Paraldeide

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Paraldeide
Nome IUPAC
2,4,6-trimetil-1,3,5-triossano
Nomi alternativi
Paracetaldeide; p-Acetaldeide; Paral
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC6H12O3
Massa molecolare (u)132,16 g mol-1
Aspettoliquido incolore di odore caratteristico, sapore disgustoso
Numero CAS123-63-7
Numero EINECS204-639-8
PubChem31264
DrugBankDB09117
SMILES
CC1OC(OC(O1)C)C
Proprietà chimico-fisiche
Costante di dissociazione acida a K0,3
Solubilità in acqua12 g/100 ml (a 13 °C)
Temperatura di fusione12 °C (285 K)
Temperatura di ebollizione124 °C (397 K)
Tensione di vapore (Pa) a K11 mm Hg
Proprietà tossicologiche
DL50 (mg/kg)(in ratti, via orale) 1530[1]
Indicazioni di sicurezza
Punto di fiamma24 °C
Simboli di rischio chimico
infiammabile
attenzione
Frasi H226
Consigli P--- [2]

La paraldeide è un trimero ciclico dell'acetaldeide.

Chimica[modifica | modifica wikitesto]

Formalmente, è un derivato dell'1,3,5-triossano (o paraformaldeide). Il corrispondente tetramero è la metaldeide. Si tratta di un liquido incolore, scarsamente solubile in acqua ma molto solubile in alcol. La paraldeide si ossida lentamente in aria, diventando di colore marrone con odore simile all'acido acetico. Reagisce rapidamente con numerose sostanze plastiche e con la gomma.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La paraldeide fu sintetizzato per la prima volta nel 1829 da Wildenbusch[3]; la sua struttura fu chiarita da Hermann von Fehling. È utilizzata nell'industria e in medicina. Venne introdotta nella pratica clinica nel 1882 dal medico italiano Vincenzo Cervello[3] La paraldeide è un farmaco depressivo del sistema nervoso centrale e si scoprì che poteva essere utilizzato come anticonvulsante efficace, ipnotico e sedativo; ma il suo impiego clinico ha ormai solo interesse storico.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Union Carbide Data Sheet. Vol. 3/24/1970
  2. ^ Sigma Aldrich; rev. del 01.08.2012
  3. ^ a b (EN) López-Muñoz F, Ucha-Udabe R, Alamo C, The history of barbiturates a century after their clinical introduction [collegamento interrotto], in Neuropsychiatric disease and treatment, vol. 1, n. 4, dicembre 2005, pp. 329–43, PMID 18568113. URL consultato il 31 maggio 2009.

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