Utente:Falcodigiada/Sandbox/La spedizione Sigi Löw al Nanga Parbat

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La parete Rupal del Nanga Parbat vista da sud-ovest

La Spedizione Sigi Löw al Nanga Parbat (ted. Sigi-Löw-Gedächtnisexpedition zum Nanga Parbat) del 1970 aveva come scopo quello di scalare il Nanga Parbat passando, per la prima volta, attraverso la sua parete sud, la cosiddetta parete Rupal, alta ben 4.500 m. La spedizione venne finanziata dal Deutschen Institut für Auslandsforschung e guidata da Karl Maria Herrligkoffer. Il nome della spedizione fu un omaggio a Sigi Löws scalatore morto nel 1962 sulla parete Diamir del Nanga Parbat.

Quattro scalatori tentarono l'ascesa alla vetta: Reinhold e Günther Messner il 27 giugno 1970, Felix Kuen e Peter Scholz il giorno seguente. A prescindere dai traguardi alpinistici raggiunti all'interno della spedizione, questa fu tristemente famosa per la morte di Günther Messner e per il dibattito che ne seguì e che continuò per molti anni. Reinhold e Günther Messner, che raggiunsero per primi la vetta, continuarono la discesa - non si sa se in maniera pianificata o perché impossibilitati a scendere lungo la stessa via da cui erano saliti - lungo la parete Diamir, sul versante opposto della montagna. Se e per quanto tempo i due fratelli restarono assieme e le circostanze per le quali Günther perse la vita sono questioni alla base di numerosi processi, congetture, libri e discussioni durati dagli anni Settanta fino all'inizio degli anni Duemila quando fu ritrovato il corpo dell'alpinista.

Antefatto[modifica | modifica wikitesto]

Campo base sotto la parete Rupal (2014)

Negli anni '60, dal momento che tutti gli Ottomila erano già stati scalati, la parete Rupal del Nanga Parbat - in quanto più alta parete del mondo - rappresentava una delle più ardite sfide ancora intentate dell'alpinismo. Nel 1963 Karl Maria Herrligkoffer organizzò una spedizione all'allora sconosciuto versante Rupal del Nanga Parbat che decretò scalabile la parete Rupal. Nell'inverno del 1964 Herrligkoffer tornò con una seconda spedizione per valutare le condizioni invernali della parete. Questa spedizione la scalò fino a metà della sua altezza. La terza spedizione di Herrligkoffer, condotta nel 1968, raggiunse la quota massima di 7100 m senza raggiungere il tratto più difficile della scalata, il canalone Merkl a 7350 m. Infine, nel 1970, Herrligkoffer partì con la sua quarta spedizione al Nanga Parbat, che dedicò alla memoria di Siegfried Löw, alpinista tedesco deceduto proprio su quella montagna nel 1962.

Partecipanti[modifica | modifica wikitesto]

Per la quarta spedizione Herrligkoffer chiamò alcuni tra i migliori alpinisti tedeschi, austriaci, altoatesini e svizzeri: Reinhold Messner, Günther Messner (aggiunto in un secondo momento, su raccomandazione del fratello, dopo che Peter Habeler e Joseph Mayerl si erano tirati indietro), Felix Kuen, Peter Scholz, Gerhard Baur, Werner Haim, Wolf-Dietrich Bitterling, Hans Saler, Jürgen Winkler, Hermann Kühn, Gert Mändl, Elmar Raab, Günther Kroh e Peter Vogler.

Con loro andò Michl Anderl, un capo spedizione e un vice, la farmacista Alice von Hobe e Max-Engelhardt von Kienlin come ospite.[1]

La spedizione[modifica | modifica wikitesto]

Inizio[modifica | modifica wikitesto]

La spedizione prese ufficialmente il via l'8 aprile 1970. I partecipanti viaggiarono con vari mezzi - con il Bus attraverso la Turchia o in aereo per il Pakistan - e di incontrarono il 26 aprile a Rawalpindi. Due settimane dopo i membri della spedizione proseguirono il viaggio in aereo fino a Gilgit e raggiunsero il campo base del Nanga Parbat verso la metà di maggio. Durante le settimane seguenti vennero installati diversi campi alti sulla parete Rupal. Reinhold e Günther Messner sfruttarono un periodo di brutto tempo per "un'uscita non programmata" dal campo base che li portò a fare la prima ascensione assoluta dell'Heran Peak (5.717 m)[2]

Situazione prima del tentativo alla vetta[modifica | modifica wikitesto]

Dopo settimane di preparativi e un lungo periodo di brutto tempo che costrinse tutti gli scalatori al campo base, stava a poco a poco scadendo il tempo del permesso di scalata. Infine, una breve finestra di bel tempo aprì la possibilità di raggiungere i campi avanzati per tentare un'ascesa alla vetta. I fratelli Messner e Gerhard Baur, seguendo il piano della spedizione, salirono al campo V il 26 giugno. Da qui, sempre secondo il piano, avrebbero dovuto proseguire attrezzando il difficile canalone Merkl con corde fisse affinché, il giorno successivo, Kuen e Scholz - che componevano la prima squadra - avrebbero potuto provare l'ascesa alla cima in sicurezza e velocità. Dal momento che al campo V non c'era nessun apparecchio radio, Reinhold Messner al campo IV si era messo d'accordo via radio con Karl Maria Herrligkoffer che, quando sarebbero arrivati al campo V avrebbe segnalato al campo base le condizione meteo attraverso un razzo di segnalazione: blu per indicare "bel tempo" e rosso per indicare "cattivo tempo". In caso di bel tempo i fratelli Messner e Baur avrebbero attrezzato la via per il tentativo di Kuen e Scholz, in caso di brutto tempo, invece, Reinhold Messner sarebbe partito da solo in esplorazione del canalone Merkl.

26 giugno 1970[modifica | modifica wikitesto]

Reinhold Messner nel 1991

Alla sera del 26 giugno, nonostante il bel tempo, venne inviato per errore un razzo di segnalazione rosso a causa di uno scambio di fascette. A questo errore si aggiunse il fatto di non poterne inviare uno blu in quanto, in quel momento, non se ne trovarono. Resosi conto del fatto che al campo base pensavano che fosse stato segnalato il brutto tempo e che non c'era modo per comunicare altrimenti Reinhold Messner si preparò per l'ascesa solitaria. È controverso se l'accordo preso con Herrligkoffer prevedeva un'esplorazione solo del canalone Merkl o invece - come sostenuto da Messner - un vero e proprio tentativo alla cima con ritorno al campo V.[3]

27 giugno 1970[modifica | modifica wikitesto]

La parete Rupal del Nanga Parbat vista dal Deosai Plateau

Nella notte del 27 giugno, tra le 2 e le 3 [4] Reinhold Messner partì in solitaria dal campo V. Il suo compagno di tenda, Gerhard Baur, osservando minuziosamente la preparazione di Messner - vestiario a più strati, guanti doppi, pastiglie di vitamine solubili nella neve, una coperta isotermica - capì che egli aveva intenzione di tentare la salita da solo. Messner attraversò il difficile canalone Merkl, virò verso la destra e continuò la scalata verso la cima. Suo fratello Günther, che nelle prime ore del mattino aveva cominciato ad assicurare la parte inferiore del canalone Merkl con Gerhard Baur, prese la decisione di seguire Reinhold verso la cima e cominciò la scalata sulle sue tracce. Questa fu una decisione estremamente rischiosa, in quanto lui non aveva con sé né l'attrezzatura per il bivacco, né sufficienti vestiti caldi o sufficiente cibo. Gerhard Baur, colpito da un'infiammazione alla gola, tornò al campo IV.

Entrambi i fratelli Messner riuscirono a superare il canalone Merkl anche senza corde fisse e Günther, seguendo la via tracciata da sua fratello e scalando molto velocemente, raggiunse Reinhold in un punto imprecisato della parete. Una volta riuniti continuarono assieme la scalata verso la cima che raggiunsero, a quanto riportato da Reinhold Messner, verso le ore 17.00 del 27 giugno 1970. Dopo circa un'ora di permanenza sulla cima, i fratelli Messner cominciarono la discesa. Secondo quanto detto poi da Reinhold, già all'inizio della discesa suo fratello Günther dava segni di estrema stanchezza ed esaurimento. Si mostrava inevitabile, a quel punto, la necessità di un bivacco di emergenza, senza tenda, sacco a pelo o fornello per cucinare.

Da questo momento in poi i fatti non sono del tutto chiari: secondo Reinhold Messner, Günther lo convinse a non riscendere dalla parete Rupal, da dove erano saliti, in quanto questa era estremamente ripida e loro non avevano portato corde con sé. I due furono quindi costretti a scendere dall'altra parte, lungo la parete Diamir, con l'idea di raggiungere da questa parte il canalone Merkl che separa la parete Diamir dalla parete Rupal. Qui Reinhold Messner pensava di poter, il giorno successivo, chiamare aiuto o, se la cosa si fosse presentata possibile, di attraversarlo per ritornare sulla parete Rupal. Quest'ultima possibilità, tuttavia, si dimostrò impossibile senza corde.[5] Reinhold Messner disse inoltre che, a questo punto, bivaccò nei pressi del canalone Merkl assieme a suo fratello che, nel frattempo, accusava sintomi di mal di montagna.

Questa versione, tuttavia, è stata messa in dubbio da Hans Saler e Max von Kienlin. Saler sostiene che probabilmente i fratelli Messner si siano separati già sulla vetta o poco dopo l'inizio della discesa. Günther sarebbe quindi sceso dal versante Rupal per andare incontro agli scalatori in salita e chiedere loro aiuto mentre Reinhold sarebbe sceso da solo lungo il versante Diamir. Molto membri della spedizione, infatti, riferirono in seguito di aver sentito Reinhold Messner parlare della sua volontà di effettuare una traversata.[6] Alla domanda sul perché volesse cercare di ritornare sul canalone Merkl passando dalla parete Diamir invece di rimanere nei pressi della cima in attesa degli altri scalatori o di andar loro incontro ripercorrendo la via d'ascesa, Reinhold Messner rispose che, a causa del razzo rosso lanciato per sbaglio la sera prima, era convinto che non ci fosse alcuno scalatore che stava salendo verso la cima e che potesse dare loro aiuto.

28 giugno 1970[modifica | modifica wikitesto]

Schizzo del contatto tra Reinhold Messner e Felix Kuen il 28 giugno 1970

La mattina del 28 giugno 1970 ci fu un contatto tra Reinhold Messner e Felix Kuen mentre questi stava salendo il calalone Merkl assieme a Peter Scholz. Messner, che si trovava nel versante opposto della montagna, aveva raggiunto la cresta di separazione dei due versanti e, gridando per sovrastare il rumore del vento, riuscì a scambiare alcune informazioni con Felix Kuen ad una distanza di circa 80-100 metri. Tra le altre cose Reinhold consigliò a Felix Kuen, una volta uscito dal canalone Merkl, di aggirare la cima Sud da sinistra e non da destra, come avevano fatto loro, e gli comunicò che lui sarebbe disceso dalla parte opposta della montagna (il versante Diamir). Entrambe le versioni - sia quella di Messner che quella di Kuens - riportano la domanda che il secondo ha fatto al primo: "Ist bei euch alles in Ordnung?" ("Va tutto bene a voi?"), domanda alla quale Reinhold Messner avrebbe risposto: "Alles in Ordnung!" ("Tutto bene!") e questo nonostante suo fratello - secondo la sua versione - fosse esausto, disidratato e soffrisse di una forma acuta di mal di montagna ed egli stesso fosse salito in cima al canalone Merkl alle prime ore dell'alba per chiedere aiuto. Reinhold Messner spiegò in seguito la sua risposta sostenendo che Kuen e Scholz non fossero in ogni caso nella condizione di aiutarli - in quanto tra loro vi era la parte più difficile del canalone Merkl, ripidissima e praticamente inscalabile - e non voleva mettere a rischio le loro vite con una spedizione di salvataggio. [7] In altre occasioni Messner sostenne invece di aver chiesto aiuto e una corda ma che Kuen non l'abbia capito per via del vento.[8] Kuen in seguito disse che lui e Peter Scholz avrebbero sicuramente aiutati i fratelli Messner se avessero saputo che si trovavano in una situazione di pericolo. Riferì inoltre che, a suo avviso, l'aiuto non sarebbe stato impossibile in quanto sia lui che Scholz erano ben equipaggiati e avrebbero potuto scalare il canalone Merkl e aiutare i fratelli Messner a scendere. Siccome invece Günther non si vedeva e Reinhold aveva gridato che era tutto a posto continuarono la loro ascesa alla cima che, infine, raggiunsero.

Seguendo la ricostruzione di Reinhold Messner - dal momento che non potevano scendere dal canalone Merkl perché non avevano corde, né potevano tornare alla cima perché Günther era troppo esausto - rimaneva a quel punto per lui e suo fratello solo una possibilità: scendere dalla parete Diamir, parte che loro non conoscevano e che era estremamente esposta alle valanghe. [9] Reinhold Messner descrisse in diversi suoi libri come suo fratello fosse ancora vivo quando loro cominiciarono la discesa. Reinhold scese per primo cercando di trovare un sentiero sicuro che permettesse loro di discendere la parete Diamir evitando seracchi pericolosi e valanghe. Günther scendeva la montagna in parte assieme al fratello e in parte seguendolo. Dopo il tramonto i due fratelli continuarono la discesa ancora per diverse ore finché non fu necessario un secondo bivacco all'adiaccio.

Nel frattempo, durante il pomeriggio del 28 giugno, Hans Saler, Werner Haim e Gert Mändl si trovavano al campo IV in attesa del ritorno dei fratelli Messner non essendo a conoscenza né della situazione di emergenza di Günther, né della decisione di Reinhold di discendere dalla parete Diamir. Fu solo quando Felix Kuen tornò dalla sua salita alla vetta e riferì del suo colloquio con Reinhold che gli altri componenti della spedizione cominciarono a supporre che Reinhold Messner fosse disceso dalla parete Diamir e che Günther fosse presumibilmente con lui.

29 giugno 1970[modifica | modifica wikitesto]

La parete Diamir del Nanga Parbat

Secondo quanto riferito in seguito da Reinhold Messner, lui e il fratello sopravvissero anche a questo secondo bivacco di emergenza e continuarono, anche il giorno successivo, la discesa della parete Diamir. Reinhold racconta come lui facesse la strada precedendo il fratello per trovare la miglior via di discesa, trovando spesso ostacoli che lo obbligarono a ritornare sui suoi passi anche di diverse centinaia di metri.[10] Appena finita la zona pericolosa i due fratelli si separarono e si accordarono di scendere ognuno per conto suo per poi reincontrarsi alla prima fonte d'acqua. Dopo questa separazione non si hanno più notizie Günther. Reinhold lo aspettò a lungo, anche risalendo la parete per un tratto. Poi bivaccò ai piedi della parete e, alla fine, giunse alla conclusione che suo fratello doveva essere morto, probabilmente sotto una valanga.[11]

Appena la direzione della spedizione fu avvertita della scomparsa dei fratelli Messner, mandò un messaggio al paese più vicino in modo da far partire una spedizione di ricerca sulla parete Diamir. Venne inoltre anche scandagliata con un cannocchiale la parete Rupal per vedere se, per caso, i fratelli Messner non potessero trovarsi lì. Nonostante il tempo fosse buono e altri scalatore avrebbero potuto raggiungere la cima, Herrligkoffer diede l'ordine di sospendere la spedizione e di evacuare i campi per non correre ulteriori rischi. Ciononostante Hans Saler e Gert Mändl proseguirono la scalata, contro le indicazioni della direzione della spedizione, fino al canalone Merkl per cercare di avvistare i fratelli Messner.[12]

Conclusione[modifica | modifica wikitesto]

Reinhold Messner, vagò per giorni vicino alla morte, senza cibo e con il serio e continuo rischio di un assideramento, finché non riuscì ad uscire dalla valle Diamir e dirigersi in direzione di Gilgit.

Anche il resto della spedizione, alla fine, raggiunto il campo base si diresse verso la cittadina di Gilgit da dove avevano in mente di coordinare le ricerche. Ad un certo punto della strada, dove una frana impediva il passaggio, la spedizione incontrò Reinhold Messner, anch'egli fermo in quel punto a causa dello smottamento del terreno. Le prime parole che pronunciò furono: "Dov'è Günther?"[13]

Epilogo della spedizione[modifica | modifica wikitesto]

Contrasti successivi alla spedizione[modifica | modifica wikitesto]

Successivamente ci fu un acceso diverbio tra Reinhold Messner e il capo della spedizione Karl Maria Herrligkoffer. Herrligkoffer nel dicembre 1970 dichiarò che Reinhold Messner forse ha „sacrificato suo fratello alla sua ambizione alpinistica“. Reinhold Messner presentò una denuncia contro la direzione della spedizione per omissione di soccorso e omicidio colposo. Seguirono molti processi che terminarono a favore di Herrligkoffer che venne scagionato da tutte le accuse.[14] Reinhold Messner espose il suo punto di vista nel suo primo libro Razzo rosso sul Nanga Parbat. Herrligkoffer in risposta a ciò pubblicò anch'egli un libro con la sua versione: Kampf und Sieg am Nanga Parbat, inedito in italiano. Durante questa fase non ci furono contrasti pubblici tra Reinhold Messner e gli altri scalatori della spedizione; alcuni dei quali sostennero apertamente Messner nei suoi processi contro Herrligkoffer.

Contrasti successivi[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il termine dei processi legali degli anni '70 vi furono circa 25 anni di silenzio durante i quali, tuttavia, Reinhold Messner continuò a esporre il suo punto di vista sui fatti in libri, interviste e trasmissioni televisive, quasi sempre senza contraddittorio da parte di altri membri della spedizione. Nel 1991 morì Karl Maria Herrligkoffer. Il 4 ottobre 2001 ci fu un acceso dibattito nella Haus des Alpinismus sull'Isola Prater a Monaco di Baviera tra Reinhold Messner e il giornalista alpinistico Horst Höfler durante la presentazione della biografia di Herrligkoffer scritta dal quest'ultimo. Reinhold Messner disse, a proposito della morte di Günther sul Nanga Parbat: „Io dico oggi che non fu un errore di Herrligkoffer, l'errore fu dei partecipanti alla spedizione che non andarono nella valle Diamir. A qualcuno, più vecchio di me, non sarebbe dispiaciuto che i due fratelli Messner non fossero più ritornati, e questa è la tragedia“. I membri della spedizione del 1970 presenti Expeditionsmitglieder von 1970 reagierten empört auf die Anschuldigungen, da bei Bekanntwerden des Verschwindens der Messner-Brüder am Nanga Parbat ein Team nach den beiden in der Rupalwand gesucht hatte.

Daraufhin veröffentlichte Hans Saler das Buch Zwischen Licht und Schatten und Max von Kienlin schrieb das Buch Die Überschreitung, worin sie Messners Darstellungen in Zweifel zogen und Hypothesen aufstellten, unter welchen Umständen Günther ums Leben gekommen sein könnte. Messner setzte mehrere Gerichtsprozesse gegen Saler und von Kienlin in Gang und erzielte juristische Teilerfolge. Weitere Bücher – von Messner, Ralf-Peter Märtin und Saler – folgten, wobei sich der Streit immer weiter zuspitzte und zu einer jahrelangen, erbitterten und von persönlichen Angriffen geprägten Auseinandersetzung geriet. Messner warf seinen damaligen Kameraden eine Rufmordkampagne vor und behauptete, sie hätten ihn des Brudermords bezichtigt.[15] Tatsächlich hat kein Expeditionsmitglied Reinhold Messner öffentlich beschuldigt, seinen Bruder vorsätzlich getötet zu haben. Messner sagte, einige Expeditionsmitglieder von 1970 hätten „dasselbe mit mir gemacht wie die Deutschen mit den Juden – no difference“.[16]

Reinhold Messner gab den Bauern aus dem Diamirtal einen Zettel als Hilferuf mit, darin wird nicht erwähnt, dass er seinen Bruder Günther vermisst. Template:Zitat

Ritrovamenti del 2000 e del 2005[modifica | modifica wikitesto]

Il 26 luglio 2000 l'alpinista altoatesino Hanspeter Eisendle trovò ai piedi della parete Diamir, a circa 4300 m di altitudine il perone destro di un uomo. Un esame genetico condotto all'inizio del 2004 concluse che l'osso apparteneva al fratello di Reinhold Messner. Nel 2005, sempre nello stesso luogo, furono trovate altre ossa e alcuni oggetti dell'equipaggiamento che Reinhold riconobbe come quelli di suo fratello. Un esame di medicina legale condotto su un campione di tessuto identificò i resti come appartenenti, con certezza, a Günther Messner.[17] Il ritrovamento prova, oltre ogni dubbio, che Günther morì verso la fine della discesa della parete Diamir del Nanga Parbat come sempre sostenuto da suo fratello.

Kienlin weist darauf hin, dass an dem mit der Leiche gefundenen Schuh eine Steigeisenschlaufe ohne Steigeisen befestigt war. Die Schuhbänder waren locker nach hinten gebunden. Dies spräche dafür, dass der Träger des Schuhs während eines Biwaks starb, zu einem Zeitpunkt, als er die Schuhe nicht fest geschnürt hatte und keine Steigeisen trug. Wenn er Steigeisen getragen hätte, hätten diese an der Steigeisenschlaufe hängen, oder die Schlaufe hätte gerissen sein müssen, was beides nicht der Fall war.[18]

Film[modifica | modifica wikitesto]

Das Drama um die Nanga-Parbat-Besteigung und den Tod Günther Messners wurde 2008/2009 von Joseph Vilsmaier unter dem Titel Nanga Parbat auf Grundlage der Erinnerungen Reinhold Messners verfilmt. Reinhold Messner fungierte bei den Dreharbeiten als Berater des Regisseurs. Der Spielfilm wurde ab Mitte Januar 2010 in den Kinos gezeigt. Mehrere Expeditionsmitglieder von 1970 und der Sohn Karl Maria Herrligkoffers kritisieren die Darstellung Herrligkoffers im Film;[19] dieser erscheint dort als einerseits autokratischer, unsympathischer Tyrann und andererseits als zögerlich, was er nach der Aussage mehrerer Zeitzeugen nicht war. Von ehemaligen Expeditionsmitgliedern wird überdies die bewusst nicht den historischen Tatsachen folgende Darstellung verschiedener Szenen im Film kritisiert, so etwa die Szene, als Reinhold Messner und Felix Kuen in der Merklrinne Rufkontakt haben, oder die Gipfelszene mit Felix Kuen und Peter Scholz.[20][21][22][23]

Literatur[modifica | modifica wikitesto]

  • Reinhold Messner: Die rote Rakete am Nanga Parbat. Nymphenburger, München 1971
  • Karl Maria Herrligkoffer: Kampf und Sieg am Nanga Parbat : Die Bezwingung der höchsten Steilwand der Erde. Bayer Verlagsanstalt, ?
  • Horst Höfler, Reinhold Messner: Karl Maria Herrligkoffer. Besessen, sieghaft, umstritten. AS Verlag, Zürich 2001
  • Ralf-Peter Märtin: Nanga Parbat: Wahrheit und Wahn des Alpinismus. Berlin Verlag, Berlin 2002
  • Reinhold Messner: Der nackte Berg. Bruder, Tod und Einsamkeit. Malik, München 2002 (5. Aufl.?)
  • Reinhold Messner: Die weiße Einsamkeit. Mein langer Weg zum Nanga Parbat. Malik, München 2003
  • Hans Saler: Zwischen Licht und Schatten. Die Messner-Tragödie am Nanga Parbat. A1 Verlagsgesellschaft, 2003
  • Max von Kienlin: Die Überschreitung. Günther Messners Tod am Nanga Parbat. Expeditionsteilnehmer brechen ihr Schweigen. Herbig, München 2003
  • Stellungnahme des A1 Verlags (PDF; 80 kB) anlässlich des Fundes von sterblichen Überresten Günther Messners am Nanga Parbat vom 18. November 2005
  • Max von Kienlin: Der einsame Tod: Legende Günther Messner. Herbig, München 2006
  • Reinhold Messner: Diamir – König der Berge: Schicksalsberg Nanga Parbat. Frederking & Thaler, München 2008
  • Reinhold Messner: Die rote Rakete am Nanga Parbat. Neuauflage mit zusätzlichen Bildern, Zitaten und einem neuen Vorwort. Nymphenburger, München 2009
  • Hans Saler: Gratwanderungen meines Lebens. Nymphenburger, München 2010
  • Ralf-Peter Märtin: Die Messner-Brüder am Nanga Parbat: Zwei Brüder, ein Berg, ihr Schicksal. Offizielles Buch zum Film von Joseph Vilsmaier. Südwest-Verlag, München 2010
  • Jochen Hemmleb: Nanga Parbat. Das Drama 1970 und die Kontroverse, Tyrolia, Innsbruck 2010, ISBN 978-3-7022-3064-7

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Informazioni prese da Reinhold Messner, Alleingang Nanga Parbat. Knaur, München/Zürich 1979, pag. 190–194.
  2. ^ Reinhold Messner: Die rote Rakete am Nanga Parbat. 2010. ISBN 978-3-49240-453-2.
  3. ^ Hans Saler: Gratwanderungen meines Lebens, pag. 191
  4. ^ Sull'ora esatta della partenza esistono diverse versioni in letteratura
  5. ^ Cfr. Reinhold Messner: Die Freiheit, aufzubrechen, wohin ich will. Piper, München Sonderausgabe 2002, pag. 163.
  6. ^ Hans Saler: Gratwanderungen meines Lebens. pag. 191
  7. ^ Cfr. Reinhold Messner, Solitudine bianca. La mia lunga strada al Nanga Parbat (2003), pag 38
  8. ^ Cfr. Reinhold Messner: La libertà di andare dove voglio. La mia vita di alpinista (2002) pag. 165.
  9. ^ Cfr. Reinhold Messner: La libertà di andare dove voglio. La mia vita di alpinista (2002) pag. 166
  10. ^ Reinhold Messner: Alleingang Nanga Parbat. Knaur, München/Zürich 1979, pag. 197
  11. ^ Cfr. Reinhold Messner, Die weiße Einsamkeit, pag. 311: „Ich habe den Lawinentod meines Bruders von Anfang an als Möglichkeit, nicht aber als bewiesene Tatsache erklärt. Ich war nicht dabei, als er starb...“
  12. ^ Hans Saler: Gratwanderungen meines Lebens (2010), pag. 220, e Zwischen Licht und Schatten (4 edizione, 2009), pagg. 162–173
  13. ^ Hans Saler: Gratwanderungen meines Lebens (2010), pagina 215
  14. ^ Relazione del pubblico ministero del 14 marzo 1972 tribunale statale di Monaco I
  15. ^ Österreichisches Wochenmagazin News Nr. 6/2005, S. 167 (zitiert nach Hans Saler: Gratwanderungen meines Lebens, S. 288)
  16. ^ Österreichisches Wochenmagazin News Nr. 6/2005, S. 167 (zitiert nach Hans Saler: Gratwanderungen meines Lebens, S. 286)
  17. ^ Template:Internetquelle
  18. ^ Vgl. Max-Engelhardt von Kienlin, Der einsame Tod: Legende Günther Messner, München, Herbig, pp. 37–39, ISBN 3-7766-2492-2.
  19. ^ Siehe Homepage des Deutschen Instituts für Auslandsforschung (Herrligkoffer-Stiftung)
  20. ^ Template:Internetquelle
  21. ^ Template:Internetquelle
  22. ^ Template:Internetquelle
  23. ^ Template:Internetquelle

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