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https://en.wikipedia.org/wiki/Raid_at_Cabanatuan

Raid a Cabanatuan
I due percorsi usati per l'infiltrazione dei ranger e per l'esfiltrazione dei prigionieri oltre le linee giapponesi
Data30 gennaio 1945
LuogoCabanatuan, Provincia di Nueva Ecija, Filippine
EsitoLiberazione di 552 prigionieri di guerra alleati
Schieramenti
Comandanti
Bandiera degli Stati Uniti Henry Mucci
Juan Pajota
Sconosciuti
Effettivi
  • 133 statunitensi
  • 250-280 guerriglieri filippini
(Stime)
  • 220 giapponesi a guardia dei prigionieri
  • 1 000 giapponesi nell'area
  • 5 000 - 8 000 giapponesi a Cabanatuan
  • Perdite
    • 2 soldati statunitensi e 2 prigionieri morti
    • 4 soldati statunitensi e 9 filippini feriti
  • 530 - 1 000+ morti
  • 4 carri armati distrutti
  • Voci di battaglie presenti su Wikipedia

    Il raid a Cabanatuan (in filippino: Pagsalakay sa Cabanatuan), noto negli Stati Uniti come il Grande Raid (in inglese: the Great Raid; in filippino: Ang Dakilang Pagsalakay), fu una missione alleata per recuperare prigionieri di guerra statunitensi e civili filippini dal campo giapponese presso Cabanatuan, sull'isola filippina di Luzon. Il 30 gennaio 1945, durante la campagna delle Filippine della seconda guerra mondiale, ranger dell'Esercito statunitense, uomini dell'unità da ricognizione della 6ª Divisione di fanteria denominata Alamo Scouts, e guerriglieri filippini liberarono più di 500 uomini dal campo di prigionia giapponese.

    Dopo la resa di decine di migliaia di soldati durante la battaglia di Bataan, alcuni di loro finirono nel campo di prigionia di Cabanatuan dopo la marcia della morte di Bataan. I giapponesi suddivisero i sopravvissuti imprigionandoli in zone diverse. A Cabanatuan furono reclusi circa 500 uomini, alcuni provenienti da altri paesi alleati, il resto statunitensi. Di fronte a condizioni brutali, che includevano malattie, torture e malnutrizione, i prigionieri temettero di essere uccisi di giapponesi prima che le truppe statunitensi tornassero per liberare l'arcipelago filippino. A fine gennaio 1945, i comandanti della 6ª Armata e della Resistenza filippina realizzarono un piano per salvare i prigionieri, nell'eventualità che i giapponesi decidessero di ucciderli prima che il fronte di guerra li raggiungesse. Un gruppo di poco più di 100 Ranger e ricognitori dell'Esercito, accompagnati da circa il doppio di guerriglieri viaggiarono per una cinquantina di chilometri oltre le linee giapponesi per raggiungere il campo di prigionia.

    In un raid notturno, con il favore delle tenebre e la distrazione fornita da un caccia notturno Northrop P-61 Black Widow, il gruppo colse di sorpresa le truppe giapponesi di guardia. Centinaia di nipponici rimasero uccisi nell'attacco coordinato durato appena trenta minuti e che causò perdite minime tra gli statunitensi. I prigionieri liberati furono poi scortati fino alle linee americane. Essi poterono poi riferire quanto avvenuto nella marcia della morte e sulle atrocità subite nel campo di prigionia. I liberatori ricevettero una medaglia dal generale MacArthur e dal presidente Franklin D. Roosevelt, mentre, sul luogo del campo di prigionia, oggi sorge un memoriale.

    Il contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

    Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Bataan e Marcia della morte di Bataan.

    Con l'attacco di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, gli Stati Uniti furono ufficialmente coinvolti nel secondo conflitto mondiale. Le forze statunitensi guidate dal generale Douglas MacArthur, si trovavano già nelle Filippine, come deterrente ad un'invasione giapponese, che tuttavia avvenne a poche ore dall'attacco alle Hawaii. Visto l'andamento della campagna giapponese delle Filippine, il presidente Roosevelt ordinò il 12 marzo 1942 a MacArthur e a pochi ufficiali scelti di lasciare l'arcipelago, promettendo di tornare con dei rinforzi. I 72 000 soldati delle Forze armate statunitensi nell'Estremo Oriente (United States Army Forces in the Far East, USAFFE),[1] che dovettero far fronte ad armamenti datati, mancanza di rifornimenti, malattie e malnutrizione, infine si arresero ai giapponesi il 9 aprile 1942.[2]

    I giapponesi inizialmente avevano previsto di dover gestire tra i 10 000 e i 25 000 prigionieri filippini e statunitensi, per i quali avevano organizzato due ospedali, vettovaglie a sufficienza e un numero di guardie adeguate, prima di essere sopraffatti dalla resa di più di 72 000 uomini.[2][3] Dopo la marcia, lunga quasi cento chilometri, solo 52 000 prigionieri (circa 9 200 statunitensi e 42 000 filippini) raggiunsero quella che era stata la base militare statunitense di Camp O'Donnel. I 20 000 decessi furono causati da malori, fame, torture e uccisioni.[3][4][5] Successivamente, con la chiusura della base militare, la maggior parte dei soldati prigionieri furono trasferiti al campo di prigionia di Cabanatuan, dove si riunirono con i prigionieri provenienti dall'area di Corregidor.[6]

    Nel 1944, quando le truppe statunitensi sbarcarono nelle Filippine, il comando giapponese inviò ordini affinché i prigionieri di guerra fossero uccisi, per evitare che fossero liberati dagli americani. Uno dei metodi usati era quello di radunare i prigionieri, cospargerli di benzina e infine darli alle fiamme.[7]

    Il campo di prigionia[modifica | modifica wikitesto]

    Un disegno realizzato da un ex-prigioniero del campo di Cabanatuan

    Il campo di prigionia di Cabanatuan prese il nome dalla vicina città di 50 000 abitanti, anche se i locali si riferivano ad esso come Campo Pangatian, dal nome di un villaggio situato in prossimità.[6][8] Il campo era nato come stazione per il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti e successivamente come campo d'addestramento per l'Esercito filippino.[9] Con l'invasione giapponese, divenne un campo di prigionia, uno dei tre nell'area di Cabanatuan e venne scelto per detenere i prigionieri malati.[10][11] Copriva un'area di 100 acri, dalla forma rettangolare di circa 730 per 550 metri, divisa in due da una strada che l'attraversa al centro.[12][13][14][15][16] Una parte del campo fungeva da alloggio per le guardie, mentre la restante parte, che includeva baracche di bamboo e un ospedale, era adibita ad ospitare i prigionieri.[11] L'ospedale, soprannominato "Zero Ward", poiché le possibilità di uscirne vivo erano pari a zero,[16] ospitava i prigionieri in condizioni peggiori mentre attendevano che la morte sopraggiungesse a causa delle malattie come la dissenteria e la malaria.[17][18] Una recinzione con filo spinato, alta due metri e mezzo, circondava il campo, in aggiunta a diverse casematte e a torri di guardia a quattro piani.[19][20][21]

    Al massimo della capacità, il campo contenne 8 000 soldati statunitensi, oltre a pochi soldati e civili di altri paesi come Regno Unito, Norvegia e Paesi Bassi, facendo di esso il campo di prigionia più grande delle Filippine.[22][23] Questo numerò diminuì significativamente quando gli uomini ritenuti abili venivano trasferiti in altre aree delle Filippine, del Giappone, di Formosa e del Manciukuo per lavorare nei campi di lavoro. Poiché il Giappone non aveva ratificato la Convenzione di Ginevra, i prigionieri potevano essere impiegati come forza lavoro nelle fabbriche nipponiche per realizzare armi, navi o nei campi d'aviazione.[24][25]

    I prigionieri ricevevano due pasti al giorno di riso al vapore, occasionalmente accompagnato da frutta, zuppa o carne.[26] Per ottenere altro cibo, dovevano contrabbandarlo, nascosto nei vestiti, all'interno del campo durante i viaggi approvati a Cabanatuan. Per impedire che venisse confiscato il cibo, i gioielli, i diari e altri beni di valore, essi venivano nascosti nei vestiti o nelle latrine, oppure venivano sepolti prima delle ispezioni pianificate.[27][28] I prigionieri ottenevano del cibo anche in altri modi, come rubandolo dalle dispense del campo, corrompendo le guardie, piantando degli orti o uccidendo piccoli animali che entravano nel campo, topi, serpenti, papere e persino cani randagi.[29][30][31] L'operato segreto dei filippini permise raccogliere migliaia di scatole di chinino che, contrabbandate dentro il campo, permisero di curare la malaria salvando centinaia di vite.[32][33]

    Un gruppo di prigionieri di Corregidor, prima di entrare per la prima volta nel campo, avevano nascosto ciascuno un pezzo di una radio nei propri abiti, per riassemblarla poi ottenendo un dispositivo funzionante.[34] Quando i giapponesi obbligarono un tecnico radio statunitense a riparare la loro radio, esso riuscì a rubare dei componenti. I prigionieri ebbero così diverse radio con cui potevano ascoltare trasmissioni provenienti persino da San Francisco, permettendo loro di essere aggiornati sullo stato della guerra.[35][36][37] Una macchina fotografica venne contrabbandata nel campo, permettendo così di raccogliere una documentazione sulle condizioni di vita nel campo.[38] Infine, i prigionieri riuscirono a costruire delle armi e a contrabbandarne le munizioni.[39]

    Una capanna usata come abitazione per i prigionieri del campo

    Diversi tentativi di fuga si verificarono negli anni ma la maggior parte finirono in un fallimento. In uno di essi, quattro soldati furono ricatturati e i giapponesi obbligarono gli altri prigionieri a guardare mentre venivano picchiati e mentre scavavano la propria fossa prima di subire un'esecuzione.[40] Poco tempo dopo, le guardie stabilirono che, in caso di ulteriori fughe, dieci prigionieri sarebbero stati uccisi per ogni evaso.[40][41] I prigionieri furono così suddivisi in alloggi da dieci persone, cosa che motivò i detenuti a sorvegliarsi a vicenda per impedire tentativi di fuga.[40][42]

    I giapponesi permisero ai prigionieri di realizzare sistemi di fosse biologiche e fossati per l'irrigazione in tutta la loro porzione di campo.[43][44] Ad un commissario in loco era concesso vendere prodotti come banane, uova, caffè, taccuini per scrivere e sigarette.[45] Vennero concesse anche attività ricreative come baseball, lancio di ferri di cavallo e ping pong. In aggiunta, erano disponibili tremila libri, la maggior parte consegnati dalla Croce Rossa, mentre la visione di film era concessa raramente.[43][46][47] Il campo aveva persino una mascot, un bulldog allevato da un prigioniero.[48] Ogni anno, verso Natale, le guardie giapponesi permettevano alla Croce Rossa di donare ai prigionieri piccole scarole, contenenti cose come carne in scatola, caffè solubile e tabacco.[38][49][50] Ai prigionieri veniva infine concesso di inviare cartoline ai parenti, seppur censurate dalle guardie.[50][51]

    Con il continuo avvicinarsi delle forze statunitensi a Luzon, il Quartier generale imperiale ordinò che i prigionieri abili al lavoro venissero trasportati in Giappone. Dal campo di Cabanatuan circa 1 600 soldati furono prelevati nell'ottobre 1944, lasciando lì i poco più di 500 prigionieri malati, deboli o invalidi.[52][53][54] Il 6 gennaio 1945, tutte le guardie abbandonarono il campo lasciando soli i prigionieri.[55] Prima di andare via, le guardie avevano avvisato l'ufficiale al comando dei prigionieri che non avrebbero dovuto tentare la fuga, o sarebbero stati uccisi.[56] Quando se ne andarono, i prigionieri percepirono la minaccia temendo che i giapponesi stessero aspettando nei pressi del campo per usare la fuga come scusa per ucciderli tutti.[56] Al contrarono, si affrettarono a saccheggiare gli edifici delle guardie trovando rifornimenti e grandi quantità di cibo.[55] Per un paio di settimane, rimasero senza guardie, tranne quando le truppe giapponesi in ritirata permanevano temporaneamente nel campo. I soldati perlopiù ignoravano i prigionieri tranne quando chiedevano loro del cibo. Consapevoli del rischio, i prigionieri inviarono un piccolo gruppo all'esterno del campo, il quale catturò due carabao da macellare. La loro carne, assieme al cibo della dispensa delle guardie, permise ai prigionieri di recuperare forze, peso e vigore.[57][58][59] A metà gennaio, un numeroso gruppo di soldati giapponesi entrarono nel campo e recluse nuovamente i prigionieri nella loro parte del campo.[60] I prigionieri, alimentati da voci di corridoio, credettero che presto sarebbero stati uccisi dai giapponesi.[61]

    La pianificazione[modifica | modifica wikitesto]

    Il capitano Juan Pajota

    Il 20 ottobre 1944, le forze del generale Douglas MacArthur sbarcarono a Leyte, dando inizio alla liberazione delle Filippine. Diversi mesi dopo, il 14 dicembre 1944, mentre gli Stati Uniti consolidavano le loro forze per iniziare l'invasione principale di Luzon, circa 150 americani furono uccisi da guardie giapponesi nel campo di prigionia di Puerto Princesa, nell'isola di Palawan. I prigionieri udirono l'allarme aereo e furono condotta ad un rifugio antiaereo, una trincea coperta con tronchi e terra, dove invece furono coperti di benzina e dati alle fiamme vivi.[62] Uno di loro, il soldato semplice Eugene Nielsen, sopravvisse e raccontò quanto accaduto all'intelligence dell'Esercito statunitense il 7 gennaio 1945.[63] Esattamente due giorni dopo, le forze di MacArthur sbarcarono su Luzon e cominciarono una rapida avanzata verso la capitale Manila.[64]

    Il maggiore Robert Lapham, uno degli ufficiali statunitensi responsabili del coordinamento con la Resistenza filippina, e il capitano Juan Pajota, comandante dei guerriglieri, aveva ipotizzato di liberare il campo[65] ma, temendo problemi di logistica su come nascondere e prendersi cura dei prigionieri, rinunciarono.[66] Un piano precedente era stato proposto dal tenente colonnello Bernard Anderson, un altro ufficiale di collegamento con la Resistenza. Egli suggeriva che i guerriglieri avrebbero recuperato i prigionieri e scortati per 80 km fino alla Baia Debut, dove sarebbero stati trasportati al sicuro da trenta sottomarini. Il piano però fu rigettato da MacArthur che temeva i giapponesi avrebbero ricatturato i prigionieri e li avrebbero uccisi tutti.[12] Oltre a ciò, la Marina non aveva un numero sufficiente di sommergibili disponibili per via dell'imminente invasione di Luzon.[65]

    Il 26 gennaio 1945, Lapham viaggiò dalla sua base vicino al campo di prigionia fino al quartier generale della 6ª Armata, a 50 km di distanza.[67] Lì, propose al capo dell'intelligence del generale Walter Krueger, il colonnello Horton White, di effettuare il salvataggio per liberare i circa 500 prigionieri del campo di Cabanatuan prima che i giapponesi potessero ucciderli.[67] Lapham stimò le forze nipponiche pari a 100-300 soldati nel campo, 1 000 oltre il fiume Cabu, a nord-est del campo, e probabilmente 5 000 uomini a Cabanatuan.[67] Erano inoltre disponibili immagini aeree del campo, raccolte da velivoli in ricognizione il 19 dello stesso mese.[68] White stimò che il I Corpo d'Armata non avrebbe raggiunto Cabanatuan prima del 31 gennaio o del 1º febbraio e che, se un tentativo di salvataggio fosse realizzato, doveva avvenire il 29 gennaio.[69] White riportò i dettagli a Krueger, il quale ordinò di fare questo tentativo.[67]

    Il tenente colonnello Henry Mucci

    White radunò il tenente colonnello Henry Mucci, comandante del 6º Battaglione Ranger, e tre tenenti della Alamo Scouts, un'unità speciale da ricognizione dispiegata nella 6ª Armata, per un briefing sulla missione per liberare i prigionieri al campo di Cabanatuan.[67] Il gruppo ideò un piano per eseguire un raid sul campo e portare via gli uomini detenuti all'interno. Quattordici scout, divisi in due squadre, sarebbe partita ventiquattro ore prima del gruppo principale per sorvegliare il campo.[70] Il grosso del gruppo consisteva di novanta ranger della Compagnia C e trenta della F e avrebbe dovuto marciare per 50 km dietro le linee giapponesi, circondare il campo di prigionia, eliminare le guardie, recuperare e scortare i prigionieri fino alle linee statunitensi.[67][71] Agli americani si sarebbero uniti ottanta guerriglieri filippini, che avrebbero fatto da guide e dato supporto nella fase di recupero dei prigionieri.[72] L'attacco al campo sarebbe iniziato alle ore 17:30 (UTC+8) del 29 gennaio.[73]

    La sera del 27 gennaio, i ranger studiarono le foto aeree e ascoltarono le informazioni a disposizione della Resistenza filippina.[74] Le due squadre della Alamo, guidate dai tenenti William Nellist e Thomas Rounsaville, lasciarono Guimba alle ore 19:00 e si inoltrarono oltre le linee giapponesi per raccogliere ulteriori informazione sulla situazione al campo di prigionia.[75][76][77] Ognuno di loro era armato con pistole calibro .45, tre bombe a mano, un fucile o una carabina M1, un coltello e munizioni extra.[74]

    I ranger erano invece armati con un assortimento di Thompson Submachine Gun, BAR, fucili M1 Garand, pistole, bombe a mano, coltelli e munizioni extra, oltre ad alcuni bazooka.[78][79] Su suggerimento dello stesso Mucci, quattro fotografi militari, dell'832º Battaglione del Servizio di Segnalazione, si offrirono volontari per accompagnare sia gli scout che i ranger, per documentare il recupero.[80] Ogni fotografo, tuttavia, portava con sé un pistola, in caso fossero attaccati dai giapponesi.[81] Anche il chirurgo e capitano Jimmy Fisher e i suoi medici si unirono ai ranger e anche loro avevano una pistola per difendersi.[78][79] Per mantenere un collegamento tra il gruppo di Mucci e il Comando dell'Esercito, venne stabilito una avamposto radio fuori Guimba, con due radio a disposizione. Il loro impiego, tuttavia, era previsto solo nel caso in cui i ranger avessero dovuto richiedere supporto aereo se fossero incappati in unità giapponesi o se avessero dovuto cambiare piano all'ultimo minuto.[70][78]

    L'avanzata dietro le linee giapponesi[modifica | modifica wikitesto]

    Ranger, scout e guerriglieri in marcia mentre attraversano il terreno scosceso e guadano diversi fiumi diretti verso il campo di prigionia

    Poco dopo le ore 05:00 del 28 gennaio, gli uomini di Mucci e una compagnia di rinforzo composta da 121 ranger,[80][82][83] comandati dal capitano Robert Prince, furono trasportati fino a 100 km da Guimba, da cui scivolarono tra le linee giapponesi a partire dalle ore 14:00.[78][84] Guidati da filippini, i ranger evitarono il più possibili gli spiazzi erbosi per evitare di essere avvistati dagli aerei giapponesi.[67] Mentre attraversavano i villaggi, i guerriglieri mettevano la museruola ai cani e infilavano le galline nelle gabbie, cosicché il rumore degli animali non allertasse i giapponesi, in caso fossero stati nelle vicinanze.[85] Ad un certo punto, i ranger passarono molto vicino ad un carro armato sull'autostrada nazionale seguendo un burrone che passava sotto la strada.[86][87][88]

    La mattina seguente, il gruppo raggiunse infine Balincarin, un barrio, o sobborgo, ad appena 8 km a nord del campo di Cabanatuan.[89] Mucci si riunì così con gli scout di Nellist e Rounsaville per discutere sulla ricognizione che i due avevano eseguito la sera prima. Questi dissero che il terreno attorno al campo era completamente pianeggiante, cosa che avrebbe esposto i ranger durante il raid.[89] Mucci si incontrò inoltre con il capitano Juan Pajota e i suoi duecento uomini, la cui approfondita conoscenza delle attività giapponesi, dei locali e del terreno si rivelò cruciale.[90] Saputo che Mucci voleva attaccare quella sera stessa, Pajota obbiettò insistendo che sarebbe stato un suicidio. Disse inoltre che loro avevano stimato una forza di un migliaio di giapponesi stanziati oltre il vicino fiume Cabu, che scorreva ad appena un centinaio di metri dal campo di prigionia.[91] Pajota confermò inoltre che almeno settemila giapponesi era dispiegati attorno a Cabanatuan, a qualche chilometri da lì.[92] Con le forze d'invasioni statunitensi in avanzata da sud-ovest, una divisione giapponese si stava ritirando verso nord, lungo la strada che passava non lontana dal campo stesso.[93][94] Raccomandò infine di attendere che la divisione fosse passata così da trovare un'opposizione minima. Ascoltate le informazioni di Pajota e degli scout sulle pesanti attività giapponesi nell'area, Mucci fu d'accordo sul posticipare il raid di ventiquattro ore[93] e avvisò il Quartier generale della 6ª Armata via radio.[95] Ordinò infine agli scout di tornare al campo e di raccogliere ulteriori informazioni, in particolare sul numero di guardie presenti e sull'esatta posizione dei prigionieri. I ranger ripiegarono quindi su Platero, un barrio 4 km a sud di Balincarin.[93]

    I preparativi[modifica | modifica wikitesto]

    (EN)

    «We couldn't rehearse this. Anything of this nature, you'd ordinarily want to practice it over and over for weeks in advance. Get more information, build models, and discuss all of the contingencies. Work out all of the kinks. We didn't have time for any of that. It was now, or not.»

    (IT)

    «Non abbiamo potuto testarla. Qualunque cosa di questa natura, normalmente vorresti provarla ancora e ancora con settimane di anticipo. Ottieni maggiori informazioni, crei modelli e discuti tutti gli imprevisti. Risolvi tutti i problemi. Non avevamo tempo per niente di tutto ciò. Era adesso, o mai più.»

    Alle ore 11:30 del 30 gennaio, il tenente degli scout William Nellist e il soldato Rufo Vaquilar, travestiti da locali, riuscirono ad accedere ad una capanna abbandonata ad appena 270 metri dal campo.[75][97] Evitando di essere visti dalle guardie, da lì osservarono il campo e prepararono un rapporto dettagliato sulle caratteristiche principali del campo, incluso il cancello principale, le forze giapponesi, la posizione del filo spinato e la migliore via su cui attaccare.[13][98] Poco dopo aver redatto il rapporto, Nellist aveva ordinato a tre scout di consegnare il rapporto a Mucci. In poco tempo, andarono e tornarono.[99] Nellist e Vaquilar rimasero nella capanna fino all'inizio del raid.[100]

    Mucci aveva già ricevuto il rapporto del pomeriggio del 29 gennaio e lo aveva inoltrato a Prince, di cui lui aveva piena fiducia. Quest'ultimo doveva determinare come far entrare e uscire i ranger dal complesso di edifici in modo rapido e con il minor numero di vittime possibile. Prince ideò un piano, che fu poi modificato alla luce del nuovo rapporto giunto dal capanno abbandonato alle ore 14:30.[101] Prince propose di dividere le forze in due gruppi: novanta ranger della Compagnia C, guidati da Prince stesso, avrebbero attaccato il campo principale e scortato fuori i prigionieri, mentre trenta ranger di uno dei plotoni della Compagnia F, comandati dal tenente John Murphy, avrebbe dato il via all'attacco sparando a diverse postazioni giapponesi nelle retrovie del campo esattamente alle ore 19:30.[102][103] Prince ipotizzò che il raid si sarebbe completato in trenta minuti, anche meno. Una volta che Prince avesse messo in sicurezza tutti i prigionieri fuori dal campo, avrebbe sparato un razzo di segnalazione rosso. A quel punto, tutte le truppe dovevano ripiegare per radunarsi sul fiume Pampanga, due chilometri e mezzo a nord, dove centocinquanta guerriglieri attendevano con carri trainati da carabao per trasportare i prigionieri.[104]

    I capitani Jimmy Fisher e Robert Prince, assieme a diversi guerriglieri filippini, alcune ore prima dell'inizio del raid

    Una delle preoccupazioni principali di Prince era il terreno pianeggiante all'esterno del campo. I giapponesi avevano mantenuto l'area circostante pulita da vegetazione per assicurarsi che gli attacchi dei guerriglieri filippini potessero essere visti in anticipo e per avvistare facilmente eventuali prigionieri in fuga.[8] Prince sapeva che i suoi ranger avrebbero dovuto strisciare pancia a terra attraverso un lungo campo aperto, sotto gli occhi delle guardie giapponesi. Ciò andava fatto nell'ora di buio totale tra il tramonto del sole e il sorgere della luna.[8] Ciò presentava comunque la possibilità che i giapponesi notassero i loro movimenti, in special modo con la luna piena. Se fossero stati scoperti, l'unica risposta possibile sarebbe stata alzarsi in piedi e lanciarsi verso il campo.[105][106] I ranger non sapevano che i giapponesi erano sprovvisti di torce per illuminare il perimetro.[107] Pajota suggerì che, per distrarre le guardie, un velivolo dell'Aviazione dell'Esercito statunitense avrebbe dovuto sorvolare il campo per attirare lo sguardo delle guardie. Mucci approvò e chiese via radio al Comando che un aeroplano passasse di lì mentre i suoi uomini avanzavano in campo aperto.[108] Per soccorrere i possibili feriti durante lo scontro, il chirurgo di battaglione, il capitano Jimmi Fisher, organizzò un ospedale improvvisato nell'edificio scolastico di Platero.[109]

    All'alba del 30 gennaio, la strada di fronte al campo era libera dalle truppe giapponesi in ripiegamento.[110] Mucci preparò un piano per proteggere i prigionieri una volta liberati dal campo. Due gruppi delle Forze Armate della Guerriglia di Luzon, uno agli ordini di Pajota, l'altro del capitano Eduardo Joson,[111] sarebbero stati inviati in direzioni opposte per tenere la strada vicino al campo. Pajota e duecento filippini avrebbero dovuto posizionare un posto di blocco, sottoforma di imboscata, vicino al ponte in legno sul fiume Cabu.[104][112] Questa barriera, a nord-est del campo di prigionia, sarebbe stata la prima linea di difesa contro le forze giapponesi accampate oltre il fiume, che sarebbero stati a portata per udire gli spari durante il raid. Joson e i suoi settantacinque guerriglieri, assieme a una squadra bazooka di ranger, avrebbero a loro volta organizzato un'imboscata a 750 m a sud-ovest del campo, per bloccare eventuali giapponesi provenienti da Cabanatuan.[104] Entrambi i gruppi avrebbero piazzato venticinque mine di fronte alle loro posizioni e a un guerrigliero per gruppo fu dato un bazooka per distruggere veicoli corazzati.[104] Una volta che ranger, scout e prigionieri avessero raggiunto il punto d'incontro sul fiume Pampanga e Prince avesse lanciato il razzo di segnalazione, i due gruppi avrebbero potuto ripiegare su Platero, gradualmente se avessero incontrato opposizione.[103]

    Poiché i prigionieri non erano a conoscenza dell'imminente assalto, essi proseguirono con la loro normale routine quotidiana. Il giorno precedente il raid, due ragazzi filippini avevano lanciato dei sassi nell'area adibita ai prigionieri con un messaggio allegato: "Siate pronti alla fuga".[113] Pensando che i ragazzi gli stessero facendo uno scherzo, i prigionieri ignorarono l'avviso. Anzi, erano sempre più spaventati dalle guardie, credendo che, in ogni momento nei successivi giorni, sarebbero stati massacrati per una ragione qualunque. Avevano compreso, infatti, che i giapponesi non avrebbero voluto che fossero liberati dalle forze statunitensi in avanzata, riprendessero le forze e tornassero poi a combatterli. Inoltre, i giapponesi avrebbero potuto ucciderli per impedire loro di raccontare le atrocità della marcia della morte di Bataan o le condizioni in cui venivano tenuti nel campo.[114] Con un numero limitato di guardie a sorvegliarli, un piccolo gruppo di prigionieri aveva già deciso di tentare la fuga verso le ore 20:00.[115][116]

    Il raid[modifica | modifica wikitesto]

    Un Northrop P-61 Black Widow simile a quello impiegato per distrarre le guardie giapponesi

    Alle ore 17:00, alcune ore dopo l'approvazione del piano da parte di Mucci, i ranger lasciarono Platero. Fasce bianche furono avvolte attorno al braccio per evitare il fuoco amico.[117] Attraversarono il fiume Pampanga e poi, alle 17:45, gli uomini di Prince e di Murphy si separarono per circondare il campo.[102][115] Pajota, Joson e i guerriglieri, a loro volta, si diressero al luogo stabilito per le imboscate lungo la strada principale. Gli uomini di Prince si avvicinarono fino a 650 m dal cancello principale, attendendo poi l'oscurità della notte e la distrazione aerea.[115]

    Nel frattempo, un P-61 Black Widow del 547º Squadrone Caccia Notturno, chiamato Hard to Get, era decollato alle 18:00, pilotato dal capitano Kenneth Schrieber e dal tenente Bonnie Rucks.[118] Circa tre quarti d'ora prima dell'inizio dell'attacco, Schrieber spense di colpo il motore sinistro ad una quota di 450 m sopra il campo. Subito dopo lo riavvio, generando una fiammata e il conseguente frastuono. Ripeté la procedura altre due volte, perdendo una sessantina di metri di quota. Dopodiché, fingendo un grave guasto, Schrieber diresse l'aereo verso delle basse colline, sorvolandole ad appena una decina di metri dal terreno. Agli osservatori giapponesi, sembrò che il velivolo avesse avuto un guasto e attesero di vedere la fiammata dell'esplosione al suolo. Schrieber continuò per diverse volte mentre eseguiva svariate manovre acrobatiche. Lo stratagemma durò per venti minuti, creando un diversivo efficace che permise ai ranger di avanzare metro dopo metro verso la recinzione del campo, pancia a terra.[118][119] Prince, in seguito, commentò così l'operato del pilota: "L'idea di un'esca aerea era un po' inusuale e, a dirla tutta, non pensavo avrebbe funzionato, non in un milione di anni. Ma le manovre del pilota furono così abili e ingannevoli che il diversivo fu completo. Non so dove saremmo stati senza di esso".[118] Mentre l'aeroplano ronzava sopra il campo, il tenente Carlos Tombo e i suoi guerriglieri, assieme ad un gruppetto di ranger, tagliarono i fili del telefono, per impedire comunicazioni tra il campo di prigionia e le forze giapponesi a Cabanatuan.[103]

    I guerriglieri del capitano Pajota a Cabanatuan

    Alle ore 19:40, l'intero complesso della prigione si ritrovò immerso negli spari di armi leggere, quando gli uomini del tenente Murphy aprirono il fuoco sulle torre di guardia e le baracche.[120] Nei primi quindici secondi, tutte le torri di guardia e le casematte furono bersagliate e distrutte.[121] Il sergente Ted Richardson si lanciò contro il cancello principale dove sparò un colpo di pistola al lucchetto che lo teneva chiuso.[121][122] I primi ranger dietro di lui entrarono nel campo con lo scopo di tenere le baracche delle guardie e l'alloggio ufficiali sotto fuoco costante, mentre la retroguardia si dirigeva nella zona dei prigionieri eliminando i giapponesi presenti vicino ai vari capanni, per procedere poi all'evacuazione. Una squadra bazooka della Compagnia F corse lungo la strada principale fino ad una baracca di latta, dove gli scout avevano riferito a Mucci vi fosse un carro armato. Mentre i giapponesi tentavano la fuga a bordo di due camion, la squadra bazooka riuscì a distruggere sia i camion che la baracca con il corazzato.[123][124]

    Al cominciare dello scontro a fuoco, molti dei prigionieri pensarono che fosse l'inizio del massacro ad opera dei giapponesi.[125] Un prigioniero affermò che il rumore dell'attacco era come "lumache sibilanti, candele romane e meteore fiammeggianti che svolazzano sopra le nostre teste".[126] I prigionieri si nascosero subito nelle loro capanne, nelle latrine e nei fossati di irrigazione.[126]

    Quando i ranger urlarono ai prigionieri di uscire per essere portati via, molti di loro temettero che fosse un imbroglio dei giapponesi per scovarli e ucciderli.[127] Inoltre, molti di loro resistettero perché le armi e le uniformi dei ranger somigliavano molto a quelle utilizzate diversi anni prima. Ad esempio, i primi a fare la loro comparsa avevano elmetti risalenti al 1917, altri indossavano dei berretti e pure i giapponesi usavano dei berretti.[128][129] Ai ranger i prigionieri iniziarono così a porre delle domande su chi fossero e da dove venissero. In alcuni casi, i ranger dovettero addirittura usare la forza per spingerli fuori dalle baracche.[130] Alcuni di essi pesavano così poco a causa di malattie e malnutrizione che i ranger potevano portarne due in spalla.[131] Una volta fuori dalle baracche, li veniva detto di dirigersi al cancello principale, ma ciò causò confusione tra i prigionieri poiché per loro il "cancello principale" era quello che dava accesso alla loro sezione del campo, non quello che dava sulla strada.[132]

    Un soldato giapponese solitario riuscì a sparare tre colpi di mortaio contro il cancello principale. Nonostante i soldati della Compagnia F lo avessero localizzato e uccisero rapidamente, diversi ranger, scout e prigionieri rimasero feriti.[133][134] Il chirurgo di battaglione, James Fisher, venne ferito mortalmente allo stomaco e fu portato al vicino villaggio di Balincari.[135] Lo scout Alfred Alfonso fu colpito da una scheggia all'addome,[136][137] gli altri due feriti furono il tenente degli scout Tom Rounsaville e il ranger scelto Jack Peters.[136]

    Illustrazione schematica del campo con le varie posizioni dei luoghi e le direttrici dell'attacco statunitense

    Pochi secondi dopo che Pajota e i suoi uomini udirono il primo sparo dei ranger di Murphy, aprirono il fuoco sul contingente giapponese allertato, oltre il fiume Cabu.[138][139] Pajota aveva inviato alle 19:45 un esperto di demolizioni a piazzare delle cariche esplosive sul ponte, lasciato privo di guardie.[112][140] Gli esplosivi detonarono all'ora stabilita e, anche se non distrussero il ponte, crearono un largo foro sopra il quale mezzi motorizzati e corazzati non potevano passare.[141][142] Ondate di soldati giapponesi si riversarono a piedi sul ponte, ma il fuoco incrociato della Resistenza filippina li respinse più volte.[124] Un guerrigliero, che era stato addestrato ad usare un bazooka dai ranger appena poche ore prima, distrusse o rese inerte quattro carri armati nascosti dietro una fila di alberi.[143] Un gruppo di giapponesi tentarono di attaccare sul fianco i filippini attraversando il fiume lontano dal ponte, ma i guerriglieri li avvistarono e li eliminarono.[143]

    Alle 20:15, il campo di prigionia fu reso sicuro da ogni resistenza giapponese e Prince sparò il primo razzo di segnalazione.[144] Nessun colpo d'arma da fuoco fu esploso nei quindici minuti precedenti.[145] Tuttavia, mentre i ranger si dirigevano al punto di incontro, il caporale Roy Sweezy fu colpito due volte dal fuoco amico e le ferite lo condussero alla morte.[146] I ranger e gli stanchi, fragili e malati prigionieri di guerra raggiunsero infine il rendez-vous presso il fiume Pampanga, dove dei carri trainati da ventisei carabao li attendevano e li trasportarono poi fino a Platero, guidati da abitanti locali organizzati da Pajota.[147] Alle 20:40, una volta che Prince si assicurò che tutti avessero attraversato il fiume, sparò un secondo razzo per segnalare a Pajota e Joson di ripiegare.[148] Gli scout restarono nella retroguardia nell'ultima fase per rilevare ogni possibile manovra ritorsiva giapponese.[149] Nel frattempo, gli uomini di Pajota continuarono a resistere agli attacchi giapponesi finché non poterono anche loro ripiegare alle ore 22:00, quando i nipponici cessarono l'assalto al ponte.[150] Joson e i suoi uomini non incontrarono invece alcuna resistenza e fecero ritorno per scortare i prigionieri indisturbati.[151]

    Nonostante i fotografi furono in grado di scattare fotto durante il viaggio, non vi riuscirono durante il raid, poiché i flash delle macchinette fotografiche avrebbero rivelato la loro posizione ai giapponesi.[152] Uno di loro commentò così: "Ci sentivamo come un soldato stanco che aveva portato il suo fucile per una lunga distanza in una delle battaglie più cruciali della guerra, per non poter poi sparare".[103] Gli uomini del Servizio di Segnalazione diedero il loro supporto per trasportare i prigionieri fuori dal campo di prigionia.[152]

    Ritorno alle linee statunitensi[modifica | modifica wikitesto]

    (EN)

    «I made the Death March from Bataan, so I can certainly make this one!»

    (IT)

    «Ho fatto la Marcia della morte di Bataan, quindi posso certamente farcela!»

    Alle ore 22:00, i ranger e i prigionieri giunsero a Platero, dove riposarono per mezzora.[149][151][154] Alle 23:00 la 6ª Armata fu avvisata via radio del successo della missione e che i prigionieri erano sulla via del ritorno alle linee statunitensi.[155] Dopo un rapido conteggio, si scoprì che il prigioniero Edwin Rose, un soldato britannico rimasto sordo, era disperso.[156] Mucci stabilì che nessuno dei ranger poteva essere perso nella ricerca di Rose, così inviò alcuni guerriglieri filippini durante la mattinata successiva.[156] Si scoprì poi che Rose si era addormentato nella latrina prima dell'attacco.[141] Svegliatosi presto il mattino seguente, realizzò che gli altri prigionieri se n'erano andati e che lui era rimasto indietro. Incurante, si prese il tempo di radersi e mettersi il vestito migliore, che aveva conservato per il giorno della liberazione, per poi avventurarsi fuori dal campo, sicuro che gli Alleati l'avrebbero trovato e condotto alla libertà. Infine, dei guerriglieri di passaggio trovarono e lo condussero in salvo.[157][158] Venne poi organizzato un trasporto da parte di un'unità anticarro che lo portò in un ospedale.[159]

    Prigionieri in marcia verso le linee statunitensi

    Nell'ospedale improvvisato a Platero, lo scout Alfonso e il ranger Fisher subirono rapidamente un intervento chirurgico. La scheggia venne rimossa dall'addome di Alfonso e la prognosi sarebbe stata positiva se fosse tornato oltre le linee statunitensi. Anche la scheggia che aveva colpito Fisher venne rimossa, ma con rifornimenti limitati e ferite gravi sia allo stomaco che all'intestino, fu chiaro che avrebbe avuto bisogno di un altro intervento più accurato in un vero ospedale da campo.[153][160]

    Quando il gruppo lasciò Platero alle 22:30 per le linee statunitensi, Pajota e i suoi uomini continuarono a radunare dai villaggi locali ulteriori carabaio e carri per trasportare i prigionieri feriti.[147] La maggior parte di loro aveva pochissimi vestiti e scarpe e divenne molto arduo camminare.[161] Raggiunta Balincarin, la colonna contava ormai circa cinquanta carretti[162] che divennero più di cento arrivati alle linee statunitensi.[163] Nonostante la convenienza di usare i carri, i carabao si muovevano molto lentamente, appena 3 km/h, riducendo sensibilmente la velocità nel viaggio di ritorno.[149]

    Oltre agli sfiancati prigionieri e civili, anche la maggior parte del ranger aveva dormito appena cinque o sei ore negli ultimi tre giorni. I soldati avevano perciò frequenti allucinazioni oppure cadevano a terra addormentati durante la marcia. Il personale medico dovette quindi distribuire benzedrina per tenerli attivi durante il viaggio. Uno di loro commentò gli effetti della droga: "Era come se gli fossero spalancati. Non potevi chiuderli neanche se lo volevi. Una pillola era tutto ciò che avessi mai preso, era tutto ciò di cui avrei mai avuto bisogno".[164]

    I P-61 nuovamente supportarono il gruppo pattugliando la via del ritorno verso le linee statunitensi. Alle 21:00, uno di essi distrusse cinque automezzi e un corazzato giapponesi posizionati lungo una strada a 25 km circa da Platero che avrebbero percorso di lì a breve.[153] Anche dei P-51 Mustang protessero il gruppo mentre questo si avvicinavano al fronte. Il prigioniero George Steiner riporterà in seguito quanto fossero "giubilanti alla comparsa dei nostri aeroplani e il suono dei loro mitragliamenti era musica per le nostre orecchie".[157]

    Carri trainati da carabao simili a quelli impiegati per i prigionieri liberati

    Durante una tappa del viaggio di ritorno, gli uomini furono bloccati dai Hukbalahap, guerriglieri comunisti che odiavano allo stesso modo giapponesi e statunitensi ed erano inoltre rivali degli uomini di Pajota. Uno dei tenenti di quest'ultimo conferì con gli Hukbalahap e tornò riferendo a Mucci che non gli era concesso attraversare il villaggio. Infuriato, Mucci inviò il tenente dagli Hukbalahap per insistere dicendo loro che una forza giapponese sarebbe sopraggiunta a breve. Il tenente tornò nuovamente da Mucci con il permesso di passare per gli statunitensi, ma non per gli uomini di Pajota. Infine venne concesso il passaggio ad americani e filippini loro alleati solo dopo che Mucci fece riferire ai guerriglieri comunisti che altrimenti avrebbe ordinato un fuoco d'artiglieria e raso al suolo il villaggio. Nella realtà, in quello scambio di battute la radio di Mucci non funzionava più.[165]

    Prigionieri del campo di Cabanatuan mentre festeggiano la liberazione

    Alle ore 08:00 del 31 gennaio, il radio operatore di Mucci fu in grado finalmente di contattare il quartier generale della 6ª Armata. Il gruppo di Mucci fu così dirottato presso Talavera, un villaggio già liberato dall'armata a meno di 20 km dalla loro attuale posizione.[163] A Talavera, i prigionieri furono caricati su automezzi e ambulanze per l'ultima tappa del loro viaggio.[166] Dopodiché ricevettero tutti un trattamento anti-pidocchi, poterono lavarsi e vennero consegnati loro dei nuovi abiti.[167] All'ospedale in cui furono ricoverati, uno dei ranger si riunì a suo padre, che si presumeva fosse rimasto ucciso in combattimento tre anni prima.[168] Anche gli scout e i prigionieri rimasti indietro per condurre James Fisher in un luogo dove potesse essere recuperato da un velivolo incontrarono la resistenza degli Hukbalahap.[169] Dopo aver nuovamente minacciato i guerriglieri comunisti, venne garantito loro un passaggio sicuro e poterono raggiungere Talavera il 1º febbraio.[169]

    Pochi giorni dopo il raid, la 6ª Armata avanzò e raggiunse il campo di prigionia ispezionandolo. Trovarono un gran numero di certificati di morte e schemi cimiteriali,[159] oltre a diari, poesie e quaderni di schizzi.[158] I soldati statunitensi pagarono inoltre cinque pesos ad ogni guidatore dei carri che facilitò l'evacuazione dei prigionieri di guerra.[159][170]

    Le conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

    Il raid fu da subito considerato un successo, con 489 soldati e 33 civili liberati. Di essi 492 erano statunitensi, 23 britannici, tre olandesi, due norvegesi, uno canadese e uno filippino.[171] Il loro salvataggio, assieme alla liberazione del campo O'Donnell avvenuta lo stesso giorno, permise ai prigionieri di raccontare le atrocità avvenute a Bataan e Corregidor, eventi che accesero una nuova ondata di risolutezza nella guerra contro il Giappone.[172][173]

    Prince diede grande credito per il successo ad altri: "Qualunque successo ottenuto fu non solo grazie ai nostri sforzi ma agli scout della Alamo e all'Aviazione. I piloti (il capitano Kenneth R. Schrieber e il tenente Bonnie B. Rucks) dell'aereo che volò molto basso sopra il campo sono stati uomini incredibilmente coraggiosi".[174]

    Alcuni ranger e scout furono inviati in tour negli Stati Uniti per promuovere i liberty bond e incontrarono il presidente Roosevelt.[170][172] Nel 1948, il Congresso statunitense legiferò affinché venisse dato ai prigionieri americani un dollaro per ogni giorno trascorso in un campo di prigionia, compreso quello di Cabanatuan.[175] Due anni dopo, sempre il Congresso approvò un aggiunta di un dollaro e mezzo per ogni giorno.[175]

    La stima dei soldati giapponesi rimasti uccisi durante l'assalto si aggira tra i 530 e i 1 000 uomini.[167][172] Essa include sia le 73 guardie e i circa 150 soldati giapponesi in viaggio che si erano accampati lì per la notte, che gli uomini uccisi dai guerriglieri di Pajota mentre tentavano di superare il fiume Cabu.[21][176][177]




    Several Americans died during and after the raid. A prisoner weakened by illness died of a heart attack as a Ranger carried him from the barracks to the main gate.[178][179] The Ranger later recalled, "The excitement had been too much for him, I guess. It was really sad. He was only a hundred feet from the freedom he had not known for nearly three years."[178] Another prisoner died of illness just as the group had reached Talavera.[180] Although Mucci had ordered that an airstrip be built in a field next to Platero so that a plane could evacuate Fisher to get medical attention, it was never dispatched, and he died the next day.[181] His last words were "Good luck on the way out."[182] The other Ranger killed during the raid was Sweezy, who was struck in the back by two rounds from friendly fire. Both Fisher and Sweezy are buried at Manila National Cemetery. Twenty of Pajota's guerrillas were injured, as were two Scouts and two Rangers.[167][172]

    Black-and-white image of ten men in two rows, the top row standing and the bottom row crouching, are all facing the camera. They are wearing military attire and are holding rifles.
    Alamo Scouts after the raid

    The American prisoners were quickly returned to the United States, most by plane. Those who were still sick or weakened remained at American hospitals to continue to recuperate. On February 11, 1945, 280 POWs left Leyte aboard the transport USS General A.E. Anderson bound for San Francisco via Hollandia, New Guinea.[183] In an effort to counter the improved American morale, Japanese propaganda radio announcers broadcast to American soldiers that submarines, ships, and planes were hunting the General Anderson.[184] The threats proved to be a bluff, and the ship safely arrived in San Francisco Bay on March 8, 1945.[185]

    News of the rescue was released to the public on February 2.[186] The feat was celebrated by MacArthur's soldiers, Allied correspondents, and the American public, as the raid had touched an emotional chord among Americans concerned about the fate of the defenders of Bataan and Corregidor. Family members of the POWs were contacted by telegram to inform them of the rescue.[187] News of the raid was broadcast on numerous radio outlets and newspaper front pages.[188] The Rangers and POWs were interviewed to describe the conditions of the camp, as well as the events of the raid.[189] The enthusiasm over the raid was later overshadowed by other Pacific events, including the Battle for Iwo Jima and the dropping of the atomic bombs on Hiroshima and Nagasaki.[173][190] The raid was soon followed by additional successful raids, such as the raid of Santo Tomas Civilian Internment Camp on February 3,[191] the raid of Bilibid Prison on February 4,[192] and the raid at Los Baños on February 23.[193]

    Several men are sitting and laying down near a building. Some are bandaged, and others have no shirts. Various boxes and cots are nearby.
    Former Cabanatuan POWs at a makeshift hospital in Talavera

    A Sixth Army report indicated that the raid demonstrated " ... what patrols can accomplish in enemy territory by following the basic principles of scouting and patrolling, 'sneaking and peeping,' [the] use of concealment, reconnaissance of routes from photographs and maps prior to the actual operation, ... and the coordination of all arms in the accomplishment of a mission."[194] MacArthur spoke about his reaction to the raid: "No incident of the campaign in the Pacific has given me such satisfaction as the release of the POWs at Cabanatuan. The mission was brilliantly successful."[195] He presented awards to the soldiers who participated in the raid on March 3, 1945. Although Mucci was nominated for the Medal of Honor, he and Prince both received Distinguished Service Crosses. Mucci was promoted to colonel and was given command of the 1st Regiment of the 6th Infantry Division.[175] All other American officers and selected enlisted received Silver Stars.[196] The remaining American enlisted men and the Filipino guerrilla officers were awarded Bronze Stars.[196] Nellist, Rounsaville, and the other twelve Scouts received Presidential Unit Citations.[197]

    In late 1945, the bodies of the American troops who died at the camp were exhumed, and the men moved to other cemeteries.[198] Land was donated in the late 1990s by the Filipino government to create a memorial. The site of the Cabanatuan camp is now a park that includes a memorial wall listing the 2,656 American prisoners who died there.[199] The memorial was financed by former American POWs and veterans, and is maintained by the American Battle Monuments Commission.[198][200] A joint resolution by Congress and President Ronald Reagan designated April 12, 1982 as "American Salute to Cabanatuan Prisoner of War Memorial Day".[201] In Cabanatuan, a hospital is named for guerrilla leader Eduardo Joson.[200]

    Note[modifica | modifica wikitesto]

    1. ^ L'USAFFE era formato da ricognitori dell'Esercito altamente addestrati e dall'inadeguato Esercito filippino.
    2. ^ a b Breuer (1994), p. 31.
    3. ^ a b McRaven (1995), p. 245.
    4. ^ (EN) Shootout!: episodio 2x5, WWII: Raid on the Bataan Death Camp, 1º dicembre 2006, a 24 min 52 s.
    5. ^ Breuer (1994), p. 40.
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    12. ^ a b Alexander (2009), p. 231.
    13. ^ a b Sides (2001), p. 169.
    14. ^ * (EN) Shootout!: episodio 2x5, WWII: Raid on the Bataan Death Camp, 1º dicembre 2006, a 33 min 03 s.
    15. ^ (EN) Lester I. Tenney, My Hitch in Hell: The Bataan Death March, Potomac Books, 2001, ISBN 978-1597973465.
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    62. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore SanJoseNews
    63. ^ Sides (2001), p. 12.
    64. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Eug52Years
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    Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

    Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]