Trapelicino

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Trapelicino (Pisa ?, prima metà del XII secolo – ...) è stato un corsaro e militare italiano, di probabile origine pisana.

È stato attivo nella seconda metà del XII secolo. La vita e le vicende militari che lo videro protagonista si inseriscono nel contesto medievale degli scambi delle rotte tra le repubbliche marinare italiane e il mondo islamico.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il delitto[modifica | modifica wikitesto]

La prima notizia su Trapelicino risale al 1162.[1] Si tratta di un documento ufficiale del comune di Pisa, il Breve consolum di quell'anno, dedicato cioè al giuramento che i consoli in carica dovevano formulare riguardo alle azioni da intraprendere per il bene della città. In particolare, nella rubrica I, i consoli si impegnavano ad agire per il benessere dei cittadini "eccetto di coloro che commisero lo scellerato e abominevole maleficio sulla nave di Trapelicino riguardo ai Saraceni". La rubrica XLI invece afferma che "tutti i provvedimenti presi contro gli uomini che furono sulla nave di Trapelicino, a causa dell'"abominevole e nefando maleficio fatto nei confronti dei Saraceni" sarebbero stati "tenuti in vigore". Questo significa che i colpevoli di quel gesto erano esclusi dal giuramento di fedeltà alla comunità e quindi, nel concreto, estromessi dai diritti (tutela) e doveri (partecipazione alle imprese militari e alla vita politica) che la cittadinanza comportava.
Nulla nel Breve viene detto circa il fatto criminale commesso, né riguardo alla data o alla località.
Una simile punizione lascia intendere comunque che la gravità del reato fosse stata assai marcata. È stato quindi ipotizzato che il delitto riguardasse in qualche modo il tradimento della civitas, ossia uno o più atti tali da colpire gravemente gli interessi politico-economici di Pisa e dei suoi esponenti. Alto tradimento, dunque, il crimine peggiore che un uomo di quel tempo poteva commettere.[2] Dato che il Comune di Pisa aveva, a partire dal 1149, stabilito trattati commerciali con la maggioranza dei potentati islamici collocati sul mar Mediterraneo, il “tradimento” nei confronti dei Saraceni doveva riguardare una di queste numerose alleanze.
Il vocabolo “saraceni” usato nel breve non aiuta molto nell'identificare con esattezza il luogo e il dominio musulmano coinvolto. La professoressa Enrica Salvatori ha ipotizzato tuttavia un collegamento tra il delitto di Trapelicino e una lettera della metà del XII secolo spedita dal visir del 12º e 13º Imam/califfo fatimide d'Egitto (al-Ẓāfir e suo figlio al-Fāʾiz bi-naṣr Allāh) - Abū l-Faḍl ʿAbbās ibn Abī l-Futūḥ[3] - al vescovo e ai consoli di Pisa.[4] In questa missiva si dice che i Pisani si erano macchiati di un delitto terribile verso alcuni mercanti di Alessandria d'Egitto, fatti salire a bordo di una nave con l'inganno, poi derubati e uccisi. Per ritorsione, L'Imam-califfo fatimide aveva trattenuto in prigione numerosi mercanti pisani, minacciando l'interruzione totale dei rapporti commerciali con la città toscana.
Trapelicino non è mai nominato nella lettera, ma il fatto descritto, la data ipotizzabile e il contesto sembrano proprio coincidere. La gravità dell'azione del comandante veniva amplificata data la fase nuova, di coesistenza pacifica, che caratterizzava i rapporti tra Pisani e musulmani nel XII secolo, successiva al periodo delle celebri imprese pisane e quindi di aspri scontri sul mare.[5]

L'esilio[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la disposizione del Breve Consolum del 1162, in cui venivano confermati i provvedimenti contro coloro che, con Trapelicino, avevano commesso contro dei Saraceni un abhominabile et nefandissimum maleficium, Trapelicino fu esiliato e privato della cittadinanza, ma evidentemente mantenne la propria nave e il proprio equipaggio, dato che le fonti lo attestano a Portovenere nel 1165. Qui sappiamo che la galea di Trapelicino rimase alla fonda, utilizzata nelle trattative di pace tra Genova e Pisa. Le trattative fallirono e Trapelicino, ormai al servizio di Genova, dopo essere stato inseguito da una nave pisana nell'attuale Golfo della Spezia, andò allo scontro con i suoi vecchi concittadini ed ebbe la meglio (maggio 1165). Negli anni successivi Trapelicino proseguì la guerra di corsa al servizio di Genova contro i suoi concittadini, avendo a disposizione, altre galee e uomini di Portovenere. Arrivò così ad avere tre galee sotto il proprio comando[6]. Le incursioni che Trapelicino compì tra il 1165 e il 1170 si inseriscono nella guerra pisano-genovese, combattuta nell'alto Tirreno e nel Golfo del Leone.[7]

A Marsiglia[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il 1170 Trapelicino scompare dalla documentazione genovese e riemerge, terminato tra le due potenze tirreniche, in un documento redatto a Marsiglia nella seconda metà del XII secolo. Si tratta di una convenzione databile alla primavera del 1176 tra il re di Aragona, conte di Barcellona e marchese di Provenza Alfonso II e Trapelicino stesso.[8] Il corsaro doveva compiere un viaggio fino a Costantinopoli, con due galee, a fronte di un rimborso prestabilito. A bordo della galea di Trapelicino sarebbe rimasto il siniscalco di Alfonso II, Ramon de Montcada, il quale, in caso di mancato pagamento, sarebbe stato trattenuto come ostaggio. In questo accordo la prestazione professionale di Trapelicino appare quella di un corsaro totalmente indipendente, al comando di una piccola flotta, capace di garantire un servizio di scorta a personalità nobili di rango europeo. A differenza del periodo in cui era stato al servizio di Genova, il contratto con Alfonso II è di tipo privato, e i contorni dei guadagni raggiungibili restano oscuri. I rapporti tra gli Aragonesi e i Pisani, all'epoca di questo accordo, erano buoni e forse, servendosi di un corsaro ex pisano con base operativa a Marsiglia, Alfonso II, sfruttava questo nuovo corso di buone relazioni reciproche. È possibile inoltre che le relazioni tra il "criminale esiliato" Trapelicino e la sua patria fossero ritornate a un livello amichevole e che il bando contro la sua persona fosse stato cancellato o dimenticato, anche se non ci sono documenti che lo possono provare.

Conclusioni[modifica | modifica wikitesto]

La figura di Trapelicino copre un ampio periodo di tempo che va dai primi decenni del XII secolo, quando Pisa comincia a intessere intensi rapporti commerciali con le terre islamiche, specialmente con l'imamato/califfato fatimide, alla fine del medesimo secolo. Alla metà del XII secolo la figura di questo corsaro risulta estremamente interessante, in quanto agiva dietro compenso nell'ambito di un mandato preciso di una “città-Stato” quale era Genova: questo tipo di figura appare estremamente precoce in questo periodo, perché di norma attestata dalle fonti basso-medievali. Infine, l'esperienza al fianco degli Aragonesi nella seconda metà del secolo dimostra come quella del corsaro fosse per Trapelicino un'impresa commerciale vera e propria, visto il carattere dettagliato della convenzione con Alfonso II.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ I brevi dei consoli del Comune di Pisa degli anni 1162 e 1164. Studio introduttivo, testi e note con un'Appendice di documenti a cura di O. Banti, Roma, Istituto storico italiano per il medioevo, 1997, pp. 45-46 e 64. Il testo del 1164 (giurato nel 1165) si limita a replicare i capitoli del precedente, apportandogli aggiunte e modifiche che non variano i contenuti relativi a Trapelicino.
  2. ^ G. Milani, L'esclusione dal comune. Conflitti e bandi politici a Bologna e in altre città italiane tra XII e XIV secolo, Roma, Istituto storico italiano per il medio evo, 2003.
  3. ^ Figliastro di Ibn Salār, già governatore di Alessandria e poi wāṣita di al-Ẓāfir, divenne a sua volta visir ed elevò al trono al-Fāʾiz, di appena 5 anni, per gestire indisturbato il residuo potere fatimide. Morì in conseguenza dell'insurrezione militare del governatore di Ashmūnaym (Alto Egitto) Ṭalāʾīʿ b. Ruzzīk, il cui intervento era stato letteralmente invocato dalla famiglia fatimide, terrorizzata dalle violenze di ʿAbbās, che aveva fatto uccidere al-Ẓāfir e i suoi fratelli, da lui falsamente incriminati dell'omicidio. Cfr. tra gli altri Abulfeda, Recueil des historiens des croisades - Historiens orientaux, I, p. 30.
  4. ^ M. Amari, I diplomi arabi del Regio Archivio di Stato fiorentino, Firenze 1863, n. II p. 241-245; si tratta di una lettera non datata ma collegabile a una lettera analoga del governatore di Alessandria, del febbraio 1154 (Ibidem, n. III pp. 246-249.
  5. ^ Una fonte armena, il Livre des deux jardins distingue bene le due fasi: la prima in cui Pisani e Genovesi «erano a volte guerrieri temibili che facevano seri danni e bruciavano di un odio inestinguibile, a volte viaggiatori che s'imponevano all'Islam col commercio e sfuggivano al rigore dei regolamenti», la seconda in cui vennero conclusi trattati vantaggiosi anche dal punto di vista musulmano, tanto che, scrive il Livre, «essi ci portano come merci quelle stesse armi con cui prima ci combattevano». I trattati pisano-musulmani del XII secolo normalmente confermano questa nuova e diversa fase dei rapporti, nella quale, pure, naturalmente, in specie nel Levante, non mancavano periodi di scontri, come mai scomparve il fenomeno, endemico, della pirateria e della guerra di corsa.
  6. ^ Annali genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori, a cura di L. T. Belgrano, I, Roma, 1890, pp. 175-178.
  7. ^ Repubbliche marinare
  8. ^ Arxiu de la Corona d'Aragó, Cancelleria, Pergamins, Alfons I, Extra inventari 2621. Il documento è stato edito ad opera della Sanchez Casobon (Alfonso II Rey de Aragón, Conde de Barcelona y Marquìs de Provenza. Documentos (1162-1196), a cura di A. SANCHEZ CASOBON, Zaragoza, Institucón "Fernando el Católico", 1995, n. 63) con gravi errori di trascrizione e datazione eccessivamente ampia; migliore l'edizione proposta da Ferrer e Duran nel 2000 (M. T. FERRER I MALLOL e D. DURAN I DUELT, Una ambaixada catalana a Costantinoble el 1176 i el matrimoni de la princesa Eudòxia, in "Anuario de Estudios Medievales ", 30/2 (2000), pp. 963-977, in particolare le pp. 975-977; E. SALVATORI, "Il corsaro pisano Trapelicino. Un'avventura mediterranea del XII secolo", Enrica Salvatori, in "Bollettino Storico Pisano", LXXVI (2007), pp. 31-56.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • E. Salvatori, Il corsaro pisano Trapelicino. Un'avventura mediterranea del XII secolo, in "Bollettino Storico Pisano" , LXXVI (2007), pp. 31–56
  • G. Milani, Banditi, malesardi e ribelli. L'evoluzione del nemico pubblico nell'Italia comunale (secoli XII-XIV), in "Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno", 2009, pp. 109 – 140
  • M. Tangheroni, Fonti e problemi della storia del commercio mediterraneo nei secoli XI-XIV, in Ceramiche città e commerci nell'Italia tardo-medievale (Ravello, 3-4 maggio 1993) (Senato Universitario Europeo per i beni Culturali - Editrice S.A.P: Mantova, 1998) pp. 15–22.
  • C. De Mas Latrie, L'Officium Robarie ou l'Office de la Piraterie à Gênes au Moyenage, in «Bibliothèque de l'Ecole des Chartes» (1892), pp. 264 e ss.
  • Ph. Gosse, Storia della pirateria, Firenze 1962
  • G. Airaldi, Pirateria e rappresaglia in fonti savonesi dei secoli XIII e XIV, in «Clio», X (1974), pp. 67–88
  • M. Mollat, Guerre de course et piraterie à la fin du Moyen Age: aspects économiques et sociaux. Position de problèmes, e De la piraterie sauvage à la course réglementée (XIVe-XVe siècles), entrambi in Id., Etudes d'histoire maritime (1938-1975), Torino, Bottega d'Erasmo, 1977, pp. 473–486 e 591-610
  • A. Unali, Marinai, pirati e corsari catalani nel basso medioevo, Bologna, Cappelli, 1983

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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