Alano di Lilla

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Beato Alano di Lilla
 

Teologo e Filosofo

 
NascitaLilla, 1125 circa
MorteAbbazia di Cîteaux, 1202
Venerato daChiesa cattolica
Ricorrenza30 gennaio
6 luglio

Alano di Lilla, o Alano delle Isole (in latino Alanus ab Insulis; Lilla, 1125 circa – Cîteaux, 6 luglio 1202), è stato un teologo e filosofo francese. È tradizionalmente considerato un beato della Chiesa cattolica.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Chiamato anche Alan de l'Isle, della sua vita si sa poco: formatosi alla scuola di Chartres,[1] insegnò a Parigi e a Montpellier, venendo per questo chiamato Alano di Montepessulano, e forse partecipò al Concilio Lateranense del 1179; definito Doctor universalis per la vastità delle sue conoscenze, si fece monaco e si ritirò nell'abbazia di Cîteaux.

Dottrina[modifica | modifica wikitesto]

Prevale in Alano l'interesse per il mistero della natura, che lo accomuna a Bernardo Silvestre e alla tradizione della scuola di Chartres.[1] Nella sua opera cosmologica, il De Planctu, la natura assume i tratti personificati di una figura materna e divina, che funge da mediatrice tra la perfezione delle idee celesti e la loro fluida realizzazione nel mondo terreno.[1]

Teologia come scienza matematica[modifica | modifica wikitesto]

Nelle Regulae de sacra theologia (o Regulae caelestis iuris) Alano costruisce invece una teologia come una scienza matematica, partendo da principi, regulae, necessari come postulati dai quali far discendere proposizioni successivamente dedotte da quelli: «ogni scienza si fonda su regole proprie…dalle quale è limitata come da confini; le regole della dialettica sono le massime, della retorica, i luoghi comuni, dell'etica, le sentenze, della fisica, gli aforismi, dell'aritmetica, i porismi, che sono regole sottili che premiano chi le cerca con sottile intelligenza; la teologia, scienza suprema, ha regole superiori alle altre per la loro sottigliezza e oscurità e mentre le altre regole hanno una necessità dubbia perché sono date dalla consuetudine, in accordo con il corso della natura, invece la necessità delle regole teologiche è assoluta perché ne fanno fede cose immutabili». La prima delle 125 regole di Alano afferma che l'unità non deriva da nulla mentre ogni pluralità deriva dall'unità: ne discende che in Dio vi è somma unità e nella natura ogni pluralità.

Come Teodorico di Chartres e in modo più radicale e più marcato di Boezio e di Gilberto Porretano, Alano è sostanzialmente convinto che non sia possibile riferire a Dio creatore e alla Sacra Scrittura i significato delle parole che nel linguaggio naturale sono ordinariamente riferiti alle creature di Dio: pertanto, ritiene che la teologia debba chiarire il proprio lessico e le leggi del linguaggio teologico, e che la definizione di un significato metafisico e metaforico dei testi sacri debba essere sottoposta a un rigoroso controllo logico.[2][3]

Tuttavia, se anche queste ragioni possono indurre gli uomini a credere, esse non sono in nessun modo sufficienti a procurare loro la fede né avrebbe merito una fede cui la ragione umana offrisse prove inconfutabili. D'altra parte non si può dimostrare l'esistenza di Dio, che è causa prima, la quale è a sua volta un postulato e perciò non dimostrabile; anche la Trinità non può essere dimostrata ma solo immaginata e la redenzione di Cristo poteva essere operata diversamente come anche l'incarnazione, che poté essere conveniente ma non necessaria e dunque entrambe non sono dimostrabili; il teologo si basa sulla fede, credit ut sciat, crede per conoscere.

La scienza della natura è in Alano una serie di rapporti e rispondenze fra le cose, derivanti dalla filosofia neoplatonica, dalla tradizione ermetica e dall'alchimia; l'uomo, microcosmo naturale, ha in sé varie parti che corrispondono a tutte le parti del mondo: è composto di quattro umori, aria, acqua, fuoco e terra, come gli elementi naturali; il movimento della sua ragione, analogamente a quanto sostiene Platone nel Timeo, corrisponde al movimento del cielo delle stesse fisse e il movimento della sua sensibilità al moto planetario. Come in Platone, Alano individua tre facoltà: la prudenza, posta nella testa, corrisponde a Dio, il coraggio, nel cuore, corrisponde agli angeli e la sensualità, nelle reni, all'uomo stesso.

Quanto all'universo, Alano sostiene, secondo una teoria condivisa da altri neoplatonici, che esso sia infinito e che non abbia pertanto nessun centro determinato: in un certo senso, il centro sarebbe dovunque, in base all'osservatore. Si notano le somiglianze con le dottrine di Nicola da Cusa e perfino di Albert Einstein[4].

Confutazione degli Albigesi[modifica | modifica wikitesto]

Nel Contra haereticos Alano combatte, nel I libro, gli Albigesi, nel II i Valdesi, nel III gli Ebrei e nel IV gli Arabi. Gli Albigesi sostengono che il mondo è opera di un principio maligno dal momento che gli effetti mutevoli e imperfetti – tutti quelli che si trovano in natura - devono avere cause altrettanto imperfette, quindi non derivanti da Dio. Alano risponde, con Aristotele, che il movimento presuppone un motore immobile, dunque Dio e che la causa efficiente resta immutata anche producendo effetti soggetti a mutamento e corruzione. Alla negazione albigese dell'immortalità dell'anima risponde, platonicamente, che ciò che è incorporeo è incorruttibile e anticipando anche la "scommessa" di Blaise Pascal, afferma che comunque, se l'anima è mortale ma la crediamo immortale, non ne subiamo svantaggi che invece possiamo avere se essa è immortale e noi la crediamo mortale[5]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • De planctu naturae, in prosa e versi. Nel testo la Natura piange perché l'uomo, a causa dei suoi vizi, non può adempiere al compito assegnatogli da Dio. Alla fine si trasforma in un violento attacco all'omosessualità.
    • Liber de planctu naturae, in Cosmologie medievali, a cura di G. C. Garfagnini, Torino 1986
    • Die Klage der Natur, ed. Johannes B. Kohler, Munster 2013
    • La plainte de la nature, per Françoise Hudry, Paris 2013
    • De planctu naturae - Il lamento della natura, a cura di G. Giuliani, ikonaLíber, Roma 2014 ISBN 978-88-97778-24-0
  • Anticlaudianus, in versi
  • Contra haereticos, in quattro libri
  • Regulae caelestis iuris (chiamato anche Maximae theologiae)
    • Le regole del diritto celeste, a cura di Carlo Chiurco; saggio introduttivo di Alessandro Musco, Officina di studi medievali, Palermo 2002.
    • Sulle tracce di Dio, a cura di Marco Rossini, Morcelliana, Brescia 2001
  • Summa "quoniam homines"
  • De Arte seu articulis catholicae fidei
  • Sermones
  • Liber parabolarum
    • Liber parabolarum, a cura di Oronzo Limone, Galatina 1998
  • Liber poenitentialis
    • Liber poenitentialis, par Jean Longere, Louvain-Lille 1965
  • Liber distinctionum.

Citazioni[modifica | modifica wikitesto]

Molto nota una citazione fatta da Umberto Eco ne Il nome della rosa:

«Mio buon Adso - disse il maestro - È tutto il viaggio che ti insegno a riconoscere le tracce con cui il mondo ci parla come un grande libro. Alano delle Isole diceva che
omnis mundi creatura
quasi liber et pictura
nobis est in speculum
e pensava alla inesausta riserva di simboli con cui Dio, attraverso le sue creature, ci parla della vita eterna. Ma l'universo è ancor più loquace di come pensava Alano e non solo parla delle cose ultime (nel qual caso lo fa sempre in modo oscuro) ma anche di quelle prossime, e in questo è chiarissimo.»

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Non si hanno tracce d'una venerazione del suo sepolcro né d'altre manifestazioni di culto, ma egli è compreso nei martirologi cistercensi e benedettini al 30 gennaio e poi al 16 luglio.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Cesare Vasoli, Alano di Lilla, su treccani.it, Enciclopedia Dantesca, 1970.
  2. ^ Carlo Chiurco, Alano di Lilla: dalla metafisica alla prassi, Vita e Pensiero, 2005, p. 41, ISBN 9788834312605.
  3. ^ Marie-Dominique Chenu, La teologia nel dodicesimo secolo, Editoriale Jaca Books, 1986, p. 421, ISBN 9788816401693, OCLC 1010931172.
  4. ^ Cf. I. Toth, La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale, Bollati Boringhieri, Torino 2007, pp. 38-39.
  5. ^ "Ait enim: Aut anima est mortalis aut immortalis: si mortalis est anima et credis earn esse immortalem, nullum tibi inde provenire incomodum. Ergo melius est ut credatur immortalis quam mortalis." (Alano di Lilla, Contra haereticos, Libro I, Capitolo XXI)

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • G. R. Evans, Alan of Lilleː The Frontiers of Theology in the Later Twelfth Century, Cambridge, Cambridge University Press, 1983.
  • Jean-Luc Solère, Anca Vasiliu, Alain Galonnier (a cura di), Alain de Lille, le docteur universel. Philosophie, théologie et littérature au XIIe siècle, Turnhout, Brepols, 2005.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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