Lucio Emilio Mamercino (console 366 a.C.)

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Lucio Emilio Mamercino
Console e tribuno consolare della Repubblica romana
Nome originaleLucius Aemilius Mamercinus
GensAemilia
Tribunato consolare377 a.C.
Consolato366 a.C., 363 a.C.

Lucio Emilio Mamercino (... – ...; fl. IV secolo a.C.) è stato un politico e militare romano del IV secolo a.C.

Tribunato consolare[modifica | modifica wikitesto]

Nel 377 a.C. fu eletto tribuno consolare con Gaio Veturio Crasso Cicurino, Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino, Publio Valerio Potito Publicola, Servio Sulpicio Pretestato, Gaio Quinzio Cincinnato[1].

Durante il tribunato Roma dovette far fronte alla solita minaccia dei Volsci, cui questa volta si erano uniti i Latini.

Organizzata la leva, l'esercito fu diviso in tre parti, uno a difesa della città, una a difesa della campagna romana, e il grosso fu inviato a combattere i nemici, agli ordini di Lucio Emilio e Publio Valerio.

Lo scontro campale si svolse nei pressi di Satricum e fu favorevole ai Romani, nonostante la forte resistenza dei Latini, che dai Romani avevano adottato le tecniche di battaglia. Mentre i Volsci si ritirarono ad Anzio, dove trattarono la resa, consegnando la città e le sue campagne ai Romani[1], i Latini diedero fuoco a Satrico, e attaccarono Tusculum, secondo loro doppiamente colpevole, perché città latina che aveva ottenuto la cittadinanza romana.

Mentre i Latini occupavano la città, i Tuscolani si ritirarono nella rocca, e inviarono una richiesta d'aiuto ai Romani. Questi inviarono immediati rinforzi agli ordini di Lucio Quinzio e Servio Sulpicio, riuscendo a sconfiggere i Latini e a liberare la città alleata[2].

Primo consolato[modifica | modifica wikitesto]

Nel 366 a.C. fu eletto console con il collega Lucio Sestio Laterano, primo plebeo eletto a questa magistratura, grazie alle Leges Liciniae Sextiae, approvate l'anno precedente[3].

Il consolato, tranquillo dal punto di vista militare, nonostante il timore di un ritorno dei Galli sconfitti l'anno prima, fu contrassegnato dalle lotte politiche tra plebei e patrizi, per le elezioni dei pretori e degli edili.

Secondo consolato[modifica | modifica wikitesto]

Nel 363 a.C. fu eletto console con il collega Gneo Genucio Aventinense[4].

Per provare a sconfiggere la peste, che imperversava a Roma da tre anni, il Senato nominò dittatore Lucio Manlio Capitolino Imperioso.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 32.
  2. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 33.
  3. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 1.
  4. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 3.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Fasti consulares Successore
Quinto Servilio Fidenate II, Licinio Menenio Lanato III,
Marco Orazio Pulvillo, Publio Clelio Sículo,
Spurio Furio Medullino e Lucio Geganio Macerino
377 a.C.
con Gaio Veturio Crasso Cicurino,
Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino III, Publio Valerio Potito Publicola IV,
Servio Sulpicio Pretestato, Gaio Quinzio Cincinnato
Lucio Papirio Crasso II, Servio Cornelio Maluginense V,
Licinio Menenio Lanato IV, Servio Sulpicio Pretestato II
I
Marco Geganio Macerino, Aulo Cornelio Cosso II,
Lucio Veturio Crasso Cicurino,
Marco Cornelio Maluginense II,
Publio Manlio Capitolino, Publio Valerio Potito Publicola VI
366 a.C.
con Lucio Sestio Laterano
Lucio Genucio Aventinense
e
Quinto Servilio Ahala
II
Gaio Sulpicio Petico I
e
Gaio Licinio Calvo Stolone
363 a.C.
con Gneo Genucio Aventinense
Lucio Genucio Aventinense II
e
Quinto Servilio Ahala II
III