vide anche la partecipazione di Rampolla del Tindaro. Si occupò dell'indagine anche un giovane Eugenio Pacelli, futuro Papa Pio XII. Quando la commissione sancì definitivamente la necessità dell'abrogazione dello ius exclusivae, Pio X scelse la forma della costituzione apostolica, considerata "la più alta e giuridicamente vincolante".[3]

Dunque, qualche mese dopo l'elezione del nuovo papa, fu pubblicata la costituzione apostolica Commissum Nobis, che pose fine a questa secolare tradizione.

Contenuto della costituzione apostolica[modifica | modifica wikitesto]

La Commissum Nobis inizia affermando e ribadendo il concetto fondamentale che la Chiesa deve essere libera per esercitare la sua missione. Questa libertà è richiesta in modo particolare quando si tratta di eleggere il papa.[1]

Per questo Pio X afferma che il diritto di veto, che alcuni sovrani hanno esercitato all'interno del conclave, ma che la Santa Sede non ha mai approvato, mina la libertà della Chiesa:[4]

«A questa piena libertà nell'eleggere il Sommo Pastore si oppone soprattutto quel veto civile più di una volta preteso dalle supreme autorità di alcune Nazioni, con il quale si tenta di chiudere a qualcuno l'accesso al Supremo Pontificato. Se ciò é avvenuto qualche volta, la Sede Apostolica però non lo ha mai approvato.»

Secondo Jürgen Jamin, in poche parole il pontefice emette «un giudizio netto riguardo la natura giuridica del veto: si tratta di un'ingerenza civile non de iure ma de facto, sulla base di un preteso diritto»,[5] che non ha alcun valore e che la Santa Sede, attraverso diversi documenti, in passato ha sempre cercato di contrastare.

Posti questi principi, il papa prende le seguenti disposizioni:[6]

  • condanna il diritto di veto imposto dai sovrani, anche qualora si trattasse di un "semplice desiderio";
  • vieta da quel momento in avanti ogni ingerenza dei sovrani nell'elezione del Romano Pontefice;
  • proibisce ai cardinali di farsi portavoce del veto di qualsiasi autorità civile all'interno del conclave, sotto pena di scomunica latae sententiae;
  • tale pena è estesa a tutti coloro che partecipano al conclave.

Infine il pontefice invita i cardinali elettori «a non farsi condizionare dalle intromissioni da parte del potere secolare, restando ben consci della grave responsabilità coram Deo e per il bene della Chiesa di eleggere colui che ritengono idoneo ad assumere il munus petrinum».[7]

Disposizioni successive[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni documenti successivi, dello stesso Pio X e di altri pontefici, riprendono, a volte alla lettera, queste disposizioni contenute nella Commissum Nobis:[8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Jamin, p. 597.
  2. ^ Lamacchia, p. 1.
  3. ^ a b Gianpaolo Romanato, L’ultimo veto sul conclave (PDF), in L'Osservatore Romano, 25-26 febbraio 2013, p. 4.
  4. ^ Il Conclave: l'elezione del Papa, su www.conclave.it. URL consultato il 10 settembre 2023.
  5. ^ Jamin, p. 598.
  6. ^ Jamin, pp. 604-605.
  7. ^ Jamin, p. 606.
  8. ^ Jamin, pp. 606-608.
  9. ^ (LA) Pii X pontificis maximi acta, vol. III, Roma, 1908, pp. 282-283.
  10. ^ (LA) Acta Apostolicae Sedis, 38, 1946, p. 95.
  11. ^ (LA) Acta Apostolicae Sedis, 54, 1962, p. 634.
  12. ^ (LA) Acta Apostolicae Sedis, 67, 1975, pp. 641-642.
  13. ^ (LA) Acta Apostolicae Sedis, 88, 1996, pp. 338-339, nº 80.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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