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Carlo Alfieri di Sostegno

Senatore del Regno d'Italia
LegislaturaXI

Deputato del Regno d'Italia
LegislaturaVIII-IX-X

Deputato del Regno di Sardegna
LegislaturaVI-VII

Il marchese Carlo Alfieri di Sostegno (Torino, 30 settembre 1827Firenze, 18 dicembre 1897) è stato un politico italiano, deputato e senatore del Regno d'Italia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

[1]Carlo Alfieri di Sostegno, figlio del marchese Cesare Roberto Alfieri e di Luisa Irene Costa dei conti della Trinità, nacque a Torino il 30 Settembre 1827. Furono suoi padrini di battesimo il principe Carlo Alberto e la principessa Maria Teresa d'Asburgo-Lorena, ciò ad indicare la vicinanza della famiglia Alfieri alla monarchia.

Egli apparteneva alla tradizione nobiliare degli Alfieri, tra i tanti grandi si ricordano Vittorio e Benedetto, fino a suo padre, Cesare, ministro del Regno di Sardegna e firmatario dello Statuto Albertino.

Formazione e rapporti con Cavour[modifica | modifica wikitesto]

Carlo Alfieri di Sostegno intraprese i primi studi sotto la guida di illustri precettori, scegliendo poi di approfondire le materie giuridiche presso l'Università di Torino. Questa esperienza fu presto interrotta dal precoce matrimonio con Ernestina Doria di Ciriè, che morì giovanissima nel 1849 lasciandolo senza figli. Il marchese non portò mai a termine gli studi in diritto.

Ad indirizzarlo successivamente alla vita politica fu senza dubbio l'ambiente che frequentava, trovandosi spesso alla presenza di politici piemontesi, oltre che la famiglia di origine e gli intellettuali, con i quali trascorreva molto tempo. Si trovava spesso in compagnia di personaggi come Carlo Bon Compagni di Mombello, Cesare Balbo e Massimo D'Azeglio, quest'ultimo in persona gli consigliò gli studi politici.

Fu poi l'incontro con Camillo Benso, conte di Cavour, e il suo invito a collaborare al Risorgimento, a fargli superare questa crisi giovanile e ad avviarlo a studi seri e approfonditi condotti sotto la guida del Conte, di cui egli si dichiarò sempre discepolo fedele.

Le frequenti visite in casa Cavour dettero origine alle seconde nozze con Giuseppina, figlia di Gustavo, fratello di Camillo. Da Giuseppina ebbe due figlie: Maria Luisa, che sposò Emilio Visconti-Venosta, secondo soprintendente dell'Istituto "Cesare Alfieri", e Adele; le due sorelle svolsero insieme molte attività di beneficenza a favore della popolazione albese più bisognosa.

Carlo Alfieri scrisse sulla rivista "Il Risorgimento" i suoi primi articoli e, insieme all'intera redazione del quotidiano, fu tra i firmatari nel 1847 della "Proposta di supplica al Re delle Due Sicilie dagli Italiani dell'Unione" in cui supplicavano Ferdinando II "di voler accedere alla politica di Pio IX, di Leopoldo, di Carlo Alberto, alla politica italiana, alla politica della Provvidenza, del perdono, della civiltà e della carità cristiana".

Nel periodo precedente all'inizio della vera e propria carriera politica compì viaggi all'estero, in particolare in Inghilterra e in Francia, dove si recò più volte. A dimostrazione di ciò, nel discorso commemorativo pronunciato in Senato per la morte di Carlo Alfieri, Giuseppe Saredo dichiarò che l'Alfieri "sostenne con instancabile attività i suoi convincimenti anche con l'esame personale nei frequenti suoi viaggi del modo di funzionamento delle istituzioni presso le principali nazioni di Europa e, in ispecie, la Svizzera, la Francia, il Belgio e l'Inghilterra".

Nel corso della sua formazione e della ricerca dei principi sui quali forgiare la nuova classe dirigente trovò i suoi modelli nel costituzionalismo inglese, il concetto di self government lo colpì particolarmente, e negli autori francesi, specialmente a quelli del periodo posteriore alla monarchia di luglio, dai quali si ispirò per le questioni educative ma soprattutto per il concetto di libertà e liberalismo.

Egli sostenne un'idea politica liberale anti-centralista, confidava in una nuova classe politica dirigente composta da aristocratici responsabili e preparati a questa funzione. Furono questi alcuni degli ideali che portarono Carlo Alfieri di Sostegno alla fondazione nel 1875 dell'Istituto Cesare Alfieri di Scienze sociali a Firenze, un “istituto per l’insegnamento delle scienze morali e politiche”.

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Carlo Alfieri di Sostegno morì il 18 dicembre 1897 a Firenze, città a lui molto cara, che non volle abbandonare neanche dopo il trasferimento della capitale a Roma, dedicandosi fino agli ultimi giorni a l'Istituto di Scienze Sociali "Cesare Alfieri", massima espressione dei suoi convincimenti di uomo, intellettuale e politico.

Carlo Alfieri incarnò,come si legge nel ricordo letto nell'Assemblea generale del 30 dicembre 1897 dal vicepresidente Giovanni Faralli, "il tipo più perfetto e sincero di conservatore liberale.[2]"

L'Istituto Cesare Alfieri[modifica | modifica wikitesto]

Il cardine del pensiero politico e sociale di Carlo Alfieri di Sostegno ruotò intorno alla convinzione che l'aristocrazia dovesse coniugarsi al concetto di classe dirigente del paese: questa stessa idea era stata da lui espressa nel primo articolo per il Risorgimento, là dove invitava i nobili ad accogliere i principi liberali per non essere scavalcati dalla borghesia emergente. Questa fu la convinzione che, maturata nel tempo, ispirò la fondazione della Società di educazione Liberale e la connessa Scuola di Scienze Sociali.

[3]Il progetto di Carlo Alfieri di creare un “istituto per l’insegnamento delle scienze morali e politiche” fu presentato per la prima volta nel giugno del 1871 ad una platea di personalità pubbliche ed amici toscani presso gli Uffizi di Firenze. Questo proposito nacque con l’aspirazione di riformare l’educazione superiore al fine garantire un’adeguata preparazione della nuova classe dirigente italiana, assumendo come modelli le contemporanee esperienze europee.

[4]Nel 1875, Carlo Alfieri fondò l'Istituto Cesare Alfieri di scienze sociali a Firenze, scuola superiore per la formazione dei diplomatici italiani, attuale Scuola di Scienze politiche "Cesare Alfieri" presso l'Università degli Studi di Firenze.

Carlo Alfieri, affiancato da illustri collaboratori, ritenne la migliore soluzione quella di sviluppare, per l'educazione alla carriera politica, un percorso formativo che fosse distinto dai percorsi giuridici. La scuola fu avviata con la previsione di questi otto insegnamenti: Diritto naturale, Istituzioni di diritto romano, Economia sociale, Diritto costituzionale e Storia delle costituzioni, Diritto amministrativo e Scienza dell'amministrazione, Diritto internazionale e Storia delle relazioni internazionali, Diritto penale e Procedura penale e, infine, Diritto commerciale.

A questi insegnamenti, ripartiti in un corso di tre anni, furono aggiunti più tardi: Statistica, Scienza delle finanze, Codice e Procedura penale e, a partire dall'anno accademico 1879-1880, Contabilità di Stato, come insegnamento autonomo. Con il R.D. 24 maggio 1888 la Scuola si trasformava infine in Regio Istituto di Scienze Sociali assumendo il nome di “Cesare Alfieri”.

Queste sono, in sintesi, le origini della Scuola di scienze politiche più antica d'Europa, che condivide questo primato solamente con l'Istituto di studi politici di Parigi.

Il pensiero politico[modifica | modifica wikitesto]

Un moderato dell'Ottocento[modifica | modifica wikitesto]

[5]Un moderato di destra, ma con una propensione amorevole alla libertà considerata cruciale elemento in tutti i settori della vita pubblica e morale. Sostenitore dell'unità e dell'indipendenza ma anche liberale e perciò moderato nelle convinzioni nazionali per non compromettere le istituzioni liberali che dovendosi radicare in un paese non abituato ad esse,con tradizioni e costumi diversi, avrebbero potuto mutarsi prima di radicarsi nel difficile terreno italiano. Aderiva sostanzialmente alla tesi del padre Cesare Alfieri di Sostegno per il quale il progetto di un Italia federalista unita da istituzioni liberali uniformi era la soluzione più congeniale per quell'epoca storica. Ha condiviso col padre anche l'avversione per i rivoluzionari, i mazziniani, non solo perché repubblicani ma anche perché riteneva che il loro programma sarebbe stato inesorabile per la libertà che secondo Carlo Alfieri, doveva essere impressa non solo nelle leggi, ma anche nell'animo di ogni cittadino. La libertà doveva essere anteposta a tutto anche alla

«forza, alla indipendenza»

(da Lettera a Leopoldo Galeotti in data 12 ottobre 1859)

Sostenitore della tradizione antiromana, filone facente capo a Massimo d'Azeglio, pur essendo stato un cattolico convinto, era deciso nell'idea che il mito di Roma doveva essere svuotato di ogni valore perché induceva a prendere un'erronea prospettiva storica e politica del problema italiano. Tanto intransigente nelle sue convinzioni liberali vede nel trasferimento della capitale a Roma un errore commesso per accontentare la parte rivoluzionaria, un sacrificio da parte di Cavour di molti ideali liberali in nome dell'alleanza centro-sinistra.[6]

Convinto che la libertà dovesse essere salvata in tutti i modi, Carlo Alfieri era contrario ad intraprendere la via radicale per la sostituzione degli ordini vecchi con i nuovi, perché questo secondo la sua concezione avrebbe portato non solo alle restrizioni delle libertà, ma l'accentramento avrebbe spinto dalla democrazia al socialismo.

Carlo Alfieri non era democratico men che meno socialista, perché fortemente convinto che questi sistemi di governo equivalgono ad una una dittatura di pochi, di uno o di molti e quindi alla perdita della libertà.

Influenze[modifica | modifica wikitesto]

Conosce Massimo d'Azeglio a vent'anni e sempre in questi anni si avvicina anche a Camillo Benso, conte di Cavour. Questi hanno avuto un importante ruolo nella creazione delle idee politiche del giovane Carlo Alfieri. Ma non sono solo italiani le fonti che hanno plasmato il suo pensiero politico. La sua concezione di libertà e dello Stato derivano soprattutto dagli scrittori liberali francesi: Alexis de Tocqueville, Jules Simon ma anche Paul Janet e Émile de Laveleye,belga quest'ultimo. Ha inoltre avuto una grande ammirazione per le istituzioni inglesi e per gli uomini come Macaulay e John Stuart Mill. Prevalente fu tuttavia l'influenza di Tocqueville. La concezione della libertà allo stato puro, l'estendere la libertà a tutti i campi dell'operare e del pensare e soprattutto l'idea di anteporre alla libertà dell'indipendenza la libertà in generale sono alcune delle idee che Carlo Alfieri ha potuto condividere con l'autore de "Democrazia in America". Tocqueville arriva a considerare la libertà dell'indipendenza meno rilevante in conseguenza dell'esperienza del 1789 in Francia dove per ottenere la libertà e l'indipendenza si passo per un sistema tiranno e senza libertà.

E così anche Carlo Alfieri ne "L'Italia liberale" si è chiesto:

«Come possa l'Italia, cattolica di religione, negli ordini sociali democratica, governarsi con la libertà.»

Sull'unità d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Alfieri era convinto che le tradizioni storiche locali dovevano essere rispettate e che l'unificazione con il suo carattere centralizzato sarebbe stato al quanto oppressivo, per le libertà degli individui, per gli enti locali e le istituzione in generale.

La libertà di coscienza avrebbe salvato il Regno nei confronti della Chiesa di Roma, la libertà economica avrebbe influito a superare la questione sociale, con la libera iniziativa, lo sviluppo delle industrie, il miglioramento dell'agricoltura, la beneficenza. L'autogoverno avrebbe salvato l'unità, dando la libertà amministrativa agli enti locali una volta che s'erano volute salvare regioni e province per tanti secoli vissute in autonomia politica più o meno sostanziale.

Carlo Alfieri denuncia più volte i pericoli del centralismo e della burocratizzazione di un paese, come l'Italia che non avendo tradizioni unitarie avrebbe dovuto procedere con una produzione individuale di istituzioni per poi procedere alla necessaria riforma dello Stato moderno. Dei pericoli dell'accentramento arriva a convincersene analizzando la Francia dove il sistema accentrato aveva portato la democrazia, la quale avviava il paese verso il socialismo.

Secondo Carlo Alfieri era necessaria una classe politica e dirigente capace di dirigere il paese e dare esecuzione alle leggi, e solo con una elite naturale o creata si sarebbe salvato la libertà nell'ordine, e si sarebbe attuato il liberalismo organico e funzionale.

Aristocrazia e classe politica[modifica | modifica wikitesto]

[7]Mentre Giuseppe Mazzini e gli altri altri democratici erano convinti che tutto il popolo avrebbe dovuto raggiungere una significativa cultura politica, la diffusione della cultura e della politica in particolar modo, Carlo Alfieri lo ha sempre intesa in diverso modo. Come altri aristocratici piemontesi: Carlo Bon Compagni di Mombello, e lo stesso Massimo d'Azeglio anche Alfieri ha condiviso l'opinione che sarebbe stato più consono affidarsi in un ordinamento rappresentativo, alle classi agiate e tradizionalmente abituate al comando, per la direzione delle questioni pubbliche, in quanto secondo loro, una tale educazione non s'improvvisa e che per quanto il censo, fosse una condizione ingiusta, per essere elevati al potere, tuttavia fuori di esso esistevano pochissime figure che avrebbero contribuito ad elevare la nazione.

Lo stesso Cavour ha difeso e lodato l'aristocrazia alla campagna elettorale del 1857.

Condizioni storico-politiche[modifica | modifica wikitesto]

Ma non è solo nella tradizione piemontese che vanno cercate le fonti del pensiero di Carlo Alfieri. Secondo quest'ultimo l'aristocrazia aveva diritti e doveri che le condizioni storiche hanno ad essa attribuito, perché in essa è presente una disciplina e un senso della libertà che le democrazie erano solite a perdere o addirittura non avere. Questo è stato l'insegnamento che Alfieri aveva tratto da Tocqueville. L'autore britannico aveva descritto l'opinione analizzata in America delle classi più elevate e mostrato come meglio funziona la democrazia se dall'aristocrazia si attinge a idee e sentimenti di ordine e di libertà e che insieme ad essi aveva davvero creato istituzioni liberali. Se non era più possibile instaurare nuovi regimi aristocratici, secondo Alfieri l'esempio americano doveva servire affinché non ci si affidasse alla democrazia pura, la quale avrebbe finito col creare uno Stato eccessivamente accentrato, finendo così di soffocare ogni libertà.

L'aristocrazia, secondo Alfieri doveva rinnovarsi e partecipare così attivamente e con coscienza alla vita politica cosi da contemperare la democrazia che da sola sarebbe destinata a perdere se stessa e l'Italia. Dal punto di vista storico, l'aristocrazia in Italia non ha mai avuto grande rilievo e anche quando nel 1848 la nobiltà aderì al programma albertino, quella classe nobile secondo Carlo Alfieri era al quanto incapace, di fronte ad una democrazia che avanzava senza disciplina, educazione e che avrebbe portato ad una forma di assolutismo peggiore di quello antico.

Occorreva dunque, una nuova aristocrazia, staccata dal privilegio e dal diritto divino che si calasse nel moto liberale fondendosi con i bisogni nazionali. Un'aristocrazia parlamentare, una casta che sia a capo del progresso nazionale e sia primaria rappresentante delle libertà pubbliche. Nello Stato moderno vigeva il bisogno di uomini qualificati e tratti dalle classi meglio preparate per la direzione delle questioni politiche: aristocrazia e borghesia, mentre il popolo doveva educarsi all'obbedienza. Solo in questo modo secondo Carlo Alfieri, il risorgimento dell'italia avrebbe potuto dirsi compiuto. Considerava la rivoluzione ancora incompiuta perché si è tentato di costruire la nazionalità con l'unità e l'indipendenza laddove l'ignoranza civile e politica era prevalente rispetto all'ideale nazionale, il propulsore dell'azione unitaria.

Sulla Democrazia[modifica | modifica wikitesto]

Se da un lato, considera importante la democrazia per il contributo apportato a livello di giustizia distributiva, di elevazione delle classi numerose, dall'altro, sul piano del governo e della scienza, la democrazia "pura" gli risultava inefficace.

La causa di ciò era riscontrabile in una classe dirigente incapace non tratta dalle classi agiate perché solo in questi il paese avrebbe potuto trovare elementi responsabili per gli uffici direttivi. Poiché le masse sono dominate da istinti, la potestà popolare trae origine dall'istinto e per questo pur andando ad educare il popolo, quest'ultimo non sarà mai capace di esprimere una classe politica idonea.

Carriera Politica[modifica | modifica wikitesto]

[8]

Cariche politico-amministrative: Sindaco di Caluso

Consigliere provinciale di Alessandria

Consigliere provinciale di Torino

Assessore comunale di Firenze

Consigliere comunale di Firenze

Cariche e titoli: Membro del Consiglio del contenzioso diplomatico (1860)

Fondatore della Società di educazione liberale (1871)

Membro del Consiglio direttivo dell'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze (1874)

Fondatore e presidente della Scuola di scienze sociali, poi Istituto di scienze sociali "Cesare Alfieri" di Firenze (1875)

Socio ordinario dell'Accademia dei Georgofili di Firenze (29 marzo 1874)

[9]Nelle elezioni del 1857 fu deputato per il collegio di Alba, e poi anche per i collegi di Caluso, Aosta, Portomaurizio, dalla sesta alla decima legislatura (dicembre1857- novembre 1870), per poi essere nominato senatore l'1 dicembre 1870. Tredici anni deputato, tra cui dal 1857-1860 per il Regno di Sardegna e dal 1860-1870 per il Regno d'Italia (1861-1946).[10]

Carlo Alfieri di Sostegno fu eletto deputato del Regno di Sardegna, col gruppo di Destra, presso il collegio di Alba (VI legislatura) e di Caluso (VII legislatura). Ricoprì anche la carica di deputato del Regno d'Italia eletto, col gruppo di Destra, presso il collegio di Caluso (VIII legislatura) e di Porto Maurizio (IX e X legislatura).

Nel complesso ricoprì la carica di deputato dal dicembre 1857 al novembre 1870 (1857-1860 per il Regno di Sardegna e 1860-1870 per il Regno d'Italia[11]), fino all'elezione a Senatore del Regno d'Italia, avvenuta il 1 dicembre 1870.

Fu nominato Vicepresidente del Senato in tre diverse legislature: dal febbraio del 1880 al mese di aprile del 1886.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Fra i suoi scritti più rilevanti troviamo:

- L'Italia liberale[12],Firenze 1872;

- Concetto scientifico della moderna democrazia,Roma 1883;

- L'insegnamento liberale della scienza di Stato,Firenze 1889,

- Chi ha tempo non aspetti tempo; pareri di un senatore[13] e Della dottrina liberale nella questione amministrativa[14].

Da ricordare è anche Paix à l'Europe, justice à l'Italie.[15]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Grande Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Grand'Ufficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Carlo Alfieri, la vita, su sba.unifi.it.
  2. ^ Associazione popolare politica Bettino Ricasoli, Il Marchese Carlo Alfieri di Sostegno : ricordo letto nell'Assemblea generale del 30 dicembre 1897 dal vicepresidente Cav. Dott. Giovanni Faralli, Firenze, 1898, pag. 6.
  3. ^ Carlo Alfieri Di Sostegno, su sba.unifi.it.
  4. ^ Scuola di scienze politiche, UNIFI., su sc-politiche.unifi.it.
  5. ^ Carlo Curcio, Carlo Alfieri e le origini della scuola fiorentina di scienze politiche, Milano, Giuffre', 1º gennaio 1963, pp. 5-20.
  6. ^ Carlo Alfieri, L'Italia liberale, p. 260.
  7. ^ Carlo Curcio, Carlo Alfieri e le origini della scuola fiorentina di scienze politiche., Giuffrè, 1963, pp. 20-32.
  8. ^ Senatore - Carlo Alfieri Di Sostegno, su notes9.senato.it.
  9. ^ Biografia Carlo Alfieri, su treccani.it.
  10. ^ camera.it, su storia.camera.it.
  11. ^ Camera.it.
  12. ^ L'italia liberale, su archive.org.
  13. ^ Chi ha tempo non aspetti tempo; pareri di un senatore, su storia.camera.it, Tip.Forzani, p. 52.
  14. ^ Della dottrina liberale nella questione amministrativa, su archive.org.
  15. ^ Paix à l'Europe, justice à l'Italie, su archive.org.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982
  • Masi E., Asti e gli Alfieri nei ricordi della Villa di San Martino, Firenze 1903
  • Aristide Calani, Carlo Alfieri, in Il Parlamento del Regno d'Italia, Milano, 1860.
  • Spadolini G., Il "Cesare Alfieri" nella Storia d'Italia, Firenze, 1975
  • Bertolini A., Giornale Degli Economisti, 16 (Anno 9), serie seconda, 192-194, 1898

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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